Il messaggio è chiaro: ci date gli aiuti di Stato o andiamo all'estero.
La fiat è sempre quella?
Posso dubitare, anzi affermare con certezza che nessuno lascia le fabbriche in funzione senza guadagnarci, sarebbe masochismo economico.
Il problema Fiat, nonostante le smentite ufficiali, è legato alla politica italiana, non con uno schieramento chiaro, ma composito.
La Fiat ha sempre avuto ottimi rapporti con il potere, qualsiasi esso fosse.
Non si è mai schierata apertamente, ma ha sempre avuto un appoggio esterno a qualsiasi governo: con Giolitti e con i governi filo intervento militare per la Prima Guerra Mondiale.
Fu pure con i fascisti e in quel periodo crearono la Balilla, la prima utilitaria, costruita per il ceto medio e non certo per gli operai.
Nel dopo guerra la balilla divenne la topolino, che si vedeva nelle strade ancora negli anni sessanta.
Poi si inventarono le vere utilitarie, 500 e 600, tutte auto costruite con gli aiuti pubblici e questi caddero sulla Fiat sino a quando l'Unione Europea impedì aiuti di Stato all'industria nazionale.
Intanto l'industria automobilistica torinese investì in mezzo mondo e divenne una multinazionale: la ricerca di manodopera a basso costo e più addomesticabile di quella italiana, ha spinto la grande industria di Torino a cercare mercati e risultati in tanti nuove realtà economiche.
Senza l'Italia sarebbe stato possibile?