L'attore spiega la sua disavventura con i burocrati della Rai: “Quando ho iniziato a fare questo mestiere non avevo il physique du role del protagonista. Per il ruolo principale di una fiction vinsi il provino, ma la Rai mi rifiutò perché mi fu detto chiaramente che non ero un nome e non avevo santi in paradiso. Ci rimasi malissimo. Quel funzionario è ancora al suo posto”.
Ora questo è risaputo, è conosciuto in questo Paese infelice.
Ormai la piovra del clientelismo, della lottizzazione attanaglia ogni cosa: scuole, università, giornali, carriere pubbliche e private, iscrizioni agli ordini professionali, il posto di spazzino, quello di becchino, quello di direttore di banca.
Siamo fatti così noi italiani e siamo fatti male: l'orgoglio di chi diceva “io non mi piego, piuttosto faccio lo spazzino, ma non mi inginocchio davanti a certi personaggi”, non esiste più.
Abbiamo i ribelli di professione, che nella mia prima giovinezza mi avevano tanto affascinato e ingannato: paiono persone dure che non si piegano, ma eccoli pure loro accanto a questo uomo politico, a quel gruppo di potere.
Incominciano la carriera nei sindacati, nell'area anarchica, poi li ritrovi, dopo pochi anni nel partito di Berlusconi o con Casini, alla peggio nel Pd, sempre pronti a trattare per il prezzo del cambio di “squadra”.