In
Gran Bretagna è giunta l’ora della repressione e sotto accusa non
sono solo i violenti, i teppisti, i saccheggiatori, ma anche i social
network, che sono serviti a indirizzare, a organizzare la rivolta, se
così si può chiamare, dei giovani emarginati, disoccupati
britannici, ma di origine, in gran parte, extracomunitari.
Sono
figli della nuova Gran Bretagna, multietnica, sono spesso senza
lavoro e vivono, diciamo sopravvivono, con i sussidi e qualche
attività spesso illegale, come spaccio e piccoli reati, piccole
truffe e furti vari.
Non
sono i pericolosi islamici che tanto teme l’Occidente, anzi si può
dire che loro sono senza una religione, senza una cultura, senza
nulla che li possa aggregare, regolare, indirizzare: se avessero una
fede si sarebbero scagliati contro il potere costituito e non contro
le vetrine dei negozi, infrangendole per saccheggiare.
Forse
non hanno neppure vere motivazioni sociali, ingiustizie gravi subite,
tranne quella di essere emarginati, ma non è sempre colpa della
società inglese se sono ai margini.
Non
hanno studiato, non lavorano come i loro padri: sono solo dei
violenti senza identità, dei figli di nessuno, dal punto di vista
culturale.
Non
hanno specializzazioni e sono stati esclusi dal mondo produttivo
oppure ne fanno parte in modo marginale con guadagni bassissimi,
miseri.
Conoscono
internet e possiedono strumenti elettronici costosi, quindi non sono
neppure poverissimi: spesso bevono o usano sostanze stupefacenti e
così i pochi freni inibitori che possiedono si sciolgono sotto gli
effetti delle sostanze.


