ho letto con attenzione sul Suo giornale dei giorni scorsi, 22 e 23 settembre 2010, gli articoli riguardanti il sequestro di esplosivo effettuato nel porto di Gioia Tauro da funzionari dell'Agenzia delle Dogane, in collaborazione con personale della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza e i locali comandi dei VV.FF..
Ai fini di una corretta informazione gradirei offrirLe alcune osservazioni.
Come si può rilevare dal comunicato stampa del 22 settembre dell'Agenzia delle Dogane, che Le allego, il sequestro è stato operato a seguito di una operazione internazionale condotta dagli organi di intelligence nazionale (AISE) con la collaborazione dell'Ufficio Centrale Antifrode dell'Agenzia delle Dogane.
I funzionari doganali del porto, che per legge sono deputati alle operazioni di controllo negli spazi doganali, hanno svolto poi, come sopra accennato, la loro attività di controllo in piena collaborazione con le autorità di polizia, coinvolte dagli organi nazionali nell'operazione, che hanno anche provveduto a svolgere le necessarie analisi di laboratorio.
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Si è trattato di una brillante operazione nella quale, oltre al ruolo decisivo dei nostri servizi, ogni istituzione coinvolta ha svolto la sua parte in piena sinergia con le altre.
Nell'analisi dei fatti, dei protagonisti e del contesto, gli articoli pubblicati dal Suo giornale hanno offerto a mio avviso una lettura poco corretta, non rispettosa della cronaca degli accadimenti, ma, cosa che ritengo più grave, decisamente stantia ed errata nel messaggio di fondo.
Considero "poco corretta e non rispettosa della verità dei fatti" una lettura:
- che descrive i doganieri del porto di Gioia Tauro alla stessa stregua di "mafiosi e spioni, mediatori di affari e sanguisughe" (articolo di Attilio Bolzoni del 23 settembre) e non, invece, come funzionari leali e capaci di dare un grande contributo anche alla riuscita di questa operazione. Funzionari che continuano ad operare con grande senso di responsabilità nonostante siano stati vittime di attentati e aggressioni, in più occasioni, da parte della criminalità organizzata proprio a seguito della grande severità dei loro controlli, grazie ai quali lo scorso anno, sulla base delle analisi dell'Ufficio Centrale Antifrode, sotto il coordinamento della DDA di Reggio Calabria, hanno proceduto, proprio al porto di Gioia Tauro, anche al sequestro di oltre 680 Kg di cocaina. Posso comunque rassicurarLa in merito alla faccenda in modo più esplicito dichiarando di essere al momento il Direttore dell'Agenzia delle Dogane e non il capo-famiglia di un'organizzazione di stampo mafioso composta da 10.000 funzionari dello Stato (a fronte di affermazioni forti, quali quelle contenute nel predetto articolo, sarebbe quantomeno lecito attendersi le doverose scuse, Le assicuro che ci farebbero piacere…anche se sussurrate);
- che nell'ipotesi meno aggressiva (articolo di Giuseppe Baldessarro del 23 settembre) descrive il ruolo dell'Agenzia delle Dogane come quello di archivisti e fornitori di banche dati che soltanto abili analisti, non doganali, hanno saputo leggere per individuare il container che conteneva l'esplosivo, ignorando che l'Agenzia delle dogane è autonomamente in grado di elaborare analisi di grande complessità e di straordinaria efficacia per rintracciare, tra milioni di container, quelli a rischio, e ciò sulla base, talvolta, di pochissime informazioni.
Considero "stantia" ed "errata nel messaggio di fondo" una lettura (articolo di Attilio Bolzoni del 23 settembre):
- che trasforma un grande risultato delle forze impegnate nella difesa della sicurezza del Paese nella prova che Gioia Tauro resta "un porto italiano al servizio del crimine mondiale";
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- che ignora il fatto che tutte le analisi degli organismi specializzati di tutto il mondo indicano come porti destinatari di merci illegali (droga, armi, e quant'altro) praticamente "tutti" i grandi porti europei (basti citare, tra i più recenti, i 1330 Kg di cocaina sequestrati ad aprile nel porto di Amburgo o, nello stesso mese, i 1400 Kg sequestrati ad Alicante e Siviglia o ancora i 760 Kg sequestrati a Bilbao, solo per fare qualche recente esempio);
- che ignora il fatto che Gioia Tauro, oggi, può sicuramente essere annoverato tra i porti più efficacemente controllati nel mondo, riproponendo invece brani di un libro scritto dall'ex Presidente della Commissione parlamentare antimafia che descrive una situazione del porto vecchia di anni e probabilmente anche allora affetta da una lettura non del tutto corretta. Presentare il porto di Gioia Tauro come la porta dell'inferno è un bel luogo comune che incentiva a spostare i traffici commerciali su porti concorrenti che, Le posso assicurare, non ritengo abbiano sistemi e capacità di controllo superiori a quelli di cui dispongono i nostri approdi mercantili.
Tralascio, infine, di descrivere nel dettaglio il grande prestigio conquistato e i numerosi premi ricevuti in Europa dall'Agenzia delle Dogane italiane, anche grazie agli straordinari risultati ottenuti nel contrasto alla contraffazione, al traffico di droga e tabacchi, al contrabbando mediante sottofatturazione, e così via, perché di ciò qualunque buon giornalista può accertarsi in qualsiasi momento semplicemente navigando nei siti della Commissione Europea.
Resta un po' di amarezza in chi svolge con passione il proprio lavoro nel vederlo così brutalmente umiliato.
E' evidente che gradirei di veder pubblicata questa mia e nell'attesa colgo l'occasione per invitarLa, insieme ai suoi collaboratori, a visitare le nostre strutture affinché la Vostra essenziale funzione di critica, anche nei nostri confronti, possa fondarsi su qualche elemento di conoscenza in più.
Nel ringraziarLa per la cortese attenzione, Le porgo i miei più cordiali saluti.
Giuseppe Peleggi