Sequestrate quattordici società e crediti I.V.A., eseguiti due arresti
Serbia, Ucraina, Bosnia, Croazia, Isole Marshall, Siria, Giordania e S.Marino sono i Paesi presso i quali venivano ubicate o controllate una fitta rete di società anche fantasma, che erano utilizzate per gestire una imponente evasione fiscale nel settore del commercio dei tessuti e dei capi di abbigliamento. Il sofisticato sistema di frode prevedeva l'utilizzo di quindici società nazionali ubicate tra Lombardia, Lazio, Friuli-Venezia Giulia che effettuavano fittizie operazioni infra-gruppo e poi numerose operazioni di false esportazioni queste ultime per un totale di 150 milioni di euro, movimentando tessuti e capi di abbigliamento al solo scopo di creare e monetizzare dei falsi crediti I.V.A., pari a trenta milioni di euro, in capo ad alcune aziende del sodalizio criminale. Altre società ubicate all'estero erano usate come paravento per dare copertura formale alle esportazioni.
Le complesse indagini, dirette dal Sost. Proc. dott.ssa Baldovin della Procura della Repubblica di Trieste, sono state condotte dal Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme Gialle e dal Servizio antifrode dell'Agenzia delle Dogane del capoluogo giuliano e hanno permesso di ricostruire ben 287 operazioni di false cessioni all'estero di beni dichiaratamente destinati in Ucraina, Serbia e Bosnia-Erzegovina, attraverso le dogane italiane di Fernetti e S. Sabba, Padova e quella slovena di Obrezje.
Due le principali modalità fraudolente utilizzate: la prima prevedeva l'utilizzo di documentazione tributaria non veritiera da presentare agli uffici doganali nazionali per ottenere il rilascio dei previsti atti per l'esportazione, la seconda la vera e propria creazione di false bollette doganali sulle quali venivano apposti timbri falsi degli uffici finanziari per giustificare solo cartolarmente l'uscita delle merce dal territorio comunitario. In alcuni casi la merce era rivenduta in nero in Italia in altri la transazione era completamente fasulla.
Il sistema illecito individuato si chiudeva con la fatturazione diretta a società costituite nelle isole Marshall, in Siria e in Giordania, solamente allo scopo di rendere difficile la reale ricostruzione delle operazioni e l'identificazione dei responsabili della frode.
Gli indagati si avvalevano anche dell'aiuto di un funzionario doganale infedele, E.R. di cinquantacinque anni, che lavorava presso la dogana di Fernetti e che aveva il compito di agevolare le procedure per l'uscita delle merci, pur in assenza dei mezzi di trasporto indicati nelle bollette doganali. Tale soggetto è stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, mentre è finito in carcere R.S. di 50 anni residente a Monfalcone (Ts) che gestiva una nota società di trasporto del capoluogo giuliano, adoperata per le simulate cessioni all'estero. E' attualmente ricercato un imprenditore mantovano, che per gli inquirenti è una delle principali menti dell'organizzazione in quanto amministratore di fatto di numerose società coinvolte.
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Le fittizie esportazioni permettevano alle società coinvolte di godere dei benefici riconosciuti agli "esportatori abituali", che possono effettuare acquisti sul territorio nazionale senza pagamento dell'I.V.A. oppure possono utilizzare tale credito in compensazione o chiederne il rimborso.
Ingegnosa l'architettura truffaldina scoperta, in quanto l'impiego di piu' strutture societarie nazionali per "coprire" le artificiose esportazioni era giustificato dalla necessità degli indagati di ridurre i rischi di eventuali visite doganali che potevano essere disposte a seguito di accertamenti automatizzati.
Le investigazioni, nel corso delle quali sono state eseguite intercettazioni telefoniche, attività rogatoriali all'estero, numerose perquisizioni nonché attività di pedinamento ed appostamento, hanno consentito di risalire pure ad una serie di falsi acquisti e vendite sul territorio nazionale, per altri 150 milioni di euro, effettuati tra le società del gruppo, che in alcuni casi avevano delle sedi fantasma anche nella città di Roma ed erano amministrate da soggetti interposti (cd. "teste di legno"), che venivano avvicendati di frequente. Lo scopo era quello di creare presso alcune aziende del sodalizio una posizione debitoria verso l'erario ai fini Iva e poi omettere i relativi versamenti.
Significativa anche la circostanza che nel corso dell'operazione di servizio gli investigatori hanno proceduto al sequestro preventivo, disposto dal G.I.P. dott. Patriarchi, di quattordici società italiane coinvolte e dei crediti I.V.A. ad esse spettanti per un valore complessivo di circa quindici milioni di euro.
Numerose le ipotesi penali contestate a carico dei quindici soggetti indagati, da quelle in materia di reati tributari quali l'omessa e l'infedele dichiarazione, al falso materiale e ideologico in atto pubblico, alla truffa aggravata ai danni dello Stato, all'uso abusivo di sigilli e strumenti veri.
L'importante operazione della Guardia di Finanza e dell'Agenzia, diretta dall'Autorità Giudiziaria, mira a tutelare i soggetti economici onesti che hanno operato e continuano a operare rispettando la legge anche in questo periodo economico particolarmente difficile, pervenendo all'individuazione di chi, al contrario, si pone fraudolentemente sul mercato in palesi condizioni di concorrenza sleale.