La trans brasiliana Paloma ha affermato di aver ricevuto 10, 12 e anche 17 mila euro da Piero Marrazzo: questa notizia bomba è stata detta al Tg5.
Paloma aggiunge alla sua dichiarazione: “Quando ho conosciuto Marrazzo non sapevo chi fosse la prima volta che mi ha fermato in macchina dove adesso io lavoro mi ha dato 10mila euro”'.
Sempre secondo Paloma, Marrazzo gli diceva: “Non ti preoccupare, faremo una bella seratina, ti faccio un bel regalo”.
Così l'uomo che si fece un nome con “Mi Manda Rai Tre”, che si vantava di essere un uomo nemico degli imbrogli e degli imbroglioni si dilettava con somme enormi per i miseri mortali, per seratine allegre e particolari.
Pensare che c 'è gente che si guadagnano il pane con fatica: 17mila euro li vede in un ano di lavoro, se va tutto bene e con un po' di straordinari.
POLITICA, CULTURA, CRONACA, ARTE, RELIGIONE, SCIENZA, PENSIERO LIBERO. Quasi Giornale online. scritto a più mani da una redazione coraggiosa, da dei volontari. Responsabile Arduino Rossi-
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3 apr 2010
02/4 La mamma del piccolo ucciso a Genova è libera (Maria Valota)
La mamma del piccolo Alessandro Katerina Mathas è stata liberata, ma resta indagata ancora.
Lei torna alla sua casa di Nervi e appena fuori dalla prigione ha detto: “Ho trascorso 16 giorni in carcere, torno a casa ma Ale non c'è più”.
Il Tribunale di Genova la considera imputata con il compagno di omicidio volontario, ma gli indizi pesano ormai sul compagno.
Ora il piccolo Alessandro di 8 mesi non c'è più e forse qualcuno inizierà a considerare con un altro pensiero la droga, la cocaina.
Lei torna alla sua casa di Nervi e appena fuori dalla prigione ha detto: “Ho trascorso 16 giorni in carcere, torno a casa ma Ale non c'è più”.
Il Tribunale di Genova la considera imputata con il compagno di omicidio volontario, ma gli indizi pesano ormai sul compagno.
Ora il piccolo Alessandro di 8 mesi non c'è più e forse qualcuno inizierà a considerare con un altro pensiero la droga, la cocaina.
02/4 I nuovi casi di pedofilia tra i preti (Angelo Ruben)
I “padroni del vapore” che soffiano le trombe del giudizio contro tutti i preti, ricordandosi che sono solo il 2% i sacerdoti pedofili.
Benedetto XVI è chiamato pure in causo da avvocati da strapazzo di oltre oceano, i mediocri pennivendoli, raccomandati dal solito lecca piedi dell'editore, proseguono la loro campagna.
I min..... aprono la bocca e urlano alo scandalo, poi vano a puttane con le 15enni slave, infine abbiamo i laici che si danno alla politica, perché non sanno fare altro, che ci fanno la morale.
In fine c'è il solito comico che fa il rivoluzionario, con ragazzini approfittatori che gli fanno il coro.
Ma andate tutti a …....dove volete!
Mi scordavo, buona Pasqua a tutti....
Benedetto XVI è chiamato pure in causo da avvocati da strapazzo di oltre oceano, i mediocri pennivendoli, raccomandati dal solito lecca piedi dell'editore, proseguono la loro campagna.
I min..... aprono la bocca e urlano alo scandalo, poi vano a puttane con le 15enni slave, infine abbiamo i laici che si danno alla politica, perché non sanno fare altro, che ci fanno la morale.
In fine c'è il solito comico che fa il rivoluzionario, con ragazzini approfittatori che gli fanno il coro.
Ma andate tutti a …....dove volete!
Mi scordavo, buona Pasqua a tutti....
02/4 Preti Pedofili e lo stillicidio delle notizie non controllate (Arduino Rossi)
Stampa Usa non demorde: il papa tedesco proprio non piace e le notizie che escono sono di dubbia affidabilità, ma pare che abbiano spazio sulla stampa mondiale.
Da qui ci si chiede.
Chi possiede il controllo dell'informazione odia il papa e la Chiesa Cattolica sicuramente.
Perché?
Probabilmente la logica è quella degli interessi.
I nostri cari pennivendoli cosa dicono?
Da qui ci si chiede.
Chi possiede il controllo dell'informazione odia il papa e la Chiesa Cattolica sicuramente.
Perché?
Probabilmente la logica è quella degli interessi.
I nostri cari pennivendoli cosa dicono?
02/4 Incidente mortale alla centrale dell'Enel (Margherita Longhi)
Nella centrale Enel a carbone di ''Torre Valdaliga Nord'' , a Civitavecchia, è morto un operaio e altri 3 sono rimasti intossicati per la fuga di ammoniaca: le emissioni del monossido di azoto hanno investito i 4 operai.
Solo uno sfortunato è deceduto, mentre gli altri 3 non sono in gravi condizioni.
La polemica è sorta perché negli ultimi tempi gli incidenti nelle centrali dell'Enel sono aumentate e si teme un abbassamento del livello di sicurezza, che comporta un aumento dei rischi dei lavoratori.
Solo uno sfortunato è deceduto, mentre gli altri 3 non sono in gravi condizioni.
La polemica è sorta perché negli ultimi tempi gli incidenti nelle centrali dell'Enel sono aumentate e si teme un abbassamento del livello di sicurezza, che comporta un aumento dei rischi dei lavoratori.
02/4 Racconto di Arduino Rossi
LO SCRITTORE - racconto di Arduino Rossi, tratto dal libro Gli Statali, breve storia ironica sul mondo degli Statali, del Pubblico Impiego
Del mio primo giorno di lavoro all'E.S.B.Z.A., ENTE di SOCCORSO e
di BONIFICA delle ZONE ALLUVIONATE, ricordo, come fosse oggi,
l'espressione bonaria del Ragioniere Morandi nello spiegarmi
l'attività dell'ufficio: -E' stato istituto nel 1883, per effetto
del Regio Decreto n.1318, per regolamentare i soccorsi e le
sovvenzioni governative!-
La sua pacata formalità nascondeva un certo disappunto e io
interpretai il suo pensiero: -E chi me l'ha mandato questo! Non
conosce neppure la funzione dell'Ente!-
Imparai presto dal Ragioniere le principali regole del quieto
vivere e del buon impiegato: -La prima cosa che esige il
Direttore, Dottor Cattaneo, è la puntualità! Poi, un consiglio
che ti do in confidenza, non sopporta le chiacchiere,
specialmente nei corridoi. Il nostro è un ufficio aperto al
pubblico e bisogna mantenere un certo contegno!-
Egli mi allettò subito con previsioni di carriera, convinto che
soltanto chi lavora ed è abile può migliorare.
In quello aveva perfettamente ragione, perché solo i non
raccomandati faticavano per la carriera, gli altri iniziavano con
già il massimo livello possibile per le loro capacità e per i
loro meriti.
