30 ago 2010

 

Angelo Rovati, fedele e seguace di Romano Prodi commenta soddisfatto, ma pure perplesso: ''Finalmente si torna a parlare di Ulivo....Le alleanze si fanno per vincere le elezioni e non per sconfiggere qualcuno. E' inutile personalizzare sempre tutto".

Così si ricomincia a parlare dell'Ulivo, di formazioni allargate e variegate, ma il problema è sempre quello vecchio.

Cosa fare per aiutare il Paese con tutte le sue crisi?

Berlusconi è il nemico, ma è pure qualcosa che prima o poi finirà: probabilmente l'era Berlusconi terminerà quando non si parlerà più di lui.

Silvio ha creato il suo impero sulla pubblicità, la sua ricchezza sta nella raccolta pubblicitaria quindi sa bene che più si parla di qualcuno meglio è.

Pure se lo si combatte, è mostrato come il male assoluto, costui può ribaltare la propaganda degli avversari e mostrarsi come martire, a torto o a ragione.

Berlusconi si, Berlusconi no è sempre il dilemma politico nazionale: neppure le televisioni da lui controllate, troppe e da regime di monopolio, oggi hanno, come una decina di anni fa, il potere assoluto sull'opinione pubblica, come si sosteneva nel decennio passato.

Le televisioni del leader rappresentano, un privilegio, un grande vantaggio sugli avversari, ma contano sempre meno nel panorama dell'informazione.

Il potere di Berlusconi sta nella paura che ha la gente verso il nuovo, o meglio nello spirito conservatore che si annida tra gli italiani, specialmente nelle province, che sono da sempre lontane dalla modernità e dalle mode dei grandi centri urbani.

L'Italia è un Paese dai sentimenti fortemente tradizionalisti, dalla necessità di ritrovarsi attorno ad abitudini e convenzioni importanti, a riti e comportamenti che hanno spesso origine antiche.

Silvio pare il personaggio che incarna questo conservatorismo, che teme stranieri e mode nuove, che giungono da lontano.

Forse non è Berlusconi il primo conservatore d'Italia, forse altri personaggi lo battono, ma questo non conta, lui sa riassicurare: così lo scontro tra coloro che si sentono l'avanguardia dell'era moderna, contro la ...reazione oscurantista prosegue.

I nostri progressisti paiono ancora, sempre con dei legittimi dubbi, i pericolosi sovvertitori dell'ordine: non parlo di quello costituito con le leggi, ma quello che da generazioni regna in una data valle alpina o dell'appennino, su quell'isola o in quel borgo sperduto, senza grande importanza storica, culturale e artistica, ma con le sue abitudini più preziose del benessere, che tengono unite comunità, parentado, famiglie.

L'Ulivo vincerà se saprà, voglio essere terribilmente banale, unire il nuovo, ma senza spaventare quegli italiani che considerano più importante di ogni altro fatto il loro borgo, con la festa patronale, con le vie e i cibi locali, con i detti e il panorama da secoli quasi uguale.

Questa Italia non vuole molte cose: desidera che i vizi e le maniere da maleducati, che arrivano dalle grandi città, rimangano distanti, che il bianco rimanga bianco e il nero nero, che i figli trovino lavoro nel borgo o alla peggio vicino.

Si spera pure che tutto prosegua, quasi in modo assonnato, per i prossimi anni, per i prossimi secoli, con il Natale festeggiato con il dolce tradizionale e il presepe secondo le tecniche vecchie di generazioni.

Per vincere il premier bisogna convincere questa Italia che i progressisti non causeranno disastri nel loro mondo, altrimenti un altro personaggio da odiare dalla sinistra succederà al Cavaliere.

Rimarrà a lungo al potere perché sarà in sintonia con i sentimenti di una parte importante degli italiani.