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20 mar 2010

20/3 Lettera del Papa agli irlandesi (Benedetto XVI)

Testo integrale della lettera scritta dal ponteficie agli irlandesi per chiedere scusa per lo scandalo provocato dai preti pedofili.

1. CARI FRATELLI E SORELLE DELLA CHIESA IN IRLANDA,
è con grande preoccupazione che vi scrivo come Pastore della Chiesa universale. Come voi, sono stato profondamente turbato dalle notizie apparse circa l’abuso di ragazzi e giovani vulnerabili da parte di membri della Chiesa in Irlanda, in particolare da sacerdoti e da religiosi. Non posso che condividere lo sgomento e il senso di tradimento che molti di voi hanno sperimentato al venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorità della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati.

Come sapete, ho recentemente invitato i vescovi irlandesi ad un incontro qui a Roma per riferire su come hanno affrontato queste questioni nel passato e indicare i passi che hanno preso per rispondere a questa grave situazione. Insieme con alcuni alti Prelati della Curia Romana ho ascoltato quanto avevano da dire, sia individualmente che come gruppo, mentre proponevano un’analisi degli errori compiuti e delle lezioni apprese, e una descrizione dei programmi e dei protocolli oggi in essere. Le nostre riflessioni sono state franche e costruttive. Nutro la fiducia che, come risultato, i vescovi si trovino ora in una posizione più forte per portare avanti il compito di riparare alle ingiustizie del passato e per affrontare le tematiche più ampie legate all’abuso dei minori secondo modalità conformi alle esigenze della giustizia e agli insegnamenti del Vangelo.

2. Da parte mia, considerando la gravità di queste colpe e la risposta spesso inadeguata ad esse riservata da parte delle autorità ecclesiastiche nel vostro Paese, ho deciso di scrivere questa Lettera Pastorale per esprimere la mia vicinanza a voi, e per proporvi un cammino di guarigione, di rinnovamento e di riparazione.

In realtà, come molti nel vostro Paese hanno rilevato, il problema dell’abuso dei minori non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa. Tuttavia il compito che ora vi sta dinnanzi è quello di affrontare il problema degli abusi verificatosi all’interno della comunità cattolica irlandese e di farlo con coraggio e determinazione. Nessuno si immagini che questa penosa situazione si risolverà in breve tempo. Positivi passi in avanti sono stati fatti, ma molto di più resta da fare. C’è bisogno di perseveranza e di preghiera, con grande fiducia nella forza risanatrice della grazia di Dio.

Al tempo stesso, devo anche esprimere la mia convinzione che, per riprendersi da questa dolorosa ferita, la Chiesa in Irlanda deve in primo luogo riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi. Una tale consapevolezza, accompagnata da sincero dolore per il danno arrecato alle vittime e alle loro famiglie, deve condurre ad uno sforzo concertato per assicurare la protezione dei ragazzi nei confronti di crimini simili in futuro.

Mentre affrontate le sfide di questo momento, vi chiedo di ricordarvi della “roccia da cui siete stati tagliati” (Is 51, 1). Riflettete sui contributi generosi, spesso eroici, offerti alla Chiesa e all’umanità come tale dalle passate generazioni di uomini e donne irlandesi, e lasciate che ciò generi slancio per un onesto auto-esame e un convinto programma di rinnovamento ecclesiale e individuale. La mia preghiera è che, assistita dall’intercessione dei suoi molti santi e purificata dalla penitenza, la Chiesa in Irlanda superi la presente crisi e ritorni ad essere un testimone convincente della verità e della bontà di Dio onnipotente, rese manifeste nel suo Figlio Gesù Cristo.

3. Storicamente i cattolici d’Irlanda si sono dimostrati una enorme forza di bene sia in patria che fuori. Monaci celtici come San Colombano diffusero il vangelo nell’Europa Occidentale gettando le fondamenta della cultura monastica medievale. Gli ideali di santità, di carità e di sapienza trascendente che derivano dalla fede cristiana, hanno trovato espressione nella costruzione di chiese e monasteri e nell’istituzione di scuole, biblioteche e ospedali che consolidarono l’identità spirituale dell’Europa. Quei missionari irlandesi trassero la loro forza e ispirazione dalla solida fede, dalla forte guida e dai retti comportamenti morali della Chiesa nella loro terra natìa.

Dal ’500 in poi, i cattolici in Irlanda subirono un lungo periodo di persecuzione, durante il quale lottarono per mantenere viva la fiamma della fede in circostanze pericolose e difficili. Sant’Oliver Plunkett, l’Arcivescovo martire di Armagh, è l’esempio più famoso di una schiera di coraggiosi figli e figlie dell’Irlanda disposti a dare la propria vita per la fedeltà al Vangelo. Dopo l’Emancipazione Cattolica, la Chiesa fu libera di crescere di nuovo. Famiglie e innumerevoli persone che avevano preservato la fede durante i tempi della prova divennero la scintilla di una grande rinascita del cattolicesimo irlandese nell’800. La Chiesa fornì scolarizzazione, specialmente ai poveri, e questo avrebbe apportato un grande contributo alla società irlandese. Tra i frutti delle nuove scuole cattoliche vi fu un aumento di vocazioni: generazioni di sacerdoti, suore e fratelli missionari lasciarono la patria per servire in ogni continente, specie nel mondo di lingua inglese. Furono ammirevoli non solo per la vastità del loro numero, ma anche per la robustezza della fede e la solidità del loro impegno pastorale. Molte diocesi, specialmente in Africa, America e Australia, hanno beneficiato della presenza di clero e religiosi irlandesi che predicarono il Vangelo e fondarono parrocchie, scuole e università, cliniche e ospedali, che servirono sia i cattolici, sia la società in genere, con particolare attenzione alle necessità dei poveri.

In quasi tutte le famiglie dell’Irlanda vi è stato qualcuno – un figlio o una figlia, una zia o uno zio – che ha dato la propria vita alla Chiesa. Giustamente le famiglie irlandesi hanno in grande stima ed affetto i loro cari, che hanno offerto la propria vita a Cristo, condividendo il dono della fede con altri e attualizzandola in un’amorevole servizio di Dio e del prossimo.

4. Negli ultimi decenni, tuttavia, la Chiesa nel vostro Paese ha dovuto confrontarsi con nuove e gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese. Si è verificato un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici. Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali, sono state disattese. Fu anche determinante in questo periodo la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso e in verità, alla luce dei profondi cambiamenti sociali che si stavano verificando, era tutt’altro che facile valutare il modo migliore per portarlo avanti. In particolare, vi fu una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari. È in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi, che ha contribuito in misura tutt’altro che piccola all’indebolimento della fede e alla perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti.

Solo esaminando con attenzione i molti elementi che diedero origine alla presente crisi è possibile intraprendere una chiara diagnosi delle sue cause e trovare rimedi efficaci. Certamente, tra i fattori che vi contribuirono possiamo enumerare: procedure inadeguate per determinare l’idoneità dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa; insufficiente formazione umana, morale, intellettuale e spirituale nei seminari e nei noviziati; una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità e una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona. Bisogna agire con urgenza per affrontare questi fattori, che hanno avuto conseguenze tanto tragiche per le vite delle vittime e delle loro famiglie e hanno oscurato la luce del Vangelo a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione.

5. In diverse occasioni sin dalla mia elezione alla Sede di Pietro, ho incontrato vittime di abusi sessuali, così come sono disponibile a farlo in futuro. Mi sono soffermato con loro, ho ascoltato le loro vicende, ho preso atto della loro sofferenza, ho pregato con e per loro. Precedentemente nel mio pontificato, nella preoccupazione di affrontare questo tema, chiesi ai Vescovi d’Irlanda, in occasione della visita ad Limina del 2006, di “stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i princìpi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi” (Discorso ai Vescovi dell’Irlanda, 28 ottobre 2006).

Con questa Lettera, intendo esortare tutti voi, come popolo di Dio in Irlanda, a riflettere sulle ferite inferte al corpo di Cristo, sui rimedi, a volte dolorosi, necessari per fasciarle e guarirle, e sul bisogno di unità, di carità e di vicendevole aiuto nel lungo processo di ripresa e di rinnovamento ecclesiale. Mi rivolgo ora a voi con parole che mi vengono dal cuore, e desidero parlare a ciascuno di voi individualmente e a tutti voi come fratelli e sorelle nel Signore.

