Ora i
diritti svaniscono nel nulla della crisi e le lotte dei padri vanno
nell'oblio, mentre pare normale che si vada in pensione anche a
70anni, così sarà per avere un reddito decente anche da anziani.
Oggi
si riesce ad entrare nel mondo del lavoro solo tardi, anche dopo i
trentanni.
Il
lavoro è mal pagato e precario: solo chi si può permettere un'alta
specializzazione o capacità professionali particolari è salvo da
tali rischi.
Così
ingegneri elettronici, tecnici informatici, saldatori particolari,
falegnami, idraulici e panettieri, non temono il futuro.
Sì,
è il mercato che stabilisce chi ha e avrà un lavoro, chi avrà un
futuro e chi no, ma poi abbiamo le caste delle categorie ….
protette, ovvero quelle che non accettano la logica del mercato.
Sono
tante e non tutte rientrano nelle ipotesi di riforma, anzi alcune
sono fuori pericolo perché hanno le radici nella storia nazionale,
addirittura affondano la loro origine nel Medioevo: la provincia
italiana è piena di famiglie potenti, borghesi di antica data, che
svolgono da sempre, da padre in figlio, professioni liberali, ma non
vogliono mettersi in discussione con la logica del liberismo
trionfante oggi.
Eppure
la globalizzazione avanza e colonizza tutto il Mondo: pure l'Italia,
con le sue resistenze antiche, dovrà rinnovarsi.
Non
credo che il liberismo sia una cura contro tutti i mali, non credo
che sia l'unico sistema economico funzionante, specialmente nella sua
versione di moda oggi, quella dura e pura, selvaggia e senza pietà
nei confronti dei vinti.
Un
fatto però è certo: la crisi economica italiana deriva in parte dal
suo sistema clientelare, ingessato, tradizionale, anacronistico, con
troppi privilegi e nicchie protette locali in particolare.
Se si
vuole il libero mercato lo si deve imporre a tutti e non solo ai
lavoratori dipendenti, altrimenti si affonda tutti assieme.