Attilio
Gattafù
Il grido e
il silenzio
Attilio
Gattafù, occhi azzurri penetranti, modi gentili, garbati, e ancora,
sguardo indagatore che scruta la vita, ne studia i movimenti e
analizza i colori, e poi “svuota” la mente sulle tele, posa le
mani su legni nodosi. E noi, di fronte alle sue opere non possiamo
rimanere indifferenti. La mente ha rielaborato il suo vissuto o la
storia che lo circonda e che ci circonda. Davanti alle sue opere
abbiamo il dovere di fermarci, di riflettere, di conoscere. Sono
denunce dell’infinita e triste vicenda umana che si ripete nei
millenni. Sono grida di aiuto e di dolore. Dolore che trapela dagli
sguardi di esili personaggi; tristezza e rassegnazione si mescolano
fra le folle. Negli autoritratti Attilio è come se mettesse lo
spettatore nelle condizioni di avvertire il suo pensiero:
“Osservatemi! Io vi osservo! Guardo questo mondo, che fare? Mi
ritrovo attonito e rassegnato…” Attilio è schivo della mondanità
e dei riflettori, questo gli ha permesso di concentrarsi nel lavoro
diventando un artista completo: esperto delle tecniche pittoriche,
maestro del disegno, grafico eccellente e non da ultimo scultore.
Gattafù mette in mostra l’anima dell’umanità, la ferocia
dell’uomo sull’uomo: il grido di aiuto e di sofferenza! Nel
dipinto dedicato alla tragedia di Torino del 2007, Attilio è
riuscito a trasmettere il dramma con un’esplosione di colori e di
oro. Un’esplosione tragica che si trasforma sulla tela suscitando
orrore e rabbia e nel contempo diventa opera d’arte. Un altro
soggetto frequente di Gattafù è la donna: donne addormentate,
amanti sensuali, madri disperate, per lui sempre una donna misteriosa
ed inquietante: il silenzio senza fine!
Tremano le
nostre menti e i cuori non sanno trattenere moti di tristezza, ma
avvertiamo anche segni di speranza, troviamo l’eco del vento che
risuona insieme ai delicati colori, volgiamo lo sguardo verso
l’infinito, sconosciuto, attraente, nel grande dipinto: “Paesaggio
lacustre”; lì fuori c’è luce e stranamente il silenzio.
ATTILIO
GATTAFU’
Pittore,
incisore, scultore
Nato a
Bergamo nel 1933, ha conseguito il diploma all’Accademia di Belle
Arti “Carrara” di Bergamo, sotto la guida di Achille Funi e
Trento Longaretti e all’Istituto d’Arte “A. Venturi” di
Modena. Negli anni Sessanta, insieme ai pittori Florenzio Corona e
Attilio Steffanoni, al poeta Romano Leoni, all’architetto Walter
Barbero e a Silvio Burattin, entra a far parte del gruppo del
dissenso che aveva il suo inspiratore in Giorgio Cesarano. Nel 1994,
con presentazione al Centro Culturale “San Bartolomeo” di
Bergamo, illustra la Divina Commedia per la casa editrice Grafica &
Arte Bergamo. Hanno scritto di Lui: Raffaele De Grada, Marcello
Venturoli, Mario Raboni, Giorgio Cesarano, Silvana Weiler Romanin,
Ignazio Viola, Tito Spini, Luciano Gallina, Mario Pezzotta, Mario
Pernici, Lino Lazzari. Presentato e segnalato come incisore su
Bolaffi Arte n.6 del gennaio 1971 dal critico Raffaele De Grada. Vive
a Bergamo