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14 mag 2013

I TRE ANELLI di Luigi Capuana -- racconto

I TRE ANELLI

C'era una volta un sarto, che aveva tre figliuole, una più bella dell'altra. Sua moglie era morta da un pezzo, e lui si stillava il cervello per riuscire a maritarle. Le ragazze non avevano dote, e senza dote un marito è un po' difficile a trovarsi.
Un giorno questo povero padre pensò d'andarsene in una pianura e chiamare la Sorte:
- Sorte, o Sorte!
Gli apparve una vecchia, colla conocchia e col fuso:
- Perché mi hai tu chiamata?
- Ti ho chiamata per le mie figliuole.
- Menale qui ad una ad una; si sceglieranno la sorte colle loro mani.

Il buon uomo, tornato a casa tutto contento, disse alle figliuole:
- La vostra fortuna è trovata!
E raccontò ogni cosa. Allora la maggiore si fece avanti, ringalluzzita:
- La prima scelta tocca a me. Sceglierò il meglio!
Il giorno dopo, padre e figliuola si avviarono per quella pianura:
- Sorte, o Sorte!
Gli apparve una vecchia, colla conocchia e col fuso:
- Perché m'hai tu chiamata?
- Ecco la mia figliuola maggiore.

La vecchia cavò di tasca tre anelli, uno d'oro, uno d'argento, uno di ferro e li mise sulla palma della mano:
- Scegli, e Dio t'aiuti!
- Questo qui.

Naturalmente prese l'anello d'oro.
- Maestà, vi saluto!
La vecchia le fece un inchino e sparì.
Tornati a casa, la sorella maggiore, pavoneggiandosi, disse alle altre due:
- Diventerò Regina! E voi reggerete lo strascico del manto reale!
Il giorno dopo andò col padre l'altra figlia.
Comparve la vecchia colla conocchia e col fuso, e cavò di tasca due anelli, uno d'argento ed uno di ferro:
- Scegli, e Dio t'aiuti!
- Questo qui.

E, s'intende, prese quello d'argento.
- Principessa vi saluto!
La vecchia le fece un inchino e sparì.
Tornata a casa, quella disse alla maggiore:
- Se tu sarai Regina, io sarò Principessa!
E tutt'e due si diedero a canzonare la sorella minore:
- Che volete? Chi tardi arriva male alloggia. Dovea venire al mondo prima.
Lei zitta.
Il giorno dopo andò col padre la figliuola minore.
Comparve la vecchia colla conocchia e col fuso e cavò di tasca, come la prima volta, tre anelli, uno d'oro, uno d'argento e uno di ferro:
- Scegli, e Dio t'aiuti!
- Questo qui.

Con gran rabbia di suo padre, avea preso quello di ferro.
La vecchia non le disse nulla, e sparì.
Per la strada il sarto continuò a brontolare:
- Perché non quello d'oro?
- Il Signore m'ispirò così.

Le due sorelle, curiose, vennero ad incontrarla per le scale.
- Facci vedere! Facci vedere!
Come videro l'anello di ferro, si contorcevano dalle risa e la canzonavano. Saputo poi che lo avea scelto fra uno d'oro e uno d'argento, per grulla la presero e per grulla la lasciarono.
E lei, zitta.
Intanto si sparse la voce che le tre belle figliuole del sarto avevano gli anelli della buona sorte. Il Re del Portogallo dovea prender moglie e venne a vederle. Rimase ammaliato dalla maggiore:
- Siate Regina del Portogallo!
La sposò con grandi feste e la menò via.
Poco dopo venne un Principe. Rimase ammaliato dalla seconda.
- Siate Principessa!
La sposò con grandi feste e la menò via.
Restava l'ultima. Non la chiedeva nessuno.
Un giorno, finalmente, si presentò un pecoraio:
- Volete darmi questa figliuola?
Il sarto, che ne aveva una Regina ed una Principessa, era montato in superbia e rispose:
- Il pecoraio, scusate, noi per ora ce l'abbiamo.
Stava per passare un altr'anno. La minore restava sempre in casa, e il padre non faceva altro che brontolare giorno e notte:
- Le stava bene, stupidona! Sarebbe rimasta in un canto, con quel suo anello di ferro.
E all'anno appunto, tornò a presentarsi il pecoraio:
- Volete darmi quella figliuola?
- Prendila - rispose il sarto. - Non si merita altro!

Si sposarono, senza feste e senza nulla, e la menò via.
Allora il sarto disse:
- Voglio andar a visitare la mia figliuola Regina.
La trovò che piangeva.
- Che cos'hai, figliuola mia?
- Sono disgraziata! Il Re vorrebbe un figliuolo, ed io non posso farne. I figliuoli li dà Dio.
- Ma l'anello della buona fortuna non giova a nulla?
- Non giova a nulla. Il Re mi ha detto: "Se fra un anno non avrò un figliuolo, guai a te!". Son certa, babbo mio, che mi farà tagliar la testa.

Quel povero padre, come potea rimediare? E partì per far visita alla figliuola Principessa. La trovò che piangeva.
- Che cos'hai, figliuola mia?
- Sono disgraziata! Tutti i figliuoli che faccio mi muoiono dopo due giorni.
- E l'anello della buona fortuna non giova a nulla?
- Non giova a nulla. Il Principe mi ha detto: "Se questo che hai nel seno morrà anche lui, guai a te!". Son certa, babbo mio, che mi farà scacciar di casa!

