Visualizzazione dei post in ordine di pertinenza per la query italia. Ordina per data Mostra tutti i post
Visualizzazione dei post in ordine di pertinenza per la query italia. Ordina per data Mostra tutti i post

13 ago 2010

Italia futura critica il governo

 


Italia Futura, l'associazione vicina a Montezemolo scende in campo con discorsi chiari: "Andare alle elezioni non risolverà i problemi. Perderemmo altri 6 mesi.

Berlusconi, Fini e Bossi hanno il dovere di chiudere lo scontro istituzionale, non degno di un Paese civile e di ricompattare la maggioranza".

Sempre Italia Futura non perdona Berlusconi e lo critica: "....un leader si misura sulla base dei risultati e questi ultimi, nel giudizio dei cittadini, sono deludenti".

Così Montezemolo entra nel dibattito, ma non apertamente: era evidente che il presidente della Fiat aveva un suo parere e volesse entrare in politica.

In realtà la Fiat ha sempre una sua presenza indiretta nella vita politica nazionale, ma non si è mai sbilanciata apertamente a favore o contro questo o quel governo.

In questo caso però, sembra che si schieri apertamente per un governo di salvezza nazionale.

Ora gli Italiani sono delusi, sempre, perché governare questo Paese è difficile: per fare ciò che vogliono gli italiani si dovrebbe essere impopolari, con decisioni drastiche e dure, così si tende sempre a tirare a campare, promettendo risultati favolosi che nessuno vede.

La critica di Italia Futura certamente mostra la distanza tra gli interessi della Fiat, che è sempre la prima attività industriale nazionale, da quelli dell'uomo più ricco d'Italia, con le sue televisioni e la raccolta pubblicitaria in competizione con Internet e stampa cartacea.

Era prevedibile che dietro i contrasti interni al governo ci fossero degli interessi non solo politici: ora la posizione ufficiosa del gruppo Fiat è quella di sottrarre il governo a Silvio Berlusconi.

L'uomo più ricco e potente d'Italia è in declino?

Un fatto insolito sta nel ...tradimento di Gianfranco Fini: fu sempre leale a Silvio, ma ora prende le distanze, sino alla rottura attuale.

E' finita l'era Berlusconi?

Si uniranno tutti assieme appassionatamente per sconfiggere il premier?

Ora Silvio pare la causa di tutti i mali del Paese, di tutti i difetti e di tutte le corruzioni, ma temo che il male non possa essere visto tutto in un uomo.

Berlusconi è un italiano, un italiano vero, con pregi e difetti: per questo piace tanto agli italiani .

E' odiato in modo uguale ed opposto all'amore che riceve.

Ora in molti chiedono la resa dei conti a Berlusconi: Fini vuole il suo diritto di delfino, erede al trono, la Fiat chiede una politica a sua favore, che dall'inizio del Novecento sino a oggi prosegue con tutti i governi, da Giolitti, passando dal regime fascista, con i democristiani e i socialisti sino a Berlusconi.

Montezemole ha lanciato la sfida e qualcuno dovrà rispondere: dietro di lui ci sono forze economiche che vanno oltre il gruppo Fiat, interessi e categorie sociali.

Io faccio un quadro complesso ed articolato delle parti in causa: abbiamo la Fiat e amici, con la media imprenditoria che non sempre apprezza la politica berlusconiana.

Berlusconi ha pure un grande rivale: internet.

Ora la pubblicità si muove e si sta spostando, anche se lentamente, nella rete: Silvio non può e forse non sa entrare nel meccanismo di Internet.

Così abbiamo delle potentissime multinazionali che non sopportano vincoli e limiti al loro ...naturale sviluppo: pochi se ne sono accorti, ma Internet vive grazie alla pubblicità.

Così abbiamo interessi che fanno fibrillare il governo e mettono in moto non tanto necessità di nuovi schieramenti, ma nuove politiche economiche e sociali.

Per questo che il potere di Berlusconi scricchiola?

Probabilmente c'è altro, oltre alle case monegasche, alle lotte per politiche di centro e di centro destra: l'Italia sta cambiando e il suo futuro è legato tantissimo alla rete.

Pochi se ne sono accorti, ma solo con la rete l'informazione non è più monopolio dei partiti e dei potentati economici nazionali.

Grazie alla rete il Paese va avanti, ma pure potrebbe restare al palo, se non saprà avanzare in questo settore, con una libertà assoluta, che escluda violenza ed abusi di ogni genere: quindi solo il partito della libertà, ovvero lo spirito autenticamente democratico, farà progredire l'Italia, mentre i monopoli economici e culturali ci fanno regredire.

Si attendono sviluppi, con o senza Berlusconi: non è mandando a casa Berlusconi che si risolvono i problemi, né tenendolo al suo posto che tutto si sistema.

Servono idee e analisi nuove o l'Italia finirà ai margini del futuro economico d'Europa e del mondo.

L'associazione vicina a Montezemolo e Italia Futura

Italia Futura, l'associazione vicina a Montezemolo scende in campo con discorsi chiari: “Andare alle elezioni non risolverà i problemi. Perderemmo altri 6 mesi.

Berlusconi, Fini e Bossi hanno il dovere di chiudere lo scontro istituzionale, non degno di un Paese civile e di ricompattare la maggioranza”.

Sempre Italia Futura non perdona Berlusconi e lo critica: “....un leader si misura sulla base dei risultati e questi ultimi, nel giudizio dei cittadini, sono deludenti”.

Così Montezemolo entra nel dibattito, ma non apertamente: era evidente che il presidente della Fiat aveva un suo parere e volesse entrare in politica.

In realtà la Fiat ha sempre una sua presenza indiretta nella vita politica nazionale, ma non si è mai sbilanciata apertamente a favore o contro questo o quel governo.

In questo caso però, sembra che si schieri apertamente per un governo di salvezza nazionale.

Ora gli Italiani sono delusi, sempre, perché governare questo Paese è difficile: per fare ciò che vogliono gli italiani si dovrebbe essere impopolari, con decisioni drastiche e dure, così si tende sempre a tirare a campare, promettendo risultati favolosi che nessuno vede.

La critica di Italia Futura certamente mostra la distanza tra gli interessi della Fiat, che è sempre la prima attività industriale nazionale, da quelli dell'uomo più ricco d'Italia, con le sue televisioni e la raccolta pubblicitaria in competizione con Internet e stampa cartacea.

Era prevedibile che dietro i contrasti interni al governo ci fossero degli interessi non solo politici: ora la posizione ufficiosa del gruppo Fiat è quella di sottrarre il governo a Silvio Berlusconi.

L'uomo più ricco e potente d'Italia è in declino?

Un fatto insolito sta nel ...tradimento di Gianfranco Fini: fu sempre leale a Silvio, ma ora prende le distanze, sino alla rottura attuale.

E' finita l'era Berlusconi?

Si uniranno tutti assieme appassionatamente per sconfiggere il premier?

Ora Silvio pare la causa di tutti i mali del Paese, di tutti i difetti e di tutte le corruzioni, ma temo che il male non possa essere visto tutto in un uomo.

Berlusconi è un italiano, un italiano vero, con pregi e difetti: per questo piace tanto agli italiani .

E' odiato in modo uguale ed opposto all'amore che riceve.

Ora in molti chiedono la resa dei conti a Berlusconi: Fini vuole il suo diritto di delfino, erede al trono, la Fiat chiede una politica a sua favore, che dall'inizio del Novecento sino a oggi prosegue con tutti i governi, da Giolitti, passando dal regime fascista, con i democristiani e i socialisti sino a Berlusconi.

Montezemole ha lanciato la sfida e qualcuno dovrà rispondere: dietro di lui ci sono forze economiche che vanno oltre il gruppo Fiat, interessi e categorie sociali.

Io faccio un quadro complesso ed articolato delle parti in causa: abbiamo la Fiat e amici, con la media imprenditoria che non sempre apprezza la politica berlusconiana.

Berlusconi ha pure un grande rivale: internet.

Ora la pubblicità si muove e si sta spostando, anche se lentamente, nella rete: Silvio non può e forse non sa entrare nel meccanismo di Internet.

Così abbiamo delle potentissime multinazionali che non sopportano vincoli e limiti al loro ...naturale sviluppo: pochi se ne sono accorti, ma Internet vive grazie alla pubblicità.

Così abbiamo interessi che fanno fibrillare il governo e mettono in moto non tanto necessità di nuovi schieramenti, ma nuove politiche economiche e sociali.

Per questo che il potere di Berlusconi scricchiola?

Probabilmente c'è altro, oltre alle case monegasche, alle lotte per politiche di centro e di centro destra: l'Italia sta cambiando e il suo futuro è legato tantissimo alla rete.

Pochi se ne sono accorti, ma solo con la rete l'informazione non è più monopolio dei partiti e dei potentati economici nazionali.

Grazie alla rete il Paese va avanti, ma pure potrebbe restare al palo, se non saprà avanzare in questo settore, con una libertà assoluta, che escluda violenza ed abusi di ogni genere: quindi solo il partito della libertà, ovvero lo spirito autenticamente democratico, farà progredire l'Italia, mentre i monopoli economici e culturali ci fanno regredire.

