2 ago 2010

La guerra dei simboli è iniziata e un comunicato del Popolo della Libertà specifica senza tentennamenti: “Il presidente Silvio Berlusconi non solo è l'unico e legittimo proprietario del simbolo del PdL, ma ne ha la piena disponibilità senza il bisogno dell'autorizzazione di chicchessia, anche nel caso di fuoriuscita dal partito di uno dei contraenti che stipularono l'atto notarile il 27 febbraio 2008''.
Così già si ipotizza la cacciata di Gianfranco Fini dal partito e dopo la sua pesante stoccata sugli inquisiti, che dovrebbero lasciare le cariche del Pdl non si perdona: il colpo è troppo forte e diretto al capo, a lui, o così pare.

Poco prima delle ferie estive, doveroso per le due Camere della Repubblica, Gianfranco lancia il suo guanto di sfida: non solo attacca il capo direttamente e non lo difende dai “giudici cattivi”, ma lo invita, senza fare nomi, a ritirarsi, a lasciare spazio agli altri, cioè a Lui, il delfino, il puro, l'incensurato senza macchia.
Così la campagna della sinistra, dell'Idv di Di Pietro, ma in particolare quella di Beppe Grillo e affiliati della rete sta dando i suoi frutti.

Ora siamo sempre più vicini allo strappo e il conto dei fedeli, da una parte e da un'altra, prosegue: ne va del destino politico del Paese, ma qualche dubbio resta.
Fini sa che la maggior parte del Pdl rimarrà con il suo padre fondatore, mentre lui rischia l'emarginazione politica.
Inoltre un'alleanza a sinistra, con il Pd, l'Idv, e l'Udc porterebbe a una sconfitta elettorale probabile, futura: le grandi “ammucchiate” non piacciono agli elettori e questa sarebbe storica.
Altro che Compromesso Storico di Enrico Berlinguer degli anni Settanta: qui abbiamo una somma di ex da far invidia a qualsiasi raduno di nostalgici di ogni genere.
Ci sono i democristiani, i comunisti, i missini con la simpatia mai tradita verso un passato antico, ventennale, poi ci mettiamo sopra una bella manciata di giustizialisti, tanto vicino ai partiti dei giudici.

Per finire abbiamo pure la benedizione del cosiddetto partito di “La Repubblica”, il quotidiano che ha generato una coalizione di sinistra moderata, legata a un ceto medio “progressista” a parole, ma conservatore nell'anima, nell'intimo.
Tutti costoro formerebbero una moderna armata Brancaleone?
C'è pure l'altra ipotesi, Gianfranco dovrebbe riuscire a spodestare il suo capo, o ex capo e diventare lui il segretario del partito, ma la maggioranza cadrebbe: ci sarebbe la rottura con la Lega e a questo punto tutto diverrebbe possibile.

Il Carroccio non si farebbe isolare su posizioni di destra e riprenderebbe il suo spazio politico, ricomincerebbero le danze con tutte le formazioni politiche in parlamento.
A settembre ne vedremo delle belle?
Forse tutto finirà con qualche scandalo che ci annoiano sempre più: è l'ora della P3 e di indagini doverose, che spesso portano a poco arrosto.
Sì, abbiamo sempre tanto fumo, ma la “carne cotta” alla fine non basta per saziare la fame di giustizia degli italiani.

I processi finiscono spesso in prescrizione, oppure le sentenze di primo grado sono ribaltate, infine i condannati, quando ci sono, hanno pene lievi, irrisorie e non scontano mai con il carcere: è già qualcosa se si fanno qualche mese agli arresti domiciliari nelle loro ville favolose.
Tutto questo avviene poi in tempi lunghissimi e più nessuno si ricorda dello scandalo di 5, 10, 20 anni fa.
Infine c'è pure la riabilitazione dei condannati, che vengono visti come eroi dopo anni: diventano quasi dei martiri, dei perseguitati politici.
La confusione è grande sotto il cielo e la gente si annoia, anzi non crede più nella giustizia: P2, P3 e altre associazioni di potenti che si riuniscono per i loro affari ci sono e sono sempre esistite, ma i dubbi sono tanti.
Dietro tutto questo rumore, di stampa che urla, di istrioni che blaterano, di giustizialisti che chiedono le teste di questo o di quello, pare che ci sia solo uno scontro di interessi e di poteri.
Ci sono gli appalti da far vincere a questo gruppo e non a quello?
Forse esistono anche altre guerre politiche ed economiche: non scordiamoci il “conflitto” del mercato pubblicitario tra stampa, televisioni e Internet.
Cosa c'è di vero e di falso dietro tutto?
Per ora si vede solo un gran polverone e si attende l'assalto al palazzo, se ci sarà.
Avremo la nostra mini rivoluzione di Ottobre pure noi?
L'era dello zar Silvio è finita?
Chi è il nuovo Lenin italiano?
Non temete, non ci saranno né morti né feriti, sarà tutto all'italiana.

Chi sono i cattivi che danno soldi ai combattenti islamici in Afghanistan, in Iraq, in Somalia?
Chi finanzia le guerre e le guerriglie del mondo?
Una parte dei fondi per acquisto di armi arriva dal traffico della droga: armi in cambio di oppio o di cocaina, per l'America Latina.
Questo però non basta perché i produttori hanno la parte più piccola dei proventi del traffico degli stupefacenti e non sempre le varie mafie vogliono trattare con fanatici religiosi o terroristi in genere di tutti i colori: sono persone che per loro non sono affidabili e possono pure tradire.

Il commercio del petrolio e delle materie prime sta alla base dei conflitti moderni.
L'unica spiegazione sta nella solita suddivisione delle aree di influenza politica ed economica del pianeta: il petrolio e il suo prezzo finale, il suo trasporto e la sua commercializzazione stanno alla base di molte guerre.
Si combatte non tanto per controllare i pozzi, ma per tenere in pugno i corridoi dove dovrebbero transitare gli oleodotti o transitano accanto le petroliere: il Corno d'Africa, con la Somalia, l'Afghanistan, la Cecenia sono luoghi dove l'oro nero dovrebbe scorrere liberamente.