Quel povero padre che potea farci? E partì.
Per via gli nacque il pensiero d'andar a vedere l'altra figliuola, quella del pecoraio. Ma aveva vergogna di presentarsi. Si travestì da mercante, prese con sé quattro ninnoli da vendere e, cammina, cammina, arrivò finalmente in quelle contrade lontane.
Vide un magnifico palazzo stralucente, e domandò a chi appartenesse.
- È il palazzo del re Sole.
Mentre stava lì a guardare, stupito, sentì chiamarsi da una finestra:
- Mercante, se portate bella roba, montate su. La Regina vuol comprare.
Montò su, e chi era mai la Regina? La sua figliuola minore, la moglie del pecoraio. Quello rimase di sasso; non potea neppure aprir le cassette degli oggetti da vendere.
- Vi sentite male, poverino? - gli disse la Regina.
- Figliuola mia, sono tuo padre! E ti chiedo perdono!

Lei, che l'aveva riconosciuto, non permise che le si gettasse ai piedi, e lo ricevé tra le braccia:
- Siate il ben venuto! Ho dimenticato ogni cosa. Mangiate e bevete, ma prima di sera andate via. Se re Sole vi trovasse, rimarreste incenerito.
Dopo che quello ebbe mangiato e bevuto, la figliuola gli disse:
- Questi doni son per voi. Questa nocciuola è per la sorella maggiore: questa boccettina di acqua per l'altra. La nocciuola, dee inghiottirsela col guscio; l'acqua, dee berne una stilla al giorno, non più. E che badino, babbo!
Quando le due sorelle intesero la bella fortuna toccata alla minore e videro quella sorta di regali che loro inviava, arsero d'invidia e di dispetto:
- Si beffava di loro con quella nocciuola e con quell'acqua!
La maggiore buttò la nocciuola in terra, e la pestò col calcagno. La nocciuola schizzò sangue. C'era dentro un bambino piccino piccino: lei gli aveva schiacciata la testa!
Il Re, visto quell'atto di superbia e il bambino schiacciato:
- Olà! - gridò - levatemela d'innanzi; mozzatele il capo!
E, senza pietà né misericordia, la fece mettere a morte.
L'altra, nello stesso tempo, avea cavato il turacciolo alla boccetta e, affacciatasi a una finestra, n'avea versata tutta l'acqua.
Sotto la finestra passavano dei ragazzi che trascinavano un gatto morto. L'acqua cadde su questo, e il gatto risuscitò.
- Ah, scellerata! - urlò il Principe. - Hai tolto la sorte ai nostri figliuoli!
E in quel momento di furore, la strangolò colle sue mani.
Il babbo tornò dalla figliuola minore, e raccontò, piangendo, quelle disgrazie.
- Babbo mio, mangiate e bevete, e prima di sera andate via. Se re Sole vi trovasse, rimarreste incenerito. Appena avrò buone notizie, vi manderò a chiamare.
La sera tornò re Sole, e lei gli domandò:
- Maestà, che cosa avete visto nel vostro viaggio?
- Ho visto tagliar la testa a una Regina e strangolare una Principessa. Se lo meritavano.
- Ah, Maestà, eran le mie sorelle! Ma voi potete risuscitarle; non mi negate questa grazia!
- Vedremo! - rispose re Sole.

Il giorno dopo, appena fu giunto nel luogo dov'era seppellita la Regina, picchiò sulla fossa e disse:
- Tu che stai sotto terra,
Mi manda la tua sorella;
Se dal buio volessi uscire,
Del mal fatto ti déi pentire.
- Rispondo a mia sorella:
Sto bene sotto terra.
Dio gli dia male e malanno!
Vo' la nuova avanti l'anno!
- Resta lì, donnaccia infame!
E il re Sole continuò il suo viaggio. Arrivato dov'era stata sepolta la Principessa, picchiò sulla fossa e disse:
- Tu che stai sotto terra,
Mi manda la tua sorella;
Se vuoi tornare da morte a vita,
Del mal fatto sii pentita!
- Rispondo a mia sorella:
Sto bene sotto terra.
Male occulto o mal palese,
Vo' la nuova avanti un mese!
Resta lì, donnaccia infame!
Re Sole continuò il suo viaggio, e quelle due sorelle se le mangiarono i vermi.
Stretta è la foglia, larga è la via.
Dite la vostra, ché ho detto la mia.




3 gen 2012

deltaplano e parapendio conferma l'Italia al vertice delle graduatorie





Un altro anno d'oro per il volo libero in deltaplano e parapendio conferma l'Italia al vertice delle graduatorie mondiali di queste entusiasmanti discipline che regalano forti emozioni a migliaia di piloti.
La vittoria più strepitosa si è concretizzata questa estate in
Umbria. Gli azzurri del deltaplano, di fronte a 146 piloti provenienti da 35 nazioni, hanno conquistato il quinto titolo mondiale. Facevano parte della nazionale Alessandro Ploner di San Cassiano (Bolzano), Christian Ciech di Mornago (Varese), Elio Cataldi di Vittorio Veneto (Treviso), Davide Guiducci di Villa Minozzo (Reggio Emilia), Filippo Oppici di Parma, Karl Reichegger di Falzes (Bolzano), Suan Selenati di Arta Terme (Udine), Vanni Accattoli di Recanati (Macerata), gli accompagnatori Andrea Bozzato di Verbania e Alba Tombollato di Padova, guidati dal CT Flavio Tebaldi di Venegono Inferiore (Varese).
In particolare Ploner ha vinto il suo quarto titolo individuale, seguito da Ciech, medaglia d'argento. Complessivamente in circa 10 anni Ploner ha un palmare di tre medaglie d'oro, due d'argento ed una di bronzo; Ciech due d'oro e due d'argento. Ai vertici del mondo c'è anche la Icaro 2000, produttore varesino di deltaplani, che vanta una decina di titoli tra mondiali e continentali ed una produzione di 9000 esemplari l'anno.
Il 2011 è stato anche l'anno dei mondiali di parapendio, disputati in Spagna. Luca Donini di Molveno (Trento), campione d'Europa in carica, ha vinto la medaglia d'argento. 150 i piloti iscritti in rappresentanza di 48 nazioni.
Il team azzurro era composto anche da Marco Littamè di Gassino Torinese, da Christian Biasi di Rovereto (Trento), dal CT Alberto Castagna di Cologno Monzese (Milano), dai tecnici Giorgio Corti di Suello (Lecco) e Paolo Zammarchi di Roncadelle (Brescia). L'Italia detiene il titolo europeo ed ha vinto la Coppa del Mondo nel 2009.

