BELPAESE ADDIO:
NEI PROSSIMI 20 ANNI A RISCHIO 75 ETTARI AL GIORNO
ANALISI E PROPOSTE PER PORRE FINE AL CONSUMO DI SUOLO
Nella
Road Map ‘Anti-cemento’:
limiti
alla edificazione nei piani paesaggistici e moratoria delle nuove
costruzioni, lotta all’abusivismo, l’uso della leva
fiscale, fasce di rispetto per tutelare le coste e i fiumi
Guarda
la fotogallery dell’Italia che scompare sul
sito wwf.it e fondoambiente.it
Un’Italia
erosa dalle lobby del cemento e del
mattone che fagocitano per sempre, al ritmo di 75
ettari al giorno, tesori naturalistici e paesaggistici, terreni
agricoli e spazi di aggregazione sociale che non saranno più
restituiti all’ambiente e alla collettività: è la fotografia di
un processo irreversibile e in crescita, quello della perdita di
territorio, che FAI e WWF tracciano nel Dossier sul
consumo del suolo “Terra Rubata – Viaggio nell’Italia
che scompare” presentato oggi a Milano, in
cui vengono illustrate le analisi e le proposte delle due
associazioni. Secondo il Dossier, nei prossimi 20
anni la superficie occupata dalle aree urbane crescerà di circa
600mila ettari, pari ad una conversione urbana di 75 ettari al
giorno, raffigurabile come un quadrato di 6400 kmq.
La
stima, emerge da un’indagine condotta su 11
regioni italiane, corrispondenti al 44% della
superficie totale, secondo cui l’area urbana in Italia
negli ultimi 50 anni si è moltiplicata, secondo i dati
ufficiali, di 3,5 volte ed
è aumentata, dagli anni ’50 ai primi anni del 2000, di quasi
600mila ettari - oltre 33 ettari al giorno e 366,65 mq a
persona con valori medi oltre il
300% e picchi di incremento fino al 1100% in alcune
regioni - equivalenti all’intera regione del Friuli
Venezia Giulia, come risulta da unprogetto di
ricerca promosso dall’Università degli Studi dell’Aquila
in collaborazione con il WWF Italia, l’Università
Bocconi,l’Osservatorio per la Biodiversità, il Paesaggio
Rurale e il Progetto sostenibile della Regione
Umbria.
E
in 50 anni (1951 – 2011) persino quei comuni che si sono svuotati a
causa dell’emigrazione sono cresciuti di oltre 800 mq per
ogni abitante perso. Resta la piaga dell’abusivismo edilizio,
che dal 1948 ad oggi ha ferito il territorio con 4,5 milioni
di abusi edilizi, 75mila l’anno e 207 al giorno, e in favore
negli ultimi 16 anni ci sono stati 3 condoni (1985,
1994 e 2003). Poi ci sono le cave che nel solo 2006 hanno mutilato il
territorio escavando 375 milioni di tonnellate di
inerti e 320 milioni di tonnellate di argilla,
calcare, gessi e pietre ornamentali. I progetti delle grandi
infrastrutture, invece, mettono a rischio 84 aree
protette, 192 Siti di Interesse Comunitario
e 64 International Bird Area. Si registra poi in
agricoltura dal 2000 al 2010 una diminuzione dellaSuperficie
Aziendale Totale (SAT) dell’8% e della Superficie Agricola
Utilizzata (SAU) del 2,3%, mentre il numero delle aziende
agricole e zootecniche diminuisce nello stesso periodo del 32,2% in
meno di aziende agricole e zootecniche. Il risultato è un territorio
meno presidiato e più fragile: in Italia circa il 70% dei
Comuni è interessato da frane che, tra il 1950 e il 2009,
hanno provocato 6439 vittime tra morti, feriti e
dispersi. Allarmante anche il rischio desertificazione: il 4,3% del
territorio italiano è considerato “sensibile a fenomeni di
desertificazione” e il 12,7% come “vulnerabile”.
Tra
le proposte di FAI e WWF contenute nella road
map per fermare il consumo del suolo (vedi
scheda di approfondimento), ci sono: severi limiti
all’urbanizzazione nella nuova generazione di piani paesistici e,
in attesa della loro definitiva redazione, la richiesta di
una moratoria delle nuove edificazioni su scala comunale;
il censimento degli effetti dell’abusivismo ediliziosu
scala comunale per contrastare più efficacemente il fenomeno; dare
priorità al riuso dei suoli anche utilizzando la leva
fiscale per penalizzare l’uso di nuove risorse territoriali;
procedere ai Cambi di Destinazione d’Uso solo se coerenti
con le scelte in materia di ambiente, paesaggio, trasporti e
viabilità. E ancora: rafforzare la tutela delle nostre
coste estendendo da 300 a 1000 metri dalla linea di battigia il
margine di salvaguardia; difendere i fiumi non
solo attraverso il rispetto delle fasce fluviali ma con
interventi di abbattimento e delocalizzazione degli immobili situati
nelle aree a rischio idrogeologico; farsi carico degli interventi
di bonifica dei siti inquinati, escludendo che i
costi di bonifica vengano compensati attraverso il riuso delle aree a
fini edificatori.