LO SCRITTORE - racconto di Arduino Rossi, tratto dal libro Gli Statali, breve storia ironica sul mondo degli Statali, del Pubblico Impiego
Del mio primo giorno di lavoro all'E.S.B.Z.A., ENTE di SOCCORSO e
di  BONIFICA  delle ZONE ALLUVIONATE, ricordo, come  fosse  oggi,
l'espressione  bonaria  del Ragioniere  Morandi  nello  spiegarmi
l'attività dell'ufficio: -E' stato istituto nel 1883, per effetto
del  Regio  Decreto  n.1318, per regolamentare i  soccorsi  e  le
sovvenzioni governative!-
La  sua  pacata formalità nascondeva un certo disappunto  e  io
interpretai  il suo pensiero: -E chi me l'ha mandato questo!  Non
conosce neppure la funzione dell'Ente!-
Imparai  presto  dal Ragioniere le principali regole  del  quieto
vivere  e  del  buon  impiegato: -La  prima  cosa  che  esige  il
Direttore,  Dottor Cattaneo, è la puntualità! Poi,  un  consiglio
che   ti   do  in  confidenza,  non  sopporta   le   chiacchiere,
specialmente  nei  corridoi.  Il nostro è un  ufficio  aperto  al
pubblico e bisogna mantenere un certo contegno!-
Egli  mi allettò subito con previsioni di carriera, convinto  che
soltanto chi lavora ed è abile può migliorare.
In  quello  aveva  perfettamente  ragione,  perché  solo  i   non
raccomandati faticavano per la carriera, gli altri iniziavano con
già  il  massimo livello possibile per le loro capacità e  per  i
loro meriti.
Io,  Rodari  Angelo, di "Santi in Paradiso" non ne avevo  ed  ero
stato assunto per un colpo di fortuna.
Non  dovevo  favori  a  nessuno e ne ero  orgoglioso,  ma  tra  i
colleghi  nessuno mi stimava: per loro, una persona più aveva  un
potente protettore e più era importante.
Del loro vanto per posizioni non meritate non mi curavo e inoltre
quel tipo di carriera non mi interessava, forse perché ero troppo
presuntuoso e poco pratico.
Non  ridevo  alle  insulse  barzellette  del  Direttore,  non  lo
ossequiavo servizievole: venni addetto all'archivio.
Per  i  miei  colleghi era l'ultimo dei  lavori,  perché  uno  si
sporcava le mani di polvere.
Io ero in realtà felice di questa incombenza, che impegnava tutta
la  mia abilità coordinativa e perfezionava il mio  scarso  senso
dell'ordine.
Secondo  gli  psicologi, quasi tutto ciò che ci capita  è  voluto
inconsciamente  da  noi:  tutti i casi della vita hanno  le  loro
motivazioni.
Io  non ho mai creduto a una cattiva coscienza che causi tutti  i
nostri  guai,  ma se questo fosse vero un complesso  di  colpa  è
sicuramente  il responsabile del mio interesse per  gli  archivi:
soffro infatti di una brutta allergia alla polvere.
Possiedo un'anima da topo di biblioteca.
Con  le  mani irritate dalla polvere, accumulata  in  anni  sugli
scaffali,  rovistavo in cerca di documenti e di mappe  di  valore
storico.
Sfortunatamente   l'Ente   pro-alluvionati  non   ha   nulla   di
interessante:  abbiamo  parecchio  vecchiume,  però  gli  odierni
incartamenti sono compilati nel rispetto scrupoloso dello  stesso
stile fin dalla fondazione e solo le date differenziano  l'antico
dal moderno.
Silvia,  la  collega  della stanza accanto,  mi  aveva  richiesto
questi vecchi fogli: -Basta cambiare la data e risparmiamo ore di
lavoro!-
Io  rifiutai seccato e risposi che era vergognoso presentare  una
pratica ufficiale del 1889 e mutarla in una del 1989, aggiungendo
alle cifre qualche zero per l'inflazione.
A  sopraintendere  il mio lavoro c'era il Geometra  De  Giovanni,
gran  chiacchierone  e uomo dalla figura mastodontica,  una  vera
rovina per lo sprovveduto che lo invitava al ristorante.
All'inizio  lo  temevo, mi fermava per i corridoi e  mi  avvisava
preoccupato: -E' arrivato qualcosa che la riguarda! Venga nel mio
ufficio che ne parliamo!-
Io andavo spaventato: non si sa mai cosa può capitare in un  Ente
Pubblico,  un  errore può finire come nulla in  un  provvedimento
disciplinare.
Nello  studio di De Giovanni il caos toccava il culmine:  da  lui
non si ritrovava mai nulla di quanto occorresse.
