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16 ott 2013

Su Giove e Saturno piovano enormi diamanti,

Su Giove e Saturno piovano enormi diamanti, secondo uno studio di due ricercatori, che sostengono che i due pianeti hanno la temperatura e la pressione perfetta per far piovere diamanti sulla superficie.
La ricerca è stata presentata a Denver, Colorado, al congresso annuale della division of Planetary Sciences of the American Astronomical Society.

I diamanti sarebbero pure grossi, a quanto pare. 

18 ott 2013

Giove e Saturno possono essere visti come degli scrigni di preziosi, o meglio è un luogo dove i diamanti piovono dal cielo, secondo uno studio presentata a Denver, Colorado, al congresso annuale della division of Planetary Sciences of the American Astronomical Society.
Le condizioni di temperatura e di pressione del'atmosfera sono ideali per questo fenomeno sorprendente, con la presenza di carbonio, che cristallizza dando forma a dei grossi diamanti, che cadono dal cielo sulla superficie dei pianeti.
Peccato che siano però non raggiungibili da sonde umane il suolo dei due pianeti e poi, una volta raccolte le pietre presiose, svaluterebbero i diamanti terrestri: non sarebbe un buon affare.


Peccato che sia improbabile 


19 feb 2013

10 chili di diamanti rubati sulla pista dell'aeroporto di Bruxelles Zaventem


Sulla pista dell'aeroporto di Bruxelles Zaventem sono stati rapinati dieci chili di diamanti: erano su un furgone portavalori della Brink.
Erano otto i rapinatori ed erano dotati di armi automatiche e visori laser: gli uomini della sicurezza stavano caricando i preziosi del valore di 40 milioni di euro e sono stati costretti a consegnare la refurtiva.
Chiaramente c’è stato qualcuno che ha fornito le informazioni e il percorso dei diamanti, se non l’ora, quindi le indagini partiranno da tutti coloro che sapevano o dalla violazione delle banca dati dell’agenzia di trasporto valori.

14 mag 2013

LE ARANCE D'ORO di Luigi Capuana


LE ARANCE D'ORO

Si racconta che c'era una volta un Re, il quale avea dietro il palazzo reale un magnifico giardino. Non vi mancava albero di sorta; ma il più raro e il più pregiato, era quello che produceva le arance d'oro.
Quando arrivava la stagione delle arance, il Re vi metteva a guardia una sentinella notte e giorno; e tutte le mattine scendeva lui stesso a osservare coi suoi occhi se mai mancasse una foglia.
Una mattina va in giardino, e trova la sentinella addormentata. Guarda l'albero... Le arance d'oro non c'eran più!
- Sentinella sciagurata, pagherai colla tua testa.
- Maestà, non ci ho colpa. È venuto un cardellino, si è posato sopra un ramo e si è messo a cantare. Canta, canta, canta, mi si aggravavano gli occhi. Lo scacciai da quel ramo, ma andò a posarsi sopra un altro. Canta, canta, canta, non mi reggevo dal sonno. Lo scacciai anche di lì, e appena cessava di cantare, il mio sonno svaniva. Ma si posò in cima all'albero, e canta, canta, canta..., ho dormito finora!

Il Re non gli fece nulla.
Alla nuova stagione, incaricò della guardia il Reuccio in persona.
Una mattina va in giardino e trova il Reuccio addormentato. Guarda l'albero...; le arance d'oro non c'eran più!
Figuriamoci la sua collera!
- Come? Ti sei addormentato anche tu?
- Maestà, non ci ho colpa. È venuto un cardellino, si è posato sopra un ramo e si è messo a cantare. Canta, canta, canta, mi s'aggravavano gli occhi. Gli dissi: cardellino traditore, col Reuccio non ti giova! Ed esso a canzonarmi: il Reuccio dorme! il Reuccio dorme! Cardellino traditore, col Reuccio non ti giova! Ed esso a canzonarmi: il Reuccio fa la nanna! il Reuccio fa la nanna! E canta, canta, canta..., ho dormito finora!

Il Re volle provarsi lui stesso; e arrivata la stagione si mise a far la guardia. Quando le arance furon mature, ecco il cardellino che si posa sopra un ramo, e comincia a cantare. Il Re avrebbe voluto tirargli, ma faceva buio come in una gola. Intanto aveva una gran voglia di dormire!
- Cardellino traditore, questa volta non ti giova! - Ma durava fatica a tener aperti gli occhi.
Il cardellino cominciò a canzonarlo:
- Pss! Pss! Il Re dorme! Pss! Pss! Il Re dorme!
E canta, canta, canta, il Re s'addormentava peggio d'un ghiro anche lui.
La mattina apriva gli occhi: le arance d'oro non ci eran più!
Allora fece un bando per tutti i suoi Stati:
- Chi gli portasse, vivo o morto, quel cardellino, riceverebbe per mancia una mula carica d'oro.
Passarono sei mesi, e non si vide nessuno.
Finalmente un giorno si presenta un contadinotto molto male in arnese:
- Maestà, lo voIete davvero quel cardellino? Promettetemi la mano della Reginotta, e in men di tre giorni l'avrete.
Il Re lo prese per le spalle, e lo messe fuor dell'uscio.
Il giorno appresso quegli tornò:
- Maestà, lo volete davvero quel cardellino? Promettetemi la mano della Reginotta, e in men di tre giorni l'avrete.
Il Re lo prese per le spalle, gli diè una pedata e lo messe fuor dell'uscio.
Ma il giorno appresso, quello, cocciuto, ritornava:
- Maestà, lo volete davvero il cardellino? Promettetemi la mano della Reginotta, e in men di tre giorni l'avrete.
Il Re, stizzito, chiamò una guardia e lo fece condurre in prigione.
Intanto ordinava si facesse attorno all'albero una rete di ferro; con quelle sbarre grosse, non c'era più bisogno di sentinella. Ma quando le arance furon mature, una mattina va in giardino...; l'arance d'oro non c'eran più.
Figuriamoci la sua collera! Dovette, per forza, mettersi d'accordo con quel contadinotto.
- Portami vivo il cardellino e la Reginotta sarà tua.
- Maestà, fra tre giorni.