6. Alle vittime di abuso e alle loro famiglie

Avete sofferto tremendamente e io ne sono veramente dispiaciuto. So che nulla può cancellare il male che avete sopportato. È stata tradita la vostra fiducia, e la vostra dignità è stata violata. Molti di voi avete sperimentato che, quando eravate sufficientemente coraggiosi per parlare di quanto vi era accaduto, nessuno vi ascoltava. Quelli di voi che avete subito abusi nei convitti dovete aver percepito che non vi era modo di fuggire dalle vostre sofferenze. È comprensibile che voi troviate difficile perdonare o essere riconciliati con la Chiesa. A suo nome esprimo apertamente la vergogna e il rimorso che tutti proviamo. Allo stesso tempo vi chiedo di non perdere la speranza. È nella comunione della Chiesa che incontriamo la persona di Gesù Cristo, egli stesso vittima di ingiustizia e di peccato. Come voi, egli porta ancora le ferite del suo ingiusto patire. Egli comprende la profondità della vostra pena e il persistere del suo effetto nelle vostre vite e nei vostri rapporti con altri, compresi i vostri rapporti con la Chiesa. So che alcuni di voi trovano difficile anche entrare in una chiesa dopo quanto è avvenuto. Tuttavia, le stesse ferite di Cristo, trasformate dalle sue sofferenze redentrici, sono gli strumenti grazie ai quali il potere del male è infranto e noi rinasciamo alla vita e alla speranza. Credo fermamente nel potere risanatore del suo amore sacrificale – anche nelle situazioni più buie e senza speranza – che porta la liberazione e la promessa di un nuovo inizio.

Rivolgendomi a voi come pastore, preoccupato per il bene di tutti i figli di Dio, vi chiedo con umiltà di riflettere su quanto vi ho detto. Prego che, avvicinandovi a Cristo e partecipando alla vita della sua Chiesa – una Chiesa purificata dalla penitenza e rinnovata nella carità pastorale – possiate arrivare a riscoprire l’infinito amore di Cristo per ciascuno di voi. Sono fiducioso che in questo modo sarete capaci di trovare riconciliazione, profonda guarigione interiore e pace.

7. Ai sacerdoti e ai religiosi che hanno abusato dei ragazzi
Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti. Avete perso la stima della gente dell’Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli. Quelli di voi che siete sacerdoti avete violato la santità del sacramento dell’Ordine Sacro, in cui Cristo si rende presente in noi e nelle nostre azioni. Insieme al danno immenso causato alle vittime, un grande danno è stato perpetrato alla Chiesa e alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa.

Vi esorto ad esaminare la vostra coscienza, ad assumervi la responsabilità dei peccati che avete commesso e ad esprimere con umiltà il vostro rincrescimento. Il pentimento sincero apre la porta al perdono di Dio e alla grazia del vero emendamento. Offrendo preghiere e penitenze per coloro che avete offeso, dovete cercare di fare personalmente ammenda per le vostre azioni. Il sacrificio redentore di Cristo ha il potere di perdonare persino il più grave dei peccati e di trarre il bene anche dal più terribile dei mali. Allo stesso tempo, la giustizia di Dio esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla. Riconoscete apertamente la vostra colpa, sottomettetevi alle esigenze della giustizia, ma non disperate della misericordia di Dio.

8. Ai genitori

Siete stati profondamente sconvolti nell’apprendere le cose terribili che ebbero luogo in quello che avrebbe dovuto essere l’ambiente più sicuro di tutti. Nel mondo di oggi non è facile costruire un focolare domestico ed educare i figli. Essi meritano di crescere in un ambiente sicuro, amati e desiderati, con un forte senso della loro identità e del loro valore. Hanno diritto ad essere educati ai valori morali autentici, radicati nella dignità della persona umana, ad essere ispirati dalla verità della nostra fede cattolica e ad apprendere modi di comportamento e di azione che li portino ad una sana stima di sé e alla felicità duratura. Questo compito nobile ed esigente è affidato in primo luogo a voi, loro genitori. Vi esorto a fare la vostra parte per assicurare la miglior cura possibile dei ragazzi, sia in casa che nella società in genere, mentre la Chiesa, da parte sua, continua a mettere in pratica le misure adottate negli ultimi anni per tutelare i giovani negli ambienti parrocchiali ed educativi. Mentre portate avanti le vostre importanti responsabilità, siate certi che sono vicino a voi e che vi porgo il sostegno della mia preghiera.

9. Ai ragazzi e ai giovani dell’Irlanda

Desidero offrirvi una particolare parola di incoraggiamento. La vostra esperienza di Chiesa è molto diversa da quella dei vostri genitori e dei vostri nonni. Il mondo è molto cambiato da quando essi avevano la vostra età. Nonostante ciò, tutti, in ogni generazione, sono chiamati a percorrere lo stesso cammino della vita, qualunque possano essere le circostanze. Siamo tutti scandalizzati per i peccati e i fallimenti di alcuni membri della Chiesa, particolarmente di coloro che furono scelti in modo speciale per guidare e servire i giovani. Ma è nella Chiesa che voi troverete Gesù Cristo che è lo stesso ieri, oggi e sempre (cfr Eb 13, 8). Egli vi ama e per voi ha offerto se stesso sulla croce. Cercate un rapporto personale con lui nella comunione della sua Chiesa, perché lui non tradirà mai la vostra fiducia! Lui solo può soddisfare le vostre attese più profonde e dare alle vostre vite il loro significato più pieno indirizzandole al servizio degli altri. Tenete gli occhi fissi su Gesù e sulla sua bontà e proteggete nel vostro cuore la fiamma della fede. Insieme con i vostri fratelli cattolici in Irlanda guardo a voi perché siate fedeli discepoli del nostro Dio e contribuiate con il vostro entusiasmo e il vostro idealismo tanto necessari alla ricostruzione e al rinnovamento della nostra amata Chiesa.

10. Ai sacerdoti e ai religiosi dell’Irlanda

Tutti noi stiamo soffrendo come conseguenza dei peccati di nostri confratelli che hanno tradito una consegna sacra o non hanno affrontato in modo giusto e responsabile le accuse di abuso. Di fronte all’oltraggio e all’indignazione che ciò ha provocato, non soltanto tra i laici ma anche tra voi e le vostre comunità religiose, molti di voi si sentono personalmente scoraggiati e anche abbandonati. Sono consapevole inoltre che agli occhi di alcuni apparite colpevoli per associazione, e siete visti come se foste in qualche nodo responsabili dei misfatti di altri. In questo tempo di sofferenza, voglio darvi atto della dedizione della vostra vita di sacerdoti e religiosi e dei vostri apostolati, e vi invito a riaffermare la vostra fede in Cristo, il vostro amore verso la sua Chiesa e la vostra fiducia nella promessa di redenzione, di perdono e di rinnovamento interiore del Vangelo. In questo modo, dimostrerete a tutti che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia (cfr Rm 5, 20).

So che molti di voi sono delusi, sconcertati e adirati per il modo in cui queste questioni sono state affrontate da alcuni vostri superiori. Ciononostante, è essenziale che collaboriate da vicino con coloro che sono in autorità e che vi adoperiate a far sì che le misure adottate per rispondere alla crisi siano veramente evangeliche, giuste ed efficaci. Soprattutto, vi esorto a diventare sempre più chiaramente uomini e donne di preghiera, seguendo con coraggio la via della conversione, della purificazione e della riconciliazione. In questo modo, la Chiesa in Irlanda trarrà nuova vita e vitalità dalla vostra testimonianza al potere redentore del Signore reso visibile nella vostra vita.

11. Ai miei fratelli vescovi

Non si può negare che alcuni di voi e dei vostri predecessori avete mancato, a volte gravemente, nell’applicare le norme del diritto canonico codificate da lungo tempo circa i crimini di abusi di ragazzi. Seri errori furono commessi nel trattare le accuse. Capisco quanto era difficile afferrare l’estensione e la complessità del problema, ottenere informazioni affidabili e prendere decisioni giuste alla luce di consigli divergenti di esperti. Ciononostante, si deve ammettere che furono commessi gravi errori di giudizio e che si sono verificate mancanze di governo. Tutto questo ha seriamente minato la vostra credibilità ed efficacia. Apprezzo gli sforzi che avete fatto per porre rimedio agli errori del passato e per assicurare che non si ripetano. Oltre a mettere pienamente in atto le norme del diritto canonico nell’affrontare i casi di abuso dei ragazzi, continuate a cooperare con le autorità civili nell’ambito di loro competenza. Chiaramente, i superiori religiosi devono fare altrettanto. Anch’essi hanno partecipato a recenti incontri qui a Roma intesi a stabilire un approccio chiaro e coerente a queste questioni. È doveroso che le norme della Chiesa in Irlanda per la tutela dei ragazzi siano costantemente riviste ed aggiornate e che siano applicate in modo pieno ed imparziale in conformità con il diritto canonico.

