Fini, Berlusconi, i politici vecchi e la storia che incalza
I politici litigano per equilibri politici lontani dalla storia che viviamo.
Il governo è a rischio e Gianfranco Fini resta al limite, al confine tra maggioranza e le opposizioni: Berlusconi sa bene che i traditori possono essere molti e così minaccia gli indecisi.
Al primo sgarro, al primo sbaglio con la maggioranza che scivola sotto il minimo si va alle elezioni: tutti noi sappiamo che molti gregari dei partiti sfruttano questa posizione politica e sappiamo pure che non tornerebbero in parlamento una volta caduti in disgrazia.
Così si resta a metà del guado e della legislatura: la primavera del 2013 resta la data probabile delle elezioni politiche.
Invece a sinistra la confusione è grande: il Pd pare non volere le elezioni, mentre l’Idv di Di Pietro resta l’unico deciso a voler affrontare gli elettori.
Pure Beppe Grillo si mostra al mondo politico nazionale, certo di essere la sorpresa futura.
Così il Paese pare senza guida, con una classe politica lontana anni luce dalla realtà che avanza, con i sentimenti della gente e i bisogni sempre molto pratici mai accontentati: sicurezza, lavoro, ambiente stanno alla base delle necessità nazionali, ma pare che la politica viva di slogan facili.
Esistono due situazioni che decideranno del futuro dell’Italia, dell’Europa e del Mondo: la prima è la forza rinnovatrice che scaturisce da Internet, la seconda sta tutto nel mercato del lavoro globale.
Internet sta livellando le teste, il villaggio globale è una realtà per un miliardo, un miliardo e mezzo di persone: costoro sono l’essenza culturale del pianeta, la forza dirigenziale che avanza pure nei paesi in via di sviluppo.
Il mercato del lavoro ha al suo interno contraddizioni gravi: il prezzo della manodopera non specializzata è sempre più basso.
Certe operazioni conviene svolgerle in Paesi dove il lavoro costa poco e la moneta è svalutata anche artificialmente dalle forze economiche, dai governi.
Così molti popoli si vedono sottrarre fette di mercato che tradizionalmente appartenevano a loro: il caso dell’industria manifatturiera, sempre più in crisi pure da noi, rappresenta la conseguenza di una globalizzazione selvaggia e segnata da speculazioni folli, oso dire criminali.
La risposta sta tutta in una politica economica del contrappasso: si deve pretendere che le merci importate siano confezionate con materiale non dannoso alla nostra salute, che le condizioni di lavoro degli operai siano almeno decenti, senza lo sfruttamento del lavoro minorile.
Inoltre bisogna imporre il cambio autenticamente di mercato per le monete di certi Stati, come la Cina e non un cambio appositamente imposto, per favorire l’esportazione: questa logica monetaria è accettata da troppe società e multinazionali occidentali, che hanno trasferito le loro produzioni nell’estremo Oriente.
Se la nostra classe politica, la nostra classe dirigente non saprà gestire questi cambiamenti nella migliore delle ipotesi sarà sostituita da gente più preparata e intelligente: l’impoverimento degli strati popolari nazionali, i contrasti etnici per un’immigrazione senza regole e la rivoluzione democratica che sta scaturendo da Internet provocheranno gravi conseguenze.
Il passaggio dal vecchio al nuovo mondo si spera non sia particolarmente traumatico.
I nostri politici parlano ancora di difesa delle tradizioni, fatto in se stesso positivo, se non fosse accompagnato da settarismo.
Pure la lotta al razzismo sta a cuore di molti politicanti, come se fossimo nel Sudafrica dell’Apartheid: si vede che costoro sono fermi a una concezione politica in voga negli anni Cinquanta e non oltre.
Lo scontro vero non sarà tra razze diverse, ma tra coloro che saranno nella rete e coloro che saranno ai margini della società, tra coloro che sapranno lavorare con Internet e con le nuove tecnologie contro coloro che non sapranno premere un tasto del computer.
In pratica i fronti saranno divisi tra i sostenitori delle teocrazie, le tradizioni inamovibili e coloro che lottano per l’assoluta libertà nella rete e dei costumi.
Vincerà chi possiederà la tecnologia e la saprà usare, mentre gli altri finiranno nell’oblio della storia?
Nel passato è stato così, ma forse tutto segue logiche più complesse e i compromessi alla fine trionferanno, o per anni tutto rimarrà instabile, confuso.
Quando torneranno a casa loro i nostri vecchi uomini politici anacronistici?
Lo sapranno i nostri figli e nipoti, per ora i nostri rappresentanti parlano, parlano e non capiscono in quale secolo siano finiti.