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7 feb 2019

Il mondo è troppo popolato, servono politiche nuove - Arduino Rossi


Non è una questione di cibo sufficiente per tutti, se ne potrebbe produrre, con nuove tecniche, molto di più, ma l’ambiente di questo povero pianeta è stressato, il suo equilibrio è delicato e oggi è a rischio.
Il nostro futuro potrebbe non esistere, come specie umana, per noi potrebbe esserci la fine del mondo se non cambiamo atteggiamento: serve lo sviluppo sostenibile e il numero non dà potenza, ma solo fame e miseria.
Così rischiamo di trasformare il pianeta in un disastro, senza foreste e biodiversità, con cambiamenti climatici terribili, con sostanze tossiche in ogni luogo, con conflitti sempre più feroci e distruttivi, di massa.
Più gente arriva e peggio sarà per tutti, per lo squilibrio che si forma, per la fame e la miseria, per l’inquinamento, per i conflitti sociali, religiosi, nazionalistici che ci saranno.
La politica dello sviluppo deve contenere le nascite, dare sviluppo, sanità e soprattutto istruzione ai più poveri: chi viene al mondo deve avere la possibilità, dalla nascita, di avere un futuro e non finire dentro le discariche delle periferie delle megalopoli del Sud del Mondo.

8 set 2012

online Enterprise Star Trek Doodle- La serie classica


Enterprise vola ancora, nel mondo della fantasia di Google, ovvero un Doodle ci ricorda i 46 anni di una popolarissima e fortuna serie televisiva, Star Trek.
Lo spazio ci attende e forse non sarà così popolato di ogni tipo di essere fantastico, tanto simile a quelli dei nostri sogni e delle storie popolare, o epiche della terra.
Comunque il sogno dell'esplorazione dell'Universo, dentro e fuori dai canali spazio temporali, dei buchi neri, tra teorie della fisica come l'antimateria, non può che far sperare in un futuro.....radioso per l'umanità, oltre le stelle ovviamente.