Soltanto un’azione decisa portata avanti con piena onestà e trasparenza potranno ripristinare il rispetto e il benvolere degli Irlandesi verso la Chiesa alla quale abbiamo consacrato la nostra vita. Ciò deve scaturire, prima di tutto, dal vostro esame di voi stessi, dalla purificazione interiore e dal rinnovamento spirituale. La gente dell’Irlanda giustamente si attende che siate uomini di Dio, che siate santi, che viviate con semplicità, che ricerchiate ogni giorno la conversione personale. Per loro, secondo l’espressione di Sant’Agostino, siete vescovi;

12. A tutti i fedeli dell’Irlanda

L’esperienza che un giovane fa della Chiesa dovrebbe sempre portare frutto in un incontro personale e vivificante con Gesù Cristo in una comunità che ama e che offre nutrimento. In questo ambiente, i giovani devono essere incoraggiati a crescere fino alla loro piena statura umana e spirituale, ad aspirare ad alti ideali di santità, di carità e di verità e a trarre ispirazione dalle ricchezze di una grande tradizione religiosa e culturale. Nella nostra società sempre più secolarizzata, in cui anche noi cristiani sovente troviamo difficile parlare della dimensione trascendente della nostra esistenza, abbiamo bisogno di trovare nuove vie per trasmettere ai giovani la bellezza e la ricchezza dell’amicizia con Gesù Cristo nella comunione della sua Chiesa. Nell’affrontare la presente crisi, le misure per occuparsi in modo giusto dei singoli crimini sono essenziali, tuttavia da sole non sono sufficienti: vi è bisogno di una nuova visione per ispirare la generazione presente e quelle future a far tesoro del dono della nostra comune fede. Camminando sulla via indicata dal Vangelo, osservando i comandamenti e conformando la vostra vita in modo sempre più vicino alla persona di Gesù Cristo, farete esperienza del profondo rinnovamento di cui oggi vi è così urgente bisogno. Vi invito tutti a perseverare lungo questo cammino.

13. Cari fratelli e sorelle in Cristo, è con profonda preoccupazione verso voi tutti in questo tempo di dolore, nel quale la fragilità della condizione umana è stata così chiaramente rivelata, che ho desiderato offrirvi queste parole di incoraggiamento e di sostegno. Spero che le accoglierete come un segno della mia spirituale vicinanza e della mia fiducia nella vostra capacità di rispondere alle sfide dell’ora presente traendo rinnovata ispirazione e forza dalle nobili tradizioni dell’Irlanda di fedeltà al Vangelo, di perseveranza nella fede e di risolutezza nel conseguimento della santità. Insieme con tutti voi, prego con insistenza che, con la grazia di Dio, le ferite che hanno colpito molte persone e famiglie possano essere guarite e che la Chiesa in Irlanda possa sperimentare una stagione di rinascita e di rinnovamento spirituale.

14. Desidero proporvi alcune iniziative concrete per affrontare la situazione.

Al termine del mio incontro con i vescovi dell’Irlanda, ho chiesto che la quaresima di quest’anno sia considerata tempo di preghiera per una effusione della misericordia di Dio e dei doni di santità e di forza dello Spirito Santo sulla Chiesa nel vostro Paese. Invito ora voi tutti a dedicare le vostre penitenze del venerdì, per un intero anno, da ora fino alla Pasqua del 2011, per questa finalità. Vi chiedo di offrire il vostro digiuno, la vostra preghiera, la vostra lettura della Sacra Scrittura e le vostre opere di misericordia per ottenere la grazia della guarigione e del rinnovamento per la Chiesa in Irlanda. Vi incoraggio a riscoprire il sacramento della Riconciliazione e ad avvalervi con maggiore frequenza della forza trasformatrice della sua grazia.

Particolare attenzione dovrà anche essere riservata all’adorazione eucaristica, e in ogni diocesi vi dovranno essere chiese o cappelle specificamente riservate a questo fine. Chiedo che le parrocchie, i seminari, le case religiose e i monasteri organizzino tempi per l’adorazione eucaristica, in modo che tutti abbiano la possibilità di prendervi parte. Con la preghiera fervorosa di fronte alla reale presenza del Signore, potete compiere la riparazione per i peccati di abuso che hanno recato tanto danno, e al tempo stesso implorare la grazia di una rinnovata forza e di un più profondo senso della missione da parte di tutti i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli.

Sono fiducioso che questo programma porterà ad una rinascita della Chiesa in Irlanda nella pienezza della verità stessa di Dio, poiché è la verità che ci rende liberi (cfr Gv 8, 32).
Inoltre, dopo essermi consultato e aver pregato sulla questione, intendo indire una Visita Apostolica in alcune diocesi dell’Irlanda, come pure in seminari e congregazioni religiose. La Visita si propone di aiutare la Chiesa locale nel suo cammino di rinnovamento e sarà stabilita in cooperazione con i competenti uffici della Curia Romana e la Conferenza Episcopale Irlandese. I particolari saranno resi noti a suo tempo.

Propongo inoltre che si tenga una Missione a livello nazionale per tutti i vescovi, i sacerdoti e i religiosi. Nutro la speranza che, attingendo dalla competenza di esperti predicatori e organizzatori di ritiri sia dall’Irlanda che da altrove, e riesaminando i documenti conciliari, i riti liturgici dell’ordinazione e della professione e i recenti insegnamenti pontifici, giungiate ad un più profondo apprezzamento delle vostre rispettive vocazioni, in modo da riscoprire le radici della vostra fede in Gesù Cristo e da bere abbondantemente dalle sorgenti dell’acqua viva che egli vi offre attraverso la sua Chiesa.
In questo Anno dedicato ai Sacerdoti, vi do in consegna in modo del tutto particolare la figura di San Giovanni Maria Vianney, che ebbe una così ricca comprensione del mistero del sacerdozio. “Il sacerdote, scrisse, ha la chiave dei tesori del cielo: è lui che apre la porta, è lui il dispensiere del buon

Dio, l’amministratore dei suoi beni”. Il Curato d’Ars ben comprese quanto grandemente benedetta è una comunità quando è servita da un sacerdote buono e santo: “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il tesoro più grande che il buon Dio può dare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della divina misericordia”. Per intercessione di San Giovanni Maria Vianney possa il sacerdozio in Irlanda riprendere vita e possa l’intera Chiesa in Irlanda crescere nella stima del grande dono del ministero sacerdotale.

Colgo questa opportunità per ringraziare fin d’ora tutti coloro che saranno coinvolti nell’impegno di organizzare la Visita Apostolica e la Missione, come pure i molti uomini e donne che in tutta l’Irlanda stanno già adoperandosi per la tutela dei ragazzi negli ambienti ecclesiali. Fin da quando la gravità e l’estensione del problema degli abusi sessuali dei ragazzi in istituzioni cattoliche incominciò ad essere pienamente compreso, la Chiesa ha compiuto una grande mole di lavoro in molte parti del mondo, al fine di affrontarlo e di porvi rimedio. Mentre non si deve risparmiare alcuno sforzo per migliorare ed aggiornare procedure già esistenti, mi incoraggia il fatto che le prassi vigenti di tutela, fatte proprie dalle Chiese locali, sono considerate, in alcune parti del mondo, un modello da seguire per altre istituzioni.

Desidero concludere questa Lettera con una speciale Preghiera per la Chiesa in Irlanda, che vi invio con la cura che un padre ha per i suoi figli e con l’affetto di un cristiano come voi, scandalizzato e ferito per quanto è accaduto nella nostra amata Chiesa. Mentre utilizzerete questa preghiera nelle vostre famiglie, parrocchie e comunità, possa la Beata Vergine Maria proteggervi e guidarvi lungo la via che conduce ad una più stretta unione con il suo Figlio, crocifisso e risorto. Con grande affetto e ferma fiducia nelle promesse di Dio, di cuore imparto a tutti voi la mia Benedizione Apostolica come pegno di forza e pace nel Signore.
Dal Vaticano, 19 marzo 2010, Solennità di San Giuseppe

BENEDICTUS PP. XVI

11 mag 2010

10/5 Gli sbagli del clero e dei fedeli pesano sulla vita della Chiesa (Michele Belotti)


La Chiesa è in una fase difficile e deve ritrovare il suo spirito con un po' di rinunce.
Il papa e i peccati della Chiesa, degli uomini di Chiesa, gli errori e gli orrori: “Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio è anche che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall'interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella chiesa. Anche questo lo vediamo sempre, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante che la più grande persecuzione alla Chiesa non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa. E che la Chiesa ha quindi profondo bisogno di imparare la penitenza, accettare la purificazione, imparare il perdono ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia”.

10/5 Gli errori di chi pecca all’interno della Chiesa Cattolica (Michele Belotti)





Il papa e i peccati della Chiesa, degli uomini di Chiesa, gli errori e gli orrori: “Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio è anche che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall'interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella chiesa. Anche questo lo vediamo sempre, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante che la più grande persecuzione alla Chiesa non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa. E che la Chiesa ha quindi profondo bisogno di imparare la penitenza, accettare la purificazione, imparare il perdono ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia”.

