2 ago 2010

La lotta contro le rivolte delle bande criminali delle città francesi, nelle periferie misere, con un alto tasso di disoccupazione e di emarginazione non dà buoni frutti: allora servono misure straordinarie.
Quale sistema migliore può esserci se non quello di togliere la cittadinanza a un rivoltoso, che odia la Francia: tutto questo non appare grave, perché il bandito che spara ai poliziotti, che disprezza tutto ciò che rappresenta la Francia, l'Occidente, che lo ha cresciuto e fatto uscire dalla miseria, dalla fame di altre realtà, si merita tale punizione.

Il fatto però potrebbe avere delle conseguenze disastrose, perché togliere la cittadinanza a qualcuno significa renderlo un apolide, una persona senza alcun diritto, una “non persona”: persino gli animali avrebbero più diritti di lui sul suolo francese, ma pure sul pianeta terra.
Quindi dovrebbe essere espulso dalla Francia, dall'Europa, perché senza documenti, ma non riacquisterebbe la cittadinanza precedente, sua o dei suoi padri e nonni: potrebbe essere rifiutato da tutti, tranne dai cercatori di manovali del crimine, da coloro che arruolano i mercenari per il terrorismo, o anche per le varie forze paramilitari e militari del pianeta
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Costui però, come criminale, finirebbe facilmente trattato come un reietto della terra e tutti i suoi simili in Europa, ma anche in qualsiasi Paese del mondo avrebbero più diritti di lui: come esempio estremo pure un condannato a morte avrebbe più occasioni di essere rispettato di lui.
Non possedendo documenti potrebbe essere respinto da Paese a Paese e finire tra i milioni di disperati che si muovono sulla terra: in teorie potrebbe subire qualsiasi destino e sparire nell'oblio dei senza nome, ucciso o lasciato morire di malattia, di fame e di sete.

Il mio esempio è estremo, ma credo che non ci sia punizione peggiore di quella della vita di un apolide: questi ragazzi, che si sentono esclusi, respinti dall'Occidente rischiano molto, ma qualsiasi condanna, compreso i lavori forzati sarebbero cosa da poco.
E' incredibile che nessuna organizzazione umanitaria abbia alzato un dito contro questa affermazione del presidente francese: se si parla di espulsione di clandestini si tratta sempre di esseri umani con diritti.

Quando si accenna alla perdita della cittadinanza si tolgono tutti i diritti a una persona.
Questa non persona, perché neppure clandestina, perché da quando non ha più la cittadinanza diventa un essere, che non potrà neppure sperare in un permesso di soggiorno, potrebbe sparire nel nulla.
Forse potrebbe essere andato all'estero, forse qualcuno lo ha fatto scomparire, ma solo se si dimostra che era sul suolo francese, in questo caso, potrebbe interessare alla polizia la sua eventuale brutta fine.
Quando più nessuno baderà a lui, potrebbe diventare uno dei tanti senza nome che camminano nelle periferie delle megalopoli misere del pianeta.
Quando la cittadinanza diventa un premio e non un diritto, che nessuno ci può togliere, la dignità delle persone è legato a un filo, che può essere reciso.
Forse era meglio mantenere il diritto di cittadinanza per nascita o ereditato per adozione, oppure dopo 3, 4 generazioni concedere questa cittadinanza a chi risiede con radici stabili sul suolo di un Paese, ma una volta conseguita questa ambita condizione non si deve più togliere, in nessun caso.

Se un francese, con avi da sempre francesi, commette un crimine subisce il giusto processo ed è punito, come francese, mentre l'apolide terminerà la sua esistenza in qualche bidonville del Sud del mondo, senza giusto processo né possibilità di reinserimento.
E' preferibile una giustizia severa, dura, che condanni a pene dolorose, ma eque, che questa giustizia zoppa.
L'integrazione facilona e buonista alla francese, molto simile a quella italiana, sta provocando guai terribili e mostra il suo volto feroce, ipocrita e cinico.

La Turchia ha molte colpe sulla coscienza: non è solo per una questione di puntiglio per storici cavillosi: negare un massacro significa che in futuro se ne possono commettere altri e celarlo sempre, come nulla fosse.
Coprire questo è criminale, ma al compassato, impettito, snob leader britannico tutte queste faccende non interessano: un po' di merce britannica vale più della vita di molti poveracci.

Forse con questa posizione di politica estera, il premier della Gb voleva solo provocare un po' di sconcerto tra i suoi snobbati colleghi europei, tanto per dimostrare che l'impero britannico esiste ancora, nell'aristocratica superiorità degli inglesi.
Se raccontano scemenze le dicono con grande stile, al punto che qualcuno potrebbe credere che propinino sapienza a piene mani.
Come si potrebbe contrastare un personaggio così elegante e così convinto delle sue affermazioni?

Grazie a Dio le parole poi vengono trascritte e le contraddizioni vengono al pettine: in Europa possono entrare solo paesi autenticamente democratici, non dove un premio nobel rischia il carcere per aver scritto la verità, o perché un popolo che vuole parlare nella sua lingua, quella dei suoi antenati, è ferocemente perseguitato.
Inoltre io aggiungo che in Turchia, come in tutti i paesi islamici, professare la fede che si desidera è pericoloso, molto pericoloso: quanto meno si finirebbe tra i cittadini di serie B.
Il premier britannico David Cameron tutto questo non lo sa?
No, non gli interessa nulla: lo stile inglese rende superiori a tutte queste faccende da “poco”.
Sono inglesi, non miseri europei del continente come noi.