Io, Rodari Angelo, di "Santi in Paradiso" non ne avevo ed ero
stato assunto per un colpo di fortuna.
Non dovevo favori a nessuno e ne ero orgoglioso, ma tra i
colleghi nessuno mi stimava: per loro, una persona più aveva un
potente protettore e più era importante.
Del loro vanto per posizioni non meritate non mi curavo e inoltre
quel tipo di carriera non mi interessava, forse perché ero troppo
presuntuoso e poco pratico.
Non ridevo alle insulse barzellette del Direttore, non lo
ossequiavo servizievole: venni addetto all'archivio.
Per i miei colleghi era l'ultimo dei lavori, perché uno si
sporcava le mani di polvere.
Io ero in realtà felice di questa incombenza, che impegnava tutta
la mia abilità coordinativa e perfezionava il mio scarso senso
dell'ordine.
Secondo gli psicologi, quasi tutto ciò che ci capita è voluto
inconsciamente da noi: tutti i casi della vita hanno le loro
motivazioni.
Io non ho mai creduto a una cattiva coscienza che causi tutti i
nostri guai, ma se questo fosse vero un complesso di colpa è
sicuramente il responsabile del mio interesse per gli archivi:
soffro infatti di una brutta allergia alla polvere.
Possiedo un'anima da topo di biblioteca.
Con le mani irritate dalla polvere, accumulata in anni sugli
scaffali, rovistavo in cerca di documenti e di mappe di valore
storico.
Sfortunatamente l'Ente pro-alluvionati non ha nulla di
interessante: abbiamo parecchio vecchiume, però gli odierni
incartamenti sono compilati nel rispetto scrupoloso dello stesso
stile fin dalla fondazione e solo le date differenziano l'antico
dal moderno.
Silvia, la collega della stanza accanto, mi aveva richiesto
questi vecchi fogli: -Basta cambiare la data e risparmiamo ore di
lavoro!-
Io rifiutai seccato e risposi che era vergognoso presentare una
pratica ufficiale del 1889 e mutarla in una del 1989, aggiungendo
alle cifre qualche zero per l'inflazione.
A sopraintendere il mio lavoro c'era il Geometra De Giovanni,
gran chiacchierone e uomo dalla figura mastodontica, una vera
rovina per lo sprovveduto che lo invitava al ristorante.
All'inizio lo temevo, mi fermava per i corridoi e mi avvisava
preoccupato: -E' arrivato qualcosa che la riguarda! Venga nel mio
ufficio che ne parliamo!-
Io andavo spaventato: non si sa mai cosa può capitare in un Ente
Pubblico, un errore può finire come nulla in un provvedimento
disciplinare.
Nello studio di De Giovanni il caos toccava il culmine: da lui
non si ritrovava mai nulla di quanto occorresse.
La scrivania era coperta di pratiche e di riviste, alcune erano
di genere pornografico: all'arrivo di qualcuno, egli si
affrettava a nasconderle.
Con mio stupore le carte che mi riguardavano le rinveniva quasi
subito e con esse ricomparivano parti di importanti procedimenti,
accantonati perché incompleti.
-Guarda dove erano finiti! Si cerca, si cerca e li abbiamo sotto
il naso! Ora parliamo della sua questione!-
Una qualsiasi sciocchezza era trasformata dal Geometra, Direttore
Aggiunto, in un assillante problema: -Capisce! Bisogna rispondere
con la massima urgenza a Roma!-
Col tempo imparai a considerare la Direzione Generale di Roma
simile ad un drago cinese: insaziabile mostro, divoratore di
enormi quantità di verbali, avvisi e solleciti.
Una brutta mattina entrai in ufficio, puntuale come al solito e
percepii immediatamente un atteggiamento di ostilità contro di
me, da parte dei miei colleghi.
La mia presenza li fece zittire e un'aria da tempesta aleggiò
sopra la mia testa.
Qualcuno, al quale ero antipatico, mi salutò per la prima volta
con ironia.
Silvia mi chiamò: -Il Dottor Cattaneo ti vuole immediatamente nel
suo studio!-
Le mie gambe tremavano, sudavo senza essere accaldato e brividi
febbrili mi attraversarono la schiena.
Ella mi pose una mano sulla spalla e mi costrinse a guardarla
negli occhi: -Ma Bravo, da te ci si può aspettare di tutto!-
Fu l'ultima botta, ora qualsiasi cattiva notizia non avrebbe
causato un effetto peggiore.
Io amavo Silvia, con quella esasperata passione che allora
caratterizzava ogni mio interesse.
Il mio sentimento si infrangeva contro incomprensioni e si
disperdeva in goffi tentativi di corteggiamento.
Io ero più morto che vivo e il Direttore mi fece sedere,
sospirando alcune volte rammaricato, poi spiegò la questione: -Da
Roma è pervenuta una grave nota disciplinare nei suoi confronti!-
In sostanza una ditta aveva ricevuto il 10% in più del dovuto,
perché non era stata valutata la sottrazione fiscale dell'ultimo
Decreto Legge.
Io ero solo l'esecutore, le precisazioni sul caso le avevo
chieste direttamente al Direttore.
Ora mi consideravano l'unico responsabile, con il sospetto
avallato dalla Commissione Disciplinare di "interesse privata in
atti d'ufficio".
Il Dottor Cattaneo mi sorrise e mi accompagnò alla porta: -Vedrai
che si aggiusterà in bene!-
Invece la vicenda prese subito la piega sbagliata e i miei
colleghi non persero tempo a chiudermi in un cerchio di
disprezzo, senza avere dubbi.
Il loro silenzio mi accusava più di qualsiasi biasimo: parlavo
già con poche persone, essendo un po' misantropo e così ne
soffrii poco.
Silvia replicò alle mie lamentele: -Ognuno ha quello che si
merita! In fondo l'hai voluto tu. Sapevi che qui fanno cadere
sugli altri le proprie responsabilità e tu hai lasciato che ti
mettessero in trappola!-
Ella era l'unica che riconosceva la mia innocenza e mi
rinfacciava di essere un ingenuo.
Ero esasperato, volevo chiudere con le "cartacce" e con gli
apatici miei colleghi.
Non avevo prospettive, ma l'idea di avere un avvenire incerto
tanto mi spaventava quanto mi esaltava: l'ufficio era stato la
tomba dei miei sogni di viaggi in paesi lontani e affascinanti.
Ora tutto nella mia mente era tornato possibile: avventure e
anche disgrazie mi sarebbero capitate nel futuro, ma non un
destino da impiegatuccio.
Ero appena rinato e stavo immaginando viaggi in India, percependo
già i suoi "profumi", quando ricevetti un telegramma da parte
della casa editrice "Alfiere Nero".
Inseguendo i miei sogni di successo, nei quali non credevo molto,
le avevo spedito, poi dimenticandolo, un mio racconto ed essa mi
invitava a un colloquio nella propria sede.