11 set 2012

racconto .....LA CAPPELLA SCONSACRATA












LA CAPPELLA SCONSACRATA

La cappella abbandonata era da sempre chiusa: il vecchio parroco teneva la chiave in un luogo nascosto.
Non ero mai penetrato in quel luogo e non mi importava sapere cosa ci fosse.
Il giovane curato, curioso, saputello, mi comandava con arroganza, superiorità.
Ero il vecchio sagrestano: ero così vecchio da avere visto morire ben cinque monsignori.
Avevo superato i novant'anni, ma non rinunciavo al mio lavoro: era tutta la mia vita.
Ero uno scapolo che si era appassionato al lavoro umile di guardiano della chiesa madre, una vasta e antica basilica, decorata con ridondanti stucchi barocchi, con tele gigantesche, sanguigne, possenti.
Tanto sforzo che si era sommato alla cupa atmosfera romanica, alle colonne tardo romane.
La chiesa si ergeva sopra un'altra chiesa vetusta, ora mutata in cripta, su catacombe precristiane, sui resti di templi e i cimiteri di diverse epoche.
Della cappella, si diceva, si poteva entrare nei sotterranei.
Io sapevo che l'ultimo parroco defunto non permetteva di avventurarsi nelle segrete.
Si giustificava con i pericoli reali: c'erano pozzi senza protezione, scale pericolanti.
C'era il rischio di smarrirsi, ma la vera paura stava in quella vecchia faccenda del negromante.
Io non lo avevo visto, ma mio padre sosteneva che fosse terribile.
Credevo in mio padre e non avevo mai aperto quella porta.
Si dice che ci fu una solenne cerimonia con preghiere, giaculatorie e benedizioni da parte di quattro preti, con tanto di paramenti viola.
Il curato era un tipo moderno e rideva di queste leggende: pretendeva da me l'apertura di quella porta.
Io non cedetti: sapevo dove fosse nascosta la chiave, nella canonica, ma non gli dissi dove fosse.
Quel fesso cercò, rovistò, tagliò materassi, coperte: mise a soqquadro la chiesa, sino a quando non rinvenne l'arrugginita chiave.
Era soddisfatto e con l'aiuto di una buona dose di olio per serrature spalancò quella massiccia porta di noce.
Il puzzo di muffa, di polvere lo investì, ma non si fermò: la cappella era stata spogliata da ogni suppellettile o quadro.
C'erano solo gli stucchi gli angioletti di gesso dorato e tanti topi, che si dettero alla fuga.
Era un postaccio, ma il Curato era testardo: mi ordinò di far disinfestare il locale, al più presto.
Io borbottai qualcosa e finì lì la questione.
Il mese dopo mi chiamò in canonica e mi avvisò: dovevo starmene a casa, non avevo più l'età per lavorare.
Mi dette il ben servito con una liquidazione misera per i miei ottant'anni di impegno, giorno e notte, per la parrocchia.
Non potevo stare lontano dalla chiesa parrocchiale: non potevo restare in sagrestia, ma rimanevo negli ultimi banchi.
Pregavo, borbottavo le mie orazioni, sistemavo ancora le candele votive, se capitava consigliavo il nuovo sagrestano: un poveretto come me, molto giovane.
Poi avvenne ciò che non sarebbe dovuto capitare: un'intrusione sacrilega ogni notte si udiva.
Canti blasfemi, urla atroci erano uditi, quando più nessuno era in chiesa.
Alla mattina le ostie consacrate erano disperse sul pavimento, i crocefissi erano stati gettati a terra.
I banchi erano stati spostati, il caos era completo, con fanghiglia e luridume ovunque.
Dopo alcuni tentativi per sapere chi fosse stato, il Curato rivolse si rivolse a me.
Volle sentire la mia spiegazione degli avvenimenti: -Il negromante era un personaggio realmente esistito: uno di quegli individui sempre a rischio di scomunica, ma salvatosi dalla Santa Inquisizione grazie alla sua furbizia. Si fece seppellire nella cripta, corrompendo un Priore vizioso, interessato all'oro. Per anni la cappella rimase il luogo dei ritrovi satanici, di streghe, di santoni, di gentaglia.-
Il Curato non mi credette e volle restare nella chiesa di notte: riuscii a convincerlo di accettarmi come guida.
Conoscevo perfettamente ogni angolo, compreso le segrete, pur non essendo mai sceso nei sotterranei: avevo studiato a memoria un'antica mappa.
Tutto andò bene, il silenzio regnò sino a quando un gran frastuono si udì provenire dalla cappella.
Ci affrettammo e lo vedemmo: era gigantesco, con le mani lunghe, grandi come pale.
Gli occhi erano bianchi, la bocca era semi aperta ed emanava rantoli.
Era cieco: non poteva vedere in questo mondo.
Ci aveva notato, percepiva la nostra presenza e si agitava come un cane da caccia: sembrava che annusasse l'aria.
Eravamo le sue prede.
Riuscii ad allontanare il Curato: era pericolosissimo rimanere lì, ci avrebbe fatto a pezzi.
Sarebbe stato saggio svignarcela, uscire dalla chiesa, ma quell'imbecille di prete ritenne doveroso non fuggire davanti al maligno.
Riuscii a farlo entrare in un confessionale: lo scongiurai di tacere, di non strillare.
Io mi posi nell'altare della Croce Benedetta e attesi: dietro al negromante c'erano diversi esseri infernali, cadaverici che lo seguivano.
Si muovevano come ubriachi, quasi ballando.
Lanciavano strilli di dolore e versi da ebeti.
Trascinavano gli arti rigidi, scuotevano i corpi come presi da qualche strano morbo.
Erano i morti maledetti, senza pace.
Quello spettacolo orrendo di cadaveri presi dal terrore del sacro
lo conoscevo per sentito dire, ma non lo avevo mai visto.
Mi mantenni calmo, ma non così il Curato: piangeva come un marmocchio.
Gli spettri erano ciechi come lombrichi: si trascinavano verso il confessionale e allungavano le braccia nere da cadaveri verso la loro vittima.
Lo catturarono e lo trascinarono per i capelli, lo gettarono sull'altare e lo colpirono come forsennati.
Alla fine il poveretto non aveva più fiato per piangere.
Io impugnai una croce e a fatica per l'età, mi rivolsi a loro: -Andate via! Demòni!-
Quelli ringhiarono, sbuffarono, sputarono le loro schifezze nere,
mi maledissero, ma indietreggiarono.
Ora il Curato è sano e salvo: ha fatto serrare la cappella sconsacrata e mi ha chiesto di far fondere la chiave.
So bene che prima o poi qualche imbecille vorrà curiosare nelle segrete, attraversando la cappella.
Lo farà con ogni mezzo e io sono già pronto a intervenire: terrò la chiave per ogni evenienza, per soccorrere o per richiudere la porta della cappella.

racconto di Arduino Rossi

15 set 2010

Convegno pastorale diocesano

Diocesi Piacenza-Bobbio
Ufficio Stampa

Convegno pastorale diocesano

10 – 11 settembre 2010

11 Settembre 2010

Fonte come da titolazione, rilevato da Ciani Vittorio x l'Ufficio Documentazione Diocesi Piacenza-Bobbio.

Ieri pomeriggio, alla Bellotta di Pontenure, e oggi, nella Sala degli Arazzi del Collegio Alberoni, si è svolto il convegno diocesano che ha aperto l'anno pastorale. Si tratta del secondo anno della Missione popolare indetta dal Vescovo lo scorso 2009 ed è stato lo stesso mons. Gianni Ambrosio questa mattina a sintetizzare le linee che costituiscono la base di una "Nota pastorale" che indirizzerà alla Diocesi nelle prossime settimane. Solo una "nota" in quanto restano valide, per il programma, le indicazioni contenute nella Lettera pastorale pubblicata lo scorso anno.

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L'intervento di mons. Gianni Ambrosio

Di seguito la traccia dell'intervento del Vescovo.

(...) Provo a dire in sette punti il senso del cammino, le intenzioni, gli obiettivi del secondo anno della Missione. Ieri è stato detto che questo secondo anno partirà a gennaio, dopo che tutte in tutte le zone saranno conclusi gli esercizi.

Per il nuovo anno sarà consegnata la Nota pastorale, che riprenderà e svilupperà alcune cose dette qui. Non sarà una Lettera pastorale, in quanto il programma della Missione è indicato nella Lettera pastorale dello scorso anno   Prendi il largo   che ha tracciato l'orizzonte teologico, spirituale, pedagogico della nostra Chiesa in missione. Per cui quell'orizzonte resta davanti a nostri occhi come sfondo del nostro cammino. Quello 'stile' che abbiamo individuato e gustato deve entrare nel nostro cuore e caratterizzare il nostro impegno personale e pastorale, come lievito per la nostra vita e per la vita delle nostre comunità.

Partiamo da qui.

"Tenendo lo sguardo fisso su Gesù" (Eb 12,1)

Abbiamo fissato il nostro sguardo su Gesù, sapendo che solo con lo sguardo fisso su Gesù Cristo, parola di Dio fatta carne, possiamo svolgere la missione che ci è affidata. Possiamo dire, con le parole della Lettera agli Ebrei, che "anche noi dunque, (...) avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento" (Eb 12, 1-2).

Con lo sguardo fisso su Gesù possiamo svolgere la missione della Chiesa che sgorga dalla Pasqua, dall'incontro con il Cristo Risorto. La Chiesa della missione, in quanto nasce dalla Pasqua di Gesù, dovrà cercare sempre di avvicinarsi a quello stile e a quel volto che abbiamo cercato di precisare in rapporto alle `dieci corde' dell'arpa (salmo 144), corde in grado di far vibrare il cuore di fronte all'annuncio evangelico.

Il nostro sguardo sulle persone

Con lo sguardo fisso su Gesù e con la luce che proviene dalla Pasqua di Cristo, desideriamo fissare il nostro sguardo sui nostri volti, quelli di ciascuno di noi, quelli dei nostri fratelli e delle nostre sorelle: sono volti segnati dalle esperienze fondamentali della vita, la vita di sempre, certo, ma soprattutto a vita di oggi, la nostra vita di oggi. Desideriamo che il nostro sguardo sugli uomini e sulle donne di oggi sia illuminato dallo sguardo che Gesù ha rivolto e rivolge a tutti noi e agli uomini e donne di ogni tempo.

