Io odio, da sempre, le imposizioni mentali e sottoculturali, di chiunque.
Nessuno mi deve imporre concetti preordinati, questo era già ai lontani tempi della scuola e ho sempre disprezzato quei miseri insegnanti che se ne approfittano della loro posizione per imporre banalità e luoghi comuni.
Da diversi anni leggo che ci sono valori da rispettare, assoluti, che raccontare le barzellette sui pederasti è un crimine contro l'Umanità, con tante altre idiozie al seguito.
La più grande imbecillità che ho letto sta nell'accumulare le tradizioni popolari, come la festa del Natale, il presepio, come tradizioni fasciste.
Questo lo lessi sul famigerato giornalaccio La Repubblica qualche settimana fa.
In pratica il misero pennivendolo aveva detto che San Francesco era un camerata, visto che secondo la tradizione fu lui a inventare il presepio.
Quindi togliersi di tutti i beni e darli ai poveri, vestirsi con un sacco di iuta e vivere in assoluta povertà è da fascisti, secondo il miserello.
Di imbecillità ne leggo tante ed esiste il famigerato ceto mediocre, con La Repubblica sotto braccio, che la tiene con orgoglio, che si adegua allo stile, alle panzane sputate dalla televisione e si reputa pure intelligente e colto.
Mi ricordo che per decenni c'era "il Nome della Rosa" di Umberto Eco come modello di lettura progressista, ma i suoi sostenitori non amavano leggere, preferivano leggersi i riassunti e le valutazioni di altri critici, che spesso non leggevano neppure loro.
Così io, unico amante della lettura integrale, me lo lessi tutto come un fesso e non lo trovai mai un capolavoro e poi di errori storici, per esempio l'arsenico posto sulle pagine dell'immaginario libro di Aristotele, che provocava la morte dei suoi lettori, era impossibile che esistesse, in quella concentrazione, in pieno Medioevo.
Scoprii con tristezza che il libro non poteva essere discusso, che le nozioni sulla chimica del Medioevo, che non esisteva ancora e non erano in grado di sintetizzare sostanze altamente tossiche, almeno in Europa, erano sbagliate, perché lo aveva scritto Umberto Eco e costui non sbagliava.
Ricevetti risposte sprezzanti, da coloro che non avevano letto il libro, ma sostenevano di conoscerlo perfettamente.
Sì, Umberto Eco sbagliava grossolanamente, ma non si poteva criticare perché lui era l'intellettuale progressista di moda e così le sue tesi banali e comuni sul passato non potevano essere discusse.
Altro che dogma di fede, qui siamo all'imbecillità di un popolo di tesserati, di idioti con il giornale sotto braccio che vivono il loro Medioevo personale, che si nutre di certezze assolute, di atteggiamenti patetici e meschini.