E prima che i tre giorni passassero era già di ritorno.
- Maestà, eccolo qui. La Reginotta ora è mia.
Il Re si fece scuro. Doveva dare la Reginotta a quello zoticone?
- Vuoi delle gioie? Vuoi dell'oro? Ne avrai finché vorrai. Ma quanto alla Reginotta, nettati la bocca.
- Maestà, il patto fu questo.
- Vuoi delle gioie? Vuoi dell'oro?
- Tenetevi ogni cosa. Sarà quel che sarà!

E andò via.
Il Re disse al cardellino:
- Ora che ti ho tra le mani, ti vo' martoriare.
Il cardellino strillava, sentendosi strappare le penne ad una ad una.
- Dove son riposte le arance d'oro?
- Se non mi farete più nulla, Maestà, ve lo dirò.
- Non ti farò più nulla.
- Le arance d'oro sono riposte dentro la Grotta delle sette porte. Ma c'è il mercante, col berrettino rosso, che fa la guardia. Bisogna sapere il motto; e lo sanno due soli: il mercante e quel contadino che mi ha preso.

Il Re mandò a chiamare il contadino.
- Facciamo un altro patto. Vorrei entrare nella Grotta delle sette porte, e non so il motto. Se me lo sveli, la Reginotta sarà tua.
- Parola di Re?
- Parola di Re!
- Maestà, il motto è questo:

"Secca risecca!
Apriti, Cecca."
- Va bene.
Il Re andò, disse il motto, e la Grotta s'aperse. Il contadino rimase fuori ad attenderlo.
In quella grotta i diamanti, a mucchi per terra, abbagliavano. Vistosi solo, sua Maestà si chinava e se ne riempiva le tasche. Ma nella stanza appresso, i diamanti, sempre a mucchi, eran più grossi e più belli. Il Re si vuotava le tasche, e tornava a riempirsele di questi. Così fino all'ultima stanza, dove, in un angolo, si vedevano ammonticchiate le arance d'oro del giardino reale.
C'era lì una bisaccia, e il Re la colmò. Or che sapeva il motto, vi sarebbe ritornato più volte.
Uscito fuor della Grotta, colla bisaccia in collo, trovò il contadino che lo attendeva.
- Maestà, la Reginotta ora è mia.
Il Re si fece scuro. Dovea dare la Reginotta a quello zoticone?
- Domanda qualunque grazia e ti verrà concessa. Ma per la Reginotta nettati la bocca.
- Maestà, e la vostra parola?
- Le parole se le porta il vento.
- Quando sarete al palazzo ve ne accorgerete.

Arrivato al palazzo, il Re mette giù la bisaccia e fa di vuotarla. Ma invece di arance d'oro, trova arance marce.
Si mette le mani nelle tasche, i diamanti son diventati tanti gusci di lumache!
Ah! quel pezzo di contadinaccio gliel'avea fatta!
Ma il cardellino la pagava.
E tornò a martoriarlo.
- Dove sono le mie arance d'oro?
- Se non mi farete più nulla, Maestà, ve lo dirò.
- Non ti farò più nulla.
- Son lì dove le avete viste; ma per riaverle bisogna conoscere un altro motto, e lo sanno due soli: il mercante e quel contadino che mi ha preso.

Il Re lo mandò a chiamare:
- Facciamo un altro patto. Dimmi il motto per riprendere le arance e la Reginotta sarà tua.
- Parola di Re?
- Parola di Re!
- Maestà il motto è questo:

"Ti sto addosso:
Dammi l'osso."
- Va bene.
Il Re andava e ritornava più volte colla bisaccia colma, e riportava a palazzo tutte le arance d'oro.
Allora si presentò il contadino:
- Maestà, la Reginotta ora è mia.
Il Re si fece scuro. Dovea dare la Reginotta a quello zoticone?
- Quello è il tesoro reale: prendi quello che ti piace. Quanto alla Reginotta, nettati la bocca.
- Non se ne parli più.

E andò via.
Da che il cardellino era in gabbia, le arance d'oro restavano attaccate all'albero da un anno all'altro.
Un giorno la Reginotta disse al Re:
- Maestà, quel cardellino vorrei tenerlo nella mia camera.
- Figliuola mia, prendilo pure; ma bada che non ti scappi.

Il cardellino nella camera della Reginotta non cantava più.
- Cardellino, perché non canti più?
- Ho il mio padrone che piange.
- E perché piange?
- Perché non ha quel che vorrebbe.
- Che cosa vorrebbe?
- Vorrebbe la Reginotta. Dice:

"Ho lavorato tanto,
E le fatiche mie son sparse al vento."
- Chi è il tuo padrone? Quello zotico?
- Quello zotico, Reginotta, è più Re di Sua Maestà.
- Se fosse vero, lo sposerei. Va' a dirglielo, e torna subito.
- Lo giurate?
- Lo giuro.

E gli aperse la gabbia. Ma il cardellino non tornò.
Una volta il Re domandò alla Reginotta:
- O il cardellino non canta più? È un bel pezzo che non lo sento.
- Maestà, è un po' malato.

E il Re s'acchetò.
Intanto la povera Reginotta viveva in ambascia:
- Cardellino traditore, te e il tuo padrone!
E come s'avvicinava la stagione delle arance, pel timore del babbo, il cuore le diventava piccino piccino.
Intanto venne un ambasciatore del Re di Francia che la chiedeva per moglie. Il padre ne fu lieto oltremodo, e rispose subito di sì. Ma la Reginotta:
- Maestà, non voglio: vo' rimanere ragazza.
Quello montò sulle furie:
- Come? Diceva di no, ora che avea impegnato la sua parola e non potea più ritirarla?
- Maestà, le parole se le porta il vento.