Desideriamo che il nostro sguardo si avvicini allo sguardo di Cristo, a quel suo sguardo ricco di amore, umanissimo, che sa vedere in profondità e rivelare tutte le potenzialità del cuore umano, nonostante le miserie, le pesantezze, le caducità, le cadute, i tradimenti, i peccati. Credo che avremo modo, forse già oggi pomeriggio e comunque più avanti, di ritornare su questo sguardo di Gesù nei confronti delle persone. Accenno solo allo sguardo rivolto al giovane ricco, a Pietro, Oppure pensiamo alle varie persone che popolano il mondo delle parabole e che Gesù accoglie nelle loro abitudini, nei loro guai, nella loro sofferenza, manifestando la paternità di Dio che ridona la grazia d'essere accolti di nuovo, e pienamente, come figli: una grazia sempre sorprendente e gratuita e tuttavia mai "a buon mercato", come annotava D. Bonhoeffer. La paternità di Dio che Gesù rivela è universale, per tutti, ed è al tempo stesso personalizzante, per ciascuno. Nel senso che questa paternità che Gesù svela e testimonia, arriva a toccare ogni singola persona umana nella sua concreta condizione, nelle sue vicissitudini, nelle sue esperienze. Gesù rivela e testimonia l'amore di un Padre che ama e che invita alla responsabilità, di un Padre che promuove la libertà e suscita la capacità di rischiare per il bene (si veda, ad esempio, l'immagine che scaturisce dalla parabola dei talenti (cf Mt 25,14-30). L'atteggiamento dell'uomo verso Dio non può più essere la paura che paralizza, ma non può n! eppure essere il disimpegno irresponsabile.

3. Una Chiesa pellegrina e dunque missionaria

Tenendo fisso lo sguardo su Gesù e guardando a noi e ai fratelli con lo sguardo di Cristo, proseguiamo il nostro cammino. La Missione popolare è come un pellegrinaggio. Anzi la Missione fa parte, e parte decisiva, di quel pellegrinaggio che la segna la Chiesa in profondità. La Chiesa è Chiesa pellegrina nel mondo ed è molto intima la connessione tra la Chiesa pellegrina e la Chiesa missionaria.

Se è scarsa o è quasi dimenticata la consapevolezza di essere pellegrini viene a mancare la visione profonda e vera di ciò che siamo, per cui tutto appare piatto, senza dinamismo, senza progetto, senza trascendenza. Possiamo dire: senza vocazione. E se nella vita non emerge la vocazione, non si arriva a riconoscere la vita come dono.

Per questo dobbiamo ricordare ciò che siamo una Chiesa pellegrina. Per questo dobbiamo ascoltare la voce che invita pellegrinaggio: "Andiamo a Gerusalemme!"

Non sempre la prima reazione è di gioia, come afferma il Salmo 122: "Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!" (122, 1). Spesso prevale l'esitazione davanti alla prospettiva di mettersi in cammino: vengono in mente molti interrogativi, ci assalgono anche molti dubbi. D'altronde il pellegrinaggio è sempre una scommessa che interpella la nostra fede e mette a prova le nostre forze davanti alle fatiche, prevedibili e imprevedibili. Poi, finalmente, arriva la gioia, quando il cammino è ormai intrapreso e, più ancora, quando si sta per concludere: "Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme! "(versetto 2). Gli antichi pellegrini che si recavano   e si recano numerosi anche oggi   a Santiago di Compostela hanno chiamato 'monte del gozo', monte della gioia, la collina che, a cinque chilometri da Santiago, consente di intravedere i campanili della grande basilica di san Giacomo apostolo.

Noi non siamo giunti al monte della gioia, ma abbiamo intrapreso il pellegrinaggio e la Missione popolare nonostante le perplessità e le esitazioni. Un cammino iniziato e proseguito nella fiducia in Gesù che ci invita dicendo: "Prendi il largo".

L'avventura della Missione, anche se appena iniziata, ci consente di avere in noi un po' di quella gioia espressa dall'orante del salmo 122. Dopo un anno di cammino, a tratti anche faticoso ma sempre avvincente, possiamo riconoscere con cuore grato che lo Spirito Santo ha soffiato: molti anno accolto l'invito e così abbiamo camminato insieme. Ne valeva la pena: è stata un'esperienza bella, motivo di speranza per il futuro delle nostre comunità. C'è un popolo in cammino, c'è una Chiesa in pellegrinaggio verso Gerusalemme, ci sono fratelli ed amici che condividono la fatica e la bellezza del viaggio missionario. Altri potrebbero essere invitati e unirsi al cammino: Gerusalemme è la casa del Signore, è la casa di tutti.

4. "Coraggio, sono io".

Nel secondo anno della Missione vogliamo ascoltare con rinnovata fiducia l'invito di Gesù: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!". È l'icona che illumina e orienta il nostro pellegrinaggio. Non mi soffermo in questo momento. Sarà la lectio di riferimento.

La Missione passa da qui. Sappia che è un compito che supera 1e nostre scarse capacitale tuttavia possiamo andare avanti, riconoscendo che non siamo soli, ma accompagna da Colui che è presente e ci invita a vincere la paura. Se i primi passi della Missione sono stati una gioiosa sorpresa, proseguiamo il nostro cammino riconoscendo che lo Spirito del Signore Gesù Ci precede, ci accompagna, ci sostiene. La Missione rinnova il mistero della Pentecoste che continua nella storia della Chiesa: per vivere e operare la Chiesa ha sempre bisogno del soffio Spirito Santo, come una barca a vela ha bisogno e soffio del vento per navigare. E proprio grazie allo Spirito, la nostra Chiesa può essere segno e strumento della comunione di tutti gli uomini tra loro e con Dio e manifestare quell'amore fraterno da cui tutti possono riconoscere i discepoli del Signore (cfr Gv 13,35).

Nel primo anno della Missione popolare abbiamo potuto gustare, attraverso i ritiri di zona, la bella, buona e gioiosa notizia che è il Vangelo di Gesù. Una notizia che è vita e luce, una parola che è speranza e salvezza. La gioiosa riscoperta di questa notizia sempre nuova e affascinante ci sospinge a non trattenerla per noi, ma a trasmetterla, a condividerla, a donarla. Non in modo astratto ma esistenziale: la parola di Gesù offre scorci stupendi di altri orizzonti restituisce a ogni persona la sua libertà ed integrità, assicura il perdono che rinnova l'esistenza, aiuta a vivere con senso pieno quelle esperienze umane fondamentali che segnano la vita di ogni persona. Sentiamo perciò urgente il compito di rendere accessibile a tutti la buona notizia, partendo proprio da ciò che tutti viviamo.

5. Il Vangelo abbraccia tutto l'umano

Sappiamo di avere un Padre che non abbandona i suoi figli e che ci ama come siamo: ma non vuole lasciarci come siamo, perché desidera donarci un cuore nuovo, un cuore capace di abbracciare la vita stessa vastità e bellezza.

Sappiamo che lo Spirito non cessa di soffiare e di gridare nel cuore di tutti: "Abbà, Padre" (Rm 8, 15). Vogliamo ascoltare questo grido del nostro cuore e del cuore dei nostri compagni di viaggio.

Il Vangelo di Gesù porta a verità il desiderio del cuore dell'uomo, libera la vita da quelle paure che la comprimono e la distolgono dalla verità, dalla pienezza. Quando il Vangelo incontra l'uomo, il cuore è trasformato in cuore di figlio. Quando la vita incontra il Vangelo, la vita diventa più grande, capace di accogliere il Dio che si è fatto vicino. Quando si fa esperienza della parola di verità i legami profondi e vitali diventano luminosi, veri. Allora scopriamo la grandezza del dono del Vangelo: l'aiuto gratuito di Gesù viene riconosciuto come insostituibile, la fede è percepita come cammino praticabile, la vita è vissuta come dono.

Da questi atti di fiducia riceve senso e slancio la Missione popolare come movimento di testimonianza e di proposta. Ma anche di ospitalità e di accoglienza di ogni persona. Le diverse esperienze rendono unica, in un certo senso, la storia di ognuno di noi. Ma tutti ci ritroviamo compagni di strada, con il medesimo carico di domande e con i bisogno e quando affrontiamo la sofferenza, quando viviamo l'esperienza dell'amore, quando ci impegniamo per una vita civile più autentica.

6. Il Vangelo e gli ambiti della vita

Le relazioni interpersonali, i dolore , l'impegno di cittadini nella comunità sono dimensioni che segnano il vivere umano e sono rivelatrici di senso. Eppure, paradossalmente, molte persone, proprio nel contatto vivo, e volte anche drammatico, con queste realtà, si sono smarrite, hanno perso là luce del Vangelo, si sono sentite distanti dalla comunità cristiana. Queste esperienze non possono essere lasciate a se stesse, perché significherebbe abbandonare l'uomo a se stesso, con il rischio che sopprima quel suo desiderio di cose grandi. Prestiamo attenzione a queste dimensioni perché sono vissute da tutti e perché coinvolgono la persona nella sua realtà quotidiana, come ha recentemente indicato il Convegno ecclesiale di Verona e come mostra anche la scelta dei Vescovi italiani di dedicare gli Orientamenti pastorali del prossimo decennio al tema dell'educazione.