La fantasia era diventata realtà, un nuovo mondo colorato si
spalancava davanti a me.
Con la gioia che mi scoppiava dentro non rimasi in casa, avevo
bisogno di uscire e parlare da solo ad alta voce, come un pazzo:
-Hai visto Angelo! Sei riuscito nei tuoi intenti! Cinque anni di
ufficio sono finalmente conclusi, basta con l'obbedienza e con la
paura nei capi!-
La gente mi guardava allibita, ma nella mia esuberanza nulla mi
importava.
Telefonai a Silvia: -Ciao! Fra tante brutte notizie finalmente
una buona! Vedrai che riuscirò a fare strada!-
Lei smorzò ogni mio entusiasmo, poi non si limitò alle solite parole
di disappunto: -Io no ho mai dubitato delle tue capacità: ora rimani
calmo e non crederti un genio! Non fantasticare! Se funzionerà
sarà meglio per te!-
La sua freddezza mi riportava sempre in un angusto realismo.
Ormai ero già un po' deluso: telefonai ugualmente al capo
redattore di "Alfiere Nero".
-D'accordo! Giovedì alle 16, sarò puntuale!-
Sul treno il mio piccolo sogno si dissolveva, a mano a mano che
mi avvicinavo.
Il puzzo della periferia industriale mi preannunciava quel
panorama privo di brio dei grandi edifici di pochi anni e già
coperti di fuliggine, delle insegne pubblicitarie, delle lunghe
recenti fabbriche e di vecchie fonderie abbandonate.
Nessuno è totalmente padrone dei suoi pensieri e quell'amaro
sapore che ha la realtà divenne sostanza nelle mia mente.
Attraversai questa maledetta Milano nel suo caos, che lascia
spesso allibito un povero provinciale come me. Scoprii il suo
aspetto peggiore, con il suo flusso intenso di vita e negli
angoli della metropolitana l'odore, lo sporco, tra giovani arabi
e zingari mendicanti.
Quando fui presentato al capo redattore non mi attendevo nulla di
straordinario: -Si accomodi! Dunque lei è?.....-
-Rodari, Rodari Angelo, quello del....-
-AH! Certo! No, non tema, non l'avevo scordato! Il suo lavoro è
ottimo, con qualche modifica sarà perfetto!-
Egli mi riconsegnò il mio racconto con l'obbligo di un quasi
completo rifacimento e forse, più avanti, lo avrebbe preso in
considerazione.
Il Dottor Cattaneo, la mattina del giorno successivo, mi chiamò
sorridente nel suo ufficio.
-Bene Rodari! Lei può star tranquillo! Finalmente è stata
appurata la sua completa estraneità, d'altra parte qui nessuno ne
dubitava!-
Mi accompagnò sino alla porta dell'archivio, battendomi piano la
mano sulla spalla: -Hai visto! Chi lavora onestamente alla fine
non ha problemi!-
Io tentai di sorridergli, ma feci una triste smorfia.
Lo abbandonai senza dire una parola e ripresi il mio lavoro:
lettere da scrivere a macchina, carte da riordinare e verbali da
completare.
Io avevo vissuto sino ad allora nella luce della fantasia e
credevo che nessun burosauro mi avrebbe sconfitto.
Quello che era avvenuto in quella settimana era concluso e io
riprendevo la mia solita attività, ma dentro di me si era
frantumato qualcosa: non ero più invincibile.
Mi potevo scacciare ingiustamente dal mio lavoro e gettare nella
periferia, tra i rottami e nel fumo delle ciminiere.
I miei viaggi, mille volte invano progettati, si erano dissolti
nel nulla.
-Ciao Silvia! Hai visto che tutto si è risolto!-
-Sono contenta per te!-
Quella sua indifferenza, che usava solo con me, mi raggelò, la
verità dei suoi sentimenti nei miei confronti mi fu chiara: ella
non provava nulla per me.
Fughe, amore e velleità letterarie erano apparse davanti ai miei
occhi: parevano solide, ma erano svanite al primo impatto.
Abbandonai le mie speranze e vissi alla giornata.
Da allora fui bene accetto ai miei colleghi e i loro interessi
furono i miei.
Oggi attendo la domenica per la partita dalla mia squadra,
discuto con loro di belle donne, di motori, di gran premi
automobilistici e non desidero nient'altro.
RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore
– Narrativa
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm
Del mio primo giorno di lavoro all'E.S.B.Z.A., ENTE di SOCCORSO e
di BONIFICA delle ZONE ALLUVIONATE, ricordo, come fosse oggi,
l'espressione bonaria del Ragioniere Morandi nello spiegarmi
l'attività dell'ufficio: -E' stato istituto nel 1883, per effetto
del Regio Decreto n.1318, per regolamentare i soccorsi e le
sovvenzioni governative!-
La sua pacata formalità nascondeva un certo disappunto e io
interpretai il suo pensiero: -E chi me l'ha mandato questo! Non
conosce neppure la funzione dell'Ente!-
Imparai presto dal Ragioniere le principali regole del quieto
vivere e del buon impiegato: -La prima cosa che esige il
Direttore, Dottor Cattaneo, è la puntualità! Poi, un consiglio
che ti do in confidenza, non sopporta le chiacchiere,
specialmente nei corridoi. Il nostro è un ufficio aperto al
pubblico e bisogna mantenere un certo contegno!-
Egli mi allettò subito con previsioni di carriera, convinto che
soltanto chi lavora ed è abile può migliorare.
In quello aveva perfettamente ragione, perché solo i non
raccomandati faticavano per la carriera, gli altri iniziavano con
già il massimo livello possibile per le loro capacità e per i
loro meriti.
Io, Rodari Angelo, di "Santi in Paradiso" non ne avevo ed ero
stato assunto per un colpo di fortuna.
Non dovevo favori a nessuno e ne ero orgoglioso, ma tra i
colleghi nessuno mi stimava: per loro, una persona più aveva un
potente protettore e più era importante.
Del loro vanto per posizioni non meritate non mi curavo e inoltre
quel tipo di carriera non mi interessava, forse perché ero troppo
presuntuoso e poco pratico.
Non ridevo alle insulse barzellette del Direttore, non lo
ossequiavo servizievole: venni addetto all'archivio.
Per i miei colleghi era l'ultimo dei lavori, perché uno si
sporcava le mani di polvere.
Io ero in realtà felice di questa incombenza, che impegnava tutta
la mia abilità coordinativa e perfezionava il mio scarso senso
dell'ordine.
Secondo gli psicologi, quasi tutto ciò che ci capita è voluto
inconsciamente da noi: tutti i casi della vita hanno le loro
motivazioni.
Io non ho mai creduto a una cattiva coscienza che causi tutti i
nostri guai, ma se questo fosse vero un complesso di colpa è
sicuramente il responsabile del mio interesse per gli archivi:
soffro infatti di una brutta allergia alla polvere.
