Oggi 17
settembre 2014, mia zia RAFFAELLA PIETROSANTE
compie 90 anni, cammina molto, le piace
mangiar bene, ha gusto nel vestire e un bel vezzo per l’età:
ancora si trucca! Un leggero ombretto illumina due vivaci occhi
azzurri e un pallido rossetto dà al suo viso particolare fascino.
Sono convinta che ogni tappa della vita ha il suo fascino!
Mia zia non sì è lasciata andare, si cura,
ci tiene alla sua femminilità, alla sua esistenza… malgrado tutto!
Quattordicesima figlia, di un ferroviere e di
una casalinga aquilani, (i miei nonni hanno avuto 18 figli di cui 10
sopravvissuti ma due morti in giovane età, mia zia è sorella di mia
madre che è la 18^ figlia); rimasta sotto i bombardamenti nella
seconda guerra mondiale mentre lavorava alla Zecca dello Stato a
L’Aquila; ha conosciuto l’orrore e la pietà senza distinzione
fra nazisti e alleati; ha visto soldati bruciare vivi nei carrarmati;
ha vissuto la gioia dell’otto settembre del ‘45.
Rimasta vedova con due figli piccoli è
riuscita a educarli e a dar loro un’istruzione avendo anche grandi
soddisfazioni: la figlia Tiziana Caporale è professoressa di
educazione fisica, svolge il lavoro con dedizione in un Istituto
dell’Aquila e il figlio Antonio Caporale è agente della Forestale,
guida alpina, soccorritore e non da ultimo scalatore che passerà
nella storia dell’alpinismo per aver aperto nuove vie.
Malgrado
tutto… Alla bella età di 85 anni è di nuovo sopravvissuta ad
un’altra grande tragedia: il terremoto dell’Aquila nel 2009.
Abitava una bella casa del 1600 in pieno centro, vicino alla fontana
del Nettuno, apparentemente da fuori, la casa sembra non aver subito
danni, ma già varcando il portone ci si rende conto del danno enorme
che ha subito lo stabile. Sfollata
dalla città, è stata prima “parcheggiata” ad un Hotel a Vasto;
poi collocata in una casa in affitto nel centro di Teramo: carina ma
con l’inconveniente che per accedere all’appartamento occorreva
salire lungo una rampa di scale in marmo dai gradini con un’alzata
notevole, tipici delle case antiche e inadeguata per una persona di
85 anni anche se abbastanza agile… infatti si è rotta una gamba ed
è stata spostata a Paganica (AQ) in una delle “case” di
Berlusconi: forni in estate e congelatori in inverno. Case
fatiscenti, costruite male, malissimo, cadono a pezzi, fatte per
durare uno o due anni. (Mi ricorda qualcosa che c’è dalle mie
parti: l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo,costruito male,
malissimo, cade a pezzi, ma a differenza delle casette di B., è
stato costruito per durare…). Oggi
mia zia compie 90 anni, è ancora lì abbandonata insieme ad altri
anziani. Io ho visto quelle case, ho vissuto la loro solitudine, il
loro sconforto, il lasciarsi andare, il parcheggiare sui pianerottoli
anonimi e da quando è crollato un balcone, tutti gli abitanti di
quei “ripari”, (non oso più chiamarle case!), hanno avuto
l’ordine di non sostare sui balconi, possono aprire la porta
finestra per il ricambio dell’aria, ma non ne possono uscire! Ho
vissuto insieme a loro la desolazione aumentata dal vento che soffia
dalla montagna e dalla neve che ostacola il già precario movimento
di quegli anziani. Non
un negozio, non un bar, non un trasporto pubblico adeguato per quelle
persone sfollate. Il medico personale di base è difficile da
raggiungere per ognuno di loro. I più fortunati hanno figli, parenti
o amici che si prestano a “fare il piacere” di accompagnare
l’anziano a fare la spesa o altro. Persino
la chiesa approntata alla bene meglio ha ancora l’aria di essere
stata appena montata, come se la tragedia fosse da poco avvenuta
quando invece sono già passati ben cinque anni.
Mia zia cammina ancora bene, i suoi figli si
prodigano per non farle mancare niente, ma a volte sente il desiderio
di recarsi in paese per comperare il giornale, bere un caffè,
percorre 5 km di andata per raggiungere il centro di Paganica e poi
ripercorre altri 5 km di ritorno! Sradicata lei come tanti altri
anziani, dalla realtà aquilana: la spesa al mercato nella piazza con
in vista i sacchi di legumi, i polli nelle gabbie, le bancarelle di
ogni tipo; il passeggio lungo il corso dove incontrava amici,
conoscenti; il castello con i suoi giardini rilassanti e il
preistorico Mammut, ogni tanto gli aquilani vanno a trovare il loro
animale preistorico e si sentono a “casa”; la piscina;
l’università della terza età e il coro, attività alle quali mia
zia partecipava assiduamente e con piacere. Le è stato tolto tutto
questo senza nemmeno darle la speranza di tornare a casa. Appena
avvenuto il terremoto, dopo i primi mesi di sconforto, di dolore e lo
spaesamento, è arrivato il coraggio, poi la speranza, poi la
pazienza, ora è subentrata la rabbia peggio la rassegnazione.
E’ tutto
molto triste.
Tanti si
sono arricchiti con il terremoto, tanti hanno sfruttato la
situazione… tanti sono stati proiettati in una realtà snaturata e
parcheggiati in attesa della loro fine terrena. In questo Stato chi
ha il potere di fare, non fa o fa male. Gli interessi prevalgono sul
bene comune.
E’ tutto
molto triste.
Ho
telefonato a mia zia per farle gli auguri, sono riuscita a mala pena
nell’intento, si è sfogata fra le lacrime mi ha detto che non ce
la fa più:
“Mi
hanno abbandonata in un posto bellissimo, vedo il Gran Sasso
d’Italia, respiro aria pura, ma cosa me ne faccio del bel paesaggio
e dei fiori se non posso VIVERE! Sopravvivo, ma sono stanca, non ce
la faccio più!”
E’ quasi
certo che gli anziani portati in quella “prigione d’oro” non
ritorneranno più nella: