3 apr 2010

02/4 Racconto di Arduino Rossi

LO SCRITTORE - racconto di Arduino Rossi, tratto dal libro Gli Statali, breve storia ironica sul mondo degli Statali, del Pubblico Impiego


Del mio primo giorno di lavoro all'E.S.B.Z.A., ENTE di SOCCORSO e
di BONIFICA delle ZONE ALLUVIONATE, ricordo, come fosse oggi,
l'espressione bonaria del Ragioniere Morandi nello spiegarmi
l'attività dell'ufficio: -E' stato istituto nel 1883, per effetto
del Regio Decreto n.1318, per regolamentare i soccorsi e le
sovvenzioni governative!-
La sua pacata formalità nascondeva un certo disappunto e io
interpretai il suo pensiero: -E chi me l'ha mandato questo! Non
conosce neppure la funzione dell'Ente!-
Imparai presto dal Ragioniere le principali regole del quieto
vivere e del buon impiegato: -La prima cosa che esige il
Direttore, Dottor Cattaneo, è la puntualità! Poi, un consiglio
che ti do in confidenza, non sopporta le chiacchiere,
specialmente nei corridoi. Il nostro è un ufficio aperto al
pubblico e bisogna mantenere un certo contegno!-
Egli mi allettò subito con previsioni di carriera, convinto che
soltanto chi lavora ed è abile può migliorare.
In quello aveva perfettamente ragione, perché solo i non
raccomandati faticavano per la carriera, gli altri iniziavano con
già il massimo livello possibile per le loro capacità e per i
loro meriti.
Io, Rodari Angelo, di "Santi in Paradiso" non ne avevo ed ero
stato assunto per un colpo di fortuna.
Non dovevo favori a nessuno e ne ero orgoglioso, ma tra i
colleghi nessuno mi stimava: per loro, una persona più aveva un
potente protettore e più era importante.
Del loro vanto per posizioni non meritate non mi curavo e inoltre
quel tipo di carriera non mi interessava, forse perché ero troppo
presuntuoso e poco pratico.
Non ridevo alle insulse barzellette del Direttore, non lo
ossequiavo servizievole: venni addetto all'archivio.
Per i miei colleghi era l'ultimo dei lavori, perché uno si
sporcava le mani di polvere.
Io ero in realtà felice di questa incombenza, che impegnava tutta
la mia abilità coordinativa e perfezionava il mio scarso senso
dell'ordine.
Secondo gli psicologi, quasi tutto ciò che ci capita è voluto
inconsciamente da noi: tutti i casi della vita hanno le loro
motivazioni.
Io non ho mai creduto a una cattiva coscienza che causi tutti i
nostri guai, ma se questo fosse vero un complesso di colpa è
sicuramente il responsabile del mio interesse per gli archivi:
soffro infatti di una brutta allergia alla polvere.
Possiedo un'anima da topo di biblioteca.
Con le mani irritate dalla polvere, accumulata in anni sugli
scaffali, rovistavo in cerca di documenti e di mappe di valore
storico.
Sfortunatamente l'Ente pro-alluvionati non ha nulla di
interessante: abbiamo parecchio vecchiume, però gli odierni
incartamenti sono compilati nel rispetto scrupoloso dello stesso
stile fin dalla fondazione e solo le date differenziano l'antico
dal moderno.
Silvia, la collega della stanza accanto, mi aveva richiesto
questi vecchi fogli: -Basta cambiare la data e risparmiamo ore di
lavoro!-
Io rifiutai seccato e risposi che era vergognoso presentare una
pratica ufficiale del 1889 e mutarla in una del 1989, aggiungendo
alle cifre qualche zero per l'inflazione.
A sopraintendere il mio lavoro c'era il Geometra De Giovanni,
gran chiacchierone e uomo dalla figura mastodontica, una vera
rovina per lo sprovveduto che lo invitava al ristorante.
All'inizio lo temevo, mi fermava per i corridoi e mi avvisava
preoccupato: -E' arrivato qualcosa che la riguarda! Venga nel mio
ufficio che ne parliamo!-
Io andavo spaventato: non si sa mai cosa può capitare in un Ente
Pubblico, un errore può finire come nulla in un provvedimento
disciplinare.
Nello studio di De Giovanni il caos toccava il culmine: da lui
non si ritrovava mai nulla di quanto occorresse.

