5 mar 2010

21/2 1000 chiavi per riaprire l'Aquila (Arduino Rossi)

Gli aquilani sono tornati nella loro città, hanno superato le barricate e sono arrivati in piazza Palazzo, dove si trova il Comune, camminando tra le stradine del centro storico: i manifestanti hanno collocato le loro chiavi sulle transenne in segno di protesta.
Hanno chiesto: “Riprendiamoci la città, si riapra per quanto possibile il centro storico, si comincino i lavori di ricostruzione”.

Sono trascorsi 10 mesi dal terremoto del 6 aprile e le polemiche continuano: i proclami sono stati tanti, ma la vita di una città non può proseguire nelle casette prefabbricate.

Servono case vere e poi ogni città italiana ha un cuore, che si trova nel centro storico, caduto, distrutto quello, l'anima di quella città svanisce: la gente ha bisogno di percorrere quelle strade che percorse con i genitori, con i nonni anni prima e dove la memoria vuole riscopre angoli, particolari dopo decenni, magari quando si ritorna a casa per ritrovare il proprio passato.

Abitudini e tradizioni scorrono per generazioni, poi ci sono le attività commerciali che devono ritrovare la loro collocazione.

La gente dell'Aquila vuole tornare a casa e il timore è che non ci siano i soldi per la ricostruzione: Silvio Berlusconi aveva respinto aiuti perché noi “non siamo un Paese povero”.

Forse è vero, ma abbiamo il debito pubblico che sta sfiorando il 120% del Pil: una città da ricostruire costa molto, serve altro, non bastano le casette, belle e comode, da dare in attesa di un futuro che non vuole arrivare.

Qualche soldo in più dall'estero non avrebbe fatto schifo, ma ormai ci dobbiamo arrangiare da soli: le ricostruzioni le dovrà finanziare lo Stato, quindi i contribuenti ed allora ecco l'occasione per tagliare gli sprechi.

Non ci sono più sperperi?

Purtroppo sono tanti: da tempo si vuole ridurre il costo della politica, diminuendo deputati e senatori, poi eliminando le province, accorpando le relative funzioni amministrative ai comuni e alle regioni.

Ora serve una riforma profonda e coraggiosa, con relativi riequilibri amministrativi: i tempi sono lunghi, ma si spera non siano eterni.

In attesa che le poltrone diminuiscano sotto certi sederi spesso troppo voluminosi, bisogna trovare risorse anche per quei poveretti che rivogliono giustamente la loro città, senza che diventi una nuova Pompei per turisti un po' annoiati del futuro.

Dove trovare i denari allora?

Brunetta, l'amato e odiato ministro della Funzione Pubblica, aveva dato qualche consiglio, ma poi ha preferito passare alla proposta di concedere la “pensione” ai diciottenni, togliendola ai nonni e ai padri.

L'idea era: rendere privata, o privatistica, la gestione dell'amministrazione pubblica, che ci costa 300 miliardi di euro.

E' una cifra da capogiro che finisce in una montagna di cartacce, non sempre utili, spesso insensate, scritte da burocrati che si sentono bravi quando mettono i puntini sulle i, nella migliore delle ipotesi.

Molte volte la loro pignoleria ossessiva è solo fumo per celare concussione e corruzione, come poi risulta dalla denuncia della Corte dei Conti.

Sì, i soldi per la ricostruzione dell'Aquila si possono scovare, senza tassare i poveri cittadini innocenti: pure io voglio andare a bermi il caffè nel centro dell'Aquila al più presto, senza dover scalare montagne di macerie.

Ci sono le elezioni regionali: ricordiamolo ai nostri cari ed amati politici.