Il Re non lo potevan trattenere: schizzava fuoco dagli occhi. Ma quella, ostinata:
- Non lo voglio! Non lo voglio! Vo' rimanere ragazza.
Il peggio fu quando il Re di Francia mandò a dire che fra otto giorni arrivava.
Come rimediare con quella figliolaccia caparbia?
Dallo sdegno, le legò le mani e i piedi e la calò in un pozzo:
- Di' di sì, o ti faccio affogare!
E la Reginotta zitta. Il Re la calò fino a metà.
- Di' di sì, o ti faccio affogare!
E la Reginotta zitta. Il Re la calava più giù, dentro l'acqua; le restava fuori soltanto la testa:
- Di' di sì, o ti faccio affogare!
E la Reginotta zitta.
- Dovea affogarla davvero?
E la tirò su; ma la rinchiuse in una stanza, a pane ed acqua. La Reginotta piangeva:
- Cardellino traditore, te e il tuo padrone! Per mantenere la parola ora patisco tanti guai!
Il Re di Francia arrivò con un gran seguito, e prese alloggio nel palazzo reale.
- E la Reginotta? Non vuol farsi vedere?
- Maestà, è un po' indisposta.

Il Re non sapeva che rispondere, imbarazzato.
- Portatele questo regalo.
Era uno scatolino tutto d'oro e di brillanti. Ma la Reginotta lo posò lì, senza neppur curarsi d'aprirlo. E piangeva.
- Cardellino traditore, te e il tuo padrone!
- Non siamo traditori, né io, né il mio padrone.

Sentendosi rispondere dallo scatolino, la Reginotta lo aperse.
- Ah, cardellino mio! Quante lagrime ho sparse.
- La tua sorte volea così. Ora il destino è compito.

Sua Maestà, conosciuto chi era quel contadino, le diè in dote l'albero che produceva le arance d'oro, e il giorno appresso la Reginotta sposò il Re di Francia.
E noi restiamo a grattarci la pancia.

26 giu 2010

26/6 Ue, Russia, Bielorussia, uranio, diamanti, petrolio

Per ora però lo scontro tra Russia e Bielorussia è solo economico: la Russia ha sempre avuto grande difficoltà a comunicare con il resto del mondo.
Il suo territorio è difficilmente raggiungibile e per commerciare dovrebbe possedere degli sbocchi a Sud: verso il mar Mediterraneo e verso l'Oceano Indiano.
Oppure dovrebbe riuscire ad avere accordi commerciali liberi, come quelli dell'Ue, anzi con l'Ue per far arrivare le sue merci preziose da noi: sono il gas naturale, ma pure il petrolio, le merci della siderurgia e della nuova industria russa, con i prodotti dell'estrazione mineraria come l'uranio e i diamanti.

24 giu 2010

24/6 Russia, terra isolata e senza sbocchi (Arduino Rossi)


Per ora però lo scontro tra Russia e Bielorussia è solo economico: la Russia ha sempre avuto grande difficoltà a comunicare con il resto del mondo.
Il suo territorio è difficilmente raggiungibile e per commerciare dovrebbe possedere degli sbocchi a Sud: verso il mar Mediterraneo e verso l'Oceano Indiano.
Oppure dovrebbe riuscire ad avere accordi commerciali liberi, come quelli dell'Ue, anzi con l'Ue per far arrivare le sue merci preziose da noi: sono il gas naturale, ma pure il petrolio, le merci della siderurgia e della nuova industria russa, con i prodotti dell'estrazione mineraria come l'uranio e i diamanti.

14 lug 2019

PD, chi lo vota se lo merita - Arduino Rossi

Il nuovo governo fa poco, non sa utilizzare le nuove tecnologie per rendere veloce ed efficace la burocrazia, oltre che meno costosa, non sa tagliare gli sprechi, primi tra tutti quelli della corruzione.
Io dico che deve indagare i rapporti sporchi che esistono tra stampa e gruppi politici, economici al potere. 
Abbiamo avuto le rapine delle banche, le truffe bancarie, l'ultima quella dei diamanti, ma nessuno può andare oltre e colpire i colpevoli, sequestrando i soldi truffati. 
Il peggior partito, implicato in tutto questo, è il PD è il diavolo se lo porti, compreso chi lo vota. 

8 dic 2013

Centroafrica e la strage provocata dai soliti criminali finanziati da gruppi economici e di pote

L'oro e i diamanti del Centroafrica sono un bene da conquistare, anche con il sangue locale: e milizie islamiche erano pronte da tempo a fare mattanze, ma a questo punto non rimane che rispondere con chiarezza e non solo con l'invio di truppe: coloro che hanno provocato tali massacri dovrebbero essere processati d'avanti a un tribunale, un vero tribunale e non quella buffonata che si trova all'Aja, in Olanda, per i crimini contro l'umanità.
Basterebbe far uscire i controlli che i nostri spioni internazionali fanno sempre e catturare questi ricchi finanziari, trascinarli in un tribunale e condannarli ai lavori forzati a vita.
Invece dovremo attendere la giustizia di Dio, purtroppo. 

3 dic 2010

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MOSTRA
CASA SAVOIA E L'UNITÀ D'ITALIA
 
 
L'Assessorato Istruzione e Cultura, informa che martedì 7 dicembre 2010, alle ore 18.00, al salone espositivo La Murasse di Verrès, inaugurerà la mostra Casa Savoia e l'Unità d'Italia.
 