30 lug 2018

cs Europei parapendio, argento e bronzo per l'Italia - ARDUINO ROSSI

Dal 15° Campionato Europeo di parapendio gli azzurri tornano a casa con un soddisfacente risultato, medaglia d'argento per la squadra e bronzo per il bolognese Alberto Vitale nel singolo.
La squadra campione d'Europa 2018 è la Spagna che precede appunto l'Italia, poi a Francia campione del mondo in carica e Germania. La medaglia d'oro nella classifica individuale è stata messa al collo del britannico Theo Warden che ha superato d'un soffio il tedesco Torsten Siegel e il nostro Alberto Vitale, protagonista di una splendida rimonta. Migliore nella graduatoria femminile la francese d'origini nipponiche Seiko Fukuoka Naville. Argento per Yael Margelisch (Svizzera), bronzo per Meryl Delferriere (Francia). La campionessa d'Italia Silvia Buzzi Ferraris, milanese, ha terminato al sesto posto dopo aver vinto una prova femminile. Ventuno le quote rosa presenti.
Un plauso per le prestazioni di Joachim Oberhauser di Termeno (Bolzano), di Marco Littamè (Torino) e Marco Busetta di Paternò (Catania) che si sono messi in luce durante alcune task, contribuendo al successo del collettivo.
L'evento ha impegnato 150 piloti in rappresentanza di 28 nazioni per due settimane nei cieli di Montalegre, nel nord del Portogallo. Il team italiano si è presentato con la ferma determinazione di cancellare la prova opaca dello scorso anno ai mondiali di Feltre. Operazione riuscita. Questi i restanti piloti azzurri convocati dal CT Alberto Castagna di Cologno Monzese: Christian Biasi di Rovereto (Trento), Federico Nevastro (Padova) e l'emiliano Michele Boschi.
Durante il campionato sono stati effettuati otto voli, uno al giorno, su distanze tra i 52 ed i 94 chilometri, percorsi contrassegnati da punti salienti del territorio, che i parapendio hanno aggirato prima di raggiungere l'atterraggio in media dopo due o tre ore, in un caso anche solo un'ora e mezza. Cancellate due task per avverse condizioni meteo, un dovere per riguardo alla sicurezza dei piloti.

Gustavo Vitali - Ufficio Stampa FIVL
Associazione Nazionale Italiana Volo Libero (registro CONI n. 46578)


10 apr 2010

10/4 Asia Argento, Morgan e lo scontro per la figlia (Maria Valota)


Asia Argento vuole far cadere la patria podestà al ex marito, il cantante Morgan per la loro figlia di 8 anni.
I legali di Morgan invece affermano: “Argento ha già ottenuto l'affidamento esclusivo della bambina e il mantenimento da parte del padre”.
Il tutto è legato al noto vizio di Morgan, ma ora afferma di non drogarsi più, ma lo scontro tra ex è spesso legato da rancori e odi profondi.
I figli stanno nel mezzo della crisi matrimoniale: non rimane che fare gli auguri alla bambina.

22 gen 2024

Re: Congratulazioni del Presidente Testolin e dell’Assessore Grosjacques a Giorgia Collomb, medaglia d’argento nella combinata alpina ai Giochi Olimpici giovanili di Gangwon


Il lun 22 gen 2024, 10:50 Ufficio Stampa Regione Autonoma Valle d'Aosta <comunicati_stampa@regione.vda.it> ha scritto:

 


Bureau de presse
Ufficio stampa


COMUNICATO STAMPA

Aosta, lunedì 22 gennaio 2024

 

Congratulazioni del Presidente Testolin e dell'Assessore Grosjacques a Giorgia Collomb, medaglia d'argento nella combinata alpina ai Giochi Olimpici giovanili di Gangwon

 

Il Presidente della Regione, Renzo Testolin e l'Assessore al turismo, sport e commercio, Giulio Grosjacques esprimono le congratulazione del Governo regionale a Giorgia Collomb che ha conquistato la medaglia d'argento nella combinata alpina (SuperG e slalom) ai Giochi olimpici giovanili in corso di svolgimento a Gangwon (Corea del Sud).

La giovane di La Thuile, portacolori del Centro Sportivo Carabinieri, è riuscita nell'impresa grazie a una grande prova nello slalom (miglior tempo), dopo il tredicesimo tempo registrato nella prova di SuperG. Per la Valle d'Aosta si tratta di una nuova medaglia dopo il bronzo di Nayeli Mariotti Cavagnet nel biathlon.

