E' a una voce sola, spesso manca di fantasia, di analisi critica: si ripete tutti assieme la stessa filastrocca e gli stessi termini facili, facili e banali.
Ne escono tanti luoghi comuni, che sono peggio della censura del più duro regime assolutista.
Abbiamo un argomento o un fatto che viene trattato: il mostro di turno, colpevole o innocente che sia, appare il cattivo a cui l'opinione pubblica potrebbe rivedere il vicino solitario, l'emarginato, la persona troppo per bene per essere sincera.
Così si sbatte il mostro in prima pagina, che può essere l'uomo politico, il tizio che ha detto qualcosa, magari riportando solo un pezzetto della frase, stravolgendone il significato.
Così abbiamo il branco dei giornalisti che si accodano per dire, per criticare, per ripetere sempre le stesse cose: abbiamo avuto la Chiesa e i preti pedofili, con il seguito di discorsi ripresi per far scandalizzare il lettore medio.
Spesso è uno scandalizzarsi non per un moralismo classico, antico, ma per un nuovo perbenismo, che si basa sul relativismo morale, dove tutto è uguale: il bene e il male si confondono con i concetti di conveniente o sconveniente, vantaggioso o svantaggioso.