La scrivania era coperta di pratiche e di riviste, alcune erano
di genere pornografico: all'arrivo di qualcuno, egli si
affrettava a nasconderle.
Con mio stupore le carte che mi riguardavano le rinveniva quasi
subito e con esse ricomparivano parti di importanti procedimenti,
accantonati perché incompleti.
-Guarda dove erano finiti! Si cerca, si cerca e li abbiamo sotto
il naso! Ora parliamo della sua questione!-
Una qualsiasi sciocchezza era trasformata dal Geometra, Direttore
Aggiunto, in un assillante problema: -Capisce! Bisogna rispondere
con la massima urgenza a Roma!-
Col tempo imparai a considerare la Direzione Generale di Roma
simile ad un drago cinese: insaziabile mostro, divoratore di
enormi quantità di verbali, avvisi e solleciti.
Una brutta mattina entrai in ufficio, puntuale come al solito e
percepii immediatamente un atteggiamento di ostilità contro di
me, da parte dei miei colleghi.
La mia presenza li fece zittire e un'aria da tempesta aleggiò
sopra la mia testa.
Qualcuno, al quale ero antipatico, mi salutò per la prima volta
con ironia.
Silvia mi chiamò: -Il Dottor Cattaneo ti vuole immediatamente nel
suo studio!-
Le mie gambe tremavano, sudavo senza essere accaldato e brividi
febbrili mi attraversarono la schiena.
Ella mi pose una mano sulla spalla e mi costrinse a guardarla
negli occhi: -Ma Bravo, da te ci si può aspettare di tutto!-
Fu l'ultima botta, ora qualsiasi cattiva notizia non avrebbe
causato un effetto peggiore.
Io amavo Silvia, con quella esasperata passione che allora
caratterizzava ogni mio interesse.
Il mio sentimento si infrangeva contro incomprensioni e si
disperdeva in goffi tentativi di corteggiamento.
Io ero più morto che vivo e il Direttore mi fece sedere,
sospirando alcune volte rammaricato, poi spiegò la questione: -Da
Roma è pervenuta una grave nota disciplinare nei suoi confronti!-
In sostanza una ditta aveva ricevuto il 10% in più del dovuto,
perché non era stata valutata la sottrazione fiscale dell'ultimo
Decreto Legge.
Io ero solo l'esecutore, le precisazioni sul caso le avevo
chieste direttamente al Direttore.
Ora mi consideravano l'unico responsabile, con il sospetto
avallato dalla Commissione Disciplinare di "interesse privata in
atti d'ufficio".
Il Dottor Cattaneo mi sorrise e mi accompagnò alla porta: -Vedrai
che si aggiusterà in bene!-
Invece la vicenda prese subito la piega sbagliata e i miei
colleghi non persero tempo a chiudermi in un cerchio di
disprezzo, senza avere dubbi.
Il loro silenzio mi accusava più di qualsiasi biasimo: parlavo
già con poche persone, essendo un po' misantropo e così ne
soffrii poco.
Silvia replicò alle mie lamentele: -Ognuno ha quello che si
merita! In fondo l'hai voluto tu. Sapevi che qui fanno cadere
sugli altri le proprie responsabilità e tu hai lasciato che ti
mettessero in trappola!-
Ella era l'unica che riconosceva la mia innocenza e mi
rinfacciava di essere un ingenuo.
Ero esasperato, volevo chiudere con le "cartacce" e con gli
apatici miei colleghi.
Non avevo prospettive, ma l'idea di avere un avvenire incerto
tanto mi spaventava quanto mi esaltava: l'ufficio era stato la
tomba dei miei sogni di viaggi in paesi lontani e affascinanti.
Ora tutto nella mia mente era tornato possibile: avventure e
anche disgrazie mi sarebbero capitate nel futuro, ma non un
destino da impiegatuccio.
Ero appena rinato e stavo immaginando viaggi in India, percependo
già i suoi "profumi", quando ricevetti un telegramma da parte
della casa editrice "Alfiere Nero".
Inseguendo i miei sogni di successo, nei quali non credevo molto,
le avevo spedito, poi dimenticandolo, un mio racconto ed essa mi
invitava a un colloquio nella propria sede.
La fantasia era diventata realtà, un nuovo mondo colorato si
spalancava davanti a me.
Con la gioia che mi scoppiava dentro non rimasi in casa, avevo