Si attendono sviluppi, con o senza Berlusconi: non è mandando a casa Berlusconi che si risolvono i problemi, né tenendolo al suo posto che tutto si sistema.

Servono idee e analisi nuove o l'Italia finirà ai margini del futuro economico d'Europa e del mondo.

8 feb 2011

Zingari - Rom le origini e la loro storia


GIOVEDÌ 11 NOVEMBRE 2010 15:33 COSTEL ANTONESCU Un'interessante analisi storica e sociale sul popolo nomade

In Italia

Gli zingari in Italia, come nel resto del mondo, rappresentano una comunità eterogenea, dalle mille sfumature e dalle mille espressioni. Mille sono anche gli anni della storia degli zingari divisi essenzialmente in tre gruppi principali: Rom, Sinti e Kalé (gitani della penisola iberica). A questi gruppi principali si ricollegano tanti gruppi e sottogruppi, affini e diversificati, ognuno con proprie peculiarità. Essi hanno un’origine comune, L’india del nord e una lingua comune, il romanès o romani ©hib diviso in svariati dialetti. L’opinione pubblica, che dei Rom e Sinti conosce poco o niente, tende a massificare e a confondere i diversi gruppi zingari, soprattutto tende a condannare e ad emarginare senza capire. La popolazione zingara in Italia rappresenta lo 0,16% circa dell’intera popolazione nazionale essendo stimati in un numero di persone compreso fra le 80.000 e le 110.000 unita. Sono presenti solo Sinti e Rom con i loro sottogruppi. I Sinti sono soprattutto insediati nel nord dell’Italia e i Rom nell’Italia centro-meridionale. Essi rappresentano gli zingari di antico insediamento a cui hanno aggiunti vari gruppi zingari di recente e di recentissima immigrazione. Circa 1’80% degli zingari che vivono nel nostro Paese hanno la cittadinanza italiana, il 20% circa e rappresentato da zingari extracomunitari, soprattutto provenienti dai territori della ex-Jugoslavia. Circa il 75% e di religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5% raggruppa: ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali.

L’arrivo in Italia

L’origine indiana degli zingari si è scoperta nel XVIII secolo attraverso lo studio della lingua zingara. Con lo studio filologico si è potuto ricostruire ipoteticamente l’itinerario seguito dagli zingari nel loro lungo cammino in quanto essi prendevano a prestito parole dai popoli con cui venivano a contatto. Dall’India del nord sono arrivati in Europa attraverso la Persia, l’Armenia e l’Impero Bizantino. Dai Balcani si sono diramati in tutta Europa, arrivando anche in Russia e, con le deportazioni, nelle Americhe e in Australia. Sono molti gli studiosi che credono che i Rom abruzzesi, fra i primi gruppi zingari arrivati in Italia, siano arrivati attraverso l’Adriatico provenienti dalle coste albanesi e greche, probabilmente per sfuggire alla repressione dei turchi ottomani. A sostegno di tale tesi si e fatto riferimento all’assenza nella parlata dei Rom abruzzesi di termini tedeschi e slavi. Ma si può obiettare: i turchi ottomani conquistarono tutta la Grecia e l’attuale Albania fra il 1451 e il 1520 (L. Piasere), mentre i Rom in Italia arrivarono molto tempo prima (il primo documento che attesta l’arrivo degli zingari e del 1422 ma ci sono molti indizi che inducono a credere che i Rom arrivarono ancora prima); i Rom abruzzesi hanno nella loro parlata sia termini tedeschi come tiÒ, glàse, brèg (ted. tiÒch = tavolo, glas = bicchiere, berg = montagna), sia termini serbo croati come plaxtà = lenzuola (s.c. phahta), niÒte = nulla (s. c. nista), a Òtar = catturare, afferrare (s.c. staviti), nikt (nikkete) = nessuno (s.c. nikto), a pukav. = fare la spia, denunciare (s.c. bukati), po (pro) = per (s.c. po); inoltre, perché i Rom con le loro carovane avrebbero dovuto viaggiare per via mare, via a loro scomoda, inusuale e all’epoca minacciata dai turchi, se per secoli avevano dimostrato di spostarsi con sicurezza e rapidità per via terra? Tutto ciò induce a credere che il grosso dei Rom abruzzesi sia arrivato in Italia dal nord per via terra, proveniente, dall’Albania o dalla Grecia, attraversando la ex-Jugoslavia e territori di lingua tedesca. Non è da escludere che effettivamente piccoli nuclei siano arrivati in Italia attraverso l’Adriatico assieme ad altre minoranze come Serbo -Croati e Albanesi. Tutto è comunque ancora da provare. Da questa piccola introduzione si può ben comprendere come sia difficile ricostruire la storia dei Rom sia perché i documenti a disposizione sono pochi ed incompleti sia perché i Rom non hanno lasciato nessuna testimonianza scritta. La storia dei Rom é una storia che non nasce dall’interno della sua comunità proprio perché essi rappresentano un popolo senza scrittura che affida alla “memoria” e alla tradizione orale il compito di trasmettere la propria storia e la propria cultura. La storia dei Rom è fatta dai Caggé (non zingari) attraverso le osservazioni di quanti ai Rom si sono in qualche modo interessati per la curiosità e la meraviglia che suscitavano o attraverso le disposizioni delle autorità pubbliche. Così dalla lettura delle Cronache del XV secolo si possono ricostruire sommariamente gli itinerari seguiti dagli zingari in Europa. Il primo documento che segnala l’arrivo degli zingari in Italia è quello del 18 luglio 1422, un’anonima cronaca bolognese contenuta nella Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori: “A di 18 luglio 1422 venne in Bologna un duca d’Egitto, il quale aveva nome Andrea, e venne con donne, putti e uomini del suo paese, e potevano essere ben cento persone…… ” Dalle “grida” e dai bandi che dal 1500 si sono susseguiti fino al 1700 si possono dedurre le politiche attuate dalle autorità nei confronti degli zingari: politiche di espulsione, di reclusione, di repressione, di deportazione, ovvero politiche votate al più completo rifiuto. (Attualmente siamo nella fase della politica di assimilazione).

I Rom abruzzesi

I Rom abruzzesi, con cittadinanza italiana, rappresentano dunque uno dei primissimi gruppi zingari arrivati in Italia e grazie alla lunga permanenza sono relativamente più inseriti nel contesto sociale ed economico della società maggioritaria rispetto ad altri gruppi di recente immigrazione. In passato le attività principalmente esercitate erano quelle che lasciavano spazio all’essere e alla creatività e quelle che facilitavano i rapporti umani. Da qui l’attività di musicisti, di fabbri calderari, di commercianti di cavalli, di lavoratori di metalli. Il progresso tecnologico, il boom economico, lo sviluppo delle attività industriali hanno soppiantato le attività tradizionali e la maggioranza dei Rom ha dovuto operare una riconversione economica, ma il modo di porsi di fronte alla vita e di interiorizzarla e soprattutto la struttura sociale dei Rom e rimasta nei secoli pressoché immutata. L’istituzione fondamentale su cui si regge la società romanes e la famiglia, intesa nel senso più ampio, come gruppo cioè che si riconosce nella discendenza da un antenato comune. Da sempre oggetto di violenza i Rom hanno rafforzato i rapporti endogamici e i vincoli di solidarietà familiare, mantenendo invece verso l’esterno un atteggiamento ostile. Vi è in questo un profondo senso di sfiducia e un’intima esigenza di difesa. Il sistema sociale e vissuto nelle profonde componenti umane, basato essenzialmente sul severo rispetto delle norme etico-morali che regolano e disciplinano la comunità romanes per garantire ai singoli individui la piena integrazione. Essi tutelano la dignità e l’onore del Rom. Non esistono classi o gerarchie sociali se si esclude quella semplicistica di ricchi e poveri, cosicché anche il più ricco e in relazione con il più povero e viceversa in base ad un principio di eguaglianza che riflette una ottica di vita di tipo orizzontale. In questo contesto il Rom abruzzese si sente parte di una totalità singolare che lo porta a differenziarsi sia dai caggé (non zingari) sia dagli altri gruppi zingari (Rom stranieri, Sinti, Kalé). ciò si traduce in un proprio stile di vita con modi proprio di esprimersi e di comportarsi. Alcune norme sono vincolanti, ad esempio: alle romniá abruzzesi non e assolutamente consentito dall’etica romanès di fumare, di indossare pantaloni, di truccarsi, di indossare costumi da bagno al mare, di giocare d’azzardo. Le donne che vogliono avere una buona reputazione ed intendono essere rispettate dai Rom si adeguano al rispetto di tali norme morali, che non le confonde con gli altri. Un Rom si sente perfettamente sicuro in seno alla sua comunità, costituita dall’insieme di tanti singoli gruppi parentelari dove non esistono né regine né tantomeno re come invece tende a far credere il sensazionalismo giornalistico che copre con la fantasia e l’immaginazione le proprie carenze informative. In mondo romano vien perciò presentato o in termini mitologici o in termini criminalizzanti, l’una e l’altra forma sono delle distorsioni che alterano il mondo zingaro producendo stereotipi negativi e pregiudizi di cui i Rom restano vittime. La sicurezza del Rom deriva dalla tradizione che lo pone sicuro di fronte al futuro e dalla coesione, che lo pone sicuro davanti all’imprevedibile. Tutto ciò si traduce in un forte equilibrio psicologico. Le relazioni ben strette fra educazione, coesione ed equilibrio psicologico sono minacciate con i contatti conflittuali esterni. Si pensi ad un bambino Rom che frequenta la scuola pubblica: entrare a contatto con una realtà che presenta dei modelli di vita funzionale alla società maggioritaria a cui e difficile per lui adattarsi, gli provoca inevitabilmente uno smarrimento in quanto è costretto ad operare una difficile scelta che nella maggior parte dei casi lo induce a ripercorrere la strada degli affetti familiari; da adulto mostrerà un atteggiamento ostile verso quella società non ancora preparata ad accoglierlo se non attraverso l’assimilazione. Lo stesso dicasi dei matrimoni misti in cui l’individuo esterno viene a rappresentare un elemento di disturbo se non riesce ad integrarsi. Il cardine della struttura sociale dei Rom e la famiglia patriarcale, dove il vecchio, considerato saggio, ne é rappresentante riconosciuto. Ci sono Rom che vengono esclusi per le loro pessime qualità morali, sono considerati “gavalé” e sono derisi e scherniti. I frequenti contatti all’interno del mondo romano hanno da sempre attivato una fitta rete di comunicazione interna che porta i Rom ad essere a1 corrente di ciò che accade a famiglie zingare anche molto distanti. I mass media rappresentano oggi, assieme alle organizzazioni tentacolari pseudo-zingare, la più grande minaccia all’esistenza dei Rom poiché infondono modelli di vita che allontanano i giovani dalla tradizione facendo allargare le maglie delle relazioni sociali e familiari, creando anche nuovi gusti e nuove esigenze che alterano l’etica romanès e che infondono nei Rom l’arrivismo e la necessità di possedere a tutti i costi il superfluo. Da qui le attività illecite. I Rom non preparati alla maniera dei caggé, cadono nel tranello. Cerchiamo ora di capire e di conoscere alcuni aspetti fondamentali della cultura e della vita dei Rom abruzzesi: la lingua, il sistema giuridico, la festa (fidanzamento e matrimonio), la morte.