"Questa nuova grandissima prestazione - commentano il Presidente Testolin e l'Assessore Grosjacques – conferma la bontà del lavoro svolto negli anni da tutto il movimento degli sport invernali. Giorgia, come Nayeli, rappresenta la qualità dei nostri giovani e siamo certi che altri si affacceranno sulla scena internazionale. Un ringraziamento e un plauso va a tutti gli allenatori e ai dirigenti che ogni giorno lavorano per far crescere i nostri giovani atleti e dare lustro a tutti gli sport della neve."

 

X: @vdaufficiale  

IG: regionevalledaosta.official

FB: Regione Valle d'Aosta

 

 

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us

 

Fonte: Assessorati del Turismo, Sport e Commercio - Ufficio stampa Regione autonoma Valle d'Aosta

 

 



Ufficio stampa - Bureau de presse
T. 0165 27 32 00 - 32 90
F. 0165 27 34 02
u-stampa@regione.vda.it
www.regione.vda.it

 
Questa comunicazione è stata generata tramite l'applicativo
Municipium

27 lug 2013

Tre medaglie per gli azzurri ai mondiali di parapendio

A Sopot, località montana della Bulgaria, si e chiusa positivamente la 13.a edizione del campionato mondiale di parapendio.
Successo di partecipazione, con 146 piloti in rappresentanza di 38 nazioni, e successo degli azzurri che tornano a casa con la medaglia d'argento nella classifica a squadre, dietro la Francia e davanti al Venezuela, e due medaglie di bronzo, una nella classifica maschile, grazie al torinese Davide Cassetta, e l'altra nella gara femminile, ancora una volta con Nicole Fedele di Gemona nel Friuli (Udine), campionessa europea in carica.
Spadroneggia la Francia che, oltre al titolo a squadre, si aggiudica anche i primi due posti nella classifica maschile con il neo campione del mondo Jeremie Lagere seguito da Charles Cazaux, medaglia d'argento. Pure nella classifica femminile, vinta dalla polacca Klaudia Bulgakow, una pilota naturalizzata francese, Seiko Fukuoka, si aggiudica la medaglia d'argento.
La comitiva azzurra, oltre a Davide Casetta e Nicole Fedele, era composta dai trentini Christian Biasi e Luca Donini, da Marco Littamè (Torino), da Alberto Vitale (Bologna) e dal Team Leader Alberto Castagna di Milano.
In particolare sono emersi Marco Littamé, vincitore della prima manche, e Luca Donini che ha vinto una prova e si è piazzato al secondo posto in un'altra, ma lascia sul campo il titolo di vice campione del mondo conquistato due anni prima in Spagna. In genere l'Italia come squadra nazionale di parapendio sta crescendo sulla scia dei colleghi che volano in deltaplano e che di titoli mondiali ne hanno collezionati una lunga serie.
La competizione si è giocata su cinque prove delle dieci previste, lunghe tra i 70 ed i 128 chilometri cadauna, 513 in tutto, passando da giornate con cielo coperto a quelle fortemente soleggiate. Insieme al tempo mutavano le condizioni di volo e l'organizzazione ha annullato le prove che si sarebbero disputate in condizioni poco favorevoli alla pratica del volo libero.
Per questi mezzi, privi di motore e che si reggono in aria sfruttando le correnti d'aria ascensionali scatenate dall'irraggiamento del suolo, volare in condizioni non ottimali significa esporsi a grossi rischi. Pertanto uno dei doveri dei direttori di gara, coadiuvati da esperti in meteorologia, è quello di non far disputare la gara se si prevede maltempo.



Gustavo Vitali

3 mag 2010

02/5 Gesù condotto davanti a Pilato - Vangelo S. Matteo 

VANGELI E ATTI DEGLI APOSTOLI - SCARICA CLICCANDO SU QUESTO LINK

Cap. 27
1 Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire. 2 Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.
Morte di Giuda
3 Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani 4 dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!». 5 Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi. 6 Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: «Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue». 7 E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri. 8 Perciò quel campo fu denominato "Campo di sanguè'fino al giorno d'oggi. 9 Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, 10 e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.

27 mar 2010

27/3 LIBRI (Arduino Rossi)

