13 mar 2010

13/3 Gli zingari e le condizioni di vita non umane (Arduino Rossi)

La cronaca parla di un incendio in un campo nomadi alla periferia di Milano: ci sono stati due feriti e un morto.
Il morto è un ragazzino di 13 anni: l'incendio è stato provocato da una stufa a legna, probabilmente difettata: da lì le fiamme si sono propagate in una baracca, dove il ragazzo viveva con i parenti.
E' una situazione che si ripete quasi tutti gli anni in inverno: una o più tragedie avvengono tra i rom per le condizioni di degrado, per la mancanza di situazioni accettabili di vita.
Ora le posizioni politiche, che si esprimono nella politica attiva, sono due e in apparenza opposte: la prima parla di pericolo e di sicurezza, quindi i rom sono solo delle minacce per i furti e per i loro traffici, che riguardano solo una parte di questa popolazione nomade.
L'altro è quello buonista, ovvero di accettazione della condizione di vita di costoro: si danno giustificazioni sociologiche, un po' banali, sempre uguali per tutti i casi e si nega a questa gente, sempre restando in buona fede, il diritto a progredire ed avere un'esistenza accettabile.
Questa necessità di vita riguarda, anzi riguarderebbe in particolare i minorenni e tra loro i bambini.
I primi, sostenitori della linea dura, si limitano a impedire la creazione di campi per costoro, espellendoli dalle loro città, ma con il risultato finale che, prima o poi, i nomadi si dovranno fermare.
Invece per i “tolleranti” tutto finisce in una visione romantica di questa popolazione, con simpatie libertarie verso modi di esistere senza regole, né leggi, né obblighi lavorativi stabili.
A pagare tutta questa “libertà” di muoversi sono proprio i minori, che devono spesso fare accattonaggio o non possono avere un'infanzia decente: sono pupazzi viventi da mostrare ai passanti per impietosirli per l'elemosina.
I campi stabili, piccoli e ben tenuti, se si vuole spartani, ma senza stufe pericolose, potrebbero bastare per riorganizzare le vite di questa gente: scuole per i ragazzini e per i bambini, lavori e scuole di mestieri per gli adulti, ma pure punizioni adeguate per chi delinque e sfrutta l'infanzia per sopravvivere senza faticare.
Sono queste delle ipotesi da utopista?
Forse, comunque sono proposte che, se applicate, potrebbero riassicurare chi teme i ladruncoli, non sopporta gli zingari agli angoli delle strade e rispettare i diritti umani di queste persone, che hanno una cultura antica, degna di rispetto, a poco adatta alla vita del 3° Millennio.
Pare che gli zingari siano i discendenti di quei popoli, provenienti dall'India, che fuggirono per mantenere la loro libertà: attraversarono la Persia, il Tigri e l'Eufrate, l'Anatolia e giunsero in Europa dalla penisola Balcanica.
Una volta giunti da noi, verso il secolo XVI°, si suddivisero in due tronconi: una parte raggiunse la Penisola Iberica e si adattarono alla cultura locale, diventando dei gitani, gli altri furono definiti zingari e si specializzarono in diversi mestieri, tra cui alcuni lavori di artigianato e commercio di cavalli.
Subirono secoli di persecuzioni, tra periodi di pace e di odio etnico feroce, che si concluse nell'olocausto di un milione di zingari nei lager nazisti.
Perché fuggirono dall'India?
Le teorie sono due: una afferma che non vollero subire il trattamento umiliante riservato alle caste inferiori o addirittura ai paria, i senza casta.
L'altra teoria li considera degli orgogliosi e coraggiosi che combatterono contro i mussulmani e non si arresero, dopo la sconfitta, ma divennero un popolo migrante, per mantenere la propria “anima”.