La linguaLa lingua dei Rom abruzzesi detta “romanès” o “romaní ©hib” è strettamente imparentata con le lingue neo-indiane e conserva ancora fedelmente un gran numero di vocaboli di origine indiana. La lingua romani è arricchita di imprestiti persiani, armeni, greci, serbo-croati, di alcuni vocaboli tedeschi e di elementi dialettali dell’Italia centromeridionale a testimonianza dell’itinerario seguito dai Rom nel lungo cammino iniziato dal nord-ovest dell’India verso occidente.











Romeni e Rom - I Rom non sono Romeni

GIOVEDÌ 11 NOVEMBRE 2010 15:33 COSTEL ANTONESCU
Un'interessante analisi storica e sociale sul popolo nomade
In Italia
Gli zingari in Italia, come nel resto del mondo, rappresentano una comunità eterogenea, dalle mille sfumature e dalle mille espressioni. Mille sono anche gli anni della storia degli zingari divisi essenzialmente in tre gruppi principali: Rom, Sinti e Kalé (gitani della penisola iberica). A questi gruppi principali si ricollegano tanti gruppi e sottogruppi, affini e diversificati, ognuno con proprie peculiarità. Essi hanno un’origine comune, L’india del nord e una lingua comune, il romanès o romani ©hib diviso in svariati dialetti. L’opinione pubblica, che dei Rom e Sinti conosce poco o niente, tende a massificare e a confondere i diversi gruppi zingari, soprattutto tende a condannare e ad emarginare senza capire. La popolazione zingara in Italia rappresenta lo 0,16% circa dell’intera popolazione nazionale essendo stimati in un numero di persone compreso fra le 80.000 e le 110.000 unita. Sono presenti solo Sinti e Rom con i loro sottogruppi. I Sinti sono soprattutto insediati nel nord dell’Italia e i Rom nell’Italia centro-meridionale. Essi rappresentano gli zingari di antico insediamento a cui hanno aggiunti vari gruppi zingari di recente e di recentissima immigrazione. Circa 1’80% degli zingari che vivono nel nostro Paese hanno la cittadinanza italiana, il 20% circa e rappresentato da zingari extracomunitari, soprattutto provenienti dai territori della ex-Jugoslavia. Circa il 75% e di religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5% raggruppa: ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali.

L’arrivo in Italia

L’origine indiana degli zingari si è scoperta nel XVIII secolo attraverso lo studio della lingua zingara. Con lo studio filologico si è potuto ricostruire ipoteticamente l’itinerario seguito dagli zingari nel loro lungo cammino in quanto essi prendevano a prestito parole dai popoli con cui venivano a contatto. Dall’India del nord sono arrivati in Europa attraverso la Persia, l’Armenia e l’Impero Bizantino. Dai Balcani si sono diramati in tutta Europa, arrivando anche in Russia e, con le deportazioni, nelle Americhe e in Australia. Sono molti gli studiosi che credono che i Rom abruzzesi, fra i primi gruppi zingari arrivati in Italia, siano arrivati attraverso l’Adriatico provenienti dalle coste albanesi e greche, probabilmente per sfuggire alla repressione dei turchi ottomani. A sostegno di tale tesi si e fatto riferimento all’assenza nella parlata dei Rom abruzzesi di termini tedeschi e slavi. Ma si può obiettare: i turchi ottomani conquistarono tutta la Grecia e l’attuale Albania fra il 1451 e il 1520 (L. Piasere), mentre i Rom in Italia arrivarono molto tempo prima (il primo documento che attesta l’arrivo degli zingari e del 1422 ma ci sono molti indizi che inducono a credere che i Rom arrivarono ancora prima); i Rom abruzzesi hanno nella loro parlata sia termini tedeschi come tiÒ, glàse, brèg (ted. tiÒch = tavolo, glas = bicchiere, berg = montagna), sia termini serbo croati come plaxtà = lenzuola (s.c. phahta), niÒte = nulla (s. c. nista), a Òtar = catturare, afferrare (s.c. staviti), nikt (nikkete) = nessuno (s.c. nikto), a pukav. = fare la spia, denunciare (s.c. bukati), po (pro) = per (s.c. po); inoltre, perché i Rom con le loro carovane avrebbero dovuto viaggiare per via mare, via a loro scomoda, inusuale e all’epoca minacciata dai turchi, se per secoli avevano dimostrato di spostarsi con sicurezza e rapidità per via terra? Tutto ciò induce a credere che il grosso dei Rom abruzzesi sia arrivato in Italia dal nord per via terra, proveniente, dall’Albania o dalla Grecia, attraversando la ex-Jugoslavia e territori di lingua tedesca. Non è da escludere che effettivamente piccoli nuclei siano arrivati in Italia attraverso l’Adriatico assieme ad altre minoranze come Serbo -Croati e Albanesi. Tutto è comunque ancora da provare. Da questa piccola introduzione si può ben comprendere come sia difficile ricostruire la storia dei Rom sia perché i documenti a disposizione sono pochi ed incompleti sia perché i Rom non hanno lasciato nessuna testimonianza scritta. La storia dei Rom é una storia che non nasce dall’interno della sua comunità proprio perché essi rappresentano un popolo senza scrittura che affida alla “memoria” e alla tradizione orale il compito di trasmettere la propria storia e la propria cultura. La storia dei Rom è fatta dai Caggé (non zingari) attraverso le osservazioni di quanti ai Rom si sono in qualche modo interessati per la curiosità e la meraviglia che suscitavano o attraverso le disposizioni delle autorità pubbliche. Così dalla lettura delle Cronache del XV secolo si possono ricostruire sommariamente gli itinerari seguiti dagli zingari in Europa. Il primo documento che segnala l’arrivo degli zingari in Italia è quello del 18 luglio 1422, un’anonima cronaca bolognese contenuta nella Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori: “A di 18 luglio 1422 venne in Bologna un duca d’Egitto, il quale aveva nome Andrea, e venne con donne, putti e uomini del suo paese, e potevano essere ben cento persone…… ” Dalle “grida” e dai bandi che dal 1500 si sono susseguiti fino al 1700 si possono dedurre le politiche attuate dalle autorità nei confronti degli zingari: politiche di espulsione, di reclusione, di repressione, di deportazione, ovvero politiche votate al più completo rifiuto. (Attualmente siamo nella fase della politica di assimilazione).