10 set 2012

Fantasmi - IL VENTO








IL VENTO

Gli alberi erano scossi da quel soffio potente che in autunno calava dalle selve.
Le foglie erano spazzate e gli alberi denudati dal rosso, dall'ocra, dai colori tristi.
Si sapeva che dalle vetta innevata soffiava la tramontana, dove riposavano i morti, secondo i sacerdoti della nostra religione arcaica.
Loro non avevano più fame, né freddo e rimanevano a contemplare il cielo cristallino, le stelle e la notte gelida, illuminata dalla luna che si rifletteva sulle nevi perenni.
Noi portavamo i nostri defunti nelle grotte ai piedi del monte, lì aprivamo i sepolcri e calavamo i corpi dei nostri cari nelle voragini.
Sotto scorreva l'acqua perpetua e tutto era travolto, solo lo spirito saliva ai monti puri.
Nessuno aveva osato infrangere il mistero dei monti dei defunti:
nessuno aveva avuto il coraggio di rischiare la maledizione degli dei.
Io invece ero troppo curioso e incredulo: i morti erano per me partiti lontano e non c'era luogo dove potessero essere contenuti.
Così partii in quell'autunno gelido e andai contro il vento delle cime fino a oltrepassare le selve, salii lungo gli immensi prati fioriti, rossi, gialli, oltre gli arbusti spinosi e profumati.
Raggiunsi le rocce sterili, avvolte dal muschio e dalle macchie vegetali, simili a disegni di bambini.
Infine calpestai la neve ghiacciata che precede le cime.
Non vidi nessuno: gli spiriti non c'erano, nessun dio aveva fermato i demoni guardiani, che avevano per tanto tempo popolato i miei incubi non c'erano.
C'era solo il vento, forte e gelido, l'aria limpida e un immenso paesaggio dove si individuavano le capanne dei villaggi, i templi
di pietra sulle alture e sui passi, alti e sostenuti da molte colonne.
Oltre la nostra valle c'erano i nemici che ci minacciavano con le loro incursioni: bruciavano, uccidevano, rapivano fanciulli per renderli schiavi.
Io avevo proposto di attaccarli attraversando i monti innevati, ma i vecchi temevano l'ira delle divinità per un simile sacrilegio.
Sarei tornato e avrei infranto le pietre sacre, avrei raccolto i giovani e assieme saremmo calati sui nemici, annientandoli.
Avevo fame, avevo gli arti congelati, la febbre mi stava bruciando dentro, ma ero troppo felice: avevo sconfitto il tabù del vento e sarei diventato il nuovo capo.
Avrei fatto scacciare i sacerdoti, potente casta che defraudava la mia gente, avrei innalzato una nuova divinità, quella della bora soffiante, perché gli spiriti sicuramente erano sospinti dall'aria in tutto il mondo.
Non c'era luogo che potesse contenere le anime dei morti: loro aleggiavano sopra le nostre teste.
Io li sognavo e spesso mi avevano detto dove incontrarmi con loro: la selva era il luogo preferito da loro, proprio vicino alle grotte della sepoltura.
Scesi tra la mia gente, ma non fui creduto: i sacerdoti mi scacciarono fino alla selva e lì dovetti restare.
Così vissi di caccia, con le bacche selvatiche le radici a poco alla volta mi abituai al vento, alle processioni funebri che assistevo nascosto tra gli alberi.
I defunti ben presto si abituarono alla mia presenza da vivo e con loro rimanevo a chiacchierare nelle notti di luna piena.
Si parlava delle tribù, del mio isolamento, da sacrilego maledetto, del soffio che portava con sé le nubi o conduceva la tempesta oltre l'orizzonte.
Restando con loro potei vedere il passato e il futuro chiaramente: la mia tribù sarebbe stata sconfitta e tutti sarebbero divenuti servi.
Il nome della mia stirpe sarebbe svanito nel tempo e le nostre donne avrebbero partorito solo schiavi o i figli dei loro padroni.
Anche i nostri conquistatori sarebbero stati sconfitti, avrebbero subito la stessa sorte.
I vincitori sarebbero diventati schiavi e altre etnie avrebbero imposto il loro linguaggio, i loro idoli, per poi tutti cadere nella polvere.
Solo il vento avrebbe soffiato e avrebbe sparso il dolore dei defunti, i loro ricordi, i loro rimpianti, ma nessuno li avrebbe ascoltati, sino a quando anche la brezza si sarebbe stancata: tutto si sarebbe arrestato e un immenso silenzio sarebbe regnato.
Solo i pensieri dei defunti avrebbe continuato a esistere nelle spazio immenso, oltre il tempo, per un'eternità dolorosa quanto inutile.
Io possedevo la sapienza, o credevo di conoscere ogni cosa, e volli illuminare con la verità i miei stolti fratelli di sangue.
Mi presentai alla tribù e mi confusero con un fantasma: provocai
il terrore, ma quando si accorsero che ero in carne e ossa, non mi risparmiarono.
Ero il sacrilego, colui che aveva violato la terra degli spettri.
Ero un maledetto dannato: non riuscii a parlare, mi colpirono con asce, con bastoni, con pietre e mi mandarono nel vento con la mia verità, con la mia cura per i loro dolori perpetui, ma ormai era tutto vano, la tempesta con le sue voci sussurrati non è mai compresa.