La  scrivania era coperta di pratiche e di riviste, alcune  erano
di   genere  pornografico:  all'arrivo  di  qualcuno,   egli   si
affrettava a nasconderle.
Con  mio stupore le carte che mi riguardavano le rinveniva  quasi
subito e con esse ricomparivano parti di importanti procedimenti,
accantonati perché incompleti.
-Guarda dove erano finiti! Si cerca, si cerca e li abbiamo  sotto
il naso! Ora parliamo della sua questione!-
Una qualsiasi sciocchezza era trasformata dal Geometra, Direttore
Aggiunto, in un assillante problema: -Capisce! Bisogna rispondere
con la massima urgenza a Roma!-
Col  tempo  imparai a considerare la Direzione Generale  di  Roma
simile  ad  un drago cinese: insaziabile  mostro,  divoratore  di
enormi quantità di verbali, avvisi e solleciti.
Una  brutta mattina entrai in ufficio, puntuale come al solito  e
percepii  immediatamente un atteggiamento di ostilità  contro  di
me, da parte dei miei colleghi.
La  mia  presenza li fece zittire e un'aria da  tempesta  aleggiò
sopra la mia testa.
Qualcuno,  al quale ero antipatico, mi salutò per la prima  volta
con ironia.
Silvia mi chiamò: -Il Dottor Cattaneo ti vuole immediatamente nel
suo studio!-
Le  mie gambe tremavano, sudavo senza essere accaldato e  brividi
febbrili mi attraversarono la schiena.
Ella  mi  pose una mano sulla spalla e mi costrinse  a  guardarla
negli occhi: -Ma Bravo, da te ci si può aspettare di tutto!-
Fu  l'ultima  botta, ora qualsiasi cattiva  notizia  non  avrebbe
causato un effetto peggiore.
Io  amavo  Silvia,  con quella  esasperata  passione  che  allora
caratterizzava ogni mio interesse.
Il  mio  sentimento  si infrangeva  contro  incomprensioni  e  si
disperdeva in goffi tentativi di corteggiamento.
Io  ero  più  morto  che vivo e  il  Direttore  mi  fece  sedere,
sospirando alcune volte rammaricato, poi spiegò la questione: -Da
Roma è pervenuta una grave nota disciplinare nei suoi confronti!-
In  sostanza una ditta aveva ricevuto il 10% in più  del  dovuto,
perché non era stata valutata la sottrazione fiscale  dell'ultimo
Decreto Legge.
Io  ero  solo  l'esecutore, le precisazioni  sul  caso  le  avevo
chieste direttamente al Direttore.
Ora  mi  consideravano  l'unico  responsabile,  con  il  sospetto
avallato dalla Commissione Disciplinare di "interesse privata  in
atti d'ufficio".
Il Dottor Cattaneo mi sorrise e mi accompagnò alla porta: -Vedrai
che si aggiusterà in bene!-
Invece  la  vicenda  prese subito la piega  sbagliata  e  i  miei
colleghi  non  persero  tempo  a  chiudermi  in  un  cerchio   di
disprezzo, senza avere dubbi.
Il  loro silenzio mi accusava più di qualsiasi  biasimo:  parlavo
già  con  poche  persone, essendo un po'  misantropo  e  così  ne
soffrii poco.
Silvia  replicò  alle  mie lamentele: -Ognuno ha  quello  che  si
merita!  In  fondo l'hai voluto tu. Sapevi che qui  fanno  cadere
sugli  altri le proprie responsabilità e tu hai lasciato  che  ti
mettessero in trappola!-
Ella   era  l'unica  che  riconosceva  la  mia  innocenza  e   mi
rinfacciava di essere un ingenuo.
Ero  esasperato,  volevo  chiudere con le "cartacce"  e  con  gli
apatici miei colleghi.
Non  avevo  prospettive, ma l'idea di avere un  avvenire  incerto
tanto  mi spaventava quanto mi esaltava: l'ufficio era  stato  la
tomba dei miei sogni di viaggi in paesi lontani e affascinanti.
Ora  tutto  nella mia mente era tornato  possibile:  avventure  e
anche  disgrazie  mi  sarebbero capitate nel futuro,  ma  non  un
destino da impiegatuccio.
Ero appena rinato e stavo immaginando viaggi in India, percependo
già  i  suoi "profumi", quando ricevetti un telegramma  da  parte
della casa editrice "Alfiere Nero".
Inseguendo i miei sogni di successo, nei quali non credevo molto,
le avevo spedito, poi dimenticandolo, un mio racconto ed essa  mi
invitava a un colloquio nella propria sede.
La  fantasia  era diventata realtà, un nuovo  mondo  colorato  si
spalancava davanti a me.