I Rom abruzzesi

I Rom abruzzesi, con cittadinanza italiana, rappresentano dunque uno dei primissimi gruppi zingari arrivati in Italia e grazie alla lunga permanenza sono relativamente più inseriti nel contesto sociale ed economico della società maggioritaria rispetto ad altri gruppi di recente immigrazione. In passato le attività principalmente esercitate erano quelle che lasciavano spazio all’essere e alla creatività e quelle che facilitavano i rapporti umani. Da qui l’attività di musicisti, di fabbri calderari, di commercianti di cavalli, di lavoratori di metalli. Il progresso tecnologico, il boom economico, lo sviluppo delle attività industriali hanno soppiantato le attività tradizionali e la maggioranza dei Rom ha dovuto operare una riconversione economica, ma il modo di porsi di fronte alla vita e di interiorizzarla e soprattutto la struttura sociale dei Rom e rimasta nei secoli pressoché immutata. L’istituzione fondamentale su cui si regge la società romanes e la famiglia, intesa nel senso più ampio, come gruppo cioè che si riconosce nella discendenza da un antenato comune. Da sempre oggetto di violenza i Rom hanno rafforzato i rapporti endogamici e i vincoli di solidarietà familiare, mantenendo invece verso l’esterno un atteggiamento ostile. Vi è in questo un profondo senso di sfiducia e un’intima esigenza di difesa. Il sistema sociale e vissuto nelle profonde componenti umane, basato essenzialmente sul severo rispetto delle norme etico-morali che regolano e disciplinano la comunità romanes per garantire ai singoli individui la piena integrazione. Essi tutelano la dignità e l’onore del Rom. Non esistono classi o gerarchie sociali se si esclude quella semplicistica di ricchi e poveri, cosicché anche il più ricco e in relazione con il più povero e viceversa in base ad un principio di eguaglianza che riflette una ottica di vita di tipo orizzontale. In questo contesto il Rom abruzzese si sente parte di una totalità singolare che lo porta a differenziarsi sia dai caggé (non zingari) sia dagli altri gruppi zingari (Rom stranieri, Sinti, Kalé). ciò si traduce in un proprio stile di vita con modi proprio di esprimersi e di comportarsi. Alcune norme sono vincolanti, ad esempio: alle romniá abruzzesi non e assolutamente consentito dall’etica romanès di fumare, di indossare pantaloni, di truccarsi, di indossare costumi da bagno al mare, di giocare d’azzardo. Le donne che vogliono avere una buona reputazione ed intendono essere rispettate dai Rom si adeguano al rispetto di tali norme morali, che non le confonde con gli altri. Un Rom si sente perfettamente sicuro in seno alla sua comunità, costituita dall’insieme di tanti singoli gruppi parentelari dove non esistono né regine né tantomeno re come invece tende a far credere il sensazionalismo giornalistico che copre con la fantasia e l’immaginazione le proprie carenze informative. In mondo romano vien perciò presentato o in termini mitologici o in termini criminalizzanti, l’una e l’altra forma sono delle distorsioni che alterano il mondo zingaro producendo stereotipi negativi e pregiudizi di cui i Rom restano vittime. La sicurezza del Rom deriva dalla tradizione che lo pone sicuro di fronte al futuro e dalla coesione, che lo pone sicuro davanti all’imprevedibile. Tutto ciò si traduce in un forte equilibrio psicologico. Le relazioni ben strette fra educazione, coesione ed equilibrio psicologico sono minacciate con i contatti conflittuali esterni. Si pensi ad un bambino Rom che frequenta la scuola pubblica: entrare a contatto con una realtà che presenta dei modelli di vita funzionale alla società maggioritaria a cui e difficile per lui adattarsi, gli provoca inevitabilmente uno smarrimento in quanto è costretto ad operare una difficile scelta che nella maggior parte dei casi lo induce a ripercorrere la strada degli affetti familiari; da adulto mostrerà un atteggiamento ostile verso quella società non ancora preparata ad accoglierlo se non attraverso l’assimilazione. Lo stesso dicasi dei matrimoni misti in cui l’individuo esterno viene a rappresentare un elemento di disturbo se non riesce ad integrarsi. Il cardine della struttura sociale dei Rom e la famiglia patriarcale, dove il vecchio, considerato saggio, ne é rappresentante riconosciuto. Ci sono Rom che vengono esclusi per le loro pessime qualità morali, sono considerati “gavalé” e sono derisi e scherniti. I frequenti contatti all’interno del mondo romano hanno da sempre attivato una fitta rete di comunicazione interna che porta i Rom ad essere a1 corrente di ciò che accade a famiglie zingare anche molto distanti. I mass media rappresentano oggi, assieme alle organizzazioni tentacolari pseudo-zingare, la più grande minaccia all’esistenza dei Rom poiché infondono modelli di vita che allontanano i giovani dalla tradizione facendo allargare le maglie delle relazioni sociali e familiari, creando anche nuovi gusti e nuove esigenze che alterano l’etica romanès e che infondono nei Rom l’arrivismo e la necessità di possedere a tutti i costi il superfluo. Da qui le attività illecite. I Rom non preparati alla maniera dei caggé, cadono nel tranello. Cerchiamo ora di capire e di conoscere alcuni aspetti fondamentali della cultura e della vita dei Rom abruzzesi: la lingua, il sistema giuridico, la festa (fidanzamento e matrimonio), la morte.

La lingua
La lingua dei Rom abruzzesi detta “romanès” o “romaní ©hib” è strettamente imparentata con le lingue neo-indiane e conserva ancora fedelmente un gran numero di vocaboli di origine indiana. La lingua romani è arricchita di imprestiti persiani, armeni, greci, serbo-croati, di alcuni vocaboli tedeschi e di elementi dialettali dell’Italia centromeridionale a testimonianza dell’itinerario seguito dai Rom nel lungo cammino iniziato dal nord-ovest dell’India verso occidente.

Etichette: cultura 3 commenti 07/02/11 di Arduino.Rossi Elimina

Modifica Visualizza Silvio Berlusconi e Marco Panne

6 dic 2011

wwf ANNIVERSARIOLEGGE SUI PARCHI SONDAGGIO WWF:“ITALIANI AMICI DEI PARCHI: PIU’ LICONOSCI PIU’ LI PROTEGGI”



Diffusi idati del sondaggio realizzato da ISPO Ricerche per il WWF:

Due terzidegli italiani conoscono le aree naturali protette, il 90% ne riconoscel’importanza per il benessere umano e l’economia del Paese, il 50% è disposto aversare un contributo specifico allo Stato per garantire  gestione e sviluppo

A 20 dalla legge quadro ilWWF lancia il dossier “L’Italia dei parchi”

Un popolo amico delle aree naturali protette, che leconosce (67%) riconosce la loro importanza per il benessere umano (98%) e perl’economia del Paese (84%), una percentuale significativa (50%) sarebbeaddirittura disposto a versare un contributo specifico allo Stato perfinanziare la loro gestione, una percentuale molto significativa seconsideriamo i tempi che corrono e l’annuncio della prossima manovra economicadel Governo.  Le percezioni positiveaumentano tra i giovani, gli istruiti e chi quei parchi li ha visitati perdavvero (il 44% degli 800 intervistati). Percelebrare il ventennale della legge 394 sui Parchi, varata il 6 dicembre 1991dopo un faticoso cammino durato più di 70 anni, il WWF ha realizzato grazie aISPO Ricerche il sondaggio demoscopico “L’Italia dei Parchi”, chiedendoagli italiani cosa pensano delle aree naturali protette, patrimonioinestimabile che, tra difficoltà e successi, tutela oggi oltre il 10,42% delterritorio italiano ed è riuscito a salvare dall’estinzione specie rarissimecome il camoscio d’Abruzzo e l’orso bruno, il lupo, il gipeto, il pinoloricato. Ecco quindi come hanno risposto gli intervistati.

1) LI CONOSCI? I diversi tipi di areanaturale protetta (parchi nazionali,riserve regionali, aree marine, Oasi WWF e aree Natura 2000) sono conosciuti da oltre due terzi della popolazione, con un picco del73% per i parchi nazionali. Il 44% degli intervistati ha dichiarato diaverne visitata almeno una (con prevalenza di uomini, 25-34enni e personeistruite) 
2) A COSASERVONO? Lamaggioranza della popolazione conosce lo scopo principale delle aree naturaliprotette: il 60% cita infatti laconservazione e valorizzazione del patrimonio naturale, specie i giovani, ilaureati e chi ha visitato queste aree. A questa quota si aggiunge un ulteriore 20% che indica l'educazione e lasensibilizzazione dei cittadini verso i temi ambientali.

3) SONOIMPORTANTI PER L’UOMO E L’ECONOMIA? Oltre il 90%riconosce alle aree protette una notevole importanza, sia per il benessere dellepersone e delle generazioni future (il 47% è molto d'accordo, il 48% lo è abbastanza),sia per la capacità di sensibilizzare icittadini sulle tematiche ambientali (43% molto d'accordo, 49% abbastanza),sia per la sicurezza dell’essere umano,intesa come protezione da eventi naturali estremi o dal dissesto idrogeologico(42% molto d'accordo, 47% abbastanza). L’84%le ritiene importanti anche per l'economia del Paese. 


4) BASTANO I FINANZIAMENTI? Secondo il93% degli intervistati lo Stato dovrebbe aumentare gli investimenti nelle areeprotette naturali (54%) o comunque evitare i tagli, mentre appena il 2%ritiene che debbano essere ridotti. Le cose cambiano quando si tratta di dareil proprio contributo diretto: il 50% sidice infatti disponibile a contribuire in qualche misura ai finanziamenti allearee protette (e qui si tratta soprattutto di 45-54enni, residenti nel NordItalia e visitatori), ma il 47% non èd'accordo, con un 17% che si dichiara assolutamente contrario, specie i piùanziani, i meno istruiti e i residenti nel Mezzogiorno. 