racconto di Arduino Rossi 

29 apr 2016

Arte, Mostra Etto Margueret. Antologica, 1960-2016

Bureau de presse
Ufficio stampa
COMUNICATO STAMPA
Aosta, venerdì 29 aprile 2016
Mostra Etto Margueret. Antologica, 1960-2016
Aosta, Chiesa di San Lorenzo
Piazza Sant'Orso
8 maggio – 11 settembre 2016
Orario: da martedì a domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00
Chiuso il lunedì
Ingresso gratuito
L'Assessorato dell'istruzione e cultura della Regione autonoma Valle d'Aosta informa che sabato 7 maggio 2016, alle ore 18, sarà inaugurata, presso la Chiesa di San Lorenzo di Aosta, la mostra Etto Margueret. Antologica, 1960-2016, che riunisce oltre trenta opere dell'artista valdostano: la selezione è avvenuta a partire dai lavori datati agli anni Sessanta fino a includere opere realizzate quest'anno.
La mostra retrospettiva di Etto Margueret, curata da Daria Jorioz, è un viaggio nella pittura colorata di un autore conosciuto e apprezzato nella nostra regione, che ha popolato le sue tele con animali dalle tinte vivaci e realizzato ritratti allungati di personaggi famosi e non, che lui stesso ha definito la Tribù dei Visilunghi. Accanto alle sue famose mucche variopinte, non mancano in mostra i dipinti dedicati ai paesaggi alpini, alle montagne e laghi d'alta quota, tutti contraddistinti da una tavolozza personale e vivace, caratterizzata da un'atmosfera giocosa e fiabesca.
Sono particolarmente lieta – commenta l'Assessore Emily Rini – di presentare, nell'ambito del ricco programma espositivo estivo 2016 dell'Assessorato regionale, questa mostra personale di Etto Margueret, pittore valdostano dalle grandi doti artistiche, la cui visione della vita e del mondo trova nella pittura la sua autentica espressione. La mostra allestita alla Chiesa di San Lorenzo è un omaggio al lungo e straordinario percorso creativo di Etto, alla sua vitalità, alla sua arte esuberante e colorata, affascinante e originale. Il pubblico potrà ammirare le sue mucche variopinte, i suoi bellissimi paesaggi e i suoi inconfondibili ritratti della Tribù dei Visilunghi, opere che compongono un'esposizione antologica di sicura suggestione, che abbraccia oltre cinquant'anni.

Etto Margueret è nato a Saint-Rhemy-en-Bosses nel 1929. Nel 1947 emigra a Parigi, dove risiede per venticinque anni e si appassiona all'arte osservando i pittori di strada all'opera a Montmartre, Montparnasse e Place du Tertre. Conosce il pittore francese Alphonse Perron, a cui lo lega l'amicizia e un sodalizio artistico, e nel 1964 espone per la prima volta alcune opere alla Mairie de Montrouge. Nel 1972 ritorna in Valle d'Aosta e apre con la moglie il ristorante La Chaumière, a Signayes. Nei ritagli di tempo, disegna ritratti a carboncino per i clienti. Nel 1994 riprende a dipingere e risale a questo periodo l'ideazione dello stile ritrattistico della Tribù dei Visilunghi. La Désarpa del 2004 gli offre lo spunto per dedicarsi a un nuovo soggetto, la mucca, che Etto Margueret dipinge con un cromatismo sgargiante. Recentemente realizza paesaggi e animali dai colori densi e corposi stesi a spatola.

L'artista ha esposto le sue opere in varie mostre personali e in collettive in Italia e all'estero: Bologna, Milano, Sanremo, Piacenza, Montecarlo, Lugano.
L'esposizione Etto Margueret. Antologica, 1960-2016 è corredata da un catalogo bilingue italiano-francese, che contiene le riproduzioni di tutte le opere esposte, edito dalla Tipografia Duc, in vendita al prezzo di 15 euro.
La mostra, con ingresso gratuito, resterà aperta fino al prossimo 11 settembre 2016 con il seguente orario: dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00, chiuso il lunedì.
Per informazioni: Assessorato Istruzione e Cultura
Attività espositive: tel. 0165.274401
E-mail: u-mostre@regione.vda.it
Chiesa di San Lorenzo: tel. 0165.238127  www.regione.vda.it
Fonte: Assessorato dell'Istruzione e Cultura – Ufficio stampa Regione Autonoma Valle d'Aosta
Ufficio stampa