bisogno di uscire e parlare da solo ad alta voce, come un pazzo:
-Hai visto Angelo! Sei riuscito nei tuoi intenti! Cinque anni di
ufficio sono finalmente conclusi, basta con l'obbedienza e con la
paura nei capi!-
La gente mi guardava allibita, ma nella mia esuberanza nulla mi
importava.
Telefonai a Silvia: -Ciao! Fra tante brutte notizie finalmente
una buona! Vedrai che riuscirò a fare strada!-
Lei smorzò ogni mio entusiasmo, poi non si limitò alle solite parole
di disappunto: -Io no ho mai dubitato delle tue capacità: ora rimani
calmo e non crederti un genio! Non fantasticare! Se funzionerà
sarà meglio per te!-
La sua freddezza mi riportava sempre in un angusto realismo.
Ormai ero già un po' deluso: telefonai ugualmente al capo
redattore di "Alfiere Nero".
-D'accordo! Giovedì alle 16, sarò puntuale!-
Sul treno il mio piccolo sogno si dissolveva, a mano a mano che
mi avvicinavo.
Il puzzo della periferia industriale mi preannunciava quel
panorama privo di brio dei grandi edifici di pochi anni e già
coperti di fuliggine, delle insegne pubblicitarie, delle lunghe
recenti fabbriche e di vecchie fonderie abbandonate.
Nessuno è totalmente padrone dei suoi pensieri e quell'amaro
sapore che ha la realtà divenne sostanza nelle mia mente.
Attraversai questa maledetta Milano nel suo caos, che lascia
spesso allibito un povero provinciale come me. Scoprii il suo
aspetto peggiore, con il suo flusso intenso di vita e negli
angoli della metropolitana l'odore, lo sporco, tra giovani arabi
e zingari mendicanti.
Quando fui presentato al capo redattore non mi attendevo nulla di
straordinario: -Si accomodi! Dunque lei è?.....-
-Rodari, Rodari Angelo, quello del....-
-AH! Certo! No, non tema, non l'avevo scordato! Il suo lavoro è
ottimo, con qualche modifica sarà perfetto!-
Egli mi riconsegnò il mio racconto con l'obbligo di un quasi
completo rifacimento e forse, più avanti, lo avrebbe preso in
considerazione.
Il Dottor Cattaneo, la mattina del giorno successivo, mi chiamò
sorridente nel suo ufficio.
-Bene Rodari! Lei può star tranquillo! Finalmente è stata
appurata la sua completa estraneità, d'altra parte qui nessuno ne
dubitava!-
Mi accompagnò sino alla porta dell'archivio, battendomi piano la
mano sulla spalla: -Hai visto! Chi lavora onestamente alla fine
non ha problemi!-
Io tentai di sorridergli, ma feci una triste smorfia.
Lo abbandonai senza dire una parola e ripresi il mio lavoro:
lettere da scrivere a macchina, carte da riordinare e verbali da
completare.
Io avevo vissuto sino ad allora nella luce della fantasia e
credevo che nessun burosauro mi avrebbe sconfitto.
Quello che era avvenuto in quella settimana era concluso e io
riprendevo la mia solita attività, ma dentro di me si era
frantumato qualcosa: non ero più invincibile.
Mi potevo scacciare ingiustamente dal mio lavoro e gettare nella
periferia, tra i rottami e nel fumo delle ciminiere.
I miei viaggi, mille volte invano progettati, si erano dissolti
nel nulla.
-Ciao Silvia! Hai visto che tutto si è risolto!-
-Sono contenta per te!-
Quella sua indifferenza, che usava solo con me, mi raggelò, la
verità dei suoi sentimenti nei miei confronti mi fu chiara: ella
non provava nulla per me.
Fughe, amore e velleità letterarie erano apparse davanti ai miei
occhi: parevano solide, ma erano svanite al primo impatto.
Abbandonai le mie speranze e vissi alla giornata.
Da allora fui bene accetto ai miei colleghi e i loro interessi
furono i miei.
Oggi attendo la domenica per la partita dalla mia squadra,
discuto con loro di belle donne, di motori, di gran premi
automobilistici e non desidero nient'altro.



RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”

Scritto da Arduino Rossi

Morpheo editore
– Narrativa

http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm