1 set 2010

Questa scelta, di conflitti combattuti da altri con armi importate e con interessi lontani dai combattenti, fa parte della storia mondiale degli ultimi secoli: con questo stratagemma i colonialisti presero immensi territori e sfruttarono le popolazioni locali per imporre il loro volere.

Dominare certe nazioni sarebbe costato troppo in vite umane e in capitali senza l'appoggio di mercenari tra la popolazione locale.

Il quadro così è chiaro: i contendenti cercano i combattenti da foraggiare e li mandano a fare il lavoro che dovrebbero svolgere le loro truppe.

Il costo di vite umane è sempre alto, ma l'opinione pubblica, statunitense in questo caso, non vedrà il ritorno a casa dei loro soldati dentro bare avvolte in bandiere a stelle e strisce.

A morire saranno altri, che appartengono a popoli fatalisti, che considerano la morte, anche di giovani soldati, come normale.

Le vite degli occidentali valgono di più?

Pare proprio di sì, per un certa cultura dominante, che io definisco razzista: quando muoiono 10 dei “nostri” è una tragedia, mentre quando cadono mille o diecimila di loro non “importa”, paiono diecimila formiche per certa stampa.

Quando i soldati occidentali si ritirano la guerra è terminata?

Assolutamente no, i combattimenti proseguiranno e cadranno in tanti per equilibri strategici che paiono misteriosi, ma hanno sempre uno scopo economico, come il controllo delle vie commerciali.

La pace si avrà quando si riusciranno a risolvere i conflitti, che sono per il predominio delle fonti petrolifere, dell'acqua, dei commerci e dei mercati.