4 lug 2010

LUNARE

Silloge di poesie scritte da Arduino Rossi, negli anni Novanta.
Arduino Rossi

LUNARE
I
Natale tra i cespugli
fioriti e sopra l'alba
fischiava la bufera
di catrame e il profumo
della terra saliva.
La sabbia
accende gli occhi
e i cuori rudi
come rocce cristalline,
come diamanti sradicati
dalle montagne di argilla
annosa.
II
I sultani si donano
al caldo australe
e spalancano
le loro grandi case,
i loro palazzi dorati,
i loro Harem
non sono più dimore
di povere femmine
smarrite, ma la sabbia
copre ogni cosa.
III
Egli regge il Cielo
e i suoi sacerdoti
gridano dalle loro alte
torri contro i peccati
e gli infedeli.
Lontano l'orizzonte si spegne
e l'aroma del mare si disperde.
Esistono città abbandonate,
soffocate da millenni di rena,
dove gemme e pensieri di sultani,
spettri di soldati smarriti
e mercenari in cerca d'oro,
briganti, eremiti e Santi
si rifugiano, si nascondono
per cercare ciò che non ebbero
dagli umani.
IV
Deserto, Patria di Dio, tra fiamme
e fuoco, tra odori di incenso
e concetti satanici, morte del tempo,
del flusso degli eventi, spazi
smisurati e gocce di rugiada
delle notti aride e avare, palme
ostili alla luna e dune distrutte
e ricomposte dal libico,
violatore dei sogni.
V
Creste rocciose
e pulviscolo,
polvere nei cuori
dei soldati e dei briganti,
pianto dei mille
profeti che intuirono
l'esito del fato
umano e il percorso
infinito.
Cimeli tra i ruderi
di un passato sovrumano,
tra dolori e angosce
sottomesse alla vista
dei viventi.
Spettri pallidi
che appaiono sulla terra
lunare e fuggono tra veli
neri dentro grotte
e anfratti.
Gli umori delle tenebre
e dell'eternità si miscelano:
è tutto di un sapore vecchio,
inumano e rammenta
quando la terra era vergine
e lontana, le pene
erano giganti.
VI
Raccogliamo questo sasso
e gettiamolo sulla spiaggia
dei naufraghi, attendiamo
che la linea dell'orizzonte
sfumi tra le dita di Allah,
che regge il Cielo sopra
le nostre teste.
Lasciamo che i peccatori
si disperdano nell'arena
e gli spiriti dei beduini
si confondono con i lamenti
del vento, con le ombre
delle dune.
VII
Le idee si librano lontane,
distanti; nessuno è più
vicino all'uomo di chi
lo fugge e di chi sta
nelle isole oltre il mare
e di chi ci ritroverà
tra gli uccelli.
VIII
Viandanti remoti si inseguono;
città modello tra surrogati
di pensieri di servi dagli occhi
di cristallo e il ventre obeso.
Giovani bevono bibite
e liquori nei bar
alle periferie delle città
del Sud, là, dove tutto
suda e il passato si rincorre.
IX
Le riflessioni sfuggono
tra memorie dolorose,
lagne e singhiozzi.
Venite con noi, figli
della notte, Signori
del giorno, uccelli migratori,
venite tra gladioli e le rose
selvatiche del mio giardino.
X
La fragranza è di questa notte,
dei vostri sentimenti avvizziti;
festeggiamo per la luna novella
e per i sermoni del padre
predicatore che, dall'alto
del pulpito, lancia strali
contro i nostri cuori appassiti
e un po' stanchi.
XI
Contro di voi, figli
della luna, di nessuno,
ci sarà guerra.
Seminerò su nuovi campi
e pianterò alberi
e peschi giovani.
Campanule si sono
arrampicate e avvolgono
i muri a secco dei viottoli
di montagna.
Questo è il nuovo suolo,
questa è la lusinga
dentro spazi abbandonati,
dove tutto ha un peso
infinito.
Rinnegare significa
tradire e vivere
significa uccidere.
XII
Le note delle arie
e le cortigiane
si chinano
dinnanzi a Lui,
anziano e spossato,
e lo supplicano
di seguirle
nelle camere
dei sogni
e dell'evasione
vetuste
e dei piaceri
recenti.
XIII
Il Sultano
è fiacco
e desidera
solo
dormire
e inseguire
l'aurora,
cavalcare
tra nubi e uccelli
su cavalli alati
dai petti bianchi,
dalle criniere
rosse come le fiamme,
sellati da mani
diaboliche
e guidati da cuori
illibati.
Il Sultano
precipiterà
sulla terra,
cadrà
da cavallo
e di Lui resterà
un sussurro
nella notte.
XIV
Salamandre, rospi
e rane, pipistrelli,
sciacalli, lupi, iene
e furfanti si rincorrono
dentro i ruderi dell'urbe.
XV
E' giunto il potere
della sera su tutto:
sul dì, sui pensieri,
sui cavalieri di cavalli
folli, vigorosi e giovani.
E' arrivata
l'ora della riscossa
per noi, cuori
distrutti:
tutto ciò che era
da annientare
è stato
demolito.
XVI
E Dio chiede
giustizia
anche per noi.
Una generazione
è putrida,
l'altra
è passata
e l'altra
non esiste più.
Tre sono i cuori
e tre gli stolti,
tre sono
i sentimenti
che percorrono i Cieli,
quattro i pensieri,
sette gli astri
e ventuno gli anni
che ci separano dalla meta.
XVII
Giungeremo dove nessuno
è mai giunto
e percorreremo
ciò che gli altri
mai percorsero;
la terra d'avorio
non è un luogo
sicuro per un poeta.
La poesia è serva
e padrona: non conosce
limiti e animi freschi;
è una fortezza inespugnabile.
Non ha vigore virile,
né intelligenza casta,
né possanza immane;
è solo pianto stridulo
e sciocchezze di vecchi
e ragazzi, di donne infangate
di acidi, arcigni, draghi
dalle fauci arrossate
dal fuoco.
XVIII
I sultani e i Maharaja
si addobbano
con vesti
di seta
della lontana
Cina, nell'antica
terra del drago.
Le indiane
donne velate
escono in cerca
di spazio
e di odori
per pugnare
la speme:
è una guerra
santa, tutte
le guerre
sono sante
e figlie
di Satana.
XIX
Assassinare
è un onore
per il guerrieri
e per i mercenari:
si arrischiano
quanto
i saltimbanchi
e i furfanti,
i pennivendoli
e gli sciacalli.
XX
Intanto
chi vince
è sempre colui
che muore:
di Lui
rimangono
ossa sparse
sulla terra
e il flusso
lieve che percorre
le menti.
E' un'energia vitale
che fa scavalcare
le catene montuose.
XXI
Le orazioni del mattino
non conoscono tregua
e chi lotta cade pregando
e chi combatte muore
per l'eternità inutile.
XXII
Allah
sta con i perdenti,
con i miseri
e con i defunti.
L'odio
si è radicato
nelle menti
degli stolti,
dei furfanti,
dei nuovi Saladini,
innumerevoli
quanto i barlumi
dello spirito.
XXIII
La terra
è arsa
e arderà
per il sole
bruciante
nei millenni.
Il vento del Nord,
delle steppe aride,
riporta
il fruscio
dei passi
di generazioni
di nomadi
lungo le piste
battute
dai predoni
e dai mascalzoni
di ogni nazione,
dai sognatori,
dai sicari
sanguinari.
XXIV
Per Allah
si prega,
si muore,
si piange
e si spera:
è Lui che dà
è Lui che toglie.
FINE