4 feb 2011

Requisiti - adozione


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L'adozione è spesso qualcosa di sconosciuto da moltissime persone: è temuta, è vista come qualcosa di lontano e difficile, da non fare perché i “legami di sangue” non possono essere recisi, né ignorati.
Invece l'adozione è difficile o facile se i genitori adottivi capiscono quale sia il loro compito, esattamente devono essere dei genitori normali: questo fatto loro, in genere, lo comprendono, ma il mondo esterno no, non lo capisce.
Spesso si confonde l'adozione con i diversi genere di affido e i genitori adottivi non sono considerati dei veri genitori: contro gli adottanti e gli adottati c'è un'ostilità complessa, che parte da pregiudizi antichi e da razzismi nuovi.
La famiglia è considerata solo quella naturale, ma nel senso peggiore del termini: i figli sono solo i legittimi, mentre i …..”bastardi” hanno tante “tare” secondo questa cultura nefasta e disumana.
Così questi figli adottivi vengono preceduti da un alone malefico: si raccontano cose terribili su di loro, come tentativi di omicidio o omicidi, incendi e violenze di ogni tipo.
Invece i genitori adottivi vengono prima messi sotto il torchio dei colloqui e alla prima difficoltà sono accusati, incolpati di tutto: sono spesso accuse fantasiose e sempre riguardano presunti errori nel metodo di educare.
Se sono severi sbagliano, se sono permissivi sbagliano, se hanno un colloquio con il figlio sbagliano, se sono calmi sbagliano, se reagiscono alle provocazioni del figlio sbagliano.
I genitori adottivi così vengono messi in croce e non solo dagli assistenti sociali, dagli psicologi, che sanno....sempre tutto e capiscono tutto, al volo, ma non si sa bene cosa.
Il dramma maggiore per costoro sta nel fatto che i parenti, gli amici non li considerano dei genitori, ma solo dei sostituti, da criticare, non appoggiare nelle loro scelte, tanto ...sbagliano sempre.
E' questo il fatto, in troppi sono convinti che i figli adottivi siano ribelli perché adottivi, ma invece il problema, quasi sempre, è l'opposto.
I figli adottivi fanno i “bastardi” perché c'è un mondo che li vede così: se a rubare è un ragazzo non adottato nessuno sostiene che quello è un piccolo delinquente perché è un figlio......legittimo.
Gli adottati vengono subito messi alla gogna: “I figli sono così - secondo i soliti pettegolezzi - perché erano così i loro genitori naturali, che erano dei miserabili, dei delinquenti, mentre le madri erano delle puttane”.
Il massacro razzista, ma anche classista non si placa e i “figli della colpa” vengono additati per ogni marachella, per ogni errore.
I genitori sono o compatiti, o sono colpevolizzati, perché dovevano “lasciarli là”, aiutarli a distanza, inviando a distanza, oltre i soldi anche l'affetto.
L'affetto è un bene di lusso, per molte persone: “Quelli là, se hanno un tetto, un letto e una scodella di ministra possono accontentarsi”.
Dopo questo massacro i poveri genitori e i figli adottivi devono transitare dagli psicologi.
Dio li protegga!
I manuali appresi in modo mnemonico danno l'ultimo colpo ai poveretti: dopo anni di tortura psicologica la famigliola, padre, madre e figlio o figlia, si devono presentare dai soliti strizzacervelli che li inquisiscono.
Il loro ruolo di genitori e di figli viene rimesso in discussione ancora una volta.
Chi sopravvive a questo massacro riesce a ricostruire una realtà normale, famigliare e a educare l'adottato, che capisce cosa sia l'affetto, nonostante le liti, i diverbi dell'adolescenza: scopre che gli unici genitori al mondo sono quelli che crescono i figli, non chi li mette al mondo e li abbandona.
Pure i cani mettono al mondo i cuccioli, ma essere padre e madri, provando rispetto per le povere bestiole, è qualcosa di più che generare e basta.
Quando gli adottanti e gli adottati scoprono questo, la loro battaglia è vinta.
Hanno combattuto contro tutti i discorsi stereotipati che si odono dalle parrucchiere, dall'ortolano, nel bar sport: “Il figlio della Maria, quello scuro, adottato, ha picchiato la mamma. Poveretta, ora è all'ospedale. Io lo sapevo, avrebbero fatto bene a lasciarlo al suo Paese”.
Posso dire anch'io qualcosa?
Ma che vadano anche loro, con le loro sentenze, a quel paese!