Possiedo un'anima da topo di biblioteca.
Con le mani irritate dalla polvere, accumulata in anni sugli
scaffali, rovistavo in cerca di documenti e di mappe di valore
storico.
Sfortunatamente l'Ente pro-alluvionati non ha nulla di
interessante: abbiamo parecchio vecchiume, però gli odierni
incartamenti sono compilati nel rispetto scrupoloso dello stesso
stile fin dalla fondazione e solo le date differenziano l'antico
dal moderno.
Silvia, la collega della stanza accanto, mi aveva richiesto
questi vecchi fogli: -Basta cambiare la data e risparmiamo ore di
lavoro!-
Io rifiutai seccato e risposi che era vergognoso presentare una
pratica ufficiale del 1889 e mutarla in una del 1989, aggiungendo
alle cifre qualche zero per l'inflazione.
A sopraintendere il mio lavoro c'era il Geometra De Giovanni,
gran chiacchierone e uomo dalla figura mastodontica, una vera
rovina per lo sprovveduto che lo invitava al ristorante.
All'inizio lo temevo, mi fermava per i corridoi e mi avvisava
preoccupato: -E' arrivato qualcosa che la riguarda! Venga nel mio
ufficio che ne parliamo!-
Io andavo spaventato: non si sa mai cosa può capitare in un Ente
Pubblico, un errore può finire come nulla in un provvedimento
disciplinare.
Nello studio di De Giovanni il caos toccava il culmine: da lui
non si ritrovava mai nulla di quanto occorresse.
La scrivania era coperta di pratiche e di riviste, alcune erano
di genere pornografico: all'arrivo di qualcuno, egli si
affrettava a nasconderle.
Con mio stupore le carte che mi riguardavano le rinveniva quasi
subito e con esse ricomparivano parti di importanti procedimenti,
accantonati perché incompleti.
-Guarda dove erano finiti! Si cerca, si cerca e li abbiamo sotto
il naso! Ora parliamo della sua questione!-
Una qualsiasi sciocchezza era trasformata dal Geometra, Direttore
Aggiunto, in un assillante problema: -Capisce! Bisogna rispondere
con la massima urgenza a Roma!-
Col tempo imparai a considerare la Direzione Generale di Roma
simile ad un drago cinese: insaziabile mostro, divoratore di
enormi quantità di verbali, avvisi e solleciti.
Una brutta mattina entrai in ufficio, puntuale come al solito e
percepii immediatamente un atteggiamento di ostilità contro di
me, da parte dei miei colleghi.
La mia presenza li fece zittire e un'aria da tempesta aleggiò
sopra la mia testa.
Qualcuno, al quale ero antipatico, mi salutò per la prima volta
con ironia.
Silvia mi chiamò: -Il Dottor Cattaneo ti vuole immediatamente nel
suo studio!-
Le mie gambe tremavano, sudavo senza essere accaldato e brividi
febbrili mi attraversarono la schiena.
Ella mi pose una mano sulla spalla e mi costrinse a guardarla
negli occhi: -Ma Bravo, da te ci si può aspettare di tutto!-
Fu l'ultima botta, ora qualsiasi cattiva notizia non avrebbe
causato un effetto peggiore.
Io amavo Silvia, con quella esasperata passione che allora
caratterizzava ogni mio interesse.
Il mio sentimento si infrangeva contro incomprensioni e si
disperdeva in goffi tentativi di corteggiamento.
Io ero più morto che vivo e il Direttore mi fece sedere,
sospirando alcune volte rammaricato, poi spiegò la questione: -Da
Roma è pervenuta una grave nota disciplinare nei suoi confronti!-
In sostanza una ditta aveva ricevuto il 10% in più del dovuto,
perché non era stata valutata la sottrazione fiscale dell'ultimo
Decreto Legge.
Io ero solo l'esecutore, le precisazioni sul caso le avevo
chieste direttamente al Direttore.
Ora mi consideravano l'unico responsabile, con il sospetto
avallato dalla Commissione Disciplinare di "interesse privata in
atti d'ufficio".
Il Dottor Cattaneo mi sorrise e mi accompagnò alla porta: -Vedrai
che si aggiusterà in bene!-
Invece la vicenda prese subito la piega sbagliata e i miei
colleghi non persero tempo a chiudermi in un cerchio di
disprezzo, senza avere dubbi.
Il loro silenzio mi accusava più di qualsiasi biasimo: parlavo
già con poche persone, essendo un po' misantropo e così ne
soffrii poco.
Silvia replicò alle mie lamentele: -Ognuno ha quello che si
merita! In fondo l'hai voluto tu. Sapevi che qui fanno cadere
sugli altri le proprie responsabilità e tu hai lasciato che ti
mettessero in trappola!-
Ella era l'unica che riconosceva la mia innocenza e mi
rinfacciava di essere un ingenuo.
Ero esasperato, volevo chiudere con le "cartacce" e con gli
apatici miei colleghi.
Non avevo prospettive, ma l'idea di avere un avvenire incerto
tanto mi spaventava quanto mi esaltava: l'ufficio era stato la
tomba dei miei sogni di viaggi in paesi lontani e affascinanti.
Ora tutto nella mia mente era tornato possibile: avventure e
anche disgrazie mi sarebbero capitate nel futuro, ma non un
destino da impiegatuccio.
Ero appena rinato e stavo immaginando viaggi in India, percependo
già i suoi "profumi", quando ricevetti un telegramma da parte
della casa editrice "Alfiere Nero".
Inseguendo i miei sogni di successo, nei quali non credevo molto,
le avevo spedito, poi dimenticandolo, un mio racconto ed essa mi
invitava a un colloquio nella propria sede.
La fantasia era diventata realtà, un nuovo mondo colorato si
spalancava davanti a me.
Con la gioia che mi scoppiava dentro non rimasi in casa, avevo
bisogno di uscire e parlare da solo ad alta voce, come un pazzo:
-Hai visto Angelo! Sei riuscito nei tuoi intenti! Cinque anni di
ufficio sono finalmente conclusi, basta con l'obbedienza e con la
paura nei capi!-
La gente mi guardava allibita, ma nella mia esuberanza nulla mi
importava.
Telefonai a Silvia: -Ciao! Fra tante brutte notizie finalmente
una buona! Vedrai che riuscirò a fare strada!-
Lei smorzò ogni mio entusiasmo, poi non si limitò alle solite parole
di disappunto: -Io no ho mai dubitato delle tue capacità: ora rimani
calmo e non crederti un genio! Non fantasticare! Se funzionerà
sarà meglio per te!-
La sua freddezza mi riportava sempre in un angusto realismo.
Ormai ero già un po' deluso: telefonai ugualmente al capo
redattore di "Alfiere Nero".
-D'accordo! Giovedì alle 16, sarò puntuale!-
Sul treno il mio piccolo sogno si dissolveva, a mano a mano che
mi avvicinavo.
