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4 mar 2011

Manifestazioni Libia e guerra civili


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


Italiana Libia e la guerra civile


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


Giornata della collera e Gheddafi


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


Notizie news e libia - la rivolta e i bombardamenti


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


Situazione politica Libia


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


Ultimissime Libia e i rivoltosi bombardati


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


Ultime notizie - la rivolta e i bomardamenti


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.




Italia e Libia - la rivolta e la repressione


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


Tripoli - Libia - rivoltosi bonbardati


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


Rivoluzione Libica - i ribelli bombardati


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.




Quarta sponda e Libia - i ribelli bombardati


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


Libia - i mercenari e il petrolio


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


News libia - la rivolta e i bombardamenti


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.




Oggi Libia i bombardamenti


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.




On line Libia e i ribelli bombardati


Gli aerei di Gheddafi continuano a bombardare i ribelli, che chiedono un intervento dell’aviazione straniera: ora la guerra si è spostata verso i pozzi petroliferi e non c’è più dubbio, è il solito scontro per il controllo del petrolio, del suo prezzo.
Gli Stati arabi non vogliono interventi di stranieri, o meglio di infedeli, dell’ANATO, vorrebbero intervenire solo loro, ma pure le loro divisioni sono grandi: quella della Libia è la tipica guerra interna al mondo arabo e non è una rivoluzione proletaria. Con la democrazia intanto non ha molto a che vedere, notando la presenza di troppi integralisti, fondamentalisti e simili.
Ancora una volta ciò che interessa non è la popolazione civile, i lavoratori stranieri, che ricevono aiuti perché i giornalisti si sono interessati a loro: la guerra riguarda i pozzi petroliferi.
Ciò che conta della Libia è l'oro nero e questo interesse internazionale è diventato....”umanitario”: se fosse una guerra civile in uno Stato senza materie prime, miserabile, senza vie di transito, marittime o terrestri, il dittatore avrebbe avuto la mano libera per stroncare i rivoltosi, ma qui ci si mobilita.
Però il vespaio libico sta diventando pericoloso e potrebbe finire male, ancora una volta, per le forze occidentali: abbiamo già i morti per l'Afghanistan.
Gli eserciti europei sono poco adatti a resistere alla guerriglia: è un tipo di guerra che la vince chi non rispetta i diritti umani, chi usa la repressione in modo indiscriminato su tutti i potenziali nemici, i sospetti, colpendo impunemente i civili, deportando le popolazioni avversarie.
Il nostro intervento diretto sarebbe un guaio immane e i libici, dopo decenni di propaganda anti-italiana, si mostrerebbero ostili.
La guerra in Libia intanto sta prendendo caratteristiche quasi prevedibili: è un conflitto tra fazioni arabe.
Per noi tutto questo è incomprensibile, l'unico filo logico che possiamo trovare sta nella decadenza ovvia dell'autoritarismo.
Chi impone la propria volontà come unica e indiscutibile troverà altri che faranno la stessa cosa, accusandolo di essere pure lui un nemico nell'errore.
L'assolutismo spesso si frantuma negli assolutismi, che si combattono: se poi si aggiungono interessi economici e vecchi attriti storici si rischia di avere conflitti bellici dove tutti sono nemici di tutti.
Se intervenissero gli Stati arabi vedremmo un frantumarsi del fronte.
Gheddafi è un maestro di queste situazioni ambigue e confuse: saprebbe rimettersi in gioco e il tiranno libico è un professionista del gioco.......d'azzardo con la storia e la politica.
L'Occidente la voluto morto molte volte, ma sa che senza di lui il caos regnerebbe ed è incerto: infatti non c'è un accordo per spedire uomini e mezzi in Libia, non si parla di bloccare l'aviazione né di imporre una tregua armata.
Gheddafi forse è finito, ma la sua dinastia non è morta e il figlio si è dimostrato un abile diplomatico e uno scaltro politico.
Il problema grande sta tutto nella democrazia che non si può esportare con i cannoni, ma con le idee, con il dialogo e con la creazione di un'opposizione politica: non bastano i ribelli che vanno contro i mercenari di Gheddafi.
Visto che questa guerra assomiglia a un conflitto di interessi particolare, lo scontro è condotto non solo dai ....volontari, ma anche da disperati pagati da ….chi non si sa.
Il futuro della guerra è dei mercenari?
Le popolazioni civili a quanto pare valgono di meno dei pozzi di petrolio e questo fatto ci riguarda tutti, anche noi ricchi occidentali: il nostro futuro e anche le nostre vite potrebbero essere vendute per interesse.
Solo la libertà di parola ci può difendere.


