14 ago 2011

Racconto giallo - Il figlio ritrovato racconto di Arduino Rossi


mutuo online trading on prestiti online avvocati online recupero dati raid quote auto auto online corso di pnl account adwords adsense mutuo online trading on

Lui era un uomo solo e stanco, da troppi anni non trovava una risposta ai suoi malumori: era in pensione da due anni e non aveva più un amico, poi le donne lui non le aveva mai capite.

Gli piacevano ancora, ma erano così strambe, complicate, piene di fissazioni e lui non aveva per loro una grande stima.
Di soldi ne aveva parecchi, anche troppi nelle sue tasche ed era un ottimo investitore, ma ormai li accumulava senza più un motivo: non era taccagneria la sua, era solo un modo di vivere.
Era ricco e vestiva come un pezzente, pareva quasi un barbone, ma pochi sapevano che possedeva 20, o 30 immobili, che vendeva e comprava con una certa intelligenza, poi aveva depositi bancari e titoli di vario genere, oltre a un bel gruzzolo a Lugano, dove andava in treno per non farsi notare: alla frontiera lo scambiavano per un pendolare.
I soldi li aveva sempre con sé, dentro la giacca imbottita invernale, che portava anche sino a primavera inoltrata, poi alla stazione, nei bagni, se la scuciva ed estraeva i pezzi grossi, da 500 euro: li portava alla solita banca, con il solito bancario indifferente dietro il banco della cassa.
Aveva un nipote solo, che si sarebbe preso tutto e lui era furioso perché quei soldi li aveva sudati tutta un'esistenza, ma non li sapeva spendere.
Il nipote non si ricordava neppure del vecchio zio misantropo, faceva la sua vita e se la spassava con le donne.
Di ritorno da Lugano quella volta vide lui, quel tizio che non gli piaceva e che lo continuava a fissare: era alto e robusto.
Zio Andrea, così lo chiamavano al suo paese, non sopportava che quello lo pedinasse.
Le sue fantasie lo facevano precipitare nel terrore: era un terrorista, era un tossicodipendente, era un bandito o un rapitore, era..... tutto e di più, il peggio del peggio.
Zio Andrea scese dal treno alla prima stazione: gli mancavano ancora 3 fermate, ma avrebbe preferito dormire come un senza fissa dimora, che avere quel tizio alle calcagna.
Era ormai tranquillo, il treno partì, quando lo rivide dall'altra parte del binario: sorrideva, forse con scherno e malignità.
Ora zio Andrea si decise e volle affrontare l'individuo, attese che si avvicinasse e aprì il coltello a serramanico, tenendolo celato nella tasca della giacca, stringendolo con forza.
Lo sconosciuto gli chiese: “Tu sei zio Andrea?”
Che ti importa chi sono? Cosa vuoi da me?”
Lui sorrise e gli dette la mano tesa: “Sono Giuseppe, figlio di Mara.”
Andrea si rammentò tutto il suo passato e di quel breve amore con quella donna umile, sensibile, buona, dolce che un giorno gli aveva voluto bene e lui aveva amato.
Allora disse: “Non sapevo che Mara avesse un figlio.”
Sì, io nacqui dopo che lei fu abbandonata da te, in quel modo feroce e maligno, da vecchio porco.”
Andrea stava per estrarre il coltello, ma gli venne un dubbio: quello poteva essere suo figlio.
Il dubbio crebbe quando riconobbe in lui segni particolari sul viso: la smorfia, quando sorrideva, era quella che aveva lui al mattino, davanti allo specchio.
Gli occhi erano piccoli e scuri come i suoi, mentre quella macchia vicino alla bocca era identica alla sua, che aveva da sempre.
Sì, era suo figlio, ma Andrea non fu felice, anzi fu angosciato dall'idea di dovergli dare qualcosa del suo denaro, del suo patrimonio.
Gli chiese: “Cosa vuoi? Perché mi hai cercato solo oggi?”
Perché mia mamma è morta una settimana fa e solo in punto di morte ha fatto il tuo nome: temeva che mi vendicassi per gli anni di stenti, per le umiliazioni subite da entrambi, ma ora tutto va per il verso giusto......”
Infatti l'uomo estrasse una pistola di vecchio tipo, ancora a tamburo e bisbigliò: “Crepa zio Andrea e va all'inferno! Questo è per tutto quello che hai fatto, per la fame e perché mi chiamavano bastardo...”
Non riuscì a finire la frase, zio Andrea gli aveva già infilato il suo coltello in pancia: non attese altro tempo e se ne andò via, lasciando il figlio appena ritrovato agonizzante.
In quel luogo sperduto in mezzo alla campagna nessuno lo conosceva e così se la svignò verso la strada, si inoltrò nel buio della notte.
Riuscì a raggiungere la stazione successiva e a prendere il primo treno che incontrò, all'alba: giunse a casa e si sdraiò sul letto, poi si rammentò di una lettera, che non aveva mai aperto. Era di Mara, quella traditrice, come un suo amico nemico gli aveva raccontato.
La aprì, rompendo la busta ingiallita e lesse che lei le comunicava la nascita di suo figlio: quella lettera non l'aveva mai aperta e da allora aveva odiato le donne, le aveva sempre trattate male.
Per lui erano tutte delle puttane, delle male femmine, invece era stato lui l'idiota, il violento, il prepotente: voleva costituirsi alla polizia, ma invece decise di sapere qualcosa di più preciso.
Tornò alla stazione dove aveva accoltellato il figlio, ma non lo trovò e nessuno sapeva nulla.
La notizia della morte di un trentenne, un balordo, non era stata segnalata dai giornali, infine decise di chiedere precisazioni all'edicolante della stazione, l'unico che li aveva intravisti quel giorno.
L'ometto anziano rispose: “Sì, mi ricordo del fatto, ma avvenne tempo fa. L'uomo morì accoltellato in una rissa tra drogati e fu pure arrestato il colpevole, uno spacciatore marocchino.”
Zio Andrea gli pareva di impazzire, poi non volle sapere altro e vide transitare veloce un treno merci: si gettò rapido sui binari senza troppo pensare.
Il macchinista innestò i freni, ma era troppo tardi: Andrea fu investito.