LIBRI

Lo scopo della mia vita era lo studio: leggere e accumulare appunti per un'opera mastodontica che avrei chiamato l'enciclopedia.
Non sarebbe stata come quella degli enciclopedici del secolo dei Lumi, ma come una nuova pietra fondamentale del sapere moderno.
Stavo accumulando dati su tutto lo scibile umano, dalla biologia all'astrologia, dal mondo delle fiabe a quello delle musiche giovanili rumoreggianti e legate al consumo delle droghe.
Ero il bibliotecario di una piccola biblioteca di periferia che aveva pochi utenti, per di più vecchi professori con le loro manie culturali, specializzati su autori latini e greci.
Avevo uno scatolone dove erano ammucchiate centinaia di quaderni con le bozze di quant'anni di impegno.
Mi mancava solo la casa editrice disposta a far stampare tutto quel materiale, anche a pagamento, ma per pubblicare il tutto mi serviva una somma enorme.
Sostenevano che non avesse valore commerciale un'edizione così rande volume di dati e date senza scopo alcuno se non quello della pura conoscenza pedante.
Non esistevano più gli amanti delle nozioni e delle informazioni senza scopo se non quello della pura divulgazione.
La ricerca del denaro per far entrare in biblioteca il mio lavoro di tutta la vita era diventata un'ossessione, io non avevo mai desiderato denaro: ero uno scapolo abitudinario, con i ritmi precisi e ripetitivi, quasi maniacali senza fantasia.
Mangiavo alla data ora, andavano sempre a letto alle venti e mi alzavo alle cinque del mattino in qualsiasi stagione: mi lavavo le miei cose, mi preparavo la mia magra colazione.
Mi sistemavo il mio vestito grigio con la cravatta intonata e il mio cappello,tenuto con religiosa precisione.
Ero stato indifferente alle mode e il mio vestiario era particolarmente antiquato: i giovani sorridevano vedendomi passare, per loro ero un rudere vivente.
Come potevo ottenere denaro?
I miei risparmi non erano sufficienti, la mia liquidazione avrebbe coperto la metà della spesa, mentre io volevo vedere pubblicato tutto al più presto.
Temevo che un malore mi avrebbe portato all'altro mondo senza poter concludere la mia opera.
Era questa la seconda ossessione che non mi lasciva dormire: dover lasciare tutto qui senza aver visto la fine del mio impegno,mi terrorizzava l'idea perché mi pareva di non dare un senso alla mia vita.
Di libri la mia biblioteca ne conteneva più di duecentomila: era un vero tesoro di antichità e di rarità.
Ero l'unico a sfogliare i testi più preziosi, i manoscritti più belli, miniati con gusto aristocratico.
Fu proprio in uno di questi miei tesori, come li chiamavo io, che scovai la mia fortuna o sfortuna se preferite: era la descrizione di un enigmatico covo di briganti, proprio nella parte vecchia della città è sotto un edificio che oggi non esiste più.
Lì, secondo il libro, c'era l'oro dei poveri, le pietre preziose dei miseri, l'argento della madre terra.
Poteva essere benissimo simbolico e rappresentare virtù cristiane, ma volli andare sino in fondo alla questione.
Non fu facile convincere il custode dello stabile che sorgeva al posto del monastero in parte abbattuto il secolo scorso: con una buona mancia il burbero guardiano mi lasciò scendere negli scantinati, tra topi e ragni, come diceva lui, tra reperti
archeologici come sostenevo io.
Infatti di resti di precedenti costruzioni, pre-romane e medievali ne individuai parecchi, ma non ero sceso per quello: dovevo trovare il corridoio che portava al covo, o se preferite al nascondiglio dei briganti.
La porta delle segrete era stata murata secoli prima, ma c'era ancora la traccia degli antichi cardini: non era da lì che sarei riuscito a penetrare nella sala del mio tesoro.
Avrei dovuto cercare in un altro tratto, forse dalla chiesa patronale.
Attesi la sera e mi nascosi nel confessionale, il sagrestano chiuse le porte e se ne andò, così potei uscire indisturbato.
Fu facile trovare la porta dei sotterranei, era rimasta aperta e la conoscevo benissimo, grazie alle mappe che avevo in biblioteca.
Fu facile arrivare all'imbocco degli scantinati dell'antico convento, meno facile fu penetrarvi
C'era una massiccia porta di legno, ma per fortuna la serratura si era arrugginita: forzarla fu semplice.
Da molti anni nessuno era entrato in quelle gallerie e l'aria era fetida, ma non mi importava, dovevo giungere sino al mio scopo.
L'oro c'era, pure l'argento e le pietre preziose, il libro non aveva mentito, ma pure mi sembrava troppo facile la mia scoperta: possibile che nessuno si era accorto di quella porta e non si era inoltrato in quei tratti dei sotterranei?
Il mio problema principale era quello di ritornare a casa, procurarmi i mezzi per portare con me quelle ricchezze e spenderle senza dare sospetti.
Non era un'operazione facile: cominciai a riempire la borsa di canapa che avevo con me, poi tornai sui miei passi, ma ben presto mi accorsi di essermi smarrito.
Eppure la mappa non doveva essere sbagliata: le gallerie erano lunghe solo poche centinaia di metri e nulla più.
Mi stavo facendo prendere dal panico: dovevo al più presto richiudere la porta, senza lasciare tracce di scasso e nascondermi in chiesa, per uscire indisturbato con la gente della prima Messa, all'alba.
Finalmente scovai una nuova porta, uscii all'aperto, proprio in una piazza che non avevo mai visto.
C'era un buio tenebroso, la notte era illuminata dalle stelle e da qualche bagliore che usciva dalla finestra.
Il silenzio era pesante, qualche ombra si notava in fondo alla piazza.
Non seppi riconoscere il luogo, eppure la mia città la sapevo percorrere anche a occhi chiusi: quello era un posto sconosciuto, mai visto se non in un vecchio quadro.
Era impossibile, il borgo di san Giovanni era stato abbattuto nel seicento, quando decisero di allargare la cinta muraria: quel posto non doveva più esistere.
Dei cavalli nitrivano in una stalla vicina, c'erano delle torce ai quattro angoli della piazza e il fumo saliva lieve, mentre la mia vista si stava abituando a quella notte del passato.
Dove ero finito?
I libri di negromanzia parlavano di una seconda città dentro la prima, uguale nei secoli, dove vivevano i morti.
Era assurdo: le mie letture mi avevano offuscato la ragione, non riuscivo a ritrovare altra spiegazione, benché irrazionale.
Il fetore della morte saliva dai borghi sparsi nella campagna: era proprio come nel quadro che tenevo sopra la mia testa da quarant'anni, un paesaggio lugubre che descriveva la pestilenza del seicento.
Udii i carri dei monatti percorrere le vie, i corpi abbruttiti dal morbo, i brutti musi dei porta cadaveri, ceffi sfuggiti al patibolo per la necessità di braccia disposte a sotterrare i morti.
Le torce illuminavano visi terrorizzati o straziati dal dolore, dal terrore di una morte tanto prossima quanto sicura.
Sapevo che il pittore del quadro era stato uno stregone ed era morto sul rogo, ma non sarei mai immaginato che un giorno sarei terminato in un tranello simile: la trappola dei defunti.
Tornai sui miei passi, ma non riuscivo ad orientarmi in quelle tenebre, finalmente rintracciai il convento dei frati neri: vi entrai senza chiedere permesso.
Tutte le porte erano aperte e ogni angolo era zeppo di corpi di moribondi o di cadaveri.
Scesi nella cripta, tra frati oranti, indifferenti a me e al mio abbigliamento per loro insolito.
Trovai la sala del tesoro e decisi di lasciare il mio bottino al suo posto: fu facile individuare l'uscita e attendere la fine della notte tra le colonne della chiesa.
Fuori cercai di capire cosa mi era capitato: poteva essere stato un incubo, ma era reale e mi aveva lasciato l'odore tremendo di cadaveri.
Trovare una spiegazione non fu facile, ma decisi di non tornare a casa se non con il mio oro.
Mi procurai una grande borsa e un sacco per i preziosi, l'argento l'avrei preso un'altra volta.
Mi lessi la sbiadita mappa del borgo di San Giovanni, per non perdermi e scrissi queste memorie, se per caso non dovessi tornare.
So di rischiare di non riuscire più a trovare la via di uscita da quella città celata, ma non ho altre possibilità: quell'oro mi serve.
Si dice che quello sia un limbo o un inferno, dove il tempo sia sempre uguale, una notte perpetua ti avvolge e non ti rimane che stare accanto ai moribondi e ai cadaveri per l'eternità.
Vi racconterò ogni particolare quando sarò tornato.
-Altro non scovai sul Signor Parte, scomparso l'anno scorso.
Come bibliotecario che lo ha sostituito scartabellai tra i volumi e rintracciai il foglio scritto da questo vecchio pedante di altri tempi, grazie all'accuratezza che ho nel ricercare e riordinare i volumi.
Dovrei consegnare questo foglio alla polizia, ma temo che servirebbe ad avvallare la teoria della pazzia di Parte, invece io credo all'esistenza di questa città segreta e del tesoro nascosto.
Ho deciso di avventurarmi nei sotterranei della chiesa patronale e se non tornassi pregate per me.-