Senza trascurare le dimensioni fondamentali dell'esperienza ecclesiale (liturgia, Vangelo e carità), vogliamo mettere l'accento sugli snodi fondamentali della vita umana, sottolineando quei passaggi di vita che chiamano in causa la fede con maggiore forza ed intensità.

Il Vangelo trova nel cuore della vita la sua casa e il suo dinamismo e la vita trova nel Vangelo la luce e la salvezza. In linea con tale scelta di stile pastorale, la nostra Diocesi in questo secondo anno di Missione concentrerà la sua attenzione sui legami affettivi, sull'esperienza del limite e sulla questione della cittadinanza. Questo comporta un passaggio dalla proposta organica del contenuto della fede all'accoglienza dell'esistenza umana, considerata nei suoi passaggi fondamentali e illuminata dalla luce del Vangelo. Proprio questo passaggio caratterizza il .cammino della Missione che vuole aprire la nostra pastorale ordinaria alla dimensione missionaria.

Le nostre comunità ecclesiali si dispongono ad un esercizio concreto di ascolto sia della parola di Dio sia delle parole dell'uomo. Così, con l'aiuto dello Spirito, intendiamo realizzare il secondo anno della nostra Missione, che trova proprio nelle esperienze della vita umana l'alfabeto per comporre le parole con le quali dire a noi e al mondo l'amore di Dio e la bellezza del nostro essere figli di questo Padre che ci ama.

7. Il dono e l'appello alla vita nuova

Oltre all'alfabeto, ci vuole anche la grammatica e poi il linguaggio. In questo anno siamo invitati a riscoprire gli elementi di questo linguaggio insito nell'annuncio evangelico: -1- il dono, e cioè la sorprendente gratuità, e -2- l'appello ad una vita nuova, alla conversione, grazie al dinamismo trasformante del dono ricevuto. Sono i due eletti di base dell'annuncio cristiano: sarà opportuno coglierne lo straordinario dinamismo pedagogico per la nostra vita e per la vita delle nostre comunità.

Penso ad esempio al cammino di iniziazione cristiana, ai percorsi di catechesi: lì è possibile riscoprire e far emergere il primo e fondamentale annuncio della fede in Gesù Cristo in riferimento particolare a quei momenti importanti della vita, come l'attesa di un figlio, come la preparazione al matrimonio e alla famiglia, come l'accompagnamento dei ragazzi al catechismo, come l'inizio di un cammino catecumenale per gli adulti. Ma è tutta la pastorale che è invitata a ritrovare il linguaggio dell'annuncio, che è poi la vita stessa su sui poggia e si esprime una comunità che crede nel Signore Gesù.

Ciò può favorire una considerazione unitaria della persona accolta dalla comunità ecclesiale e dalla sua azione pastorale e nello stesso tempo mostrare la rilevanza esistenziale della fede cristiana per la nostra vita buona.

Occorre porre attenzione ad alcune direzioni di lavoro: ascoltare il desiderio di relazioni profonde che abita il cuore di ogni uomo e le difficoltà che oggi si vivono in questo campo; aiutare a riconoscere la relazione come buona notizia per la vita delle persone e invitarle a vivere autenticamente questa dimensione; porre al centro della pastorale l'educazione a riconoscere che il dono è il compimento della maturazione della persona; orientare le relazioni alla ricerca della verità e alla testimonianza della carità; far emergere la forza educativa della fede verso la pienezza di relazione con Cristo nella comunione ecclesiale.

Vedremo di programmare appuntamenti specifici (esempio Cives) con attenzione agli ambiti della vita umana e di offrire momenti di dialogo aperto e propositivo con il territorio e la città attraverso forme e linguaggi differenziati.

Cosi il Vangelo incontra la persona dentro le relazioni fondamentali della vita, comunica la sua sapienza creatrice di umanità nuova e di speranza viva.

Così possiamo far "emergere soprattutto quel grande 'sì' che in Gesù Cristo Dio ha detto all'uomo e alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come... la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo" (Benedetto XVI, Discorso al IV Convegno nazionale della Chiesa italiana, Verona, 19 ottobre 2006).

Conclusione

La Nota pastorale si rivolge a tutti, ai sacerdoti e ai religiosi e alle religiose, ai membri dei Consigli pastorali, ai catechisti, agli educatori, ai docenti di religione. Penso, in modo del tutto particolare, a tutti coloro che lo scorso anno hanno accolto l'invito a "prendere il largo". Proprio quando ci si avventura al largo si può avere paura. Abbiamo bisogno di ascoltare la voce di Gesù che ci dice: Coraggio, sono io, non avere paura.

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Riprendiamo la cronaca del convegno.

I lavori sono iniziati ieri pomeriggio alla Bellotta di Pontenure con l'intervento di Massimo Magnaschi e di mons. Giuseppe Busani. Il primo si è soffermato sull'andamento della missione nel primo anno richiamando aspetti positivi e punti deboli; in questo facendo riferimento alle risposte avute dalle Unità pastorali appositamente interpellate. Tra gli aspetti da migliorare un maggior coinvolgimento delle persone, una migliore accoglienza da parte dei sacerdoti, incentivare le comunicazioni a livello di Unità pastorale, più attenzione ai giovani e agli adolescenti.

Alcuni suggerimenti: coinvolgimento delle famiglie, far crescere la comunione nelle comunità, un incontro mensile di approfondimento, accentuare l'ascolto della Parola, iniziative che traducano nel quotidiano la Parola, pianificazione di una strategia di invito personale, proseguire nei riti per operatori pastorali, studiare le modalità per una migliore realizzazione della missione nella pastorale integrata.

Da parte sua mons. Busani, che in qualità di vicario episcopale per la pastorale è stato il regista anche di questo appuntamento diocesano, ha richiamato le caratteristiche che devono segnare il secondo anno della missione. Tutto dovrà partire dal Vangelo inteso come risorsa, presenza di Gesù Cristo nella vita quotidiana. Per questo dovranno essere ripresi gli "esercizi spirituali di cristianesimo"; scegliere non tanto di parlare di Dio ma con Dio. Avvicinarsi – sintetizziamo l'intervento di mons. Busani – con umiltà, nel senso di "terreno raggiungibile da un seme" e in questo dovranno impegnarsi soprattutto le Unità pastorali e il metodo sarà quello di mettere al centro la persona a cui sono rivolte le energie della Chiesa.

Dall'attenzione alla dottrina occorre passare alla centralità della persona e gli ambiti sono l'affettività, la fragilità (che deve diventare un valore) e la cittadinanza (costruire la città da cristiani).

Ieri sera vi è stata una celebrazione della Parola nel parco del centro pastorale; oggi i lavori si sono spostati nella Sala degli Arazzi del Collegio Alberoni.

Questa mattina è intervenuto il prof. Mauro Magatti, preside della Facoltà di sociologia della Cattolica di Milano, che ha tenuto la relazione sul tema: "Le esperienze umane fondamentali tra paura e fiducia: lettura antropologico-culturale" (ampia analisi delle paure del nostro tempo); ha fatto seguito l'intervento del prof. Pier Paolo Triani che ha tracciato i percorsi per il secondo anno di missione. Triani ha parlato di esercizi di condivisione dell'umano, di dialogo evangelico, di rinnovamento pastorale analizzando poi le varie modalità come vivere l'affettività, la fragilità e costruire la città, la cittadinanza. Quindi l'intervento del Vescovo di cui abbiamo già dato ampio resoconto.

Nel pomeriggio il teologo della diocesi di Milano don Antonio Torresin ha parlato delle "esperienze umane fondamentali tra paura e fiducia: lettura biblico-teologica", mentre il biblista piacentino don Paolo Mascilongo ha spostato il discorso su scelte operative: "Affettività, fragilità e cittadinanza: itinerari sul vangelo di Matteo per il secondo anno della Missione" (indicazioni in ordine al Vangelo di Matteo che sarà al centro dell'attenzione del secondo anno della missione).

Tra i contributi presentati al convegno anche due video curati da Barbara Tondini per il Servizio diocesano multimedia per la pastorale: una sintesi degli obiettivi del secondo anno della missione ed un reportage sul viaggio in Terrasanta dei giovani.

Il convegno era in particolare rivolto a sacerdoti, religiosi, membri del Consiglio pastorale diocesano e dei Consigli parrocchiali; direttori e collaboratori degli uffici e dei servizi diocesani; catechisti; animatori della Missione popolare diocesana; responsabili di associazioni e movimenti. Sono state registrate 350 presenze.


