5 gen 2016

Adozione internazionale, vi racconto una brutta storia

Lui era un bambino di 5 anni, era stato assegnato alla famiglia dopo che avevano superato, per la secondo volta l’iter dell’adozione, con colloqui con assistenti sociali ed altro, giudici compresi, carabinieri e psichiatri.
Avevano già una bambina di 5 anni, che adoravano, pure lei venuta dalla Colombia, con le solite fatiche e i rischi necessari per superare le pratiche burocratiche in quel Paese.
La bambina era affiatatissima con loro, felice e loro vivevano nell’illusione che il bene vince sul male.
Il piccolo invece era un animale recaltricchiante, per colpa delle botte, le frustate subite, c’erano ancora i segni sul sedere delle frustrate.
Lui, il padre, lo curò direttamente in Colombia, rischiando la vita perché l’istituto colombiano non avevano detto che il bambino fosse ingestibile, con urla e calci già dal primo giorno.
Urlava e si gettava sotto le sedie per alcun motivo, poi ottennero il permesso di portarlo in Italia, in tempi rapidi e si ritrovarono in grande difficoltà, ma Gustavo in pochi mesi divenne un bambino normale, o quasi, un po’ lento forse, ma passò un anno alla scuola materna, poi andò a scuola elementare e divenne un discreto alunno, superò le medie inferiori senza grossi problemi, fece pure lo scout, divenne un ragazzo savio, anche maturo e intelligente, ma solo in apparenza.
Invece a 14 anni iniziò a spacciare erba, cannabis, di nascosto da tutti e iniziò una doppia vita, da una parte faceva il volontario in un’organizzazione per i poveri del Terzo Mondo, ma questa era solo una copertura, per la sua carriera criminale.
I genitori furono fregati dalla faccia buona e fasulla di G., mentre lui diventava… un abile delinquente.
Dopo ben 4 anni fu arrestato, fu usato come esca dalle forze dell’ordine, portò a casa dei suoi droga e li minacciò di morte.
Nonostante le segnalazioni dei genitori lui poté agire indisturbato per 2 anni, prima che l’incubo fu rotto una mattina presto dai carabinieri.
Lo portarono in una comunità del milanese e l’… fece il bravo, poi fece due fughe e fu arrestato: conobbe il carcere minorile, ma la sua testa non mutò e continuò a fare il doppio gioco, sperando sempre di tornare a fare il delinquente, senza provare sentimenti di vergogna e di pietà verso le sue vittime, primi fra tutti i suoi genitori.