Racconto di genere horror, orrore, nero trattao dalla raccolta di racconti intitolata IL FOLLE, pubblicato con lulu - lulu.com

21 apr 2011

Vangelo S. Matteo - la passione



Annunzio del tradimento di Giuda

 20  Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.  21  Mentre mangiavano disse: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà».  22  Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?».  23  Ed egli rispose: «Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.  24  Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!».  25  Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto».

Istituzione dell'Eucaristia

 26  Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo».  27  Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti,  28  perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.  29  Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio».

Predizione del rinnegamento di Pietro

 30  E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.  31  Allora Gesù disse loro: «Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti:Percuoterò il pastore
e saranno disperse le pecore del gregge,
 32  ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea».  33  E Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai».  34  Gli disse Gesù: «In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte».  35  E Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.

Al Getsemani

 36  Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare».  37  E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.  38  Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me».  39  E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».  40  Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?  41  Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole».  42  E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà».  43  E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.  44  E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.  45  Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.  46  Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina».

L'arresto di Gesù

 47  Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.  48  Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!».  49  E subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò.  50  E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.  51  Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio. 52  Allora Gesù gli disse: «Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.  53  Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?  54  Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?».  55  In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato.  56  Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.

Gesù davanti al sinedrio

 57  Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale gia si erano riuniti gli scribi e gli anziani.  58  Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione. 59  I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte;  60  ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni. 61  Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni».  62  Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?».  63  Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio».  64  «Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico:
d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo
seduto alla destra di Dio,
venire sulle nubi del cielo».
 65  Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia;  66  che ve ne pare?». E quelli risposero: «E' reo di morte!».  67  Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano,  68  dicendo: «Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?».

Rinnegamenti di Pietro

 69  Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!».  70  Ed egli negò davanti a tutti: «Non capisco che cosa tu voglia dire».  71  Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno».  72  Ma egli negò di nuovo giurando: «Non conosco quell'uomo».  73  Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: «Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!».  74  Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo!». E subito un gallo cantò.  75  E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: «Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte». E uscito all'aperto, pianse amaramente.
Cap. 27

Gesù condotto davanti a Pilato

 1  Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.  2  Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.

Morte di Giuda

 3  Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani  4  dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!».  5  Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.  6  Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: «Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue».  7  E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.  8  Perciò quel campo fu denominato "Campo di sanguè'fino al giorno d'oggi.  9  Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,  10  e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.

Gesù davanti a Pilato

 11  Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose «Tu lo dici».  12  E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.  13  Allora Pilato gli disse: «Non senti quante cose attestano contro di te?».  14  Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore. 15  Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.  16  Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.  17  Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: «Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?».  18  Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
 19  Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua».  20  Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.  21  Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!».  22  Disse loro Pilato: «Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?». Tutti gli risposero: «Sia crocifisso!».  23  Ed egli aggiunse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora urlarono: «Sia crocifisso!».
 24  Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: «Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!».  25  E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli».  26  Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

La corona di spine

 27  Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.  28  Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto  29  e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: «Salve, re dei Giudei!».  30  E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.  31  Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.