Sul quotidiano locale si lesse questa notizia di cronaca nera, in quarta pagina: “L'uomo morto, investito da un treno merci alla stazione di ….., risulta essere il padre naturale del giovane assassinato per questioni di spaccio di sostanze stupefacenti, l'anno scorso. Il povero uomo non ha resistito al dolore e si è gettato sotto il primo treno che transitava, dopo aver chiesto notizie del figlio assassinato ad un edicolante. La polizia sta indagando per sapere se nessuno abbia spinto l'uomo al suicidio......”

Il figlio ritrovato racconto di Arduino Rossi


mutuo online trading on prestiti online avvocati online recupero dati raid quote auto auto online corso di pnl account adwords adsense mutuo online trading on

Lui era un uomo solo e stanco, da troppi anni non trovava una risposta ai suoi malumori: era in pensione da due anni e non aveva più un amico, poi le donne lui non le aveva mai capite.

Gli piacevano ancora, ma erano così strambe, complicate, piene di fissazioni e lui non aveva per loro una grande stima.
Di soldi ne aveva parecchi, anche troppi nelle sue tasche ed era un ottimo investitore, ma ormai li accumulava senza più un motivo: non era taccagneria la sua, era solo un modo di vivere.
Era ricco e vestiva come un pezzente, pareva quasi un barbone, ma pochi sapevano che possedeva 20, o 30 immobili, che vendeva e comprava con una certa intelligenza, poi aveva depositi bancari e titoli di vario genere, oltre a un bel gruzzolo a Lugano, dove andava in treno per non farsi notare: alla frontiera lo scambiavano per un pendolare.
I soldi li aveva sempre con sé, dentro la giacca imbottita invernale, che portava anche sino a primavera inoltrata, poi alla stazione, nei bagni, se la scuciva ed estraeva i pezzi grossi, da 500 euro: li portava alla solita banca, con il solito bancario indifferente dietro il banco della cassa.
Aveva un nipote solo, che si sarebbe preso tutto e lui era furioso perché quei soldi li aveva sudati tutta un'esistenza, ma non li sapeva spendere.
Il nipote non si ricordava neppure del vecchio zio misantropo, faceva la sua vita e se la spassava con le donne.
Di ritorno da Lugano quella volta vide lui, quel tizio che non gli piaceva e che lo continuava a fissare: era alto e robusto.
Zio Andrea, così lo chiamavano al suo paese, non sopportava che quello lo pedinasse.
Le sue fantasie lo facevano precipitare nel terrore: era un terrorista, era un tossicodipendente, era un bandito o un rapitore, era..... tutto e di più, il peggio del peggio.
Zio Andrea scese dal treno alla prima stazione: gli mancavano ancora 3 fermate, ma avrebbe preferito dormire come un senza fissa dimora, che avere quel tizio alle calcagna.
Era ormai tranquillo, il treno partì, quando lo rivide dall'altra parte del binario: sorrideva, forse con scherno e malignità.
Ora zio Andrea si decise e volle affrontare l'individuo, attese che si avvicinasse e aprì il coltello a serramanico, tenendolo celato nella tasca della giacca, stringendolo con forza.
Lo sconosciuto gli chiese: “Tu sei zio Andrea?”
Che ti importa chi sono? Cosa vuoi da me?”
Lui sorrise e gli dette la mano tesa: “Sono Giuseppe, figlio di Mara.”
Andrea si rammentò tutto il suo passato e di quel breve amore con quella donna umile, sensibile, buona, dolce che un giorno gli aveva voluto bene e lui aveva amato.
Allora disse: “Non sapevo che Mara avesse un figlio.”
Sì, io nacqui dopo che lei fu abbandonata da te, in quel modo feroce e maligno, da vecchio porco.”
Andrea stava per estrarre il coltello, ma gli venne un dubbio: quello poteva essere suo figlio.
Il dubbio crebbe quando riconobbe in lui segni particolari sul viso: la smorfia, quando sorrideva, era quella che aveva lui al mattino, davanti allo specchio.
Gli occhi erano piccoli e scuri come i suoi, mentre quella macchia vicino alla bocca era identica alla sua, che aveva da sempre.
Sì, era suo figlio, ma Andrea non fu felice, anzi fu angosciato dall'idea di dovergli dare qualcosa del suo denaro, del suo patrimonio.
Gli chiese: “Cosa vuoi? Perché mi hai cercato solo oggi?”
Perché mia mamma è morta una settimana fa e solo in punto di morte ha fatto il tuo nome: temeva che mi vendicassi per gli anni di stenti, per le umiliazioni subite da entrambi, ma ora tutto va per il verso giusto......”
Infatti l'uomo estrasse una pistola di vecchio tipo, ancora a tamburo e bisbigliò: “Crepa zio Andrea e va all'inferno! Questo è per tutto quello che hai fatto, per la fame e perché mi chiamavano bastardo...”
Non riuscì a finire la frase, zio Andrea gli aveva già infilato il suo coltello in pancia: non attese altro tempo e se ne andò via, lasciando il figlio appena ritrovato agonizzante.
In quel luogo sperduto in mezzo alla campagna nessuno lo conosceva e così se la svignò verso la strada, si inoltrò nel buio della notte.
Riuscì a raggiungere la stazione successiva e a prendere il primo treno che incontrò, all'alba: giunse a casa e si sdraiò sul letto, poi si rammentò di una lettera, che non aveva mai aperto. Era di Mara, quella traditrice, come un suo amico nemico gli aveva raccontato.
La aprì, rompendo la busta ingiallita e lesse che lei le comunicava la nascita di suo figlio: quella lettera non l'aveva mai aperta e da allora aveva odiato le donne, le aveva sempre trattate male.
Per lui erano tutte delle puttane, delle male femmine, invece era stato lui l'idiota, il violento, il prepotente: voleva costituirsi alla polizia, ma invece decise di sapere qualcosa di più preciso.
Tornò alla stazione dove aveva accoltellato il figlio, ma non lo trovò e nessuno sapeva nulla.
La notizia della morte di un trentenne, un balordo, non era stata segnalata dai giornali, infine decise di chiedere precisazioni all'edicolante della stazione, l'unico che li aveva intravisti quel giorno.
L'ometto anziano rispose: “Sì, mi ricordo del fatto, ma avvenne tempo fa. L'uomo morì accoltellato in una rissa tra drogati e fu pure arrestato il colpevole, uno spacciatore marocchino.”
Zio Andrea gli pareva di impazzire, poi non volle sapere altro e vide transitare veloce un treno merci: si gettò rapido sui binari senza troppo pensare.
Il macchinista innestò i freni, ma era troppo tardi: Andrea fu investito.