Con  la gioia che mi scoppiava dentro non rimasi in  casa,  avevo
bisogno di uscire e parlare da solo ad alta voce, come un  pazzo:
-Hai visto Angelo! Sei riuscito nei tuoi intenti! Cinque anni  di
ufficio sono finalmente conclusi, basta con l'obbedienza e con la
paura nei capi!-
La  gente mi guardava allibita, ma nella mia esuberanza nulla  mi
importava.
Telefonai  a Silvia: -Ciao! Fra tante brutte  notizie  finalmente
una buona! Vedrai che riuscirò a fare strada!-
Lei smorzò ogni  mio  entusiasmo, poi non si limitò alle  solite  parole  
di disappunto: -Io no ho mai dubitato delle tue capacità: ora rimani
calmo  e non crederti un genio! Non fantasticare!  Se  funzionerà
sarà meglio per te!-
La sua freddezza mi riportava sempre in un angusto realismo.
Ormai  ero  già  un  po' deluso:  telefonai  ugualmente  al  capo
redattore di "Alfiere Nero".
-D'accordo! Giovedì alle 16, sarò puntuale!-
Sul  treno il mio piccolo sogno si dissolveva, a mano a mano  che
mi avvicinavo.
Il  puzzo  della  periferia  industriale  mi  preannunciava  quel
panorama  privo  di brio dei grandi edifici di pochi anni  e  già
coperti  di fuliggine, delle insegne pubblicitarie, delle  lunghe
recenti fabbriche e di vecchie fonderie abbandonate.
Nessuno  è  totalmente padrone dei suoi  pensieri  e  quell'amaro
sapore che ha la realtà divenne sostanza nelle mia mente.
Attraversai  questa  maledetta Milano nel suo  caos,  che  lascia
spesso  allibito  un povero provinciale come me. Scoprii  il  suo
aspetto  peggiore,  con  il suo flusso intenso di  vita  e  negli
angoli della metropolitana l'odore, lo sporco, tra giovani  arabi
e zingari mendicanti.
Quando fui presentato al capo redattore non mi attendevo nulla di
straordinario: -Si accomodi! Dunque lei è?.....-
-Rodari, Rodari Angelo, quello del....-
-AH!  Certo! No, non tema, non l'avevo scordato! Il suo lavoro  è
ottimo, con qualche modifica sarà perfetto!-
Egli  mi  riconsegnò il mio racconto con l'obbligo  di  un  quasi
completo  rifacimento  e forse, più avanti, lo avrebbe  preso  in
considerazione.
Il  Dottor Cattaneo, la mattina del giorno successivo, mi  chiamò
sorridente nel suo ufficio.
-Bene  Rodari!  Lei  può  star  tranquillo!  Finalmente  è  stata
appurata la sua completa estraneità, d'altra parte qui nessuno ne
dubitava!-
Mi accompagnò sino alla porta dell'archivio, battendomi piano  la
mano  sulla spalla: -Hai visto! Chi lavora onestamente alla  fine
non ha problemi!-
Io tentai di sorridergli, ma feci una triste smorfia.
Lo  abbandonai  senza dire una parola e ripresi  il  mio  lavoro:
lettere da scrivere a macchina, carte da riordinare e verbali  da
completare.
Io  avevo  vissuto  sino ad allora nella luce  della  fantasia  e
credevo che nessun burosauro mi avrebbe sconfitto.
Quello  che  era avvenuto in quella settimana era concluso  e  io
riprendevo  la  mia  solita  attività, ma dentro  di  me  si  era
frantumato qualcosa: non ero più invincibile.
Mi potevo scacciare ingiustamente dal mio lavoro e gettare  nella
periferia, tra i rottami e nel fumo delle ciminiere.
I  miei viaggi, mille volte invano progettati, si erano  dissolti
nel nulla.
-Ciao Silvia! Hai visto che tutto si è risolto!-
-Sono contenta per te!-
Quella  sua indifferenza, che usava solo con me, mi  raggelò,  la
verità dei suoi sentimenti nei miei confronti mi fu chiara:  ella
non provava nulla per me.
Fughe, amore e velleità letterarie erano apparse davanti ai  miei
occhi: parevano solide, ma erano svanite al primo impatto.
Abbandonai le mie speranze e vissi alla giornata.
Da  allora fui bene accetto ai miei colleghi e i  loro  interessi
furono i miei.
Oggi  attendo  la  domenica per la  partita  dalla  mia  squadra,
discuto  con  loro  di  belle donne, di  motori,  di  gran  premi
automobilistici e non desidero nient'altro.
RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi 
Morpheo editore 
– Narrativa 
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm
POLITICA, CULTURA, CRONACA, ARTE, RELIGIONE, SCIENZA, PENSIERO LIBERO. Quasi Giornale online. scritto a più mani da una redazione coraggiosa, da dei volontari. Responsabile Arduino Rossi-
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