Allora si capisce che quella della Afghanistan diventa una falsa guerra per la civiltà e la democrazia o per la lotta contro gli infedeli, ma solo uno sporco conflitto territoriale per controllare una regione strategico dal punto di vista economico e commerciale.
Questo ricorda la logica dei conflitti coloniali che agitavano il mondo prima della Prima Guerra Mondiale: allora si cercavano nuovi territori per trovare materie prime e per favorire i commerci di questo Stato piuttosto che quello.
Ora che si è capito che, forse, dietro il terrorismo ci sono interessi diretti o indiretti economici, ecco spiegato perché certe scuole coraniche radicali vengono facilmente finanziate: è proprio sul flusso di denaro che vanno alle scuole coraniche, alle moschee radicali che si deve intervenire.
Ora si può rivedere questo conflitto nell’ambito giusto, l’Afghanistan è un corridoio importantissimo per permettere il transito del grezzo dell’Asia centrale sino all’Oceano Indiano: così questo grezzo perderebbe il suo costo eccessivo per il trasporto con gli oleodotti e sarebbe caricato sulle petroliere prima, senza dover attraversare tutta la Siberia, diventando competitivo.
A questo punto la battaglia è attorno al prezzo del petrolio e al costo dell’energia mondiale: ne va delle scelte strategiche delle economie del pianeta per il futuro energetico.
Ne risentirebbe pure la finanza mondiale: si dice che l’Arabia Saudita e altri Stati produttori di petrolio siano in crisi finanziaria e il loro crollo avrebbe effetti devastanti sulle finanze di tutto il mondo.