8 mar 2011

Quarta sponda e Libia - rivolta


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I ribelli lanciano l’ultimatum a Gheddafi, con la possibilità di lasciare il Paese in 72 ore.
Obama alza la cresta e minaccia un intervento militare diretto, tradendo l’aspettativa che si aveva di lui, come presidente pacifista: si ricorda dei civili uccisi e dei crimini contro l’umanità dopo diversi giorni che il massacro è in corso.
L’unico intervento è stato l’embargo, che chiaramente è una barzelletta durante una guerra civile: le armi e le munizioni arrivano sempre e il petrolio viene venduto in un modo o in un altro.
Il conflitto pare confuso e Gheddafi non è sconfitto: un intervento straniero rischia di dimostrarsi pericoloso, perché parte della popolazione è ancora con Gheddafi, specialmente a Tripoli e nelle zone circostanti: più che una rivoluzione pare una secessione.
L’Est del Paese ha una sua natura e sue tradizioni: non ha mai accettato il dominio di Tripoli, l’assolutismo di Gheddafi: una rivoluzione democratica è molto differente.
I rivoltosi sanno chi odiare, ma non chi porre al potere, c'è il rischio che la Libia diventi una nuova Somalia: troppi gruppi ostili e troppo interessi, legati al petrolio si scontrerebbero, magari mascherandosi dietro l’integralismo islamico.