17 gen 2014

L’Onu a Ginevra processa la Chiesa Cattolica



L’Onu a Ginevra processa la Chiesa Cattolica e questo fatto lascia perplessi perché la pedofilia è un problema che riguarda tutte le società, anche la Chiesa Cattolica, ma non solo la chiesa cattolica. 
Il fatto è chiaro e ovvio, è in corso la persecuzione contro la chiesa per fini precisi, perché lotta contro la povertà, contro i grandi speculatori, perché difende la morale contro l’immoralità e questo papa dovrebbe alzare la voce contro i preti pedofili, contro i pedofili, contro i buffoni che hanno iniziato questa squallida campagna contro la chiesa, solo contro la chiesa e .. nessun’altro.

13 feb 2016

La Chiesa cattolica e perseguitata dalla stampa occidentale?

Che la Chiesa cattolica e il cristianesimo stiano antipatici ....ai poteri forti, alle lobby economiche occidentali non ci sono dubbi.
Infatti è  dimostrabile l'assurdità di certe tesi, ridicole, patetiche, come quella che la pedofilia sia una componente della Chiesa di Roma... quasi presente solo in questo ambito, così pare che affermino costoro, è  di fatto risibile.
Che solo la chiesa ha nascosto questo fenomeno, sotto valutato da tutti i poteri di un tempo, dai dirigenti scolastici, alle magistrature.
Poi i dati sono ridicoli, assurdi, ma la questione parte da pregiudizi:  quindi si hanno percentuali  improbabili, fatti inventati da adolescenti  per ottenere risarcimenti, per fatti veri o inventati e per accuse improbabili, spesso svuotate nei dibattimenti in tribunali.
Invece un fatto è  certo, questo orrendo vizio deve essere represso, combattuto in tutti gli ambiti, quindi non si può  accusare solo la Chiesa per i vizi luridi di qualche indegno sacerdote traditore.
La caccia alle streghe, di stampo puritano anglosassone, è chiaramente pretestuosa.
Combattere la pedofilia e certi comportamento omertosi, di certi vescovi, simili ad altri di tutre le categorie sociali, diventa un pretesto per attaccare la Chiesa e alcune sue battaglie, contro le ingiustizie sociali.

22 ott 2012

Benedetto XVI e i nuovi 7 santi multi etnici

Sette nuovi santi per la chiesa cattolica, ma uno solo è italiano, perché sette santi sono multietnici e c'è anche una donna indiana, pellirossa.
Ora i santi non solo solo italiani e  di etnia europea, ma sono multi etnici: questo fatto non deve sorprendere perché la chiesa Cattolica, chiesa internazionale, è sempre più una chiesa multietnica, con la presenza forte di clero non europeo, ma asiatico, africano e latino americano.
I .... bianchi ormai sono una minoranza e la chiesa europea per eccellenza sarà presto una chiesa clorata anche da noi: avremo i preti neri e asiatici che porteranno la parola di Dio, facendo dell'opera missionaria, nei nostri quartieri degradati e impoveriti moralmente e culturalmente.


9 mar 2010

09/3 La pedofilia, il Papa e tutti gli altri (Arduino Rossi)

Il cancelliere Merkel smorza i toni del suo ministro della giustizia: “La Chiesa cattolica prende la questione molto seriamente”.
La signora ministra della Giustizia tedesco Leutheusser-Schnarrenberger aveva lanciato un’accusa pesante contro il Vaticano, di ostacolare le indagini e di copertura dei fatti di pedofilia avvenuti in istituti cattolici.
La signora Merkel parla di “apertura e presa di responsabilità” da parte della Chiesa cattolica.
Così la polemica contro La chiesa prosegue, ma un dubbio c’è, anzi più di uno.
Che alcuni prelati in passato abbiano coperto gli scandali, per il buon nome della Chiesa, è un fatto appurato.
Solo loro lo hanno fatto?
Abbiamo avuto medici, avvocati, professori laici, militari e anti altri appartenenti a tutte le professioni, non ultimi i pastori protestanti.
Solo la Chiesa Cattolica è responsabile’ Tutte le altre associazioni e organizzazioni, oltre le altre chiese non cattoliche sono tutte innocenti?
Non è in corso una campagna contro la Chiesa di Roma per fini politici?

23 ago 2011

Tasse e Vaticano, i beni della Chiesa e la logica del laicismo fuori moda


La decisione di intaccare i beni della Chiesa è pura propaganda un po' ridicola: la folla dei neo anticlericali si devono ricordare che nei beni della chiesa, con la manutenzione dei relativi monumenti, ci stanno edifici di culto, che sono dei capolavori di arte, ma anche costosi luoghi antichi da ristrutturare con grandi capitali.
Tra i vari lavori della Chiesa ci sono quelli di assistenza sociale e tutti noi conosciamo i danni e le negligenze dello Stato in questi settori, poi i beni della Chiesa sono spesso un'attrattiva per il turismo nazionale ed internazionale.
Se fossero privati verrebbero depredati e dispersi, se fossero dello Stato finirebbero presto in rovina, mentre in mano alla Chiesa cattolica restano un'attrattiva per il turismo nelle grandi città sino al più piccolo paesino, con i vantaggi economici che ne conseguono.
I signori demagoghi tutto questo non lo prendono in considerazione, compreso chi vive di politica da decenni e fa tante … prediche come i Radicali italiani.

15 gen 2017

#Cristiani e #bigotti a confronto - ARDUINO ROSSI

E un giorno udii un bisticcio tra due persone fuori da un chiesa.

Un uomo sulla cinquantina litigava con un tizio ben vestito, in doppio petto, con abiti vistosi, lui invece era con abiti ordinari, di .. seconda mano, pareva quasi un barbone.
Urlò  aĺ tizio elegante: "Tu non mi scacci dalla chiesa, non ti appartiene, io sono un cristiano e lo furono i miei avi. Tu sei solo un fariseo, che sfrutta il nome del Signore per ingannare le persone."
Quello rispose: "Tu sei uno scomunicato, uno che non rispetta i precetti della Santa Madre Chiesa e meriti di essere scacciato!"
Il povero sorrise: "Mio padre lavorò  per questa chiesa, i miei avi la costruirono fisicamente, la mantennero, si comportarono da cristiani, come faccio io."
Il prepotente rispose: "Tu sei solo un venduto a Satana, non voti come si dovrebbe,  critichi il papa e la politica sociale della Chiesa, critichi i ricchi e dici che  chi non dà  almeno il superfluo ai poveri non entrerà  nel Regno dei Cieli, andando contro l'insegnamento di sua eccellenza, il vescovo."
Il poveretto rise: "Io riconosco l'autorità  di Dio e del Vangelo, nulla più. Seguo la mia coscienza e non temo le scomuniche dei preti, degli ipocriti. Nessuno mi potrà  scacciare dalla mia chiesa, perché  appartiene al popolo dei veri fedeli, di gente semplice come me, che agiscono con onestà  e non si arricchiscono sfruttando i poveri, come fai tu.,
Il ricco urlò: "Vattene Satana!"
A dar ragione al benefattore della parrocchia arrivò il prevosto che alzò  il braccio in segno di ammonizione: "Lui dà  tanti soldi per i profughi."
Il povero rise sarcastico: "Lui li sfrutta e ha licenziato dei poveretti italiani, mandandoli sul lastrico. Questo è  il vostro ... santo, ma in realtà  siete tutti complici di questo negriero. Vergognatevi e temete il giudizio di Dio, che arriverà  prima o poi."

15 set 2010

«La Chiesa ha bisogno di laici che s'impegnino»

"Libertà – Cronaca di Piacenza", pag. 19
Quotidiano d'Informazione di Piacenza

II vescovo parla dei problemi della diocesi alla vigilia del convegno pastorale 2010-2011 in programma da domani alla Bellotta e al Collegio Alberoni

«La Chiesa ha bisogno di laici che s'impegnino»

Gianni Ambrosio vescovo di Piacenza-Bobbio: "La missione entra nel vivo: è l'anno dell'accoglienza, dell'ospitalità, della proposta"

Giovedì, 9 settembre 2010

Fonte come da titolazione, rilevato da Ciani Vittorio x l'Ufficio Documentazione Diocesi Piacenza-Bobbio.

Federico Frighi intervista Gianni Ambrosio

Ambrosio cita Kennedy: non si chieda sempre, bisogna dare «Se le famiglie non fanno figli non ci saranno altre vocazioni»

«L'appuntamento è importante perché c'è un popolo in cammino, una realtà umana che riconosce di avere nel suo cuore lo spirito di Dio e vuole rivolgere il proprio sguardo verso l'alto per poter camminare bene su questa terra. Vogliamo che questo dono possa essere offerto a tutti, la nostra missione è di far emergere la luce e la parola che è dentro l'uomo».

Il vescovo Gianni Ambrosio spiega così il significato del convegno pastorale della Diocesi di Piacenza-Bobbio. L'appuntamento di domani (alla Bellotta) e sabato (al Collegio Alberoni) segna l'inizio dell'anno pastorale 2010-2011 e vede riuniti gli stati generali della chiesa piacentina, clero e realtà ecclesiali attorno allo stesso tavolo.

Un tavolo sul quale si dovranno affrontare diverse problematiche: dal nuovo anno di missione popolare all'attenzione alla questione educativa, con particolare riferimento al ruolo degli oratori, fino al calo dei sacerdoti. Ambrosio parla della Chiesa come comunità e rifugge i modelli da esportazione.