L'esposizione, curata dall'Associazione Principe di Venezia, s'inserisce negli eventi celebrativi per il 150°Anniversario dell'Unità d'Italia e raccoglie molti cimeli appartenuti ai Re e alle Regine d'Italia raccolti dall'Associazione, presieduta dal Principe Emanuele Filiberto di Savoia e da alcuni collezionisti privati. I famosi monogrammi di diamanti della Regina Margherita e della Regina Elena, il Manto di Corte della Regina Margherita e molti documenti storici legati ai passi salienti del Risorgimento, oltre a pitture, ritratti e fotografie rappresentano i pezzi più pregiati di questa mostra.
 
L'Assessore Laurent Viérin dichiara: «Sono particolarmente lieto di presentare questa esposizione che permetterà di ripercorrere la vita dei Re e delle Regine d'Italia, partendo dalle numerose presenze dei Principi e Sovrani di Casa Savoia in Valle d'Aosta per giungere agli approfondimenti sulla storia della Casa Reale d'Italia ed in particolare sul Risorgimento e l'Unità d'Italia. Nella sezione dedicata alla Valle d'Aosta verranno esposti, per la prima volta, cimeli e documenti storici consentendo così a tutti i Valdostani di riappropriarsi di parti fondamentali della propria storia.»
 
L'esposizione, che resterà aperta fino al 15 febbraio 2011, ha ottenuto l'Alto patrocinio della Real Casa di Savoia e quello del Ministero per i beni e le attività culturali.
 
Casa Savoia e la Valle d'Aosta
«La Vallée d'Aoste, elle, n'a jamais eu que cette devise : là où est la Maison Royale, là est la patrie»! Così, nella sua Histoire de la Vallée d'Aoste, l'abbé Joseph-Marie Henry giustificava l'inserimento, nel 1861, della Valle d'Aosta nel neonato Regno d'Italia. I Valdostani erano, infatti, tra i più antichi sudditi della Casa sabauda, cui erano legati sin dal tempo del capostipite Umberto, più tardi noto come il Biancamano. L'indefettibile fedeltà dei Valdostani, che restarono filo-sabaudi anche nei più tristi momenti delle invasioni straniere, si mantenne inalterata sino alla seconda guerra mondiale; e la loro memoria storica è ancora, inscindibilmente, legata alle figure dei re e delle regine d'Italia che ebbero cara la Valle d'Aosta come oasi di svago e di riposo. La regione fu, infatti, frequentata dai re Vittorio Emanuele II e Umberto I per le famose chasses royales nel massiccio del Gran Paradiso; dalla regina Maria Adelaide per le terme di Saint-Vincent; dalla regina Margherita per i soggiorni a Gressoney, dove si fece costruire un castello e dove poteva discorrere con i valligiani nella sua lingua materna, il tedesco; dai principi di Piemonte Umberto e Maria José, che scelsero Courmayeur per il loro viaggio di nozze e rimasero sempre affezionati al castello di Sarre, dove avevano trascorso i momenti più felici della loro esistenza con i loro bambini, prima di essere travolti dalle conseguenze dei tragici eventi dell'ultimo conflitto mondiale. Non per nulla, al momento dell'esilio, il "re di Maggio" scelse di portare il titolo di conte di Sarre; non per nulla, meta del primo rientro ufficiale della regina Maria José dopo l'esilio fu Aosta.
 
Informazioni:
Assessorato Istruzione e Cultura
Direzione promozione beni e attività culturali
Tel. 0165-2743457

7 dic 2013

Immigrati e crisi umanitarie provocate da speculatori senza scrupoli

I conflitti africani hanno alle spalle interessi economici vigliacchi: dove c'è oro e ci sono diamanti, o petrolio ecco che arrivano i finanziatori della guerra, armano i bambini soldato e li mandano a fare le mattanze dei nemici.
Noi poi abbiamo i giornalisti che non vedono e non ... capiscono tutto questo, ma si interessano degli africani, quando arrivano stremati a Lampedusa, per poi farli ospitare in qualche centro e presto sfruttare a 2 euro all'ora, per i negrieri nazionali. 

