19 mag 2010

18/5 Le intercettazioni di Berlusconi (Arduino Rossi)



L'arma delle intercettazioni, nell'epoca di Internet, non è facile da rendere innocua: infatti chi volesse svelare che quel tizio ha un'amante, che l'altro ha un vizietto, che gli affari di un terzo non sono del tutto puliti basta immettere su Internet la notizia, va bene pure dall'estero e il mondo è grande.
Si vede che in parlamento sono sempre in troppi che non hanno capito questo strumento e infatti, non riuscendo a cavalcare la bestia, la limitano, provocando però danni all'economia del Paese: se l'immagine è tutto, essere relegati tra le mezze democrazie non ci aiuta.
Già l'Italia è sempre considerata la terra della mafia, già si sostiene che siamo una nazione di raccomandati, di furbastri, di scaltri marioli.
Ora si tende a punire i cronisti per le intercettazioni, mentre basterebbe colpire singolarmente, con cause civili i direttori e gli editori che hanno ordinato la diffusione della notizia segreta, in mano magari alla magistratura.
Certe leggi vengono emanate per sopperire alla mancata applicazione di norme già esistenti, ma che si impantanano nella lentezza dei procedimenti giudiziari.
Così tutte queste normative sono sempre più grida manzoniane: si alza la voce promettendo pene severe, quando non si riesce a dare neppure semplici punizioni ai “ladri di polli”.


18/5 Le intercettazioni su Internet (Arduino Rossi)



La Commissione Giustizia del Senato ha dato il via alla legge sulle intercettazioni con le relative condanne penali e pecuniari per cronisti, talpe ed editori: gli editori potrebbero avere un'ammenda sino a 464mila euro.
I giornalisti potrebbero avere una pene sino a due mesi di carcere e un'ammenda di 10.000 euro.
Le intercettazioni pubblicate potrebbero “costare” dai 4mila ai 20mila euro ai giornalisti, che dovrebbero essere sospesi dalla professione provvisoriamente.
Le talpe nelle istituzioni, che forniranno documenti coperti da segreto, dovrebbero ricevere la bella condanna da uno a 5 anni di prigione.
Le pene sono pesanti e in un epoca dove le rapine per strada, nelle case aumentano sempre più, si vede che qualcuno nel palazzo ha altre preoccupazioni, diverse dai cittadini comuni: a noi non interessa, quasi mai, che svelino cosa diciamo, cosa pensiamo o i nostri segreti, che sono sempre cosucce da niente.
Invece nel palazzo del potere i segreti ci sono ed è meglio non farli sapere, perché i signori e i signorotti potrebbero essere....smascherati.

18/5 Cinesi nel Mondo, la guerra dei mercati (Arduino Rossi)



E’ probabile, anzi è sicuro che una crisi sociale ed economica del gigante asiatico porterà conseguenze disastrose in tutto il mondo, per colpa della globalizzazione, con dissesti finanziari inauditi e mai visti.

A quel punto il mercato drogato cinese avrebbe uno sviluppo meno sorprendente, come quello di molti Paesi del 3° Mondo e non più una crescita così fenomenale, quasi “magica”: è certo che le contraddizioni economiche, sociali, culturali, ambientali della Cina verranno al pettine prima o poi, ma a pagare non sarà solo la Cina.

18/5 Cinesi, i gialli, il colore che invade la terra (Maria Valota)




Non si vogliono imporre dazi in nome del libero mercato, ma neppure non si decide, tutti assieme, di pretendere dal governo cinese la liberalizzazione del cambio della loro valuta.


Mentre si attende che questo mastodontico pachiderma asiatico si evolva, intere industrie tessili e manifatturiere, con un passato storico da decenni, in certi casi da secoli, insediate su territori europei svaniscono nel nulla, non per mancanza di tecnologia, ma perché non riescono a sostenere la concorrenza di prodotti dozzinali, ma a bassissimo costo della Cina.

18/5 Cinesi e realtà globale, conquista del pianeta (Arduino Rossi)



Eppure ai nostri politicanti europei e occidentali fa comodo difendere e lasciar fare alla Cina.

L’anomalia Cina è sempre più un tumore nel meccanismo economico mondiale: è devastante con la sua concorrenza truccata verso economie più progredite e sta riportando, indirettamente, o ne favorisce il ritorno, a condizioni di lavoro insostenibili pure nell’occidente, ma anche in tanti Stati in via di sviluppo, nel vero senso della parola.

18/5 Cinesi abbigliamento e abiti, tessuti (Paolo Rossi)




Il libero mercato del lavoro è uno dei capisaldi del liberismo economico, ma pure questo fatto non interessa alla politica europea.


Sempre la Cina invece ha una classe lavoratrice schiava, schiavizzata, che non può organizzarsi in liberi sindacati: questi operai non si possono così porre su un reale mercato del lavoro, perché mancano di libertà fondamentali.

18/5 Cinesi in Italia, commerci ....dubbi (Giuseppe Rossi)



Il cambio di mercato porterebbe la moneta cinese a una situazione più reale e la Cina sarebbe costretta a confrontarsi con il resto del mondo in modo adeguato.
L’Occidente è diviso e lascia che questa anomalia prosegua, ma la Cina ha un’economia drogata, in conseguenza le sue merci, se uscissero da un Paese con il cambio reale di mercato, costerebbero molto di più.

18/5 Cinesi donne e ragazzini usati nelle fabbriche (Luigi Rossi)



Così le merci cinesi costano pochissimo pure e spesso soprattutto per il cambio falsato, che è uno sprono innaturale dell’economia asiatica.

Inoltre esiste un altro problema che spesso non viene presentato con chiarezza per la questione Cina: il sistema cinese è ancora misto, parzialmente di mercato, ma pure vincolato per il cambio che è ancora fisso e posto a ribasso.

18/5 Cinesi negozi e bottegai (Michele Belotti)



Sono schiavi del 3° Millennio e a un certo tipo di “capitalisti” questo pare il massimo, questi servi senza speranza producono a costi sempre più bassi.
Il modello di sviluppo che ne esce è di una categoria di lavoratori trattati come schiavi, anzi maltrattati, pagati pochissimo e tutt’uno con le macchine per la produzione: 12, 14 ore al giorno, con ritmi assurdi e per 365 giorni lavorativi è spesso la condizione di vita di questi dipendenti “ideali”.

18/5 Cinesi ricchi e signori del futuro (Barbara Valota)



Il fatto grave è che la Cina, pseudo comunista oggi è utilizzata da un capitalismo becero e miope: è la patria degli investimenti ad alta resa, con un rischio sia pure elevato, ma con un guadagno enorme.
Ora in questo impero qualcosa non funziona: è stato presentato come modello vincente, ma non lo è.
Infatti potrebbero scoppiare rivolte, basterebbe che la crescita economica rallentasse per far nascere movimenti popolari violenti, che in Cina sono sempre esistiti.