5 ott 2012

XXXIV. LA GINESTRA O IL FIORE DEL DESERTO. di Leopardi

XXXIV.
LA GINESTRA
O IL FIORE DEL DESERTO.
      Qui su l’arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null’altro allegra arbor nè fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
De’ tuoi steli abbellir l’erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna de’ mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d’afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell’impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s’annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d’armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi de’ potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l’altero monte
Dall’ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d’esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All’amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell’uman seme,
Cui la dura nutrice, ov’ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell’umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
       Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl’ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece
Vanno adulando, ancora
Ch’a ludibrio talora
T’abbian fra se. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch’io sappia che obblio
Preme chi troppo all’età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell’aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fe palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che se schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
       Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell’alma generoso ed alto,
Non chiama se nè stima
Ricco d’or nè gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma se di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest’orbe, promettendo in terra
A popoli che un’onda
Di mar commosso, un fiato
D’aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s’ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra se nel soffrir, nè gli odii e l’ire
Fraterne, ancor più gravi
D’ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l’uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che de’ mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L’umana compagnia,
Tutti fra se confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell’uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d’oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl’inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell’orror che primo
Contra l’empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l’onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch’ha in error la sede.
       Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall’alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vóto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch’a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L’uomo non pur, ma questo
Globo ove l’uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz’alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch’a noi paion qual nebbia, a cui non l’uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l’aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell’uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch’io premo; e poi dall’altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell’universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Co’ tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m’assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
  Come d’arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz’altra forza atterra,
D’un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l’opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l’assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d’alto piombando,
Dall’utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli,
O pel montano fianco
Furiosa tra l’erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d’infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l’estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall’altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L’arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell’uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell’altra è la strage,
Non avvien ciò d’altronde
Fuor che l’uom sue prosapie ha men feconde.
       Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall’ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell’ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall’inesausto grembo
Su l’arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l’acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l’usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l’antica obblivion l’estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all’aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell’orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vóti palagi atra s’aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l’ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell’uomo ignara e dell’etadi
Ch’ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l’uom d’eternità s’arroga il vanto.
       E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l’avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Nè sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell’uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
 

Bersani e Renzi . le primarie delle polemiche...

Il gioco delle primarie pare che rientri in un sistema democratico, ma in realtà le carte si possono cambiare e la guerra delle due anime del partito, quella populista  e quella più snob e aristocratica.... fiorentina è giunto alla battaglia decisiva.
La componente di Bersani è quella solita del vecchio partito comunista, ma con la stessa aggressività verbale e con i toni troppo forti di militanti cresciuti nel vecchio, antico partito comunista, il partito guida dei lavoratori.
Oggi i lavoratori sono stati mandati tutti al quel paese, con la politica alla Monti, ma anche prima, invece lo scontro è forse su argometni non ideologici e politici, ma di stile e di immagine, di potere da conservare.
Si vede prorpio che le ideologie siano morte, ma pure le idee in questo casa sono defunte. 

4 ott 2012

Renzi Bersani ai ferri corti per le primarie

Lo scontro si fa duro tra il nuovo che avanza di Renzi e il vecchio del partito storico, quello fuoriuscito dal Pci, Bersani.
I vecchi militanti resteranno stupiti da questo scontro: Bersani è il capo e la guida del partito ... guida, ma i tempi sono cambiati e Renzi ha dalla sua almeno mezzo partito.
Bersani, in questo momento, dovrebbe vincere, ma la politica sta cambiando e il vecchio segretario rappresenta un modo di far politica degli anni Settanta, con discorsi e copiature di altri ... ideali, come quelli  del partito radicale.
Anche renzi pare vecchio, di altri tempi, ma forse lui non lo sa: non siamo più negli anni Ottanta.

Obama e Romney, un dibattito che ci riguarda

Negli Stati Uniti lo scontro elettorale tra Obama e Romney, il repubblicano e conservatore, ci interessa: le scelte repubblicane sono ancora legate al consumo di petrolio e al nucleare: un loro ritorno ci riporterebbe i petrolieri, aggressivi e speculativi su posizioni anti ambientali.
Inoltre la politica sociale sarebbe differente, meno aiuto ai poveri e la fine del sistema sanitario nazionale, che dà a tutti i cittadini gli stessi diritti sanitari.
Ora la faccenda è sul lavoro e Romney promette miglioni di posti di lavoro, mentre la rivoluzione verde di Obama ha portato solo la crisi.
Anche da noi le cose prenderanno un'altra svolta e vedremo la fine della cultura moderata della sinistra, anzi buonista, per il sociale, ma purtroppo rivedremo il desiderio di ordine pubblico salire, la fine della politica malsana del relativismo morale.
Quindi bene e male in alternanza avremo.