14 mag 2013

SENZA-ORECCHIE di Luigi Capuana . Racconto


SENZA-ORECCHIE

C'era una volta un Re che avea una bimba.
La Regina era morta di parto, e il Re avea preso una balia che gli allattasse la piccina.
Un giorno la balia scese, insieme colla bimba, nel giardino reale. La bimba avea tre anni, e si divertiva a fare chiasso sull'erba, all'ombra dei grandi alberi. Sull'ora di mezzogiorno la balia s'addormentava; ma quando si svegliò, non trovò più la Reginotta. Cerca, chiama per tutto il giardino; nulla! La bimba era scomparsa.
Come presentarsi al Re, che andava matto per quella figliuola?
La povera balia si picchiava il petto, si strappava i capelli:
- Dio! Dio! Sua Maestà l'avrebbe fatta impiccare!
Agli urli della balia erano accorse le guardie.
Fruga e rifruga, tutto fu inutile.
Venne l'ora del pranzo.
- E la Reginotta? - domandò il Re.
I ministri si guardarono in faccia, più bianchi di un panno lavato.
- La Reginotta dov'è?
- Maestà, - disse un ministro - è accaduta una disgrazia!
Il Re pareva fuori di sé dal gran dolore. Fece subito un bando:
- Chi riporta la Reginotta, gli si concede qualunque grazia.
Ma eran già passati sei mesi, e al palazzo reale non s'era visto nessuno.
I banditori andavano di regno in regno:
- Sia cristiano, sia infedele, chi riporta la Reginotta, gli vien concessa qualunque grazia.
Ma passò un anno, e al palazzo reale non si presentò nessuno.
Il Re era inconsolabile: piangeva giorno e notte.
Nel giardino reale c'era un pozzo. La Reginotta, mentre la balia dormiva, s'era accostata all'orlo e vi si era affacciata.
Vedendo, laggiù, nello specchio dell'acqua, un'altra bimba sua pari, l'avea chiamata: - Ehi! Ehi! -, accennando colle manine. Allora era sorto dal fondo del pozzo un braccio lungo lungo, peloso peloso, che l'afferrò e la tirò giù. E così, da parecchi anni, lei viveva in fondo a quel pozzo, col Lupo Mannaro che l'aveva tirata giù.
In fondo al pozzo c'era una grotta grande dieci volte più del palazzo reale. Stanze tutte oro e diamanti, una più bella e più ricca dell'altra. È vero che non ci penetrava mai sole, ma ci si vedeva lo stesso. La bimba veniva servita da quella Reginotta che era. Una cameriera per spogliarla, una per vestirla, una per lavarla, una per pettinarla, una per recarle la colazione, una per servirla a pranzo, una per metterla a letto. S'era già abituata e non ci viveva di cattivo umore.
Il Lupo Mannaro russava tutto il santo giorno e la notte andava via. Siccome la bimba, quando lo vedeva, strillava dalla paura, si facea veder di rado: non volea spaventarla.
Intanto la Reginotta s'era fatta una bella ragazza.
Una sera, entrata in letto, non poteva dormire. Sentito che il Lupo Mannaro si preparava ad andar via, tese meglio l'orecchio. Il Lupo Mannaro con quella sua vociaccia ròca, urlava:
- Chiamatemi il cuoco.
Il cuoco venne.
- Credo che siamo in punto, - gli disse - mi pare una quaglia.
- Bisogna vedere - rispose il cuoco.
La Reginotta sentì che giravano adagino il pomo della serratura:
- Ahimè! Dunque si trattava di lei? Il Lupo Mannaro voleva mangiarsela.
Le si accapponò la pelle, sfido io! Si fece piccina piccina, e finse di dormire. Il Lupo Mannaro s'accostava al letto, svoltava le coperte con cautela, e il cuoco cominciava a tastarla tutta, come gallina da tirargli il collo.
- Ancora una settimana, - disse il cuoco - e sarà un boccone reale.
Come intese queste parole, la Reginotta si senti rinascere:
- Otto giorni! Oh, quella quaglia il Lupo Mannaro non l'avrebbe mangiata; no, no!
Pensa e ripensa, le venne un'idea. La mattina, saltata giù dal letto, appostossi alla bocca della grotta, dentro il collo del pozzo, ed aspettò che venisse gente ad attinger acqua. La carrucola stride, la secchia fa un tonfo, ed ecco la Reginotta che s'afferra alla corda, puntando i piedini sull'orlo della secchia. La tiravano su lentamente; era un po' pesa. A un tratto la corda si rompe, e secchia e Reginotta, patatunfete, giù!
Accorsero le cameriere e la ritirarono dall'acqua.
- Ebbi un capogiro e cascai. Non ne fate motto, per carità; il Lupo Mannaro mi picchierebbe.
E passò un giorno.
Il secondo giorno, aspetta aspetta, la secchia non venne giù. Bisognava trovare un altro mezzo: ma non era come dirlo. Quale? La grotta non aveva che quell'unica uscita.
E passò un altro giorno.
La Reginotta non si perdette d'animo. Appena aggiornava, era al suo posto; ma la secchia non calava.
E passarono altri due giorni.
Una mattina, mentre lei piangeva dirottamente, guardando fisso nell'acqua vide lì un pesciolino rosso, che parea d'oro, colla coda bianca come l'argento, e con tre macchie nere sulla schiena.
- Ah! Pesciolino, tu sei felice! Tu sei libero in mezzo all'acqua, ed io qui sola, senza parenti né amici!
Il pesciolino montava a fior d'acqua, dimenando la coda, aprendo e chiudendo la bocca; pareva l'avesse sentita:
- Ah! Pesciolino, tu sei felice! Tu sei libero in mezzo all'acqua, ed io qui sola, senza parenti né amici. Fra quattro giorni sarò mangiata!
Il pesciolino rosso, dalla coda bianca e dalle tre macchie nere sulla schiena, s'era accostato alla sponda:
- Se tu fossi di sangue reale e volessi sposarmi, saremmo liberi tutti e due. Per vincere il mio incanto non ci vuol altro.
- Son sangue reale, pesciolino d'oro, e son tua sposa fino da questo momento.
- Cavalcami sulla schiena e tienti forte.
La Reginotta si mise a cavalcioni del pesciolino e gli si afferrò alle branchie; e il pesciolino, nuota, nuota, la portò in fondo al pozzo. Di lì passava un fiume, sotto terra. Il pesciolino infilò diritto la corrente e la Reginotta gli si tenne sempre ben afferrata alle branchie.
Ma ecco, in un punto, un pesce grossissimo, con tanto di bocca spalancata, che voleva ingoiarli:
- Pagate il pedaggio, o di qui non si passa.
La Reginotta si strappò un'orecchia e gliela buttò. Nuota, nuota, ecco un altro pesce più grosso del primo, con tanto di bocca spalancata e una foresta di denti:
Pagate il pedaggio, o di qui non si passa.
La Reginotta si strappava l'altra orecchia e gliela buttava.
Quando la corrente sboccò all'aria aperta, il pesciolino depose la Reginotta sulla sponda e diè un salto fuor dell'acqua. Era diventato un bel giovane, con tre piccoli nèi sulla faccia. Lei disse:
- Andiamo a presentarci al Re mio padre. Son tredici anni che non mi vede.
Al portone del palazzo reale non volevano lasciarla passare.
- Sono la Reginotta! Son la figliuola del Re!
Non ci credeva nessuno, nemmeno il Re. Pure ordinò di fargliela venire dinanzi:
- Chi sa? Poteva anche darsi!
Il Re la guardò da capo a piedi: gli pareva e non gli pareva. Lei gli raccontò la sua storia; ma non disse nulla delle orecchie, per vergogna. Infatti nascondeva il suo difetto, tenendo basse le trecce.
Ma un ministro se n'accorse:
- E le orecchie, figliuola mia? Dove le perdeste le orecchie?
Il Re, indignato, la condannava a rigovernare i piatti e le stoviglie della cucina reale. Il principe Pesciolino (lo chiamarono subito così) fu dannato a spazzar le stalle:
- Imparassero in tal modo a farsi beffa del Re!
Un giorno Sua Maestà volea mangiare del pesce. Ma in tutto il mercato c'era due pesci soltanto, e nessuno sapeva che razza di pesci si fossero, neppure i pesciaioli. Ed erano lì dal giorno avanti, e cominciavano a passare. Ma il Re volea del pesce ad ogni costo, e il cuoco li comprò:
- Maestà, non c'è che questi; nessuno sa che pesci siano, neppure i pesciaioli. Trovansi in mercato da due giorni e cominciano a passare.
- Sta bene, - disse il Re - portali in cucina.
In cucina il cuoco fa per sventrarli, e che gli trova nelle budella? Due orecchie di creatura umana, ancor stillanti sangue!
Chiamarono subito Senza-orecchie, come le aven messo il nomignolo:
- Senza-orecchie, Senza-orecchie, ecco roba per te!
La Reginotta accorse: eran davvero le sue orecchie. Tremante dalla contentezza se le adattò al capo e le si appiccicarono; il sangue avea servito da colla.
Colle orecchie, il Re suo padre raffigurolla ad un tratto:
- È lei! È la mia figliuola!
E bandì feste reali per otto giorni. Poi, siccome era vecchio, volle lasciare il regno. E il re Pesciolino e la regina Senza-orecchie regnarono a lungo dopo di lui.
Stretta la foglia, e larga la via,
Dite la vostra, ché ho detto la mia.