5) QUALIPRIORITA’ PER IL MINISTERO DELL’AMBIENTE? Interrogati sull'agenda del Ministerodell'Ambiente, gli italiani non sembrano condividere un tema prioritario. Comeprima risposta, il 22% cita il controllodella gestione e dello smaltimento dei rifiuti (47% totale citazioni), il19% (40% totale citazioni) la protezionedel suolo dai rischi di dissesto idrogeologico e il 18% l'educazione ambientale dei cittadini(39% totale citazioni). Sono invece meno citate la gestione e lo sviluppo dellearee naturali (prima risposta 10%; totale citazioni 23%) e la conservazionedella biodiversità (prima risposta 6%; totale citazioni 17%). 

 “Gli italiani hanno fame di natura e hanno dimostrato che le aree naturali protette sono una presenza viva nel tessuto delnostro Paese, di cui viene compreso l’inestimabile valore per sensibilizzare ededucare i cittadini alle tematiche ambientali ma anche per garantire la lorosicurezza, quale presidio qualificato per contrastare il dissesto delterritorio. Quello delle aree protette è un patrimonio naturale, tutelato evitale, che contribuisce al benessere di tutti/e e alla ricchezza delPaese  – ha detto Stefano Leoni, presidente del WWF Italia - E poiché le percezionipositive aumentano tra coloro che hanno avuto esperienze dirette di contattocon la natura, l’invito che facciamo a tutti gli italiani è di andare neiParchi, nelle Riserve e nelle Oasi del WWF perché è lì che si può cogliere laloro incredibile bellezza e importanza.”



Perl’anniversario della legge quadro il WWF Italia ne racconta la storia neldossier “L’Italia dei Parchi” . Dopo una lunga e faticosa storia fatta di grandisuccessi e gravissime difficoltà, oggi si contanoin Italia 871 aree naturali protette,tra cui 23 parchi nazionali, 27 areemarine protette e 670 tra riserve, parchi e aree protette regionali - oltrealle 130 Oasi del WWF - per un totale di 3.163.591 di ettari di superficieprotetta, pari al 10,42% del territorioitaliano. 
“L’Italiaha vinto la sfida quantitativa, perché abbiamo superato il 10% di territorioprotetto da parchi e riserve. La nuova sfida è la qualità della gestione,perché le aree naturali siano realmente efficaci per la conservazione dellabiodiversità e per il mantenimento dei servizi che la natura fornisce per ilbenessere umano e la nostra economia.” dichiara Franco Ferroni, responsabile policy Aree Protette del WWF Italia
Nonostante i gravi problemi e tagli ai finanziamentiche mettono a rischio la buona gestione e la sopravvivenza stessa di alcunearee, il nostro Paese può quindi vantarsi di aver assicurato protezione a quasitutti gli ambienti naturali e paesaggipiù importanti d’Italia, dalle Dolomiti all’Etna, dall’Arcipelago Toscano alGargano, dal Delta Padano alla Sila, salvando nel contempo specie rarissimedestinate all’estinzione, come ilcamoscio d’Abruzzo e l’orso bruno, il lupo, il gipeto e il pino loricato.Una ricchezza che gli italiani dimostrano di apprezzare, tanto che i parchi ele aree protette sono il segmento più rappresentativo del turismo natura inItalia, con oltre 99 milioni di presenzetotali negli esercizi ricettivi, per un fatturatocomplessivo di 10,75 miliardi di euro. 

L'indagine demoscopica, realizzata da ISPO Ricercheper il WWF Italia, ha coinvolto un ampio campione di 800 individui, rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne,stratificato per quote di genere, età, titolo di studio, condizioneprofessionale, macroarea geografica e ampiezza del comune di residenza. Leinterviste telefoniche sono state condotte nei giorni 23-24 novembre 2011.

Dettagli e storie da “Italia dei Parchi”, pubblicato a breve su  www.wwf.it (inallegato l’indice)

FOTODISPONIBILI SU  https://www.transferbigfiles.com/a80d819b-56a7-489b-9fc6-9caefbc93468?rid=m23pyYKCEa7gc7f4rWQNjQ2 

ANNIVERSARIOLEGGE SUI PARCHI SONDAGGIO WWF:“ITALIANI AMICI DEI PARCHI: PIU’ LICONOSCI PIU’ LI PROTEGGI”



Diffusi idati del sondaggio realizzato da ISPO Ricerche per il WWF:

Due terzidegli italiani conoscono le aree naturali protette, il 90% ne riconoscel’importanza per il benessere umano e l’economia del Paese, il 50% è disposto aversare un contributo specifico allo Stato per garantire  gestione e sviluppo

A 20 dalla legge quadro ilWWF lancia il dossier “L’Italia dei parchi”

Un popolo amico delle aree naturali protette, che leconosce (67%) riconosce la loro importanza per il benessere umano (98%) e perl’economia del Paese (84%), una percentuale significativa (50%) sarebbeaddirittura disposto a versare un contributo specifico allo Stato perfinanziare la loro gestione, una percentuale molto significativa seconsideriamo i tempi che corrono e l’annuncio della prossima manovra economicadel Governo.  Le percezioni positiveaumentano tra i giovani, gli istruiti e chi quei parchi li ha visitati perdavvero (il 44% degli 800 intervistati). Percelebrare il ventennale della legge 394 sui Parchi, varata il 6 dicembre 1991dopo un faticoso cammino durato più di 70 anni, il WWF ha realizzato grazie aISPO Ricerche il sondaggio demoscopico “L’Italia dei Parchi”, chiedendoagli italiani cosa pensano delle aree naturali protette, patrimonioinestimabile che, tra difficoltà e successi, tutela oggi oltre il 10,42% delterritorio italiano ed è riuscito a salvare dall’estinzione specie rarissimecome il camoscio d’Abruzzo e l’orso bruno, il lupo, il gipeto, il pinoloricato. Ecco quindi come hanno risposto gli intervistati.

1) LI CONOSCI? I diversi tipi di areanaturale protetta (parchi nazionali,riserve regionali, aree marine, Oasi WWF e aree Natura 2000) sono conosciuti da oltre due terzi della popolazione, con un picco del73% per i parchi nazionali. Il 44% degli intervistati ha dichiarato diaverne visitata almeno una (con prevalenza di uomini, 25-34enni e personeistruite) 
2) A COSASERVONO? Lamaggioranza della popolazione conosce lo scopo principale delle aree naturaliprotette: il 60% cita infatti laconservazione e valorizzazione del patrimonio naturale, specie i giovani, ilaureati e chi ha visitato queste aree. A questa quota si aggiunge un ulteriore 20% che indica l'educazione e lasensibilizzazione dei cittadini verso i temi ambientali.

3) SONOIMPORTANTI PER L’UOMO E L’ECONOMIA? Oltre il 90%riconosce alle aree protette una notevole importanza, sia per il benessere dellepersone e delle generazioni future (il 47% è molto d'accordo, il 48% lo è abbastanza),sia per la capacità di sensibilizzare icittadini sulle tematiche ambientali (43% molto d'accordo, 49% abbastanza),sia per la sicurezza dell’essere umano,intesa come protezione da eventi naturali estremi o dal dissesto idrogeologico(42% molto d'accordo, 47% abbastanza). L’84%le ritiene importanti anche per l'economia del Paese. 


4) BASTANO I FINANZIAMENTI? Secondo il93% degli intervistati lo Stato dovrebbe aumentare gli investimenti nelle areeprotette naturali (54%) o comunque evitare i tagli, mentre appena il 2%ritiene che debbano essere ridotti. Le cose cambiano quando si tratta di dareil proprio contributo diretto: il 50% sidice infatti disponibile a contribuire in qualche misura ai finanziamenti allearee protette (e qui si tratta soprattutto di 45-54enni, residenti nel NordItalia e visitatori), ma il 47% non èd'accordo, con un 17% che si dichiara assolutamente contrario, specie i piùanziani, i meno istruiti e i residenti nel Mezzogiorno. 

5) QUALIPRIORITA’ PER IL MINISTERO DELL’AMBIENTE? Interrogati sull'agenda del Ministerodell'Ambiente, gli italiani non sembrano condividere un tema prioritario. Comeprima risposta, il 22% cita il controllodella gestione e dello smaltimento dei rifiuti (47% totale citazioni), il19% (40% totale citazioni) la protezionedel suolo dai rischi di dissesto idrogeologico e il 18% l'educazione ambientale dei cittadini(39% totale citazioni). Sono invece meno citate la gestione e lo sviluppo dellearee naturali (prima risposta 10%; totale citazioni 23%) e la conservazionedella biodiversità (prima risposta 6%; totale citazioni 17%). 