Il puzzo della periferia industriale mi preannunciava quel
panorama privo di brio dei grandi edifici di pochi anni e già
coperti di fuliggine, delle insegne pubblicitarie, delle lunghe
recenti fabbriche e di vecchie fonderie abbandonate.
Nessuno è totalmente padrone dei suoi pensieri e quell'amaro
sapore che ha la realtà divenne sostanza nelle mia mente.
Attraversai questa maledetta Milano nel suo caos, che lascia
spesso allibito un povero provinciale come me. Scoprii il suo
aspetto peggiore, con il suo flusso intenso di vita e negli
angoli della metropolitana l'odore, lo sporco, tra giovani arabi
e zingari mendicanti.
Quando fui presentato al capo redattore non mi attendevo nulla di
straordinario: -Si accomodi! Dunque lei è?.....-
-Rodari, Rodari Angelo, quello del....-
-AH! Certo! No, non tema, non l'avevo scordato! Il suo lavoro è
ottimo, con qualche modifica sarà perfetto!-
Egli mi riconsegnò il mio racconto con l'obbligo di un quasi
completo rifacimento e forse, più avanti, lo avrebbe preso in
considerazione.
Il Dottor Cattaneo, la mattina del giorno successivo, mi chiamò
sorridente nel suo ufficio.
-Bene Rodari! Lei può star tranquillo! Finalmente è stata
appurata la sua completa estraneità, d'altra parte qui nessuno ne
dubitava!-
Mi accompagnò sino alla porta dell'archivio, battendomi piano la
mano sulla spalla: -Hai visto! Chi lavora onestamente alla fine
non ha problemi!-
Io tentai di sorridergli, ma feci una triste smorfia.
Lo abbandonai senza dire una parola e ripresi il mio lavoro:
lettere da scrivere a macchina, carte da riordinare e verbali da
completare.
Io avevo vissuto sino ad allora nella luce della fantasia e
credevo che nessun burosauro mi avrebbe sconfitto.
Quello che era avvenuto in quella settimana era concluso e io
riprendevo la mia solita attività, ma dentro di me si era
frantumato qualcosa: non ero più invincibile.
Mi potevo scacciare ingiustamente dal mio lavoro e gettare nella
periferia, tra i rottami e nel fumo delle ciminiere.
I miei viaggi, mille volte invano progettati, si erano dissolti
nel nulla.
-Ciao Silvia! Hai visto che tutto si è risolto!-
-Sono contenta per te!-
Quella sua indifferenza, che usava solo con me, mi raggelò, la
verità dei suoi sentimenti nei miei confronti mi fu chiara: ella
non provava nulla per me.
Fughe, amore e velleità letterarie erano apparse davanti ai miei
occhi: parevano solide, ma erano svanite al primo impatto.
Abbandonai le mie speranze e vissi alla giornata.
Da allora fui bene accetto ai miei colleghi e i loro interessi
furono i miei.
Oggi attendo la domenica per la partita dalla mia squadra,
discuto con loro di belle donne, di motori, di gran premi
automobilistici e non desidero nient'altro.
RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore
– Narrativa
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm
02/4 Il sole della ragazza del lago di Como (Paolo Rossi)
Sulla spalla destra ha un sole tatuato, ha circa 30anni ed è probabilmente dell'Est Europa, ma di Lei non si sa altro: “la ragazza del lago”, così chiamata perché ripescata nel lago di Como, vicino alla Villa Oleandra, la villa di George Clooney a Laglio.
I carabinieri cercano indizi e valutano le fotografie delle rafazze scomparse, ma per ora il mistero della ragazza buttata in acqua dopo essere stata sgozzata resta un mistero.
I carabinieri cercano indizi e valutano le fotografie delle rafazze scomparse, ma per ora il mistero della ragazza buttata in acqua dopo essere stata sgozzata resta un mistero.
02/4 CLASSIFICA SERIE A (Gustavo Longhi)
Sport, calcio classifica e risultati della 32° giornata del campionato
CLASSIFICA SERIE A
Inter 66
Roma 65
Milan 62
Palermo 52
Sampdoria 51
Napoli 49
Juventus 48
Fiorentina 47
Genoa 45
Bari 43
Parma 42
Cagliari 40
Chievo 38
Bologna 35
Catania 35
Lazio 33
Udinese 32
Atalanta 31
Siena 26
Livorno 26
Classifica Marcatori
21 Di Natale (Udinese)
18 Milito (Inter)
15 Gilardino (Fiorentina)
13 Miccoli (Palermo)
Pazzini (Sampdoria)
12 Barreto (Bari)
Matri (Cagliari)
Pato (Milan)
11 Maccarone (Siena)
Hamsik (Napoli)
10 Adailton (Bologna)
Eto'o (Inter)
Cavani (Palermo)
Totti (Roma)
CLASSIFICA SERIE A
Inter 66
Roma 65
Milan 62
Palermo 52
Sampdoria 51
Napoli 49
Juventus 48
Fiorentina 47
Genoa 45
Bari 43
Parma 42
Cagliari 40
Chievo 38
Bologna 35
Catania 35
Lazio 33
Udinese 32
Atalanta 31
Siena 26
Livorno 26
Classifica Marcatori
21 Di Natale (Udinese)
18 Milito (Inter)
15 Gilardino (Fiorentina)
13 Miccoli (Palermo)
Pazzini (Sampdoria)
12 Barreto (Bari)
Matri (Cagliari)
Pato (Milan)
11 Maccarone (Siena)
Hamsik (Napoli)
10 Adailton (Bologna)
Eto'o (Inter)
Cavani (Palermo)
Totti (Roma)
02/4 CLASSIFICA PROVVISORIA SERIE B (Gustavo Longhi)
CLASSIFICA PROVVISORIA SERIE B
Campionato di Calcio italiano
venerdì 2 aprile 20101
Lecce 59
Sassuolo 54
Torino 53
Cesena 52
Brescia 52
Grosseto 50
Ancona 49
Cittadella 48
Empoli 45
Ascoli 44
Albinoleffe 44
Crotone 44
Piacenza 44
Modena 43
Triestina 42
Vicenza 40
Frosinone 40
Reggina 39
Padova 38
Mantova 37
Gallipoli 37
Salernitana 16
Campionato di Calcio italiano
venerdì 2 aprile 20101
Lecce 59
Sassuolo 54
Torino 53
Cesena 52
Brescia 52
Grosseto 50
Ancona 49
Cittadella 48
Empoli 45
Ascoli 44
Albinoleffe 44
Crotone 44
Piacenza 44
Modena 43
Triestina 42
Vicenza 40
Frosinone 40
Reggina 39
Padova 38
Mantova 37
Gallipoli 37
Salernitana 16
02/4 IL PRECISINO (Arduino Rossi)
IL PRECISINO
Sono considerato da tutti un uomo fortunato, eppure la gente non
sa quanto sia triste oggi la mia vita.