25 giu 2010

25/6 Russia e Bielorussia per un po' di gas naturale

Per ora però lo scontro tra Russia e Bielorussia è solo economico: la Russia ha sempre avuto grande difficoltà a comunicare con il resto del mondo.
Il suo territorio è difficilmente raggiungibile e per commerciare dovrebbe possedere degli sbocchi a Sud: verso il mar Mediterraneo e verso l'Oceano Indiano.
Oppure dovrebbe riuscire ad avere accordi commerciali liberi, come quelli dell'Ue, anzi con l'Ue per far arrivare le sue merci preziose da noi: sono il gas naturale, ma pure il petrolio, le merci della siderurgia e della nuova industria russa, con i prodotti dell'estrazione mineraria come l'uranio e i diamanti.

4 lug 2010

LUNARE

Silloge di poesie scritte da Arduino Rossi, negli anni Novanta.
Arduino Rossi

LUNARE
I
Natale tra i cespugli
fioriti e sopra l'alba
fischiava la bufera
di catrame e il profumo
della terra saliva.
La sabbia
accende gli occhi
e i cuori rudi
come rocce cristalline,
come diamanti sradicati
dalle montagne di argilla
annosa.
II
I sultani si donano
al caldo australe
e spalancano
le loro grandi case,
i loro palazzi dorati,
i loro Harem
non sono più dimore
di povere femmine
smarrite, ma la sabbia
copre ogni cosa.
III
Egli regge il Cielo
e i suoi sacerdoti
gridano dalle loro alte
torri contro i peccati
e gli infedeli.
Lontano l'orizzonte si spegne
e l'aroma del mare si disperde.
Esistono città abbandonate,
soffocate da millenni di rena,
dove gemme e pensieri di sultani,
spettri di soldati smarriti
e mercenari in cerca d'oro,
briganti, eremiti e Santi
si rifugiano, si nascondono
per cercare ciò che non ebbero
dagli umani.
IV
Deserto, Patria di Dio, tra fiamme
e fuoco, tra odori di incenso
e concetti satanici, morte del tempo,
del flusso degli eventi, spazi
smisurati e gocce di rugiada
delle notti aride e avare, palme
ostili alla luna e dune distrutte
e ricomposte dal libico,
violatore dei sogni.
V
Creste rocciose
e pulviscolo,
polvere nei cuori
dei soldati e dei briganti,
pianto dei mille
profeti che intuirono
l'esito del fato
umano e il percorso
infinito.
Cimeli tra i ruderi
di un passato sovrumano,
tra dolori e angosce
sottomesse alla vista
dei viventi.
Spettri pallidi
che appaiono sulla terra
lunare e fuggono tra veli
neri dentro grotte
e anfratti.
Gli umori delle tenebre
e dell'eternità si miscelano:
è tutto di un sapore vecchio,
inumano e rammenta
quando la terra era vergine
e lontana, le pene
erano giganti.
VI
Raccogliamo questo sasso
e gettiamolo sulla spiaggia
dei naufraghi, attendiamo
che la linea dell'orizzonte
sfumi tra le dita di Allah,
che regge il Cielo sopra
le nostre teste.
Lasciamo che i peccatori
si disperdano nell'arena
e gli spiriti dei beduini
si confondono con i lamenti
del vento, con le ombre
delle dune.
VII
Le idee si librano lontane,
distanti; nessuno è più
vicino all'uomo di chi
lo fugge e di chi sta
nelle isole oltre il mare
e di chi ci ritroverà
tra gli uccelli.
VIII
Viandanti remoti si inseguono;
città modello tra surrogati
di pensieri di servi dagli occhi
di cristallo e il ventre obeso.
Giovani bevono bibite
e liquori nei bar
alle periferie delle città
del Sud, là, dove tutto
suda e il passato si rincorre.
IX
Le riflessioni sfuggono
tra memorie dolorose,
lagne e singhiozzi.
Venite con noi, figli
della notte, Signori
del giorno, uccelli migratori,
venite tra gladioli e le rose
selvatiche del mio giardino.
X
La fragranza è di questa notte,
dei vostri sentimenti avvizziti;
festeggiamo per la luna novella
e per i sermoni del padre
predicatore che, dall'alto
del pulpito, lancia strali
contro i nostri cuori appassiti
e un po' stanchi.
XI
Contro di voi, figli
della luna, di nessuno,
ci sarà guerra.
Seminerò su nuovi campi
e pianterò alberi
e peschi giovani.
Campanule si sono
arrampicate e avvolgono
i muri a secco dei viottoli
di montagna.
Questo è il nuovo suolo,
questa è la lusinga
dentro spazi abbandonati,
dove tutto ha un peso
infinito.
Rinnegare significa
tradire e vivere
significa uccidere.
XII
Le note delle arie
e le cortigiane
si chinano
dinnanzi a Lui,
anziano e spossato,
e lo supplicano
di seguirle