La crocifissione

 32  Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.  33  Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,  34  gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.  35  Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte 36  E sedutisi, gli facevano la guardia.  37  Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei». 38  Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

Gesù in croce deriso e oltraggiato

 39  E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo:  40  «Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!». 41  Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:  42  «Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. E' il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.  43  Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!».  44  Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.

La morte di Gesù

 45  Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.  46  Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».  47  Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia».  48  E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere 49  Gli altri dicevano: «Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!».  50  E Gesù, emesso un alto grido, spirò. 51  Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,  52  i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.  53  E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.  54  Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
 55  C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.  56  Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.

La sepoltura

 57  Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.  58  Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.  59  Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo  60  e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.  61  Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.

La custodia della tomba

 62  Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:  63  «Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.  64  Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: E' risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!».  65  Pilato disse loro: «Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete».  66  Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.
Cap. 28

La tomba vuota. Messaggio dell'angelo

 1  Passato il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare il sepolcro.  2  Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa.  3  Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve.  4  Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite.  5  Ma l'angelo disse alle donne: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso.  6  Non è qui. E' risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto.  7  Presto, andate a dire ai suoi discepoli: E' risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto».  8  Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annunzio ai suoi discepoli.

L'apparizione alle pie donne

 9  Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: «Salute a voi». Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono.  10  Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno».

Sopruso dei capi giudei

 11  Mentre esse erano per via, alcuni della guardia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto.  12  Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo:  13  «Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l'hanno rubato, mentre noi dormivamo.  14  E se mai la cosa verrà all'orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia».  15  Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi.

Apparizione in Galilea e missione universale

 16  Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato.  17  Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano.  18  E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.  19  Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,  20  insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