 “Gli italiani hanno fame di natura e hanno dimostrato che le aree naturali protette sono una presenza viva nel tessuto delnostro Paese, di cui viene compreso l’inestimabile valore per sensibilizzare ededucare i cittadini alle tematiche ambientali ma anche per garantire la lorosicurezza, quale presidio qualificato per contrastare il dissesto delterritorio. Quello delle aree protette è un patrimonio naturale, tutelato evitale, che contribuisce al benessere di tutti/e e alla ricchezza delPaese  – ha detto Stefano Leoni, presidente del WWF Italia - E poiché le percezionipositive aumentano tra coloro che hanno avuto esperienze dirette di contattocon la natura, l’invito che facciamo a tutti gli italiani è di andare neiParchi, nelle Riserve e nelle Oasi del WWF perché è lì che si può cogliere laloro incredibile bellezza e importanza.”



Perl’anniversario della legge quadro il WWF Italia ne racconta la storia neldossier “L’Italia dei Parchi” . Dopo una lunga e faticosa storia fatta di grandisuccessi e gravissime difficoltà, oggi si contanoin Italia 871 aree naturali protette,tra cui 23 parchi nazionali, 27 areemarine protette e 670 tra riserve, parchi e aree protette regionali - oltrealle 130 Oasi del WWF - per un totale di 3.163.591 di ettari di superficieprotetta, pari al 10,42% del territorioitaliano. 
“L’Italiaha vinto la sfida quantitativa, perché abbiamo superato il 10% di territorioprotetto da parchi e riserve. La nuova sfida è la qualità della gestione,perché le aree naturali siano realmente efficaci per la conservazione dellabiodiversità e per il mantenimento dei servizi che la natura fornisce per ilbenessere umano e la nostra economia.” dichiara Franco Ferroni, responsabile policy Aree Protette del WWF Italia
Nonostante i gravi problemi e tagli ai finanziamentiche mettono a rischio la buona gestione e la sopravvivenza stessa di alcunearee, il nostro Paese può quindi vantarsi di aver assicurato protezione a quasitutti gli ambienti naturali e paesaggipiù importanti d’Italia, dalle Dolomiti all’Etna, dall’Arcipelago Toscano alGargano, dal Delta Padano alla Sila, salvando nel contempo specie rarissimedestinate all’estinzione, come ilcamoscio d’Abruzzo e l’orso bruno, il lupo, il gipeto e il pino loricato.Una ricchezza che gli italiani dimostrano di apprezzare, tanto che i parchi ele aree protette sono il segmento più rappresentativo del turismo natura inItalia, con oltre 99 milioni di presenzetotali negli esercizi ricettivi, per un fatturatocomplessivo di 10,75 miliardi di euro. 

L'indagine demoscopica, realizzata da ISPO Ricercheper il WWF Italia, ha coinvolto un ampio campione di 800 individui, rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne,stratificato per quote di genere, età, titolo di studio, condizioneprofessionale, macroarea geografica e ampiezza del comune di residenza. Leinterviste telefoniche sono state condotte nei giorni 23-24 novembre 2011.

Dettagli e storie da “Italia dei Parchi”, pubblicato a breve su  www.wwf.it (inallegato l’indice)

FOTODISPONIBILI SU  https://www.transferbigfiles.com/a80d819b-56a7-489b-9fc6-9caefbc93468?rid=m23pyYKCEa7gc7f4rWQNjQ2 

7 feb 2011

I Rom non sono Romeni

I Rom non sono Romeni



GIOVEDÌ 11 NOVEMBRE 2010 15:33 COSTEL ANTONESCU



Un'interessante analisi storica e sociale sul popolo nomade





In Italia



Gli zingari in Italia, come nel resto del mondo, rappresentano una comunità eterogenea, dalle mille sfumature e dalle mille espressioni. Mille sono anche gli anni della storia degli zingari divisi essenzialmente in tre gruppi principali: Rom, Sinti e Kalé (gitani della penisola iberica). A questi gruppi principali si ricollegano tanti gruppi e sottogruppi, affini e diversificati, ognuno con proprie peculiarità. Essi hanno un’origine comune, L’india del nord e una lingua comune, il romanès o romani ©hib diviso in svariati dialetti. L’opinione pubblica, che dei Rom e Sinti conosce poco o niente, tende a massificare e a confondere i diversi gruppi zingari, soprattutto tende a condannare e ad emarginare senza capire. La popolazione zingara in Italia rappresenta lo 0,16% circa dell’intera popolazione nazionale essendo stimati in un numero di persone compreso fra le 80.000 e le 110.000 unita. Sono presenti solo Sinti e Rom con i loro sottogruppi. I Sinti sono soprattutto insediati nel nord dell’Italia e i Rom nell’Italia centro-meridionale. Essi rappresentano gli zingari di antico insediamento a cui hanno aggiunti vari gruppi zingari di recente e di recentissima immigrazione. Circa 1’80% degli zingari che vivono nel nostro Paese hanno la cittadinanza italiana, il 20% circa e rappresentato da zingari extracomunitari, soprattutto provenienti dai territori della ex-Jugoslavia. Circa il 75% e di religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5% raggruppa: ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali.





L’arrivo in Italia



L’origine indiana degli zingari si è scoperta nel XVIII secolo attraverso lo studio della lingua zingara. Con lo studio filologico si è potuto ricostruire ipoteticamente l’itinerario seguito dagli zingari nel loro lungo cammino in quanto essi prendevano a prestito parole dai popoli con cui venivano a contatto. Dall’India del nord sono arrivati in Europa attraverso la Persia, l’Armenia e l’Impero Bizantino. Dai Balcani si sono diramati in tutta Europa, arrivando anche in Russia e, con le deportazioni, nelle Americhe e in Australia. Sono molti gli studiosi che credono che i Rom abruzzesi, fra i primi gruppi zingari arrivati in Italia, siano arrivati attraverso l’Adriatico provenienti dalle coste albanesi e greche, probabilmente per sfuggire alla repressione dei turchi ottomani. A sostegno di tale tesi si e fatto riferimento all’assenza nella parlata dei Rom abruzzesi di termini tedeschi e slavi. Ma si può obiettare: i turchi ottomani conquistarono tutta la Grecia e l’attuale Albania fra il 1451 e il 1520 (L. Piasere), mentre i Rom in Italia arrivarono molto tempo prima (il primo documento che attesta l’arrivo degli zingari e del 1422 ma ci sono molti indizi che inducono a credere che i Rom arrivarono ancora prima); i Rom abruzzesi hanno nella loro parlata sia termini tedeschi come tiÒ, glàse, brèg (ted. tiÒch = tavolo, glas = bicchiere, berg = montagna), sia termini serbo croati come plaxtà = lenzuola (s.c. phahta), niÒte = nulla (s. c. nista), a Òtar = catturare, afferrare (s.c. staviti), nikt (nikkete) = nessuno (s.c. nikto), a pukav. = fare la spia, denunciare (s.c. bukati), po (pro) = per (s.c. po); inoltre, perché i Rom con le loro carovane avrebbero dovuto viaggiare per via mare, via a loro scomoda, inusuale e all’epoca minacciata dai turchi, se per secoli avevano dimostrato di spostarsi con sicurezza e rapidità per via terra? Tutto ciò induce a credere che il grosso dei Rom abruzzesi sia arrivato in Italia dal nord per via terra, proveniente, dall’Albania o dalla Grecia, attraversando la ex-Jugoslavia e territori di lingua tedesca. Non è da escludere che effettivamente piccoli nuclei siano arrivati in Italia attraverso l’Adriatico assieme ad altre minoranze come Serbo -Croati e Albanesi. Tutto è comunque ancora da provare. Da questa piccola introduzione si può ben comprendere come sia difficile ricostruire la storia dei Rom sia perché i documenti a disposizione sono pochi ed incompleti sia perché i Rom non hanno lasciato nessuna testimonianza scritta. La storia dei Rom é una storia che non nasce dall’interno della sua comunità proprio perché essi rappresentano un popolo senza scrittura che affida alla “memoria” e alla tradizione orale il compito di trasmettere la propria storia e la propria cultura. La storia dei Rom è fatta dai Caggé (non zingari) attraverso le osservazioni di quanti ai Rom si sono in qualche modo interessati per la curiosità e la meraviglia che suscitavano o attraverso le disposizioni delle autorità pubbliche. Così dalla lettura delle Cronache del XV secolo si possono ricostruire sommariamente gli itinerari seguiti dagli zingari in Europa. Il primo documento che segnala l’arrivo degli zingari in Italia è quello del 18 luglio 1422, un’anonima cronaca bolognese contenuta nella Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori: “A di 18 luglio 1422 venne in Bologna un duca d’Egitto, il quale aveva nome Andrea, e venne con donne, putti e uomini del suo paese, e potevano essere ben cento persone…… ” Dalle “grida” e dai bandi che dal 1500 si sono susseguiti fino al 1700 si possono dedurre le politiche attuate dalle autorità nei confronti degli zingari: politiche di espulsione, di reclusione, di repressione, di deportazione, ovvero politiche votate al più completo rifiuto. (Attualmente siamo nella fase della politica di assimilazione).