Sul quotidiano locale si lesse questa notizia di cronaca nera, in quarta pagina: “L'uomo morto, investito da un treno merci alla stazione di ….., risulta essere il padre naturale del giovane assassinato per questioni di spaccio di sostanze stupefacenti, l'anno scorso. Il povero uomo non ha resistito al dolore e si è gettato sotto il primo treno che transitava, dopo aver chiesto notizie del figlio assassinato ad un edicolante. La polizia sta indagando per sapere se nessuno abbia spinto l'uomo al suicidio......”

Politica italiana - Crisi finanziaria 2011 - debito pubblico italiano e politici incapaciAttuale



mutuo online trading on prestiti online avvocati online recupero dati raid quote auto auto online corso di pnl account adwords adsense mutuo online trading on
La crisi finanziaria non perdona e i padroni del vapore, i signori della finanza mondiale seguono una sola legge, il loro profitto: non sono persone feroci, truci o crudeli, sono operatori che gestiscono i risparmi, i capitali dell'economia mondiale.
Rispettano le leggi del mercato e queste non perdonano: se il debito pubblico di un paese sale alle stelle c'è il rischio che quel Paese fallisca e non possa pagare i creditori.
Il rischio aumenta e così tassi di interesse crescono, per poter poter ripagare il pericolo di perdere il capitale investito, aumentando il debito pubblico.
Intervenire subito era necessario, ma come era tutto da stabilire: si doveva tagliare la spesa pubblica e aumentare le tasse.
Il principio di colpire chi aveva di più avrebbe messo però in crisi il sistema finanziario italiano, favorendo la fuga di capitali all'estero, punendo chi possedeva capitali investiti in immobili, in certi casi costringendoli a vendere, facendo cadere il prezzo degli immobili, mettendo in crisi le banche che hanno delle ipoteche sugli immobili, favorendo solo gli speculatori che si muovono nel mercato immobiliare.
Sarebbe stata una scelta disastrosa, allora sarebbe stato giusto colpire l'evasione, il lavoro nero in particolare, quell'evasione che fa della concorrenza sleale, non pagando le tasse.
La strada giusta era questa, lotta dura al lavoro nero e ai padroncini che non rispettano le regole, le leggi fiscali, nell'edilizia, nelle cooperative.
L'altra strada era quella del taglio ai costi della politica, con il dimezzare dei deputati e dei senatori, l'eliminazione delle province, l'eliminazione dei finanziamenti ai partiti.
Tutto questo ha pure i suoi fattori contrari, però sarebbero le scelte meno dolorose per il Paese.
Altra scelta sta nella semplificazione della burocrazia e una politica verso le nuove tecnologie, la ricerca, sono fattori che restano fuori da tutti i programmi dei nostri politici: alla peggio abbiamo una caduta a pioggia su istituti di ricerca dalla dubbia utilità.
La demagogia e gli interessi settoriali ci stanno rovinando: è giusto che questa politica sappia rinnovarsi con una chiara visione della realtà attuale.
E' finito il tempo del mercato economico locale, ormai l'Italia o beve o affoga: non possiamo più vivere con gli espedienti del passato.
Non possiamo dare risposte che offendono la nostra intelligenza: per evitare un fallimento doloroso e dannosissimo non rimane che liberalizzare tutti i settori della vita pubblica e privata: è finita l'epoca delle corporazioni.
L'hanno capito i politici con i sindacati e le associazioni di categoria nazionale?
Probabilmente no, ma se ne dovranno accorgere presto: la vera riforma è nel modo di pensare degli imprenditori, dei lavoratori, della gente.
Il futuro non sarà brutto o bello in modo indiscriminato: se si capirà che si devono apprendere le nuove tecnologie e che si lavorerà o si farà la fame se ci si rinnoverà o si rimarrà ancorati alle proprie posizioni.
Il mercato ci imporrà scelte faticose, ma noi potremo avere l'occasione di metterci in gioco, oppure no.

