WWF: “NUOVE SCELTE PERCHE’ IL CIBO NON ‘AFFAMI’ IL PIANETA”
Samo
vicini al tracollo alimentare, ignorati i segnali del 2008 con
la crisi dei cereali. In 3 secoli ‘divorati’ ¾ della
natura. Subito politiche per rendere più sostenibili le filiere
produttive
Si
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sumato
ma l’impatto ambientale della filiera produttiva che lo fa
approdare sulle nostre tavole (consumo di suolo e biodiversità
legato ad agricoltura intensiva e infrastrutture, utilizzo di acqua,
imballaggi, trasporto e produzione di emissioni inquinanti ecc.). Una
grande ‘fabbrica globale’ che, secondo gli
studiosi di scienze della Terra, sta portando il Pianeta al collasso:
di questo passo non mancherà molto al raggiungimento del punto
critico (il cosiddetto ‘Tipping Point’) su scala
planetaria, basato proprio sull’entità delle profonde
modificazioni che stanno subendo i sistemi naturali a causa delle
trasformazioni dei suoli e degli ambienti di tutto il mondo. E’
l’allarme lanciato dal WWF Italia, in occasione della Giornata
Mondiale dell’Alimentazione e a seguito dell’incontro sulla
sfida mondiale dell’alimentazione tenutosi nei giorni scorsi presso
l’Ambasciata Italiana degli Stati Uniti, a Washington, tra
Gianfranco Bologna, Direttore scientifico del WWF Italia, e
Lester Brown, presidente dell’Earth Policy Institute, durante
il quale è stato evidenziato come le riserve strategiche
mondiali di cereali, alla fine di questa stagione di raccolta, si
sono ridotte ulteriormente, rendendo la situazione alimentare ancora
più precaria, così come avevano mostrato i primi segnali nel 2008
come il raddoppio dei prezzi. Per sostenere una popolazione attuale
di più di 7 miliardi di abitanti ormai il 43% della superficie
delle terre emerse è già stato convertito ad
agricoltura, infrastrutture, aree urbane e Il cibo che
scegliamo – e ancor di più quello che sprechiamo - rischia di
‘affamare’ il Pianeta insieme a tutti i suoi abitanti. A
incidere infatti non sono solo le quantità in cui viene co naltre
modificazioni e con infrastrutture varie che si ramificano in
ampia parte di ciò che resta. La crescita della popolazione,
prevista di 9 miliardi al 2045, fa ipotizzare uno scenario
nel quale almeno metà delle terre emerse saranno profondamente
disturbate e modificate già entro il 2025. Questo aspetto viene
ritenuto dagli studiosi una profonda alterazione a livello
globale molto vicina a rappresentare il verificarsi di un punto
critico su scala planetaria. Un formicaio spasmodico e insaziabile
che in appena tre secoli ha trasformato fisicamente i ¾ della
natura della Terra: secondo gli studiosi nel 1700, più
della metà dell’intera biosfera si trovava in condizioni
selvatiche, mentre il 45% era in uno stato seminaturale, con modeste
trasformazioni del suolo, dovute all’agricoltura e agli
insediamenti umani. Nel 2000 le foto satellitari ci
mostrano invece che la maggior parte del Pianeta è interessata
da aree agricole e altri ecosistemi condizionati dall’attività
umana, meno del 20% si trova in uno stato seminaturale e solo
¼ può essere considerato in una situazione selvatica.