I Rom abruzzesi



I Rom abruzzesi, con cittadinanza italiana, rappresentano dunque uno dei primissimi gruppi zingari arrivati in Italia e grazie alla lunga permanenza sono relativamente più inseriti nel contesto sociale ed economico della società maggioritaria rispetto ad altri gruppi di recente immigrazione. In passato le attività principalmente esercitate erano quelle che lasciavano spazio all’essere e alla creatività e quelle che facilitavano i rapporti umani. Da qui l’attività di musicisti, di fabbri calderari, di commercianti di cavalli, di lavoratori di metalli. Il progresso tecnologico, il boom economico, lo sviluppo delle attività industriali hanno soppiantato le attività tradizionali e la maggioranza dei Rom ha dovuto operare una riconversione economica, ma il modo di porsi di fronte alla vita e di interiorizzarla e soprattutto la struttura sociale dei Rom e rimasta nei secoli pressoché immutata. L’istituzione fondamentale su cui si regge la società romanes e la famiglia, intesa nel senso più ampio, come gruppo cioè che si riconosce nella discendenza da un antenato comune. Da sempre oggetto di violenza i Rom hanno rafforzato i rapporti endogamici e i vincoli di solidarietà familiare, mantenendo invece verso l’esterno un atteggiamento ostile. Vi è in questo un profondo senso di sfiducia e un’intima esigenza di difesa. Il sistema sociale e vissuto nelle profonde componenti umane, basato essenzialmente sul severo rispetto delle norme etico-morali che regolano e disciplinano la comunità romanes per garantire ai singoli individui la piena integrazione. Essi tutelano la dignità e l’onore del Rom. Non esistono classi o gerarchie sociali se si esclude quella semplicistica di ricchi e poveri, cosicché anche il più ricco e in relazione con il più povero e viceversa in base ad un principio di eguaglianza che riflette una ottica di vita di tipo orizzontale. In questo contesto il Rom abruzzese si sente parte di una totalità singolare che lo porta a differenziarsi sia dai caggé (non zingari) sia dagli altri gruppi zingari (Rom stranieri, Sinti, Kalé). ciò si traduce in un proprio stile di vita con modi proprio di esprimersi e di comportarsi. Alcune norme sono vincolanti, ad esempio: alle romniá abruzzesi non e assolutamente consentito dall’etica romanès di fumare, di indossare pantaloni, di truccarsi, di indossare costumi da bagno al mare, di giocare d’azzardo. Le donne che vogliono avere una buona reputazione ed intendono essere rispettate dai Rom si adeguano al rispetto di tali norme morali, che non le confonde con gli altri. Un Rom si sente perfettamente sicuro in seno alla sua comunità, costituita dall’insieme di tanti singoli gruppi parentelari dove non esistono né regine né tantomeno re come invece tende a far credere il sensazionalismo giornalistico che copre con la fantasia e l’immaginazione le proprie carenze informative. In mondo romano vien perciò presentato o in termini mitologici o in termini criminalizzanti, l’una e l’altra forma sono delle distorsioni che alterano il mondo zingaro producendo stereotipi negativi e pregiudizi di cui i Rom restano vittime. La sicurezza del Rom deriva dalla tradizione che lo pone sicuro di fronte al futuro e dalla coesione, che lo pone sicuro davanti all’imprevedibile. Tutto ciò si traduce in un forte equilibrio psicologico. Le relazioni ben strette fra educazione, coesione ed equilibrio psicologico sono minacciate con i contatti conflittuali esterni. Si pensi ad un bambino Rom che frequenta la scuola pubblica: entrare a contatto con una realtà che presenta dei modelli di vita funzionale alla società maggioritaria a cui e difficile per lui adattarsi, gli provoca inevitabilmente uno smarrimento in quanto è costretto ad operare una difficile scelta che nella maggior parte dei casi lo induce a ripercorrere la strada degli affetti familiari; da adulto mostrerà un atteggiamento ostile verso quella società non ancora preparata ad accoglierlo se non attraverso l’assimilazione. Lo stesso dicasi dei matrimoni misti in cui l’individuo esterno viene a rappresentare un elemento di disturbo se non riesce ad integrarsi. Il cardine della struttura sociale dei Rom e la famiglia patriarcale, dove il vecchio, considerato saggio, ne é rappresentante riconosciuto. Ci sono Rom che vengono esclusi per le loro pessime qualità morali, sono considerati “gavalé” e sono derisi e scherniti. I frequenti contatti all’interno del mondo romano hanno da sempre attivato una fitta rete di comunicazione interna che porta i Rom ad essere a1 corrente di ciò che accade a famiglie zingare anche molto distanti. I mass media rappresentano oggi, assieme alle organizzazioni tentacolari pseudo-zingare, la più grande minaccia all’esistenza dei Rom poiché infondono modelli di vita che allontanano i giovani dalla tradizione facendo allargare le maglie delle relazioni sociali e familiari, creando anche nuovi gusti e nuove esigenze che alterano l’etica romanès e che infondono nei Rom l’arrivismo e la necessità di possedere a tutti i costi il superfluo. Da qui le attività illecite. I Rom non preparati alla maniera dei caggé, cadono nel tranello. Cerchiamo ora di capire e di conoscere alcuni aspetti fondamentali della cultura e della vita dei Rom abruzzesi: la lingua, il sistema giuridico, la festa (fidanzamento e matrimonio), la morte.





La lingua



La lingua dei Rom abruzzesi detta “romanès” o “romaní ©hib” è strettamente imparentata con le lingue neo-indiane e conserva ancora fedelmente un gran numero di vocaboli di origine indiana. La lingua romani è arricchita di imprestiti persiani, armeni, greci, serbo-croati, di alcuni vocaboli tedeschi e di elementi dialettali dell’Italia centromeridionale a testimonianza dell’itinerario seguito dai Rom nel lungo cammino iniziato dal nord-ovest dell’India verso occidente.

16 dic 2011

WWF IN TOSCANA IL PARADISO DEI BIRDWATCHERS PER IL 2011


E’ UN’OASI WWF IN TOSCANA IL PARADISO DEI BIRDWATCHERS PER IL 2011La Riserva Naturale Provinciale Oasi WWF Padule Orti-Bottagone a Piombino (LI) vince il premio 2011 di EBN Italia, il 26 dicembre apertura straordinaria per festeggiare
E’ la Riserva Naturale Provinciale Oasi WWF Padule Orti-Bottagone in Toscana, un mosaico di stagni e specchi d’acqua ritagliato nell’entroterra industriale di Piombino, popolato da 228 specie di uccelli e sede del primo “condominio per uccelli” d’Italia  inaugurato proprio quest’anno, a vincere il premio “Oasi più bella” assegnato da EBN Italia, l’associazione italiana dei birdwatchers, per  promuovere una maggiore fruibilità delle oasi e riserve naturali.
Lunedi 26 dicembre S.Stefano l’Oasi sarà aperta per una visita straordinaria, con ingresso ridotto, per festeggiare l’evento (per info telefono: 334-7584832  ortibottagone@wwf.it)
Dopo l’oasi pugliese di Le Cesine, che ha vinto il premio nel 2010, è il secondo anno consecutivo che un’Oasi del WWF viene premiata come miglior oasi per l’osservazione degli uccelli. Un riconoscimento che premia il nostro impegno ma soprattutto una spinta a fare sempre meglio. La Riserva Naturale Provinciale Oasi WWF Padule Orti-Bottagone nasce da una felice intuizione dei volontari del WWF Piombino e nel tempo è diventata una delle più importanti oasi umide in gestione al WWF.  Un risultato reso possibile grazie al sostegno della Provincia di Livorno, a cui va il merito dell’istituzione della Riserva Naturale e del concreto sostegno alla sua gestione.  
I prossimi obiettivi sono il riconoscimento dell’area come Umida d'Importanza Internazionale (Convenzione di Ramsar) così come già richiesto dal WWF al Ministero dell’Ambiente ed il conseguente ampliamento della superficie protetta” ha detto Antonio Canu responsabile WWF OASI.
La Riserva Naturale Oasi WWF Padule Orti-Bottagone  rappresenta una preziosa testimonianza delle passate estese paludi della bassa val di Cornia. La realizzazione dell´Oasi ha preservato ambienti delicati e presenze floro-faunistiche tipiche delle zone umide costiere della costa tirrenica:  la palude salmastra degli Orti con salicornia e la palude d'acqua dolce del Bottagone, con un denso canneto intercalato con stagni e prati allagati. 


Come sanno bene i birdwatcher che l’anno votata è particolarmente interessante la presenza di ben  228  specie di uccelli, ultima tra queste il Totano zampegialle minore, rarissimo trampoliere nord-americano, accidentale in Italia, avvistato per la prima volta nell’agosto 2011 .

Molti dalla scorsa estate  hanno a disposizione il primo “condominio” per uccelli mai realizzato in Italia, costruito grazie all’accordo tra WWF Italia e TERNA volto a promuovere la sostenibilità dello sviluppo della rete elettrica e a favorire il monitoraggio delle specie e la fruizione delle Oasi. Si tratta di una speciale torretta di avvistamento in cui sono inseriti ben 154 nidi di forma e grandezza diversa, e che insieme a visitatori e birdwatchers può accogliere balestrucci, passeri, rondini e rondoni.
In questa stagione si possono osservare: fischione, canapiglia, codone, alzavola, mestolone, volpoca, fenicottero rosa, airone cenerino, airone bianco maggiore, garzetta, tarabuso, pavoncella, beccaccino, chiurlo maggiore, pavoncella, gru, spioncello, falco di palude, falco pellegrino, albanella reale, smeriglio. Sono presenti anche alcune rare specie nidificanti: cavaliere d'Italia, tarabuso, tarabusino, airone rosso, falco di palude, gheppio, avocetta, averla cenerina, cutrettola, pendolino, cannareccione, cannaiola, pendolino, forapaglie castagnolo.
La gestione è a cura del WWF Oasi,  parte dell'area è di proprietà del WWF Italia,  in convenzione con la Provincia di Livorno e la Lucchini Seversthal.