Spiegazioni Rischi Crisi finanziaria 2011 - debito pubblico italiano e politici incapaciAttuale



mutuo online trading on prestiti online avvocati online recupero dati raid quote auto auto online corso di pnl account adwords adsense mutuo online trading on
La crisi finanziaria non perdona e i padroni del vapore, i signori della finanza mondiale seguono una sola legge, il loro profitto: non sono persone feroci, truci o crudeli, sono operatori che gestiscono i risparmi, i capitali dell'economia mondiale.
Rispettano le leggi del mercato e queste non perdonano: se il debito pubblico di un paese sale alle stelle c'è il rischio che quel Paese fallisca e non possa pagare i creditori.
Il rischio aumenta e così tassi di interesse crescono, per poter poter ripagare il pericolo di perdere il capitale investito, aumentando il debito pubblico.
Intervenire subito era necessario, ma come era tutto da stabilire: si doveva tagliare la spesa pubblica e aumentare le tasse.
Il principio di colpire chi aveva di più avrebbe messo però in crisi il sistema finanziario italiano, favorendo la fuga di capitali all'estero, punendo chi possedeva capitali investiti in immobili, in certi casi costringendoli a vendere, facendo cadere il prezzo degli immobili, mettendo in crisi le banche che hanno delle ipoteche sugli immobili, favorendo solo gli speculatori che si muovono nel mercato immobiliare.
Sarebbe stata una scelta disastrosa, allora sarebbe stato giusto colpire l'evasione, il lavoro nero in particolare, quell'evasione che fa della concorrenza sleale, non pagando le tasse.
La strada giusta era questa, lotta dura al lavoro nero e ai padroncini che non rispettano le regole, le leggi fiscali, nell'edilizia, nelle cooperative.
L'altra strada era quella del taglio ai costi della politica, con il dimezzare dei deputati e dei senatori, l'eliminazione delle province, l'eliminazione dei finanziamenti ai partiti.
Tutto questo ha pure i suoi fattori contrari, però sarebbero le scelte meno dolorose per il Paese.
Altra scelta sta nella semplificazione della burocrazia e una politica verso le nuove tecnologie, la ricerca, sono fattori che restano fuori da tutti i programmi dei nostri politici: alla peggio abbiamo una caduta a pioggia su istituti di ricerca dalla dubbia utilità.
La demagogia e gli interessi settoriali ci stanno rovinando: è giusto che questa politica sappia rinnovarsi con una chiara visione della realtà attuale.
E' finito il tempo del mercato economico locale, ormai l'Italia o beve o affoga: non possiamo più vivere con gli espedienti del passato.
Non possiamo dare risposte che offendono la nostra intelligenza: per evitare un fallimento doloroso e dannosissimo non rimane che liberalizzare tutti i settori della vita pubblica e privata: è finita l'epoca delle corporazioni.
L'hanno capito i politici con i sindacati e le associazioni di categoria nazionale?
Probabilmente no, ma se ne dovranno accorgere presto: la vera riforma è nel modo di pensare degli imprenditori, dei lavoratori, della gente.
Il futuro non sarà brutto o bello in modo indiscriminato: se si capirà che si devono apprendere le nuove tecnologie e che si lavorerà o si farà la fame se ci si rinnoverà o si rimarrà ancorati alle proprie posizioni.
Il mercato ci imporrà scelte faticose, ma noi potremo avere l'occasione di metterci in gioco, oppure no.