nelle camere
dei sogni
e dell'evasione
vetuste
e dei piaceri
recenti.
XIII
Il Sultano
è fiacco
e desidera
solo
dormire
e inseguire
l'aurora,
cavalcare
tra nubi e uccelli
su cavalli alati
dai petti bianchi,
dalle criniere
rosse come le fiamme,
sellati da mani
diaboliche
e guidati da cuori
illibati.
Il Sultano
precipiterà
sulla terra,
cadrà
da cavallo
e di Lui resterà
un sussurro
nella notte.
XIV
Salamandre, rospi
e rane, pipistrelli,
sciacalli, lupi, iene
e furfanti si rincorrono
dentro i ruderi dell'urbe.
XV
E' giunto il potere
della sera su tutto:
sul dì, sui pensieri,
sui cavalieri di cavalli
folli, vigorosi e giovani.
E' arrivata
l'ora della riscossa
per noi, cuori
distrutti:
tutto ciò che era
da annientare
è stato
demolito.
XVI
E Dio chiede
giustizia
anche per noi.
Una generazione
è putrida,
l'altra
è passata
e l'altra
non esiste più.
Tre sono i cuori
e tre gli stolti,
tre sono
i sentimenti
che percorrono i Cieli,
quattro i pensieri,
sette gli astri
e ventuno gli anni
che ci separano dalla meta.
XVII
Giungeremo dove nessuno
è mai giunto
e percorreremo
ciò che gli altri
mai percorsero;
la terra d'avorio
non è un luogo
sicuro per un poeta.
La poesia è serva
e padrona: non conosce
limiti e animi freschi;
è una fortezza inespugnabile.
Non ha vigore virile,
né intelligenza casta,
né possanza immane;
è solo pianto stridulo
e sciocchezze di vecchi
e ragazzi, di donne infangate
di acidi, arcigni, draghi
dalle fauci arrossate
dal fuoco.
XVIII
I sultani e i Maharaja
si addobbano
con vesti
di seta
della lontana
Cina, nell'antica
terra del drago.
Le indiane
donne velate
escono in cerca
di spazio
e di odori
per pugnare
la speme:
è una guerra
santa, tutte
le guerre
sono sante
e figlie
di Satana.
XIX
Assassinare
è un onore
per il guerrieri
e per i mercenari:
si arrischiano
quanto
i saltimbanchi
e i furfanti,
i pennivendoli
e gli sciacalli.
XX
Intanto
chi vince
è sempre colui
che muore:
di Lui
rimangono
ossa sparse
sulla terra
e il flusso
lieve che percorre
le menti.
E' un'energia vitale
che fa scavalcare
le catene montuose.
XXI
Le orazioni del mattino
non conoscono tregua
e chi lotta cade pregando
e chi combatte muore
per l'eternità inutile.
XXII
Allah
sta con i perdenti,
con i miseri
e con i defunti.
L'odio
si è radicato
nelle menti
degli stolti,
dei furfanti,
dei nuovi Saladini,
innumerevoli
quanto i barlumi
dello spirito.
XXIII
La terra
è arsa
e arderà
per il sole
bruciante
nei millenni.
Il vento del Nord,
delle steppe aride,
riporta
il fruscio
dei passi
di generazioni
di nomadi
lungo le piste
battute
dai predoni
e dai mascalzoni
di ogni nazione,
dai sognatori,
dai sicari
sanguinari.
XXIV
Per Allah
si prega,
si muore,
si piange
e si spera:
è Lui che dà
è Lui che toglie.
FINE

6 set 2012

poetica poesia ...LUNARE di Arduino Rossi







LUNARE
I

Natale tra i cespugli
fioriti e sopra l'alba
fischiava la bufera
di catrame e il profumo
della terra saliva.

La sabbia
accende gli occhi
e i cuori rudi
come rocce cristalline,
come diamanti sradicati
dalle montagne di argilla
annosa.

II

I sultani si donano
al caldo australe
e spalancano
le loro grandi case,
i loro palazzi dorati,
i loro Harem
non sono più dimore
di povere femmine
smarrite, ma la sabbia
copre ogni cosa.

III

Egli regge il Cielo
e i suoi sacerdoti
gridano dalle loro alte
torri contro i peccati
e gli infedeli.
Lontano l'orizzonte si spegne
e l'aroma del mare si disperde.
Esistono città abbandonate,
soffocate da millenni di rena,
dove gemme e pensieri di sultani,
spettri di soldati smarriti
e mercenari in cerca d'oro,
briganti, eremiti e Santi
si rifugiano, si nascondono
per cercare ciò che non ebbero
dagli umani.

IV

Deserto, Patria di Dio, tra fiamme
e fuoco, tra odori di incenso
e concetti satanici, morte del tempo,
del flusso degli eventi, spazi
smisurati e gocce di rugiada
delle notti aride e avare, palme
ostili alla luna e dune distrutte
e ricomposte dal libico,
violatore dei sogni.

V

Creste rocciose
e pulviscolo,
polvere nei cuori
dei soldati e dei briganti,
pianto dei mille
profeti che intuirono
l'esito del fato
umano e il percorso
infinito.

