No,
ha rinviato il disastro, ma solo la rivoluzione culturale, che porti
a premiare il merito oggettivo, reale e vero, non quello fantomatico
di dati statistici corretti, ci potrà salvare: dobbiamo entrare
nella globalizzazione e non perdere tempo, o verremo schiacciati.
Serve
soprattutto la fine della cultura che ciò che appare è ciò che
conta: la maledetta mentalità che ciò che conta è apparire
sostituì la cultura popolare italiana, tutta fatti e niente panzane.
Era
la cultura di un'Italia contadina, artigiana, di opera con il senso
del reale sempre davanti agli occhi: fu l'Italia che regalò il
benessere a questo Paese.
Donò
un patrimonio artistico invidiabile, incalcolabile, unico al mondo.
Invece
il declinò iniziò con un'Italia che mostrava i muscoli, che non
possedeva, pretendeva di diventare la 4° potenza economica del
mondo.
Oggi
rischiamo invece di terminare nella voragine dei Paesi poveri e tutto
perché non abbiamo combattuto la corruzione, con i suoi sprechi e
con i suoi figlioli ben sistemati ai vertici del potere: corrotti,
faccendieri, raccomandati.