Lavorai per venticinque anni nell'Istituto Nazionale per la
Prevenzione della Malaria, in una sede del Nord del Paese e i
miei compiti furono gli stessi, dal primo all'ultimo giorno.
Io non mi consideravo un frustrato dalla monotonia della mia
occupazione: non fui assente un solo giorno, ero orgoglioso della
mia puntualità e della fedeltà all'ufficio
Mi avevano soprannominato il "precisino", dimenticando il mio
nome "Paolo".
Ero deriso per la mia diligenza, che i miei colleghi
consideravano eccessiva, ma io rispondevo loro: -Se voi foste
ordinati, quanto lo sono io, questo ufficio sarebbe il più
efficiente d'Italia!-
Essi ridevano, ma io non mi crucciavo.
Forse il mio senso del dovere era un po' ossessivo: non perdevo
il mio tempo in chiacchiere e non scendevo al bar per il caffè.
Durante le ore d'ufficio ero sempre impegnato nel riordinare, nel
pulire e nello spostare incartamenti: non un solo granello di
polvere c'era sulla mia scrivania e nei miei scaffali.
Avevo quaranta matite colorate, di marche e di tinte differenti,
le avevo disposte in un portamatite, con le punte all'insù,
rispettando la scala dell'arcobaleno, dal rosso più intenso al
violetto.
Esse avevano una funzione solamente estetica e nessuno doveva
toccarle.
Talvolta un mio collega, per scherzo o sbadataggine, spezzava
qualche punta: era uno sgarbo che mi mandava su tutte le furie.
Solitamente ero una persona ragionevole e un mio caro amico mi
diceva molte volte: -Sei piccolo, grassoccio e calvo.
Sei il tipico impiegato statale: sei meridionale e affronti tutto con
troppa calma!-
Ovviamente, oltre a riordinare la scrivania, avevo pure la mia
mansione, che mi impegnava per il resto del tempo: revisionavo i
verbali di controllo sulla presenza della malaria nel territorio.
Da anni non c'era un solo malato, o un sospetto affetto da febbre
malarica, ma l'Istituto proseguiva la sua attività, seguendo
tutte le normative del Ministero.
Io ero un convinto assertore dell'importanza dell'Istituto,
contro i colleghi "disfattisti.".
Affermai un giorno: -Lo so bene che la malaria è stata debellata,
ma noi dobbiamo tenere sotto controllo la situazione!-
Un giovane collega ribatté: -Non hanno senso questi accertamenti:
la malaria non ricomparirà più!-
Un nuovo assunto mi impedì di replicare, intromettendosi: -Le
pratiche dell'Istituto sono parecchie e complesse.
Verifichiamo ogni attività tre o quattro volte, dobbiamo rendere
conto di tutto a molti enti e a tre ministeri! E' un grande movimento
di documenti, con firme e con timbri inutili!-
Avevo sacrificato i migliori anni della mia vita per l'Istituto
e non potevo permettere agli ultimi arrivati di denigrarlo: -Voi
fate presto a deridere ciò che non capite! Non vi immaginate
neppure quanto sia stata tremenda la miseria nelle zone infestate
dalla Malaria, che è stata debellata grazia a Istituti come il
nostro! Oggi vigiliamo sulle zone paludose, prevedendo nuovi
contagi!-
Nonostante queste discussioni la mia vita scorreva tranquilla.
Non ero Felice, ma non mi lamentavo: avevo una famiglia con due
figli studiosi, senza grilli per la testa e un buono stipendio.
Un bel giorno, trasgredendo alle mie ferree regole, stavo
sfogliando svogliatamente il giornale, nell'orario di lavoro:
stavo confrontando i numeri del mio biglietto della lotteria di
Merano per vedere se fosse vincente.
Mi sfrega gli occhi per essere sicuro che non fosse un abbaglio:
era vero, avevo vinto ed ero diventato molto ricco.
Uscii correndo dall'ufficio, senza giustificare l'assenza.
I colleghi credettero che mi fosse capitato qualcosa, o che fossi
impazzito e ipotizzarono spiegazioni tra le più fantastiche.
Entrai come un forsennato nella mia casa, gridando: -Ho vinto! Ho
vinto!-
Mia moglie mi fece sedere e senza ascoltarmi fece per telefonare
al nostro medico.
Placai la mia frenesia e le mostrai il biglietto vincente, ella
non credeva ai suoi occhi, poi svenne: -Mi sento male!
...dell'acqua, un liquore....-
La deposi sul divano buono: ero confuso e non mi decidevo a
chiamare il medico, poi le detti un calmante.
Ella si addormentò profondamente: aveva le palpebre cerchiate e
il colorito giallognolo.
Mi accorsi per la prima volta dell'invecchiamento precoce di
Elena, notando i suoi capelli bianchi: i rimpianti le avevano
scavato l'anima.
Elena non aveva mai chiesto nulla più di quello che potevo
offrirle nella vita di ogni giorno: le ero vissuto accanto senza
accorgermi di soffocarla.
Quando rinvenne per la gioia: -Che cosa faremo con tutti questi
soldi? Sono troppi; non ho mai desiderato una ricchezza così
grande!-
La nostra convivenza era sempre stata quieta e senza liti: la
nostra vita era stata come tante altre, con piccoli problemi e
con semplici gioie.
Avevamo due figli, un maschio di diciotto anni e una femmina di
venti: non c'era da scialacquare col mio stipendio, ma con un po'
di straordinari ero riuscito a mantenerli agli studi superiori.
Gigliola, la maggiore, all'università frequentava Economia e
Commercio, mentre Giovanni si stava diplomando in ragioneria.
Li avevo indirizzati verso studi pratici, che assicurassero loro
un futuro.
Quando essi mi trovarono a casa in orario insolito e videro la
loro madre piangente, si preoccuparono: -Cos'è successo?-
Li abbracciai con impeto: -Abbiamo vinto il primo premio alla
lotteria di Merano!-
Essi spalancarono gli occhi, stupiti, increduli mostrai loro il
biglietto del miracolo.
Saltarono, urlarono, presi da un entusiasmo incontrollato.
Gigliola trovò per prima la calma: -Papà! Come vuoi investire
questi capitali? Non sarà in appartamenti o in titoli statali,
spero?-
-Penseremo poi a questo, ora facciamo festa!-
Ella insistette: -No! Bisogna preoccuparsi subito, per non farsi
mandare in malora dalle tasse! Esistono azioni sicure, oppure
delle attività commerciali molto redditizie, c'è solo l'imbarazzo
della scelta!-
Le risposi affettuosamente: -Figliola! Ci penseremo....-
Ella alzò la voce: -Non sei mai stato capace di concludere un
affare! E' meglio che li gestisca io questi soldi, pure della
riscossione mi preoccuperò io!-
Giovanni approvò l'opinione della sorella.
Mi sentii avvilito: i miei figli si ribellano, dopo tutto quello che
avevano ricevuto da me.