Rischi Crisi finanziaria 2011 - debito pubblico italiano e politici incapaciAttuale



mutuo online trading on prestiti online avvocati online recupero dati raid quote auto auto online corso di pnl account adwords adsense mutuo online trading on
La crisi finanziaria non perdona e i padroni del vapore, i signori della finanza mondiale seguono una sola legge, il loro profitto: non sono persone feroci, truci o crudeli, sono operatori che gestiscono i risparmi, i capitali dell'economia mondiale.
Rispettano le leggi del mercato e queste non perdonano: se il debito pubblico di un paese sale alle stelle c'è il rischio che quel Paese fallisca e non possa pagare i creditori.
Il rischio aumenta e così tassi di interesse crescono, per poter poter ripagare il pericolo di perdere il capitale investito, aumentando il debito pubblico.
Intervenire subito era necessario, ma come era tutto da stabilire: si doveva tagliare la spesa pubblica e aumentare le tasse.
Il principio di colpire chi aveva di più avrebbe messo però in crisi il sistema finanziario italiano, favorendo la fuga di capitali all'estero, punendo chi possedeva capitali investiti in immobili, in certi casi costringendoli a vendere, facendo cadere il prezzo degli immobili, mettendo in crisi le banche che hanno delle ipoteche sugli immobili, favorendo solo gli speculatori che si muovono nel mercato immobiliare.
Sarebbe stata una scelta disastrosa, allora sarebbe stato giusto colpire l'evasione, il lavoro nero in particolare, quell'evasione che fa della concorrenza sleale, non pagando le tasse.
La strada giusta era questa, lotta dura al lavoro nero e ai padroncini che non rispettano le regole, le leggi fiscali, nell'edilizia, nelle cooperative.
L'altra strada era quella del taglio ai costi della politica, con il dimezzare dei deputati e dei senatori, l'eliminazione delle province, l'eliminazione dei finanziamenti ai partiti.
Tutto questo ha pure i suoi fattori contrari, però sarebbero le scelte meno dolorose per il Paese.
Altra scelta sta nella semplificazione della burocrazia e una politica verso le nuove tecnologie, la ricerca, sono fattori che restano fuori da tutti i programmi dei nostri politici: alla peggio abbiamo una caduta a pioggia su istituti di ricerca dalla dubbia utilità.
La demagogia e gli interessi settoriali ci stanno rovinando: è giusto che questa politica sappia rinnovarsi con una chiara visione della realtà attuale.
E' finito il tempo del mercato economico locale, ormai l'Italia o beve o affoga: non possiamo più vivere con gli espedienti del passato.
Non possiamo dare risposte che offendono la nostra intelligenza: per evitare un fallimento doloroso e dannosissimo non rimane che liberalizzare tutti i settori della vita pubblica e privata: è finita l'epoca delle corporazioni.
L'hanno capito i politici con i sindacati e le associazioni di categoria nazionale?
Probabilmente no, ma se ne dovranno accorgere presto: la vera riforma è nel modo di pensare degli imprenditori, dei lavoratori, della gente.
Il futuro non sarà brutto o bello in modo indiscriminato: se si capirà che si devono apprendere le nuove tecnologie e che si lavorerà o si farà la fame se ci si rinnoverà o si rimarrà ancorati alle proprie posizioni.
Il mercato ci imporrà scelte faticose, ma noi potremo avere l'occasione di metterci in gioco, oppure no.

Perché Crisi finanziaria 2011 - debito pubblico italiano e politici incapaciAttuale



