27 mag 2010

27/5 Tagli alle province e si attendono pure ai comuni (Arduino Rossi)


Sono 10 le province che spariranno per decreto perché di popolazione inferiore ai 220mila abitanti: a fare la differenza tra chi vivrà e chi “morirà” sono i dati Istat del 2009, che rilevano la popolazione residente al 2008.
Le province che cadranno sotto la mannaia governativa sono: Biella (187 mila abitanti) e Vercelli, Massa Carrara (203 mila abitanti), Ascoli Piceno (212 mila), Fermo (176 mila) Rieti (159 mila), Isernia (88 mila), Matera (203 mila), Crotone (173 mila) Vibo Valentia (167 mila).

27/5 Lo scontento delle amministrazioni pubbliche (Arduino Rossi)



Già si parla di rivolta sia degli amministratori locali, sia della popolazione: qualcuno ha sottolineato che la soglia dei 220mila abitanti ha salvato la Provincia di Sondrio, la provincia del ministro dell'economia.
In verità Sondrio aveva 182.205 abitanti, secondo l'Istat al 31 marzo 2009, ma è al confine con la Svizzera: come terra di confine è salva per decreto.

27/5 Province e regioni, lotta tra amministrazioni (Arduino Rossi)


Questa è la prima risposta a una soluzione che ci riguarda: le province hanno una storia antichissima, quanto l'Italia.
Le città erano sedi dei vescovi e delle diocesi, che governarono il territorio nei secoli bui, poi le amministrazioni pubbliche comunali delle signorie subentrarono dopo: spesso le province hanno una storia amministrativa che risale all'epoca romana e queste città capoluogo sono le entità culturali, sociali, economiche che caratterizzano l'Italia, nelle sue sfumature.

27/5 Confine dello Stato Italiano e Sondrio (Arduino Rossi)



Sinceramente però non si capisce il perché di questo privilegio: il confine porta vantaggi economici e non svantaggi, specialmente se si ha come vicini la Confederazione Elvetica.
La scomparsa delle province porterebbe sicuramente dei risparmi economici, secondo la logica attuale che tende a razionalizzare l'apparato burocratico, concentrando le operazioni burocratiche e dislocandole in modo più sensato.

27/5 Sentirsi provinciali oggi (Arduino Rossi)



In molti si sentono per prima cosa appartenenti a quella provincia, prima che italiani: si è catanesi, bresciani, livornesi, aquilani, o altro.
Eliminare le province non porterà alla guerra civile, ma a un grande malumore e poi in troppi fanno riferimento, per documenti o altro, alla sede amministrativa della propria provincia e vedono il capoluogo di regione come qualcosa di lontano.

27/5 Amministrazioni locali e realtà consolidate (Arduino Rossi)



Eppure questa scelta pare necessaria per risparmiare, infatti si dovrebbero rafforzare le regioni e i comuni, togliendo doppioni e scelte locali con giunte regionali costose.
Accorpare il piccolo è giusto dal punto di vista logico, economico, ma non da quello sentimentale: non potersi più definire appartenente a quella provincia significherà perdere la propria identità per molte persone.

27/5 Provinciale, oggi e nel passato (Arduino Rossi)



L'Italia ha troppe radici?
Forse si dovrebbe lottare per salvare altre cose del passato, come l'arte, la cultura, il paesaggio, l'ambiente e perché no, la nostra fede cristiana: la provincia può mantenere caratteristiche sociali, economiche, ma non è necessario tenerci doppioni amministrativi.
Magari si può chiedere di conservare centri culturali tipici, che tramandino usi, costumi e pure il dialetto locale, ma per favore risparmiamo il più possibile: accorpare realtà amministrative significa avere meno burocrazia.

27/5 Errori del popolo italiano (Mecca Rossi)



Domani pagheremo gli errori di questi anni e sono parecchi: per prima cosa bisogna trasformare il sistema da di solidarietà generazionale in forma di investimento assicurativo, ognuno alla fine riavrà i soldi che ha pagato con gli interessi.
Invece se si continua a giocare con il futuro nostro e dei nostri figli i guai saranno terribili: bisogna aiutare le famiglie ad avere il secondo e il terzo figlio, far studiare i ragazzi il più possibile e fra lavorare pure chi ha più di cinquant’anni, riqualificandoli.

27/5 Poveri e ricchi in Italia (Angelo Mistri)



Le pensioni di vecchiaia costano troppo?
E’ colpa di una cultura politica che non sa valutare i problemi nel tempo: forse la classe politica italiana non vuole prevenire i problemi, perché formata da gente che pensa alla rielezione nell’immediato: diciamo che il popolo italiano sta pagando gli errori degli anni Settanta e Ottanta.
Si dovrebbe riformare il sistema e renderlo non più di solidarietà, ma ciascuno deve avere i suoi soldi che ha versato, con gli interessi maturati.

27/5 Pensioni 2010 e povertà (Paolo Rossi)



Le pensioni e i nuovi poveri che non hanno più possibilità di trovare lavoro dopo i cinquant’anni stanno diventando un dramma silenzioso: molti di costoro hanno i figli in età scolastica o che studiano ancora.
I ragazzi devono rinunciare alla scuola e devono cercarsi un lavoro.
Le persone sole, uomini o donne stanno diventando dei disperati e proprio nelle grandi città questa angoscia diventa terribile: le soluzioni devono giungere altrimenti avremo sempre più persone senza una casa in mezzo alle strade e spesso non hanno neppure un vizio per giustificare la loro situazione.