Il campanello di casa squillò ripetutamente, aprii.
Una piccola folla di amici, colleghi e parenti entrarono con
irruenza, per congratularsi della vincita: euforico, avevo dato
la notizia al portinaio del palazzo, senza preoccuparmi delle
conseguenze.
Fui costretto a dare fondo alle bottiglie di liquore, conservato
con tanta parsimonia da mia moglie per gli ospiti importanti.
Ci fu chi, superstizioso, mi toccò la pelata e la gobba, che non
avevo.
Furono peggiori di una nube di cavallette: fecero danni,
sporcarono, rubarono qualche oggetto.
-Tanto è così ricco che non se ne accorgerà neppure!-
Parenti, amici e imbroglioni di professione mi proposero molti
progetti: tanti consigli strambi, tutti assieme, non li avevo mai
ricevuti.
Il vicino disoccupato si impose, senza il mio benestare, come mio
segretario e per tutta la sera mi stordì col suo "affare del
secolo", ovvero un enorme allevamento di lumache.
Un parente alla lontana, che non incontravo da anni, pretendeva
che gettassi l'intera somma per finanziare una sua invenzione, a
sentir lui geniale: una macchina che funzionava con energia
scoperta e imbrigliata da lui.
Insomma, una masnada di esaltati e di furbi mi costrinsero a
sopportare le loro stranezze sino a tarda notte.
Poi, finiti i liquori, delusi dalle mie opposizioni, se ne
andarono.
Era quasi l'alba e non avevo ancora sonno: uscii per respirare
un po' di aria pura e per meditare in solitudine.
Camminai alcune ore senza meta nella città, che si risvegliava.
Finalmente, stanco, mi sedetti su una panchina.
Avevo l'aspetto di uno che aveva passato una notte in bagordi:
una gentile signora anziana mi si accostò per informarsi se mi
sentivo male.
Capita improvvisamente di trovare semplici soluzioni a problemi,
che ci avevano assillato sino alla disperazione.
Come per incanto le mie idee si schiarirono: il denaro era mio e
lo avrei gestito nel modo che ritenevo migliore.
Avrei acquistato, al mio paese in Basilicata, la vecchia tenuta
in rovina dei Franciosio e l'avrei riattivata.
Ero partito per il Nord venticinque anni prima, con solo una
valigia di logori effetti personali, mentre ora ritornavo come il
nuovo Signore del paese.
Mi avrebbero chiamato Don Paolo e si sarebbero tolti tutti il
cappello, salutandomi amici e nemici.
Stavo fantasticando sul mio futuro di proprietario terriero,
quando mi venne la nostalgia del mio vecchio ufficio: non ero
distante e volli vederlo per l'ultima volta.
Bussai alla finestra dell'anziano guardiano, che appena mi scorse
si congratulò sinceramente con me.
Non si meravigliò della mia richiesta, continuò a complimentarsi
e rifiutò la mancia che gli offrii.
La mia scrivania era nel solito ordine. Un assurdo rimpianto mi
prese e nessun pensiero di futura felicità riuscì a scacciarlo:
gli anni più sereni della mia vita li avevo trascorsi in quel
luogo e forse erano stati i più belli.
Se fossi stato solo avrei pianto.
Un dubbio atroce mi assalì: -Sarò così felice in futuro, o con il
denaro la tranquillità sarà fuggita per sempre?-
RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
- Morpheo editore – Narrativa
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm
Sono considerato da tutti un uomo fortunato, eppure la gente non
sa quanto sia triste oggi la mia vita.
Lavorai per venticinque anni nell'Istituto Nazionale per la
Prevenzione della Malaria, in una sede del Nord del Paese e i
miei compiti furono gli stessi, dal primo all'ultimo giorno.
Io non mi consideravo un frustrato dalla monotonia della mia
occupazione: non fui assente un solo giorno, ero orgoglioso della
mia puntualità e della fedeltà all'ufficio
Mi avevano soprannominato il "precisino", dimenticando il mio
nome "Paolo".
Ero deriso per la mia diligenza, che i miei colleghi
consideravano eccessiva, ma io rispondevo loro: -Se voi foste
ordinati, quanto lo sono io, questo ufficio sarebbe il più
efficiente d'Italia!-
Essi ridevano, ma io non mi crucciavo.
Forse il mio senso del dovere era un po' ossessivo: non perdevo
il mio tempo in chiacchiere e non scendevo al bar per il caffè.
Durante le ore d'ufficio ero sempre impegnato nel riordinare, nel
pulire e nello spostare incartamenti: non un solo granello di
polvere c'era sulla mia scrivania e nei miei scaffali.
Avevo quaranta matite colorate, di marche e di tinte differenti,
le avevo disposte in un portamatite, con le punte all'insù,
rispettando la scala dell'arcobaleno, dal rosso più intenso al
violetto.
Esse avevano una funzione solamente estetica e nessuno doveva
toccarle.
Talvolta un mio collega, per scherzo o sbadataggine, spezzava
qualche punta: era uno sgarbo che mi mandava su tutte le furie.
Solitamente ero una persona ragionevole e un mio caro amico mi
diceva molte volte: -Sei piccolo, grassoccio e calvo.
Sei il tipico impiegato statale: sei meridionale e affronti tutto con
troppa calma!-
Ovviamente, oltre a riordinare la scrivania, avevo pure la mia
mansione, che mi impegnava per il resto del tempo: revisionavo i
verbali di controllo sulla presenza della malaria nel territorio.
Da anni non c'era un solo malato, o un sospetto affetto da febbre
malarica, ma l'Istituto proseguiva la sua attività, seguendo
tutte le normative del Ministero.
Io ero un convinto assertore dell'importanza dell'Istituto,
contro i colleghi "disfattisti.".
Affermai un giorno: -Lo so bene che la malaria è stata debellata,
ma noi dobbiamo tenere sotto controllo la situazione!-
Un giovane collega ribatté: -Non hanno senso questi accertamenti:
la malaria non ricomparirà più!-
Un nuovo assunto mi impedì di replicare, intromettendosi: -Le
pratiche dell'Istituto sono parecchie e complesse.
Verifichiamo ogni attività tre o quattro volte, dobbiamo rendere
conto di tutto a molti enti e a tre ministeri! E' un grande movimento
di documenti, con firme e con timbri inutili!-
Avevo sacrificato i migliori anni della mia vita per l'Istituto
e non potevo permettere agli ultimi arrivati di denigrarlo: -Voi
fate presto a deridere ciò che non capite! Non vi immaginate
neppure quanto sia stata tremenda la miseria nelle zone infestate
dalla Malaria, che è stata debellata grazia a Istituti come il
nostro! Oggi vigiliamo sulle zone paludose, prevedendo nuovi
contagi!-
Nonostante queste discussioni la mia vita scorreva tranquilla.