mutuo online trading on prestiti online avvocati online recupero dati raid quote auto auto online corso di pnl account adwords adsense mutuo online trading on
La crisi finanziaria non perdona e i padroni del vapore, i signori della finanza mondiale seguono una sola legge, il loro profitto: non sono persone feroci, truci o crudeli, sono operatori che gestiscono i risparmi, i capitali dell'economia mondiale.
Rispettano le leggi del mercato e queste non perdonano: se il debito pubblico di un paese sale alle stelle c'è il rischio che quel Paese fallisca e non possa pagare i creditori.
Il rischio aumenta e così tassi di interesse crescono, per poter poter ripagare il pericolo di perdere il capitale investito, aumentando il debito pubblico.
Intervenire subito era necessario, ma come era tutto da stabilire: si doveva tagliare la spesa pubblica e aumentare le tasse.
Il principio di colpire chi aveva di più avrebbe messo però in crisi il sistema finanziario italiano, favorendo la fuga di capitali all'estero, punendo chi possedeva capitali investiti in immobili, in certi casi costringendoli a vendere, facendo cadere il prezzo degli immobili, mettendo in crisi le banche che hanno delle ipoteche sugli immobili, favorendo solo gli speculatori che si muovono nel mercato immobiliare.
Sarebbe stata una scelta disastrosa, allora sarebbe stato giusto colpire l'evasione, il lavoro nero in particolare, quell'evasione che fa della concorrenza sleale, non pagando le tasse.
La strada giusta era questa, lotta dura al lavoro nero e ai padroncini che non rispettano le regole, le leggi fiscali, nell'edilizia, nelle cooperative.
L'altra strada era quella del taglio ai costi della politica, con il dimezzare dei deputati e dei senatori, l'eliminazione delle province, l'eliminazione dei finanziamenti ai partiti.
Tutto questo ha pure i suoi fattori contrari, però sarebbero le scelte meno dolorose per il Paese.
Altra scelta sta nella semplificazione della burocrazia e una politica verso le nuove tecnologie, la ricerca, sono fattori che restano fuori da tutti i programmi dei nostri politici: alla peggio abbiamo una caduta a pioggia su istituti di ricerca dalla dubbia utilità.
La demagogia e gli interessi settoriali ci stanno rovinando: è giusto che questa politica sappia rinnovarsi con una chiara visione della realtà attuale.
E' finito il tempo del mercato economico locale, ormai l'Italia o beve o affoga: non possiamo più vivere con gli espedienti del passato.
Non possiamo dare risposte che offendono la nostra intelligenza: per evitare un fallimento doloroso e dannosissimo non rimane che liberalizzare tutti i settori della vita pubblica e privata: è finita l'epoca delle corporazioni.
L'hanno capito i politici con i sindacati e le associazioni di categoria nazionale?
Probabilmente no, ma se ne dovranno accorgere presto: la vera riforma è nel modo di pensare degli imprenditori, dei lavoratori, della gente.
Il futuro non sarà brutto o bello in modo indiscriminato: se si capirà che si devono apprendere le nuove tecnologie e che si lavorerà o si farà la fame se ci si rinnoverà o si rimarrà ancorati alle proprie posizioni.
Il mercato ci imporrà scelte faticose, ma noi potremo avere l'occasione di metterci in gioco, oppure no.

Previsioni Crisi finanziaria 2011 - debito pubblico italiano e politici incapaciAttuale



mutuo online trading on prestiti online avvocati online recupero dati raid quote auto auto online corso di pnl account adwords adsense mutuo online trading on
La crisi finanziaria non perdona e i padroni del vapore, i signori della finanza mondiale seguono una sola legge, il loro profitto: non sono persone feroci, truci o crudeli, sono operatori che gestiscono i risparmi, i capitali dell'economia mondiale.
Rispettano le leggi del mercato e queste non perdonano: se il debito pubblico di un paese sale alle stelle c'è il rischio che quel Paese fallisca e non possa pagare i creditori.
Il rischio aumenta e così tassi di interesse crescono, per poter poter ripagare il pericolo di perdere il capitale investito, aumentando il debito pubblico.
Intervenire subito era necessario, ma come era tutto da stabilire: si doveva tagliare la spesa pubblica e aumentare le tasse.
Il principio di colpire chi aveva di più avrebbe messo però in crisi il sistema finanziario italiano, favorendo la fuga di capitali all'estero, punendo chi possedeva capitali investiti in immobili, in certi casi costringendoli a vendere, facendo cadere il prezzo degli immobili, mettendo in crisi le banche che hanno delle ipoteche sugli immobili, favorendo solo gli speculatori che si muovono nel mercato immobiliare.
Sarebbe stata una scelta disastrosa, allora sarebbe stato giusto colpire l'evasione, il lavoro nero in particolare, quell'evasione che fa della concorrenza sleale, non pagando le tasse.
La strada giusta era questa, lotta dura al lavoro nero e ai padroncini che non rispettano le regole, le leggi fiscali, nell'edilizia, nelle cooperative.
L'altra strada era quella del taglio ai costi della politica, con il dimezzare dei deputati e dei senatori, l'eliminazione delle province, l'eliminazione dei finanziamenti ai partiti.
Tutto questo ha pure i suoi fattori contrari, però sarebbero le scelte meno dolorose per il Paese.
Altra scelta sta nella semplificazione della burocrazia e una politica verso le nuove tecnologie, la ricerca, sono fattori che restano fuori da tutti i programmi dei nostri politici: alla peggio abbiamo una caduta a pioggia su istituti di ricerca dalla dubbia utilità.
La demagogia e gli interessi settoriali ci stanno rovinando: è giusto che questa politica sappia rinnovarsi con una chiara visione della realtà attuale.
E' finito il tempo del mercato economico locale, ormai l'Italia o beve o affoga: non possiamo più vivere con gli espedienti del passato.
Non possiamo dare risposte che offendono la nostra intelligenza: per evitare un fallimento doloroso e dannosissimo non rimane che liberalizzare tutti i settori della vita pubblica e privata: è finita l'epoca delle corporazioni.
L'hanno capito i politici con i sindacati e le associazioni di categoria nazionale?
Probabilmente no, ma se ne dovranno accorgere presto: la vera riforma è nel modo di pensare degli imprenditori, dei lavoratori, della gente.
Il futuro non sarà brutto o bello in modo indiscriminato: se si capirà che si devono apprendere le nuove tecnologie e che si lavorerà o si farà la fame se ci si rinnoverà o si rimarrà ancorati alle proprie posizioni.
Il mercato ci imporrà scelte faticose, ma noi potremo avere l'occasione di metterci in gioco, oppure no.

