30 ago 2010

 

I nostri progressisti paiono ancora, sempre con dei legittimi dubbi, i pericolosi sovvertitori dell'ordine: non parlo di quello costituito con le leggi, ma quello che da generazioni regna in una data valle alpina o dell'appennino, su quell'isola o in quel borgo sperduto, senza grande importanza storica, culturale e artistica, ma con le sue abitudini più preziose del benessere, che tengono unite comunità, parentado, famiglie.

L'Ulivo vincerà se saprà, voglio essere terribilmente banale, unire il nuovo, ma senza spaventare quegli italiani che considerano più importante di ogni altro fatto il loro borgo, con la festa patronale, con le vie e i cibi locali, con i detti e il panorama da secoli quasi uguale.

Questa Italia non vuole molte cose: desidera che i vizi e le maniere da maleducati, che arrivano dalle grandi città, rimangano distanti, che il bianco rimanga bianco e il nero nero, che i figli trovino lavoro nel borgo o alla peggio vicino.

Si spera pure che tutto prosegua, quasi in modo assonnato, per i prossimi anni, per i prossimi secoli, con il Natale festeggiato con il dolce tradizionale e il presepe secondo le tecniche vecchie di generazioni.

Per vincere il premier bisogna convincere questa Italia che i progressisti non causeranno disastri nel loro mondo, altrimenti un altro personaggio da odiare dalla sinistra succederà al Cavaliere.

Rimarrà a lungo al potere perché sarà in sintonia con i sentimenti di una parte importante degli italiani.