14 feb 2018

Nazionalismi e guerre future, per dare impulsi all’economia - ARDUINO ROSSI

Il consumismo bellico, ovvero la guerra usata per dare stimolo alle nostre economie, fa parte del gioco economico del mondo umano da sempre e in particolare dalla nascita delle prime civiltà, circa 5 mila anni fa.
I mercanti e i commercianti si arricchivano mentre i guerrieri morivano, poi il bottino di guerra rendeva molto, dagli schiavi alla mercanzia: si facevano le guerre  spesso, forse solo, per questi motivi.
Dopo decenni quasi felici di consumismo vero, quello dei beni di consumo, la guerra sta tornando ad essere il motore dello sviluppo, non trovando altro, per limiti culturali e di intelligenza, anzi, la guerra  era di sottofondo anche negli anni felici….della Guerra Fredda, dove, per la prima volta  negli ultimi 2mila anni, non ci sono stati conflitti militari nell'Europa Occidentale, per almeno tre generazioni, mentre prima ogni generazione aveva la sua guerra.
Invece i conflitti nazionalisti sono sempre più neocolonialisti e si combattono in Africa e in  Medioriente, per il petrolio e il gas oggi, un tempo era per i giacimenti di carbone, prima per avere grandi territori e tanti sudditi da tassare.
Le guerre hanno sempre fini economici, mai….umanitari o di difesa della civiltà, della libertà o delle religioni.

6 giu 2023

Le guerre servono ancora per conquistare imperi?

Pochi si ricordano del crollo finanziario della borsa di New York, del 1929, che mutò il destino del mondo.
Ormai, anzi da sempre, ma nella nostra epoca è più evidente, gli imperi si possono distruggere economicamente, politicamente, socialmente.
La guerra oggi a cosa serve?
Se il nemico è Putin perché non arrivare a una pace provvisoria, ma poi basterebbe sabotarlo economicamente e con attività politiche sotterranee?
Si potrebbe favorire un cambiamento di regime semplicemente spronando i suoi nemici interni, colpendolo con giochi speculativi e finanziari, altro che embarghi, che ci fanno pagare due volte il prezzo del gas e del petrolio.
Ho invece la sensazione che non si voglia intaccare Putin e il suo potere.
Io sospetto che il fine principale di questa guerra insensata sia un altro, la guerra stessa, o meglio quello che definisco il consumismo bellico.
Le armi si costruiscono e devono essere sostituite per produrne altre, il modo migliore per favorire questo è appunto la guerra.
"Finché c'è guerra c'è speranza", era il titolo di un film con Alberto Sordi come protagonista, mercante di armi.
Se molti piangono e muoiono per i conflitti, altri si arricchiscono e costoro non perdono mai, perché accumulano potere economico e finanziario.
Forse sarebbe meglio capire cosa stia dietro ai facinorosi guerrafondai, spesso idioti urlanti.
Per conquistare la pace serve un sistema economico che sostituisca il meccanismo malsano del consumismo bellico.
Il consumismo attuale ha permesso di spronare la crescita economica senza dover passare a scelte bellicose e disastrose.
Ricordo che la Seconda Guerra Mondiale ci dette molte tecnologie utili, come il nucleare, con i suoi pericoli, ma anche sviluppi nella siderurgia e nella chimica, con tanto altro, come il forno a micro onde, che doveva avere altri usi nello spionaggio, ma non era adatto e divenne un elettrodomestico utile in cucina.
La voglia di potere è spronata da quella di ricchezza e visto che non si può farne a meno, a quanto pare, sarebbe utile cercare sfoghi in altri settori.
Un tempo si parlava di esplorazione spaziale, che era un'alternativa alle varie guerre, con lo stesso scopo di portare ricchezza e generare sviluppo tecnologico.
Intanto, se si volesse far cadere il cattivo Putin basterebbe fare giochi speculativi e finanziari, che facciano perdere potere economico ai suoi amici oligarchi.
In una crisi finanziaria il dittatore, i dittatori tutti, durano poco perché i loro sostenitori se ne liberano prontamente.
La storia è zeppa di grandi tiranni che vengono uccisi, traditi, venduti quando non sono più utili a certi fini, a certi interessi.