Il Popolo della Libertà e la crisi esistenziale

Il Pdl ora piange e non sa cosa fare: la giunta della Regione Lazio è andata alla malora per colpa del signor Francesco Fiorito, che sostiene pure di essere in diritto di utilizzare il denaro pubblico, usato per fini personali, era di sua competenza e così ne poteva fare ciò che voleva: è una forma di difesa infelice e per ora resta in carcere.
Dopo anni di accuse alla giustizia da parte di qualcuno, è nato e uscito un suo allievo: è legittimo impossessarsi dei beni pubblici.
Il Pdl è alla frutta, ma per ora la sua agonia resiste, ma la morte di questo malsano bipolarismo farà tanto bene all'Italia. 

San Raffaele e la fine di un sogno e di un inganno

Don Luigi Maria Verzé aveva un sogno, che finì male, la clinica San raffaele oggi è un disastro, ovvero un crac l'ha investita, per un'appropriazione indebita e  falso in bilancio: Daccò è stato condannato a 10 anni di carcere, per aver sottratto 5 milioni.
Questo sistema di rubare soldi pubblici e privati, questi falsi, questi inganni sono un vizio italiano, per mancanza di controlli e verifiche.

Mina e Beppe Grillo, la cantante si schiera con il leader del Movimento 5 Stelle

Beppe Grillo ha dalla sua un pezzo da novanta, Mina, la famosa e amata dagli italiani, cantante: questa notizia lascerà perplessi molti nemici di Grillo, che lo vedono come il fumo negli occhi.
E' un peccato però che il confronto con grillo non possa avvenire in televisione, la censura ormai è sempre più ridicola e senza pudore.
Pure chi protesta sul cupolone di San Pietro oggi non fa notizia: c'è la censura che lo fa passare come un caso privato.
Vedremo se le televisioni  pubbliche e private avranno il .... coraggio  di parlare di questa scesa in ca,po e come lo faranno.
Useranno un tono di sufficienza, solito, o di disprezzo, o sarcastico?
Ormai paghiamo il canone per le informazioni ufficiali del governo, alla faccia della libertà di opinione.

Youtube Marte e Curiosity... il sogno di molte generazioni

Il sogno di molte generazioni si sta realizzando, anche se è un sogno molto costoso, si sta realizzando, ma per vederlo compiuto serviranno altri decenni.
L'uomo su Marte arriverà dopo l 2020, che in pratica sarà dopo il 2030.
Le basi fisse ci saranno nei denni successivi e solo alla fine del secolo avremo i primi coloni, se tutto andrà bene.
Comunque tutto questo non è pi fantascienza, ma un futuro probabile.

Beppe Grillo Blog e la nuova politica, che non si deve impantanare


Beppe Grillo Blog e la nuova politica, che non si deve impantanare, perché i rischio è grande e la paura di finire nel calderone, dove tutto è uguale e tutti mangiano e mangiano è grande.
Non bastano le buone azioni o le buone intenzioni per cambiar qualcosa, ma proposte serie, neppure proposte di legge nuove: bastano i controlli incrociati e seri sui politici, o meglio il monitoraggio dei loro soldi e delle loro spese, di tutti coloro che stanno nella loro cerchia, in particolare, dei partiti e delle varie operative, bianche o rosse che siano.
Monitorare e poi sveltire le cause, con rapidi sequestri di beni dei corrotti: quindi pretendere processi più veloci, in pochi mesi, per i corrotti: punirne uno per spaventarne 100.

Monti . ridurre tasse entro fine legislatura.... guarda che caso!

Mario Monti, sempre super Mario, tanto amato dagli italiani, il salvatore della Patria e dei pecoroni, che ci credono, parla di riduzione delle tasse, casualmente, prima della legislatura: questo regalino agli elettori, fessi saranno quelli che ci cascano, pare un dono alla casta politica di questo Paese e non deve sorprendere.
Tutto quindi secondo le vecchie regole dei governi democristiani, quando in Italia c'era la balena bianca.
Monti quindi prima ci lascia nudi, poi ci dà la foglia di fico.
Che uomo sorprendente e .... umano.