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Nove
abitanti del mondo su dieci vivono in condizioni misere, mangiando
una volta al giorno, non riuscendo neppure ad avere l’acqua
potabile, le medicine per combattere l’influenza, la scuola per i
figli e quando le ottengono è tutto di pessima qualità.
Questi
6 miliardi e 300 milioni (valutazione indicativa) desiderano ottenere
tutto questo, ma non riescono: una minoranza tra loro però riesce a
pagarsi viaggi verso i Paesi ricchi, spendendo anni di risparmi,
magari vite di risparmio, per fare lavori umili, andando in
concorrenza con i poveri e gli addetti ai lavori generici locali o di
altra nazionalità.
Il
vantaggio economico sta tutto nel cambio favorevole: nei Paesi di
origine 100 euro al mese sono spesso un ottimo stipendio, se qui si
guadagna 500, 600 euro al mese significa essere ricchi, per loro.
Costoro
spesso risparmiano su tutto, vivendo in abitazioni sovraffollate,
acquistando cibo scadente e poi il resto dei loro magri guadagni
(miseri secondo i nostri parametri) servono alle famiglie in patria o
per il loro ritorno.
Una
componente di questi lavoratori però cerca di inserirsi e di vivere
in modo definitivo da noi, ma trovano moltissime barriere culturali,
sociali, anche un po’ di razzismo e tanti pregiudizi: non parlo
solo di quelli degli europei contro i nuovi arrivati, mi riferisco
anche quelli loro contro gli europei e contro le altre etnie presenti
sul territorio.
A
quel punto l’emigrazione diventa esplosiva e basta una crisi
economica, come quella attuale, per far prendere fuoco ai ghetti, con
una semplice scintilla, come l’uccisione di un pregiudicato da
parte della polizia od altri avvenimenti simili.
Io
ritengo che tutto questo è, dalle associazioni sociali, dal
mass-media, trattato in modo sbagliato: il primo principio sta nel
fatto che spesso questa immigrazione porta la guerra tra i poveri.
Poi
è falso che l’immigrazione sia sempre utile allo sviluppo
economico di un Paese, ma favorisce forme di organizzazioni
lavorative antiquate, che sarebbero superate con l’utilizzo di
nuove tecnologie e nuovi metodi (tempi e metodi) più razionali.