Pensioni Crisi finanziaria 2011 - debito pubblico italiano e politici incapaciAttuale



mutuo online trading on prestiti online avvocati online recupero dati raid quote auto auto online corso di pnl account adwords adsense mutuo online trading on
La crisi finanziaria non perdona e i padroni del vapore, i signori della finanza mondiale seguono una sola legge, il loro profitto: non sono persone feroci, truci o crudeli, sono operatori che gestiscono i risparmi, i capitali dell'economia mondiale.
Rispettano le leggi del mercato e queste non perdonano: se il debito pubblico di un paese sale alle stelle c'è il rischio che quel Paese fallisca e non possa pagare i creditori.
Il rischio aumenta e così tassi di interesse crescono, per poter poter ripagare il pericolo di perdere il capitale investito, aumentando il debito pubblico.
Intervenire subito era necessario, ma come era tutto da stabilire: si doveva tagliare la spesa pubblica e aumentare le tasse.
Il principio di colpire chi aveva di più avrebbe messo però in crisi il sistema finanziario italiano, favorendo la fuga di capitali all'estero, punendo chi possedeva capitali investiti in immobili, in certi casi costringendoli a vendere, facendo cadere il prezzo degli immobili, mettendo in crisi le banche che hanno delle ipoteche sugli immobili, favorendo solo gli speculatori che si muovono nel mercato immobiliare.
Sarebbe stata una scelta disastrosa, allora sarebbe stato giusto colpire l'evasione, il lavoro nero in particolare, quell'evasione che fa della concorrenza sleale, non pagando le tasse.
La strada giusta era questa, lotta dura al lavoro nero e ai padroncini che non rispettano le regole, le leggi fiscali, nell'edilizia, nelle cooperative.
L'altra strada era quella del taglio ai costi della politica, con il dimezzare dei deputati e dei senatori, l'eliminazione delle province, l'eliminazione dei finanziamenti ai partiti.
Tutto questo ha pure i suoi fattori contrari, però sarebbero le scelte meno dolorose per il Paese.
Altra scelta sta nella semplificazione della burocrazia e una politica verso le nuove tecnologie, la ricerca, sono fattori che restano fuori da tutti i programmi dei nostri politici: alla peggio abbiamo una caduta a pioggia su istituti di ricerca dalla dubbia utilità.
La demagogia e gli interessi settoriali ci stanno rovinando: è giusto che questa politica sappia rinnovarsi con una chiara visione della realtà attuale.
E' finito il tempo del mercato economico locale, ormai l'Italia o beve o affoga: non possiamo più vivere con gli espedienti del passato.
Non possiamo dare risposte che offendono la nostra intelligenza: per evitare un fallimento doloroso e dannosissimo non rimane che liberalizzare tutti i settori della vita pubblica e privata: è finita l'epoca delle corporazioni.
L'hanno capito i politici con i sindacati e le associazioni di categoria nazionale?
Probabilmente no, ma se ne dovranno accorgere presto: la vera riforma è nel modo di pensare degli imprenditori, dei lavoratori, della gente.
Il futuro non sarà brutto o bello in modo indiscriminato: se si capirà che si devono apprendere le nuove tecnologie e che si lavorerà o si farà la fame se ci si rinnoverà o si rimarrà ancorati alle proprie posizioni.
Il mercato ci imporrà scelte faticose, ma noi potremo avere l'occasione di metterci in gioco, oppure no.

Opinioni Crisi finanziaria 2011 - debito pubblico italiano e politici incapaciAttuale