Riconosciuta, oltre che come Riserva Naturale anche come Zona di Protezione Speciale per gli uccelli, Sito di Interesse Comunitario in base alla Rete Natura 2000 e Important Bird Area codificata dal Birdlife International, per l’estensione di 126 ettari.

2 feb 2011

WWF FESTEGGIA CON 15 OASI APERTE - GIORNATA MONDIALE ZONE UMIDE


GIORNATA MONDIALE ZONE UMIDE
DOMENICA 6 IL WWF FESTEGGIA CON 15 OASI APERTE

Il WWF Italia festeggia con l'apertura straordinaria e gratuita di 15 oasi,
la prossima domenica, la Giornata mondiale delle zone umide che cade oggi.
L'edizione 2011 coincide con i 40 anni della Convenzione Ramsar delle zone
umide di importanza internazionale e con l'Anno Onu dedicato alle foreste.


"La giornata mondiale delle zone umide cade quest'anno nell'anno che l'ONU
dedica alle foreste e non possiamo non sottolineare come il mondo dell'acqua
e quello delle foreste sia indissolubilmente legati. Foreste ben conservate
creano e proteggono preziosi ambienti acquatici nonché riserve di acqua
potabile per l'intero pianeta. Non dimentichiamoci che oltre ad essere dei
veri e propri polmoni verdi le principali foreste custodiscono i più grandi
serbatoi di acqua, come ad esempio la foreste amazzonica che avvolge la più
grande riserva di acqua dolce del pianeta" dice Isabella Pratesi
Responsabile Conservazione WWF Italia.

Le zone umide sono  gli ecosistemi più a rischio del Pianeta, ma allo stesso
tempo straordinari bacini di vita, serbatoi di CO2.
Il  90% delle aree umide sono scomparse nell'ultimo secolo nella sola
Europa.
Secondo la Commissione europea, fra il 1950 e il 1985 si sono registrate le
perdite maggiori: in Francia (67%), Italia (66%), Grecia (63%), Germania
(57%) e Olanda (55%).
L'Italia ospita 52 siti Ramsar. Dei circa 3 milioni di ettari originari,
all'inizio del ventesimo secolo ne restavano 1.300.000 ettari, fino a
precipitare ai 300mila ettari nel 1991.
Oggi ne rimane lo 0,2%, tra aree interne e marittime

Si stima che a questi ambienti sia legato circa il 12% delle specie animali
totali, che diventano il 40% aggiungendo quelle vegetali. Quasi il 50% delle
specie di uccelli presenti in Italia sono legate alle zone umide Le aree
umide forniscono acqua potabile, aiutano a riciclare l'oro blu e producono
il 24% del cibo del Pianeta.
Circa due miliardi di uccelli migratori ogni primavera attraversano
l'Italia, ponte nel Mediterraneo fra Africa ed Europa, dai piccoli luì alla
grande cicogna bianca. Le nostre aree umide rappresentano per molti un ''pit
stop'', una sorta di area di servizio lungo le autostrade delle migrazioni
per la sosta, l'alimentazione, ma anche la nidificazione.

Per festeggiare la Giornata mondiale delle zone umide domenica 6 febbraio il
Wwf aprirà quindici delle sue Oasi, con entrata gratuita, da nord a sud.
Sono tantissimi gli uccelli che frequentano abitualmente le zone umide:
trampolieri (come fenicotteri e grù); anatre (come canapiglie e mestoloni);
passeriformi (come cannareccioni e merlo acquaiolo ),  gabbiani e sterne;
Tante anche le specie che dal Nord Europa ''svernano'' in Italia: un esempio
sono le oche selvatiche, che dall'Olanda sono già arrivate.



OASI WWF ITALIA APERTE DOMENICA 6 FEBBRAIO


Lago Preola – Gorghi Tondi SICILIA
Saline di Trapani SICILIA
Lago di Alviano UMBRIA
Persano CAMPANIA
Astroni CAMPANIA
Lago di Conza CAMPANIA
Le Bine LOMBARDIA
Lago di Burano TOSCANA
Laguna di Orbetello TOSCANA
Orti-Bottagone TOSCANA
Ripa Bianca Di Jesi MARCHE
Le Cesine PUGLIA
Lago di Penne ABUZZO
San Felice oasi affiliata– TOSCANA
l'Oasi di Marmirolo EMILIA ROMAGNA

18 mar 2011

Italia Unita - 150 anni di storia


tricolore italiano

L’unità d’Italia ha 150 anni e la rabbia dei partiti ora cade contro la Lega Lombarda, che rappresenta il popolo del Nord, quello deluso dal potere centrale.
Le contraddizioni della Lega sono evidenti e il gioco di mettersi in bella vista contro una Roma capitale d’Italia e nello stesso tempo restare dentro il sistema, al governo, non pare un gioco chiaro, ma certamente è tutta pubblicità gratuita che cade sulla Lega, forza di Governo che raccoglie il malcontento delle periferie del Paese.
Ora l’attacco dei partiti, oggi tutti patriottici e felici di cantare l’inno nazionale, nasconde un passato ambiguo, in particolare di parte delle sinistre divise: l’amore di Patria è stato un sentimento contrastato, deriso, criticato per anni, contrario all’internazionalismo proletario, ai valori di unità tra le genti.
Un tempo si diceva che i proletari non avevano Patria o l’aveva nell’Unione Sovietica, o i confini sarebbero stati tutti aboliti e i popoli si sarebbero liberamente fusi tra loro, in pace, senza più guerre capitalistiche, imperialistiche, nazionalistiche.
Sono ormai ricordi lontani e chi lo diceva oggi pare che se lo sia scordato: ora siamo tutti orgogliosi di essere italiani, italiani veri e fieri, riprendendo pure quella retorica storica e patriottica che stordì intere generazioni e degenerò nel ventennio fascista.
Chiaramente è meglio essere uniti che divisi, è verissimo che l’Italia è nata prima come cultura italiana, come lingua italiana e poi come nazione unita, come Stato unitario, ma è pure vero che questa cultura era diffusa tra una minoranza di italiani colti, che conoscevano e leggevano l’italiano di Dante, Petrarca e Boccaccio, ma pure di Manzoni.
La scuola poi tentò l’unità linguistica, ma creando tanto mostri culturali tra la gente umile, strani orrori gergali, mezzi dialettali e mezzi italiani.
Infine giunse prima la radio e poi la televisione, l’unità si concluse, almeno dal punto di vista linguistico: il carosello fece miracoli e tutti imparammo un italiano svilito, povero di termini, che spazzò via i 100 e più dialetti popolari, che avevano le radici dentro il Paese reale, contadino, analfabeta, ma non incolto.
Sparì così una civiltà antica 3mila anni, quella contadina, sostituita dalla futilità insulsa di troppe mezze culture e aborti culturali: i giovani non si esprimono più in dialetto, ma spesso, escludendo qualche caso, in un italiano stentato, che dimostra tutta la debolezza di questo linguaggio quando poi passa al testo scritto, tradendo un pensiero debole, non incisivo.
L’Italia è unita, ma stanca, senza grandi entusiasmi, con troppi brutti edifici costruiti sul più bel paesaggio del mondo, con troppi gruppi di potere che si sbranano tra loro per briciole di benessere sempre più rare.
E’ giusto festeggiare?
Sì, ma non si può veder tutto bello e pulito: il nazionalismo fanatico, in 150 anni, ha provocato guerre spesso inutili e ha riempito i cimiteri con troppi ventenni. caduti in battaglia.
Per la Patria si commisero cose atroci e pure questa Patria non fu amata dai suoi primi cittadini, di 150 anni fa: questo non bisogna scordarlo.
In troppi rimpiangevano gli antichi regni, le situazioni precedenti: in troppi si videro sottrarre terreni, necessari per sopravvivere, dati ai soliti nuovi ricchi … patrioti.
Ora l’unità è in discussione?
Forse è meglio rivedersi la storia, specialmente quella meno ridondante di inutile retorica: l’Unità d’Italia non fu un fatto così glorioso come si crede, ci furono contadini fucilati perché accusati di brigantaggio, ci furono disperati che se ne andarono dall’Italia in cerca di lavoro e pane.
Oggi siamo sempre italiani e l’Italia esiste anche come nazione, formata da un popolo che si chiama popolo italiano, ma per favore, basta con le fanfare e le fanfaronate: serve qualcosa di più per essere italiani, la dignità e la certezza che i furbi e i furbastri di questo Paese non trovino più chi li protegge, allora potremo essere orgogliosi di essere italiani.