Cimeli tra i ruderi
di un passato sovrumano,
tra dolori e angosce
sottomesse alla vista
dei viventi.
Spettri pallidi
che appaiono sulla terra
lunare e fuggono tra veli
neri dentro grotte
e anfratti.
Gli umori delle tenebre
e dell'eternità si miscelano:
è tutto di un sapore vecchio,
inumano e rammenta
quando la terra era vergine
e lontana, le pene
erano giganti.

VI

Raccogliamo questo sasso
e gettiamolo sulla spiaggia
dei naufraghi, attendiamo
che la linea dell'orizzonte
sfumi tra le dita di Allah,
che regge il Cielo sopra
le nostre teste.
Lasciamo che i peccatori
si disperdano nell'arena
e gli spiriti dei beduini
si confondono con i lamenti
del vento, con le ombre
delle dune.

VII

Le idee si librano lontane,
distanti; nessuno è più
vicino all'uomo di chi
lo fugge e di chi sta
nelle isole oltre il mare
e di chi ci ritroverà
tra gli uccelli.

VIII

Viandanti remoti si inseguono;
città modello tra surrogati
di pensieri di servi dagli occhi
di cristallo e il ventre obeso.
Giovani bevono bibite
e liquori nei bar
alle periferie delle città
del Sud, là, dove tutto
suda e il passato si rincorre.

IX

Le riflessioni sfuggono
tra memorie dolorose,
lagne e singhiozzi.
Venite con noi, figli
della notte, Signori
del giorno, uccelli migratori,
venite tra gladioli e le rose
selvatiche del mio giardino.


X

La fragranza è di questa notte,
dei vostri sentimenti avvizziti;
festeggiamo per la luna novella
e per i sermoni del padre
predicatore che, dall'alto
del pulpito, lancia strali
contro i nostri cuori appassiti
e un po' stanchi.

XI

Contro di voi, figli
della luna, di nessuno,
ci sarà guerra.

Seminerò su nuovi campi
e pianterò alberi
e peschi giovani.

Campanule si sono
arrampicate e avvolgono
i muri a secco dei viottoli
di montagna.

Questo è il nuovo suolo,
questa è la lusinga
dentro spazi abbandonati,
dove tutto ha un peso
infinito.

Rinnegare significa
tradire e vivere
significa uccidere.

XII

Le note delle arie
e le cortigiane
si chinano
dinnanzi a Lui,
anziano e spossato,
e lo supplicano
di seguirle
nelle camere
dei sogni
e dell'evasione
vetuste
e dei piaceri
recenti.


XIII

Il Sultano
è fiacco
e desidera
solo
dormire
e inseguire
l'aurora,
cavalcare
tra nubi e uccelli
su cavalli alati
dai petti bianchi,
dalle criniere
rosse come le fiamme,
sellati da mani
diaboliche
e guidati da cuori
illibati.
Il Sultano
precipiterà
sulla terra,
cadrà
da cavallo
e di Lui resterà
un sussurro
nella notte.

XIV

Salamandre, rospi
e rane, pipistrelli,
sciacalli, lupi, iene
e furfanti si rincorrono
dentro i ruderi dell'urbe.


XV

E' giunto il potere
della sera su tutto:
sul dì, sui pensieri,
sui cavalieri di cavalli
folli, vigorosi e giovani.
E' arrivata
l'ora della riscossa
per noi, cuori
distrutti:
tutto ciò che era
da annientare
è stato
demolito.

XVI

E Dio chiede
giustizia
anche per noi.
Una generazione
è putrida,
l'altra
è passata
e l'altra
non esiste più.

Tre sono i cuori
e tre gli stolti,
tre sono
i sentimenti
che percorrono i Cieli,
quattro i pensieri,
sette gli astri
e ventuno gli anni
che ci separano dalla meta.

XVII

Giungeremo dove nessuno
è mai giunto
e percorreremo
ciò che gli altri
mai percorsero;
la terra d'avorio
non è un luogo
sicuro per un poeta.

La poesia è serva
e padrona: non conosce
limiti e animi freschi;
è una fortezza inespugnabile.
Non ha vigore virile,
né intelligenza casta,
né possanza immane;
è solo pianto stridulo
e sciocchezze di vecchi
e ragazzi, di donne infangate
di acidi, arcigni, draghi
dalle fauci arrossate
dal fuoco.


XVIII

I sultani e i Maharaja
si addobbano
con vesti
di seta
della lontana
Cina, nell'antica
terra del drago.
Le indiane
donne velate
escono in cerca
di spazio
e di odori
per pugnare
la speme:
è una guerra
santa, tutte
le guerre
sono sante
e figlie
di Satana.

XIX

Assassinare
è un onore
per il guerrieri
e per i mercenari:
si arrischiano
quanto
i saltimbanchi
e i furfanti,
i pennivendoli
e gli sciacalli.

XX

Intanto
chi vince
è sempre colui
che muore:
di Lui
rimangono
ossa sparse
sulla terra
e il flusso
lieve che percorre
le menti.
E' un'energia vitale
che fa scavalcare
le catene montuose.

XXI

Le orazioni del mattino
non conoscono tregua
e chi lotta cade pregando
e chi combatte muore
per l'eternità inutile.

XXII

Allah
sta con i perdenti,
con i miseri
e con i defunti.

L'odio
si è radicato
nelle menti
degli stolti,
dei furfanti,
dei nuovi Saladini,
innumerevoli
quanto i barlumi
dello spirito.

XXIII

La terra
è arsa
e arderà
per il sole
bruciante
nei millenni.
Il vento del Nord,
delle steppe aride,
riporta
il fruscio
dei passi
di generazioni
di nomadi
lungo le piste
battute
dai predoni
e dai mascalzoni
di ogni nazione,
dai sognatori,
dai sicari
sanguinari.

XXIV

Per Allah
si prega,
si muore,
si piange
e si spera:
è Lui che dà
è Lui che toglie.

FINE