mutuo online trading on prestiti online avvocati online recupero dati raid quote auto auto online corso di pnl account adwords adsense mutuo online trading on
La crisi finanziaria non perdona e i padroni del vapore, i signori della finanza mondiale seguono una sola legge, il loro profitto: non sono persone feroci, truci o crudeli, sono operatori che gestiscono i risparmi, i capitali dell'economia mondiale.
Rispettano le leggi del mercato e queste non perdonano: se il debito pubblico di un paese sale alle stelle c'è il rischio che quel Paese fallisca e non possa pagare i creditori.
Il rischio aumenta e così tassi di interesse crescono, per poter poter ripagare il pericolo di perdere il capitale investito, aumentando il debito pubblico.
Intervenire subito era necessario, ma come era tutto da stabilire: si doveva tagliare la spesa pubblica e aumentare le tasse.
Il principio di colpire chi aveva di più avrebbe messo però in crisi il sistema finanziario italiano, favorendo la fuga di capitali all'estero, punendo chi possedeva capitali investiti in immobili, in certi casi costringendoli a vendere, facendo cadere il prezzo degli immobili, mettendo in crisi le banche che hanno delle ipoteche sugli immobili, favorendo solo gli speculatori che si muovono nel mercato immobiliare.
Sarebbe stata una scelta disastrosa, allora sarebbe stato giusto colpire l'evasione, il lavoro nero in particolare, quell'evasione che fa della concorrenza sleale, non pagando le tasse.
La strada giusta era questa, lotta dura al lavoro nero e ai padroncini che non rispettano le regole, le leggi fiscali, nell'edilizia, nelle cooperative.
L'altra strada era quella del taglio ai costi della politica, con il dimezzare dei deputati e dei senatori, l'eliminazione delle province, l'eliminazione dei finanziamenti ai partiti.
Tutto questo ha pure i suoi fattori contrari, però sarebbero le scelte meno dolorose per il Paese.
Altra scelta sta nella semplificazione della burocrazia e una politica verso le nuove tecnologie, la ricerca, sono fattori che restano fuori da tutti i programmi dei nostri politici: alla peggio abbiamo una caduta a pioggia su istituti di ricerca dalla dubbia utilità.
La demagogia e gli interessi settoriali ci stanno rovinando: è giusto che questa politica sappia rinnovarsi con una chiara visione della realtà attuale.
E' finito il tempo del mercato economico locale, ormai l'Italia o beve o affoga: non possiamo più vivere con gli espedienti del passato.
Non possiamo dare risposte che offendono la nostra intelligenza: per evitare un fallimento doloroso e dannosissimo non rimane che liberalizzare tutti i settori della vita pubblica e privata: è finita l'epoca delle corporazioni.
L'hanno capito i politici con i sindacati e le associazioni di categoria nazionale?
Probabilmente no, ma se ne dovranno accorgere presto: la vera riforma è nel modo di pensare degli imprenditori, dei lavoratori, della gente.
Il futuro non sarà brutto o bello in modo indiscriminato: se si capirà che si devono apprendere le nuove tecnologie e che si lavorerà o si farà la fame se ci si rinnoverà o si rimarrà ancorati alle proprie posizioni.
Il mercato ci imporrà scelte faticose, ma noi potremo avere l'occasione di metterci in gioco, oppure no.

Odierna Crisi finanziaria 2011 - debito pubblico italiano e politici incapaciAttuale



mutuo online trading on prestiti online avvocati online recupero dati raid quote auto auto online corso di pnl account adwords adsense mutuo online trading on
La crisi finanziaria non perdona e i padroni del vapore, i signori della finanza mondiale seguono una sola legge, il loro profitto: non sono persone feroci, truci o crudeli, sono operatori che gestiscono i risparmi, i capitali dell'economia mondiale.
Rispettano le leggi del mercato e queste non perdonano: se il debito pubblico di un paese sale alle stelle c'è il rischio che quel Paese fallisca e non possa pagare i creditori.
Il rischio aumenta e così tassi di interesse crescono, per poter poter ripagare il pericolo di perdere il capitale investito, aumentando il debito pubblico.
Intervenire subito era necessario, ma come era tutto da stabilire: si doveva tagliare la spesa pubblica e aumentare le tasse.
Il principio di colpire chi aveva di più avrebbe messo però in crisi il sistema finanziario italiano, favorendo la fuga di capitali all'estero, punendo chi possedeva capitali investiti in immobili, in certi casi costringendoli a vendere, facendo cadere il prezzo degli immobili, mettendo in crisi le banche che hanno delle ipoteche sugli immobili, favorendo solo gli speculatori che si muovono nel mercato immobiliare.
Sarebbe stata una scelta disastrosa, allora sarebbe stato giusto colpire l'evasione, il lavoro nero in particolare, quell'evasione che fa della concorrenza sleale, non pagando le tasse.
La strada giusta era questa, lotta dura al lavoro nero e ai padroncini che non rispettano le regole, le leggi fiscali, nell'edilizia, nelle cooperative.
L'altra strada era quella del taglio ai costi della politica, con il dimezzare dei deputati e dei senatori, l'eliminazione delle province, l'eliminazione dei finanziamenti ai partiti.
Tutto questo ha pure i suoi fattori contrari, però sarebbero le scelte meno dolorose per il Paese.
Altra scelta sta nella semplificazione della burocrazia e una politica verso le nuove tecnologie, la ricerca, sono fattori che restano fuori da tutti i programmi dei nostri politici: alla peggio abbiamo una caduta a pioggia su istituti di ricerca dalla dubbia utilità.
La demagogia e gli interessi settoriali ci stanno rovinando: è giusto che questa politica sappia rinnovarsi con una chiara visione della realtà attuale.
E' finito il tempo del mercato economico locale, ormai l'Italia o beve o affoga: non possiamo più vivere con gli espedienti del passato.
Non possiamo dare risposte che offendono la nostra intelligenza: per evitare un fallimento doloroso e dannosissimo non rimane che liberalizzare tutti i settori della vita pubblica e privata: è finita l'epoca delle corporazioni.
L'hanno capito i politici con i sindacati e le associazioni di categoria nazionale?
Probabilmente no, ma se ne dovranno accorgere presto: la vera riforma è nel modo di pensare degli imprenditori, dei lavoratori, della gente.
Il futuro non sarà brutto o bello in modo indiscriminato: se si capirà che si devono apprendere le nuove tecnologie e che si lavorerà o si farà la fame se ci si rinnoverà o si rimarrà ancorati alle proprie posizioni.
Il mercato ci imporrà scelte faticose, ma noi potremo avere l'occasione di metterci in gioco, oppure no.