31 ago 2012

LIBRI . racconto di Arduino Rossi


LIBRI

Lo scopo della mia vita era lo studio: leggere e accumulare appunti per un'opera mastodontica che avrei chiamato l'enciclopedia.
Non sarebbe stata come quella degli enciclopedici del secolo dei Lumi, ma come una nuova pietra fondamentale del sapere moderno.
Stavo accumulando dati su tutto lo scibile umano, dalla biologia all'astrologia, dal mondo delle fiabe a quello delle musiche giovanili rumoreggianti e legate al consumo delle droghe.
Ero il bibliotecario di una piccola biblioteca di periferia che aveva pochi utenti, per di più vecchi professori con le loro manie culturali, specializzati su autori latini e greci.
Avevo uno scatolone dove erano ammucchiate centinaia di quaderni con le bozze di quanta anni di impegno.
Mi mancava solo la casa editrice disposta a far stampare tutto quel materiale, anche a pagamento, ma per pubblicare il tutto mi serviva una somma enorme.
Sostenevano che non avesse valore commerciale un'edizione così grande volume di dati e date senza scopo alcuno se non quello della pura conoscenza pedante.
Non esistevano più gli amanti delle nozioni e delle informazioni senza scopo se non quello della pura divulgazione.
La ricerca del denaro per far entrare in biblioteca il mio lavoro di tutta la vita era diventata un'ossessione, io non avevo mai desiderato denaro: ero uno scapolo abitudinario, con i ritmi precisi e ripetitivi, quasi maniacali senza fantasia.
Mangiavo alla data ora, andavano sempre a letto alle venti e mi alzavo alle cinque del mattino in qualsiasi stagione: mi lavavo le miei cose, mi preparavo la mia magra colazione.
Mi sistemavo il mio vestito grigio con la cravatta intonata e il mio cappello, tenuto con religiosa precisione.
Ero stato indifferente alle mode e il mio vestiario era particolarmente antiquato: i giovani sorridevano vedendomi passare, per loro ero un rudere vivente.
Come potevo ottenere denaro?
I miei risparmi non erano sufficienti, la mia liquidazione avrebbe coperto la metà della spesa, mentre io volevo vedere pubblicato tutto al più presto.
Temevo che un malore mi avrebbe portato all'altro mondo senza poter concludere la mia opera.
Era questa la seconda ossessione che non mi lasciva dormire: dover lasciare tutto qui senza aver visto la fine del mio impegno, mi terrorizzava l'idea perché mi pareva di non dare un senso alla mia vita.
Di libri la mia biblioteca ne conteneva più di duecentomila: era un vero tesoro di antichità e di rarità.
Ero l'unico a sfogliare i testi più preziosi, i manoscritti più belli, miniati con gusto aristocratico.
Fu proprio in uno di questi miei tesori, come li chiamavo io, che scovai la mia fortuna o sfortuna se preferite: era la descrizione di un enigmatico covo di briganti, proprio nella parte vecchia della città è sotto un edificio che oggi non esiste più.
Lì, secondo il libro, c'era l'oro dei poveri, le pietre preziose dei miseri, l'argento della madre terra.
Poteva essere benissimo simbolico e rappresentare virtù cristiane, ma volli andare sino in fondo alla questione.
Non fu facile convincere il custode dello stabile che sorgeva al posto del monastero in parte abbattuto il secolo scorso: con una buona mancia il burbero guardiano mi lasciò scendere negli scantinati, tra topi e ragni, come diceva lui, tra reperti archeologici come sostenevo io.
Infatti di resti di precedenti costruzioni, pre-romane e medievali ne individuai parecchi, ma non ero sceso per quello: dovevo trovare il corridoio che portava al covo, o se preferite al nascondiglio dei briganti.
La porta delle segrete era stata murata secoli prima, ma c'era ancora la traccia degli antichi cardini: non era da lì che sarei riuscito a penetrare nella sala del mio tesoro.
Avrei dovuto cercare in un altro tratto, forse dalla chiesa
patronale.
Attesi la sera e mi nascosi nel confessionale, il sagrestano chiuse le porte e se ne andò, così potei uscire indisturbato.
Fu facile trovare la porta dei sotterranei, era rimasta aperta e la conoscevo benissimo, grazie alle mappe che avevo in biblioteca.
Fu facile arrivare all'imbocco degli scantinati dell'antico convento, meno facile fu penetrarvi.
C'era una massiccia porta di legno, ma per fortuna la serratura si era arrugginita: forzarla fu semplice.
Da molti anni nessuno era entrato in quelle gallerie e l'aria era fetida, ma non mi importava, dovevo giungere sino al mio scopo.
L'oro c'era, pure l'argento e le pietre preziose, il libro non
aveva mentito, ma pure mi sembrava troppo facile la mia scoperta: possibile che nessuno si era accorto di quella porta e non si era inoltrato in quei tratti dei sotterranei?
Il mio problema principale era quello di ritornare a casa, procurarmi i mezzi per portare con me quelle ricchezze e spenderle senza dare sospetti.
Non era un'operazione facile: cominciai a riempire la borsa di canapa che avevo con me, poi tornai sui miei passi, ma ben presto mi accorsi di essermi smarrito.
Eppure la mappa non doveva essere sbagliata: le gallerie erano lunghe solo poche centinaia di metri e nulla più.
Mi stavo facendo prendere dal panico: dovevo al più presto richiudere la porta, senza lasciare tracce di scasso e nascondermi in chiesa, per uscire indisturbato con la gente della prima Messa, all'alba.
Finalmente scovai una nuova porta, uscii all'aperto, proprio in una piazza che non avevo mai visto.
C'era un buio tenebroso, la notte era illuminata dalle stelle e da qualche bagliore che usciva dalla finestra.
Il silenzio era pesante, qualche ombra si notava in fondo alla piazza.
Non seppi riconoscere il luogo, eppure la mia città la sapevo percorrere anche a occhi chiusi: quello era un posto sconosciuto, mai visto se non in un vecchio quadro.
Era impossibile, il borgo di san Giovanni era stato abbattuto nel seicento, quando decisero di allargare la cinta muraria: quel posto non doveva più esistere.
Dei cavalli nitrivano in una stalla vicina, c'erano delle torce ai quattro angoli della piazza e il fumo saliva lieve, mentre la mia vista si stava abituando a quella notte del passato.
Dove ero finito?
I libri di negromanzia parlavano di una seconda città dentro la prima, uguale nei secoli, dove vivevano i morti.
Era assurdo: le mie letture mi avevano offuscato la ragione, non riuscivo a ritrovare altra spiegazione, benché irrazionale.
Il fetore della morte saliva dai borghi sparsi nella campagna: era proprio come nel quadro che tenevo sopra la mia testa da quarant'anni, un paesaggio lugubre che descriveva la pestilenza del seicento.
Udii i carri dei monatti percorrere le vie, i corpi abbruttiti dal morbo, i brutti musi dei porta cadaveri, ceffi sfuggiti al patibolo per la necessità di braccia disposte a sotterrare i morti.
Le torce illuminavano visi terrorizzati o straziati dal dolore, dal terrore di una morte tanto prossima quanto sicura.
Sapevo che il pittore del quadro era stato uno stregone ed era morto sul rogo, ma non sarei mai immaginato che un giorno sarei terminato in un tranello simile: la trappola dei defunti.
Tornai sui miei passi, ma non riuscivo ad orientarmi in quelle tenebre, finalmente rintracciai il convento dei frati neri: vi entrai senza chiedere permesso.
Tutte le porte erano aperte e ogni angolo era zeppo di corpi di moribondi o di cadaveri.
Scesi nella cripta, tra frati oranti, indifferenti a me e al mio abbigliamento per loro insolito.
Trovai la sala del tesoro e decisi di lasciare il mio bottino al suo posto: fu facile individuare l'uscita e attendere la fine della notte tra le colonne della chiesa.
Fuori cercai di capire cosa mi era capitato: poteva essere stato un incubo, ma era reale e mi aveva lasciato l'odore tremendo di cadaveri.
Trovare una spiegazione non fu facile, ma decisi di non tornare a casa se non con il mio oro.
Mi procurai una grande borsa e un sacco per i preziosi, l'argento l'avrei preso un'altra volta.
Mi lessi la sbiadita mappa del borgo di San Giovanni, per non perdermi e scrissi queste memorie, se per caso non dovessi tornare.
So di rischiare di non riuscire più a trovare la via di uscita da quella città celata, ma non ho altre possibilità: quell'oro mi serve.
Si dice che quello sia un limbo o un inferno, dove il tempo sia sempre uguale, una notte perpetua ti avvolge e non ti rimane che stare accanto ai moribondi e ai cadaveri per l'eternità.
Vi racconterò ogni particolare quando sarò tornato.
-Altro non scovai sul Signor Parte, scomparso l'anno scorso.
Come bibliotecario che lo ha sostituito scartabellai tra i volumi
e rintracciai il foglio scritto da questo vecchio pedante di
altri tempi, grazie all'accuratezza che ho nel ricercare e riordinare i volumi.
Dovrei consegnare questo foglio alla polizia, ma temo che servirebbe ad avvallare la teoria della pazzia di Parte, invece io credo all'esistenza di questa città segreta e del tesoro nascosto.
Ho deciso di avventurarmi nei sotterranei della chiesa patronale e se non tornassi pregate per me.-