Non ero Felice, ma non mi lamentavo: avevo una famiglia con due
figli studiosi, senza grilli per la testa e un buono stipendio.
Un bel giorno, trasgredendo alle mie ferree regole, stavo
sfogliando svogliatamente il giornale, nell'orario di lavoro:
stavo confrontando i numeri del mio biglietto della lotteria di
Merano per vedere se fosse vincente.
Mi sfrega gli occhi per essere sicuro che non fosse un abbaglio:
era vero, avevo vinto ed ero diventato molto ricco.
Uscii correndo dall'ufficio, senza giustificare l'assenza.
I colleghi credettero che mi fosse capitato qualcosa, o che fossi
impazzito e ipotizzarono spiegazioni tra le più fantastiche.
Entrai come un forsennato nella mia casa, gridando: -Ho vinto! Ho
vinto!-
Mia moglie mi fece sedere e senza ascoltarmi fece per telefonare
al nostro medico.
Placai la mia frenesia e le mostrai il biglietto vincente, ella
non credeva ai suoi occhi, poi svenne: -Mi sento male!
...dell'acqua, un liquore....-
La deposi sul divano buono: ero confuso e non mi decidevo a
chiamare il medico, poi le detti un calmante.
Ella si addormentò profondamente: aveva le palpebre cerchiate e
il colorito giallognolo.
Mi accorsi per la prima volta dell'invecchiamento precoce di
Elena, notando i suoi capelli bianchi: i rimpianti le avevano
scavato l'anima.
Elena non aveva mai chiesto nulla più di quello che potevo
offrirle nella vita di ogni giorno: le ero vissuto accanto senza
accorgermi di soffocarla.
Quando rinvenne per la gioia: -Che cosa faremo con tutti questi
soldi? Sono troppi; non ho mai desiderato una ricchezza così
grande!-
La nostra convivenza era sempre stata quieta e senza liti: la
nostra vita era stata come tante altre, con piccoli problemi e
con semplici gioie.
Avevamo due figli, un maschio di diciotto anni e una femmina di
venti: non c'era da scialacquare col mio stipendio, ma con un po'
di straordinari ero riuscito a mantenerli agli studi superiori.
Gigliola, la maggiore, all'università frequentava Economia e
Commercio, mentre Giovanni si stava diplomando in ragioneria.
Li avevo indirizzati verso studi pratici, che assicurassero loro
un futuro.
Quando essi mi trovarono a casa in orario insolito e videro la
loro madre piangente, si preoccuparono: -Cos'è successo?-
Li abbracciai con impeto: -Abbiamo vinto il primo premio alla
lotteria di Merano!-
Essi spalancarono gli occhi, stupiti, increduli mostrai loro il
biglietto del miracolo.
Saltarono, urlarono, presi da un entusiasmo incontrollato.
Gigliola trovò per prima la calma: -Papà! Come vuoi investire
questi capitali? Non sarà in appartamenti o in titoli statali,
spero?-
-Penseremo poi a questo, ora facciamo festa!-
Ella insistette: -No! Bisogna preoccuparsi subito, per non farsi
mandare in malora dalle tasse! Esistono azioni sicure, oppure
delle attività commerciali molto redditizie, c'è solo l'imbarazzo
della scelta!-
Le risposi affettuosamente: -Figliola! Ci penseremo....-
Ella alzò la voce: -Non sei mai stato capace di concludere un
affare! E' meglio che li gestisca io questi soldi, pure della
riscossione mi preoccuperò io!-
Giovanni approvò l'opinione della sorella.
Mi sentii avvilito: i miei figli si ribellano, dopo tutto quello che
avevano ricevuto da me.
Il campanello di casa squillò ripetutamente, aprii.
Una piccola folla di amici, colleghi e parenti entrarono con
irruenza, per congratularsi della vincita: euforico, avevo dato
la notizia al portinaio del palazzo, senza preoccuparmi delle
conseguenze.
Fui costretto a dare fondo alle bottiglie di liquore, conservato
con tanta parsimonia da mia moglie per gli ospiti importanti.
Ci fu chi, superstizioso, mi toccò la pelata e la gobba, che non
avevo.
Furono peggiori di una nube di cavallette: fecero danni,
sporcarono, rubarono qualche oggetto.
-Tanto è così ricco che non se ne accorgerà neppure!-
Parenti, amici e imbroglioni di professione mi proposero molti
progetti: tanti consigli strambi, tutti assieme, non li avevo mai
ricevuti.
Il vicino disoccupato si impose, senza il mio benestare, come mio
segretario e per tutta la sera mi stordì col suo "affare del
secolo", ovvero un enorme allevamento di lumache.
Un parente alla lontana, che non incontravo da anni, pretendeva
che gettassi l'intera somma per finanziare una sua invenzione, a
sentir lui geniale: una macchina che funzionava con energia
scoperta e imbrigliata da lui.
Insomma, una masnada di esaltati e di furbi mi costrinsero a
sopportare le loro stranezze sino a tarda notte.
Poi, finiti i liquori, delusi dalle mie opposizioni, se ne
andarono.
Era quasi l'alba e non avevo ancora sonno: uscii per respirare
un po' di aria pura e per meditare in solitudine.
Camminai alcune ore senza meta nella città, che si risvegliava.
Finalmente, stanco, mi sedetti su una panchina.
Avevo l'aspetto di uno che aveva passato una notte in bagordi:
una gentile signora anziana mi si accostò per informarsi se mi
sentivo male.
Capita improvvisamente di trovare semplici soluzioni a problemi,
che ci avevano assillato sino alla disperazione.
Come per incanto le mie idee si schiarirono: il denaro era mio e
lo avrei gestito nel modo che ritenevo migliore.
Avrei acquistato, al mio paese in Basilicata, la vecchia tenuta
in rovina dei Franciosio e l'avrei riattivata.
Ero partito per il Nord venticinque anni prima, con solo una
valigia di logori effetti personali, mentre ora ritornavo come il
nuovo Signore del paese.
Mi avrebbero chiamato Don Paolo e si sarebbero tolti tutti il
cappello, salutandomi amici e nemici.
Stavo fantasticando sul mio futuro di proprietario terriero,
quando mi venne la nostalgia del mio vecchio ufficio: non ero
distante e volli vederlo per l'ultima volta.
Bussai alla finestra dell'anziano guardiano, che appena mi scorse
si congratulò sinceramente con me.
Non si meravigliò della mia richiesta, continuò a complimentarsi
e rifiutò la mancia che gli offrii.
La mia scrivania era nel solito ordine. Un assurdo rimpianto mi
prese e nessun pensiero di futura felicità riuscì a scacciarlo:
gli anni più sereni della mia vita li avevo trascorsi in quel
luogo e forse erano stati i più belli.
Se fossi stato solo avrei pianto.
Un dubbio atroce mi assalì: -Sarò così felice in futuro, o con il
denaro la tranquillità sarà fuggita per sempre?-
RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
- Morpheo editore – Narrativa
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm
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