Dietro le quinte del clamoroso trasferimento
di Fabio Manca
“Ho obbedito solo alla mia comunità, non ad altri”. Anche nella sua ultima omelia, domenica scorsa,
nel giorno dell’addio ai fedeli di Sant’Eulalia, don Mario Cugusi ha sottolineato il dissenso con
l’arcivescovo Giuseppe Mani. Che il 17 luglio scorso aveva comunicato la sua sostituzione con don
Marco Lai, giustificandola con la necessità di cambiare guida alla parrocchia dopo trent’anni, a
centinaia di fedeli scossi e arrabbiati che gremivano la chiesa della Marina. Fedeli increduli, che
rumoreggiavano così tanto che Mani disse “Questa non è chiesa, è baracca”. Ne era seguita una dura
contestazione che passerà alla storia. Perché mai nessuno, in questa città, aveva gridato “buffone” a
un arcivescovo, mai nessuno gli aveva intimato, a muso duro, di andarsene. Mai nessuno lo aveva
inseguito mentre andava via sull’auto blu rivolgendogli improperi di ogni genere.
Ora che l’addio si è consumato, a tre mesi da quell’episodio, si può fare un’analisi serena del perché
tutto ciò è accaduto. Don Cugusi è un uomo colto, un filosofo che impregna le sue prediche di
citazioni, capace di andare oltre il vangelo. Un prete aperto e curioso, ecumenico nel senso più
moderno. Nel 1980 arriva in un quartiere povero e rassegnato come un rianimatore che deve
riportare alla vita un paziente grave. Riporta l’oratorio al centro del quartiere, lo apre agli
extracomunitari testimoniando la carità, organizza corsi per badanti ucraine, apre loro la chiesa del
santo Sepolcro, ristruttura la parrocchia, apre il teatro all’esterno. Appassionato di archeologia,
intuisce che il rilancio del quartiere passa anche attraverso la valorizzazione delle sue potenzialità.
Per questo apre una campagna di scavi sotto la chiesa e riporta alla luce pezzi di città. Diventerà il
museo di Sant’Eulalia. Si batte perché il rudere della facciata della chiesa di Santa Lucia di via
Sardegna, transennato da anni e ricettacolo di barboni e sporcizia, venga ristrutturato e valorizzato.
Succede, almeno in parte. E Marina, il primo luogo che i turisti in arrivo dalle navi da crociera (ma
non solo) visitano quando arrivano in città, diventa un quartiere vivibile: aprono negozi, si
moltiplicano i ristoranti. Il Comune fa il suo: ripavimenta le strade, pedonalizza il rione.
Ma Don Cugusi ha due difetti: dice sempre quello che pensa, anche quando contrasta con la linea
dell’arcivescovo e con le indicazioni del sinodo diocesano, è molto attaccato al suo quartiere e alla sua
gente. Dice così tante cose che quando l’arcivescovo toglie alla parrocchia il controllo della
Congregazione del Santissimo Crocifisso della Marina, nata per finanziare i poveri e altre attività del
quartiere, lo contesta dall’altare. E va oltre: scrive un libro raccontando la storia e l’epilogo, poco
chiaro. Sostiene, tra le altre cose, che con i soldi destinati alla gente della Marina, l’arcivescovo ha
ristrutturato parte del seminario facendone un campus per studenti.
Il conflitto con Mani, nato cinque anni fa quando ci fu un primo tentativo di sostituzione, cresce di
settimana in settimana. I due si tollerano per cinque anni. Poi accade un episodio che, secondo molti,
segna l’epilogo del rapporto. Un diacono cagliaritano, a Roma per concludere il percorso che lo
porterà a indossare la tonaca, denuncia di aver assistito a un rapporto sessuale tra un alto prelato
romano e un ragazzo ospite di un seminario romano. Per questo la sua ordinazione viene rinviata sine
die dall’arcivescovo. La comunità parrocchiale che da anni supporta Cugusi viene a conoscenza
dell’episodio e inoltra una lettera formale alla Congregazione per il clero, Città del Vaticano.
Dicono che Mani ritenga Cugusi il mandante di quella lettera. Certo, la tensione aumenta. A metà
luglio la notizia della sostituzione e la contestazione.
L’arcivescovo ha sempre avuto una linea chiara: sostituisco don Cugusi perché trent’anni in una
parrocchia sono tanti. Ed ha sempre ricordato che i sacerdoti devono obbedienza a Dio e
all’arcivescovo. E dunque devono accettare ogni decisione. Cugusi non accetta. In lacrime, il giorno
dopo la contestazione, dice pubblicamente che la sua testa è stata chiesta dalle congregazioni. Ragioni
di interesse economico, insomma.
Attorno a questa vicenda si consuma un corollario di accuse, ripicche e tentativi di mediazione. Il
consiglio pastorale, composto da intellettuali di varia estrazione culturale, attacca Mani e ne denuncia
l’autoritarismo e la mancanza di dialogo. Alcuni parroci in vista, come don Ettore Cannavera,
provano a mediare, chiedono a Mani di recedere dalla decisione di trasferire Cugusi, denunciano un
malessere diffuso nella diocesi, sia nel clero che tra i laici, che tuttavia non emerge mai in modo
chiaro. Il Portico, giornale della diocesi, raccolta la verità dell’arcivescovo. Nasce un periodico
alternativo, cresia.net, che raccoglie le voci del dissenso.
Don Cugusi ora è senza parrocchia. Attende ordini. E a Sant’Eulalia, domenica prossima, arriverà un
nuovo parroco. Un uomo di peso: don Marco Lai.
POLITICA, CULTURA, CRONACA, ARTE, RELIGIONE, SCIENZA, PENSIERO LIBERO. Quasi Giornale online. scritto a più mani da una redazione coraggiosa, da dei volontari. Responsabile Arduino Rossi-
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