Lui era un uomo solo e stanco, da troppi anni non trovava una risposta ai suoi malumori: era in pensione da due anni e non aveva più un amico, poi le donne lui non le aveva mai capite.
Gli
piacevano ancora, ma erano così strambe, complicate, piene di
fissazioni e lui non aveva per loro una grande stima.
Di
soldi ne aveva parecchi, anche troppi nelle sue tasche ed era un
ottimo investitore, ma ormai li accumulava senza più un motivo: non
era taccagneria la sua, era solo un modo di vivere.
Era
ricco e vestiva come un pezzente, pareva quasi un barbone, ma pochi
sapevano che possedeva 20, o 30 immobili, che vendeva e comprava con
una certa intelligenza, poi aveva depositi bancari e titoli di vario
genere, oltre a un bel gruzzolo a Lugano, dove andava in treno per
non farsi notare: alla frontiera lo scambiavano per un pendolare.
I
soldi li aveva sempre con sé, dentro la giacca imbottita invernale,
che portava anche sino a primavera inoltrata, poi alla stazione, nei
bagni, se la scuciva ed estraeva i pezzi grossi, da 500 euro: li
portava alla solita banca, con il solito bancario indifferente dietro
il banco della cassa.
Aveva
un nipote solo, che si sarebbe preso tutto e lui era furioso perché
quei soldi li aveva sudati tutta un'esistenza, ma non li sapeva
spendere.
Il
nipote non si ricordava neppure del vecchio zio misantropo, faceva la
sua vita e se la spassava con le donne.
Di
ritorno da Lugano quella volta vide lui, quel tizio che non gli
piaceva e che lo continuava a fissare: era alto e robusto.
Zio
Andrea, così lo chiamavano al suo paese, non sopportava che quello
lo pedinasse.
Le
sue fantasie lo facevano precipitare nel terrore: era un terrorista,
era un tossicodipendente, era un bandito o un rapitore, era.....
tutto e di più, il peggio del peggio.
Zio
Andrea scese dal treno alla prima stazione: gli mancavano ancora 3
fermate, ma avrebbe preferito dormire come un senza fissa dimora, che
avere quel tizio alle calcagna.
Era
ormai tranquillo, il treno partì, quando lo rivide dall'altra parte
del binario: sorrideva, forse con scherno e malignità.
Ora
zio Andrea si decise e volle affrontare l'individuo, attese che si
avvicinasse e aprì il coltello a serramanico, tenendolo celato nella
tasca della giacca, stringendolo con forza.
Lo
sconosciuto gli chiese: “Tu sei zio Andrea?”
“Che
ti importa chi sono? Cosa vuoi da me?”
Lui
sorrise e gli dette la mano tesa: “Sono Giuseppe, figlio di Mara.”
Andrea
si rammentò tutto il suo passato e di quel breve amore con quella
donna umile, sensibile, buona, dolce che un giorno gli aveva voluto
bene e lui aveva amato.
Allora
disse: “Non sapevo che Mara avesse un figlio.”
“Sì,
io nacqui dopo che lei fu abbandonata da te, in quel modo feroce e
maligno, da vecchio porco.”
Andrea
stava per estrarre il coltello, ma gli venne un dubbio: quello poteva
essere suo figlio.
Il
dubbio crebbe quando riconobbe in lui segni particolari sul viso: la
smorfia, quando sorrideva, era quella che aveva lui al mattino,
davanti allo specchio.
Gli
occhi erano piccoli e scuri come i suoi, mentre quella macchia vicino
alla bocca era identica alla sua, che aveva da sempre.
Sì,
era suo figlio, ma Andrea non fu felice, anzi fu angosciato dall'idea
di dovergli dare qualcosa del suo denaro, del suo patrimonio.
Gli
chiese: “Cosa vuoi? Perché mi hai cercato solo oggi?”
“Perché
mia mamma è morta una settimana fa e solo in punto di morte ha fatto
il tuo nome: temeva che mi vendicassi per gli anni di stenti, per le
umiliazioni subite da entrambi, ma ora tutto va per il verso
giusto......”
Infatti
l'uomo estrasse una pistola di vecchio tipo, ancora a tamburo e
bisbigliò: “Crepa zio Andrea e va all'inferno! Questo è per tutto
quello che hai fatto, per la fame e perché mi chiamavano
bastardo...”
Non
riuscì a finire la frase, zio Andrea gli aveva già infilato il suo
coltello in pancia: non attese altro tempo e se ne andò via,
lasciando il figlio appena ritrovato agonizzante.
In
quel luogo sperduto in mezzo alla campagna nessuno lo conosceva e
così se la svignò verso la strada, si inoltrò nel buio della
notte.
Riuscì
a raggiungere la stazione successiva e a prendere il primo treno che
incontrò, all'alba: giunse a casa e si sdraiò sul letto, poi si
rammentò di una lettera, che non aveva mai aperto. Era di Mara,
quella traditrice, come un suo amico nemico gli aveva raccontato.
La
aprì, rompendo la busta ingiallita e lesse che lei le comunicava la
nascita di suo figlio: quella lettera non l'aveva mai aperta e da
allora aveva odiato le donne, le aveva sempre trattate male.
Per
lui erano tutte delle puttane, delle male femmine, invece era stato
lui l'idiota, il violento, il prepotente: voleva costituirsi alla
polizia, ma invece decise di sapere qualcosa di più preciso.
Tornò
alla stazione dove aveva accoltellato il figlio, ma non lo trovò e
nessuno sapeva nulla.
La
notizia della morte di un trentenne, un balordo, non era stata
segnalata dai giornali, infine decise di chiedere precisazioni
all'edicolante della stazione, l'unico che li aveva intravisti quel
giorno.
L'ometto
anziano rispose: “Sì, mi ricordo del fatto, ma avvenne tempo fa.
L'uomo morì accoltellato in una rissa tra drogati e fu pure
arrestato il colpevole, uno spacciatore marocchino.”
Zio
Andrea gli pareva di impazzire, poi non volle sapere altro e vide
transitare veloce un treno merci: si gettò rapido sui binari senza
troppo pensare.
Il
macchinista innestò i freni, ma era troppo tardi: Andrea fu
investito.
Sul
quotidiano locale si lesse questa notizia di cronaca nera, in quarta
pagina: “L'uomo morto, investito da un treno merci alla stazione di
….., risulta essere il padre naturale del giovane assassinato per
questioni di spaccio di sostanze stupefacenti, l'anno scorso. Il
povero uomo non ha resistito al dolore e si è gettato sotto il primo
treno che transitava, dopo aver chiesto notizie del figlio
assassinato ad un edicolante. La polizia sta indagando per sapere se
nessuno abbia spinto l'uomo al suicidio......”