«Direi che non bisogna restringere il dono grande della rivelazione di Dio secondo il nostro sentiero   osserva, riferendosi anche al dibattito apertosi in questi giorni su "Libertà"  . I sentieri possono essere diversi, l'importante è che ci sia il discorso della comunità. Ogni famiglia ha il proprio stile di educazione. Sono problemi assai semplici se ci ragiona sopra».

Tale, per Ambrosio, è anche il calo drastico delle vocazioni e le aspettative dei fedeli verso il clero.

«Certo, se ci fossero più preti sarebbe una bella grazia   evidenzia il vescovo  , ma dico anche che se ci fossero più laici seriamente impegnati e responsabili forse potremo procedere con maggior serenità e speranza».

La Chiesa non è fatta da marziani:

«C'è precarietà e difficoltà in ogni campo, e c'è anche nella realtà ecclesiale, perchè noi viviamo con i piedi per terra e su questa terra camminiamo».

Poi cita John Fitzgerald Kennedy:

«A chi vuole che la propria parrocchia vada avanti ricordo le parole del presidente degli Stati Uniti: "Non chiedete cosa lo Stato fa per voi, ma chiedetevi cosa potete voi fare per lo Stato": Vale anche per la Chiesa. Se le famiglie non fanno figli, allora non ci saranno vocazioni. Diversamente, là dove c'è un riconoscimento della fede di Dio, tutto il resto viene di conseguenza. La realtà religiosa non è estranea alla quotidianità. Questa idea della laicità poi... La religione è dentro la vita; anzi, perchè ci sia vita vera credo che dentro debba esserci anche il cielo».

La Missione popolare. Questo sarà l'anno:

«dell'accoglienza, dell'ospitalità e della proposta». «Dopo un anno di cammino   evidenzia il vescovo nella lettera che uscirà oggi  , a tratti anche faticoso ma sempre avvincente, possiamo riconoscere che lo Spinto Santo ha soffiato: molti hanno accolto l'invito e abbiamo camminato insieme. Ne valeva la pena: è stata un'esperienza bella, motivo di speranza per il futuro delle nostre comunità».

Nella lettera il vescovo parte dal significato del pellegrinaggio.

«Una causa delle visioni ristrette della nostra realtà sociale e culturale è quella di dimenticare ciò che noi siamo   è convinto – noi siamo in cammino e abbiamo una meta. Sarei davvero lieto se la nostra realtà ecclesiale aiutasse tutti a ricomprendersi nel comune pellegrinaggio dell'umanità verso Dio».

Il convegno di domani coincide con la fine del Ramadan per gli islamici. Anche a Piacenza. «Sono lieto di questa coincidenza   dice   Mi sento in amicizia con tutte le persone che pregano il Signore; chi ha il coraggio di pregare merita stima e amicizia».

Poi spezza una lancia a favore dei cattolici sudamericani:

«Sono qui a Piacenza e fanno fatica. I nostri oratori siano aperti anche per loro».

14 mag 2010

14/5 Anoushka Shankar - musica

live in Florence
il: 08/06/2010

Dove:

CHIESA DI S. STEFANO
Firenze (FI)
info su Firenze e mappa interattiva
Toscana - Italia

Per maggiori informazioni:
055.611299
festival@accademiasanfelice.com
florenceyouthfestival.com

Fonte:Sara Buselli
Scheda Evento

ANOUSHKA SHANKAR & BAND Spiritual Sounds from her Sitar

8 giugno h. 21,00 - Chiesa di Santo Stefano al Ponte Vecchio
FIRENZE
Unica data italiana nel tour mondiale della grande musicista indiana
Anoushka Shankar sarà "live" a Firenze con la sua band di musicisti indiani, presso la Chiesa di S. Stefano al Ponte Vecchio, per presentarci la tradizione - ereditata dal padre Ravi - di musica indiana per sitar rivista attraverso il suo incredibile virtuosismo sia melodico che ritmico e accompagnata da tabla, bansuri, flauto, tanpura. Anoushka Shankar è considerata come una delle figure di spicco nel panorama musicale contemporaneo, il suo sitar é capace di produrre note magiche, in una mistica atmosfera che colora le emozioni. La sua musica è intensamente legata alle profonde radici della musica classica indiana, ma parallelamente si è affermata nel panorama internazionale come esecutrice e compositrice in una varietà di generi ricchi di contaminazioni, tra cui l'elettronica, il jazz, il flamenco e la musica classica occidentale.
L'antica tradizione musicale indiana del Raga, considerato proprio come ciò che "colora la mente", arricchita da contaminazioni contemporanee rivive in questa grande interprete, figlia del leggendario maestro di sitar Ravi Shankar. Dopo il successo mondiale del suo quarto album da solista Rise, nominato per un Grammy Award, ha fondato nel 2006 "The Anoushka Shankar Project" con cui propone le sue creazioni e sperimentazioni con musicisti indiani e occidentali, utilizzando strumenti acustici ed elettronici. Tradizione e modernità in un abbraccio cosmopolita che riflette le sue origini multiculturali: nata a Londra da padre indiano e chiamata con nome russo, oltre ad essere la sorella minore di Norah Jones. Anoushka è stata la prima donna a suonare al Ramakrishna Centre di Calcutta, la prima donna indiana ad esibirsi alla Grammy Awards Ceremony, e la prima donna a ricevere l'House of Commons Shield nel 1998.
Una multiforme personalità musicale che attraverso il suo incredibile virtuosismo, melodico e ritmico, estende i confini della musica classica indiana fino a creare un suono senza tempo.
Nata il 9 giugno del 1981, ha cominciato a suonare il sitar a 9 anni e a 13 ha debuttato in teatro a Nuova Delhi, poi ha collaborato nei dischi e nei concerti del padre. Negli stessi anni ha firmato un esclusivo contratto discografico con Angel / EMI, e nell'autunno del 1998 ha visto la luce la sua prima registrazione da solista, Anoushka, che ha ottenuto un enorme successo della critica. Nel corso degli anni è cresciuta anche la sua reputazione internazionale come sitarista classica, esibendosi in oltre 80 concerti l'anno. Un punto culminante nella sua carriera è stato, nel 2002, il concerto in omaggio al defunto George Harrison alla London's Royal Albert Hall, durante il quale si esibì in una nuova composizione scritta da suo padre, accompagnata dalla chitarra solista di Eric Clapton.
Il suo talento ruota e si espande a 360 gradi. Autrice del libro Bapi: l'amore della mia vita, un intimo ritratto biografico di suo padre, nel 2004 ha conseguito una nomination come miglior attrice non protagonista dal National India Film Awards per il debutto in Dance Like a Man, di Pamela Rooks. Nello stesso anno, è stata scelta tra i 20 eroi asiatici dalla rivista Time, successivamente è diventata il primo ambasciatore indiano per le Nazioni Unite per il Programma Alimentare Mondiale.
Ha collaborato con grandi artisti di fama internazionale comparendo nelle registrazioni di Sting,Lenny Kravitz e Thievery Corporation, ha duettato con il famoso violinista Joshua Bell nel Verbier Festival del 2007. Già nel 2000 è apparsa al Festival di Evian in un duetto sitar-violoncello conMstislav Rostropovich, e nel 1998 ha duettato con Jean-Pierre Rampal, suonando entrambi sitar e pianoforte. Si è anche esibita come solista nel Primo Concerto per sitar e orchestra organizzato dal padre Ravi.
"Mi piace esplorare strade diverse nella musica, che questo sia esibirsi con mio padre - che è una sorta di ultimate experience nella musica prettamente classica - o con una band che esprime la mia visione diversa della musica classica. Oppure collaborare con artisti d'ogni tipo o con orchestre, mi diverto sempre a fare tutte queste cose. " Anoushka Shankar.
8 Giugno - h. 21,00 CHIESA di S. Stefano al Ponte
ANOUSHKA SHANKAR & BAND Spiritual Sounds from her Sitar Anoushka Shankar sitar Tanmoy Bose tabla Ravichandra Kulur flauto, kanjira Pirashanna Thevarajah mridangam, kanjira, ghatam Nick Able tanpura
INFO e prevendite:
Accademia San Felice Via Gabriele D'Annunzio, 121 50135 - Firenze tel: 055.611299 festival@accademiasanfelice.com http://www.florenceyouthfestival.com/index.php?id=7
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ANOUSHKA SHANKAR
live in Florence 8 GIUGNO 2010 ore 21 CHIESA DI S. STEFANO - info 055 611299

ANOUSHKA SHANKAR & BAND in concerto a Firenze il 8 giugno 2010

Il suo sitar é capace di produrre note magiche, in una mistica atmosfera che colora le emozioni.
Anoushka Shankar sarà "live" a FIRENZE in concerto con la sua band di musicisti indiani, presso la Chiesa di S. Stefano al Ponte Vecchio, per presentarci la tradizione - ereditata dal padre Ravi - di musica indiana per sitar rivista attraverso il suo incredibile virtuosismo sia melodico che ritmico e accompagnata da tabla, bansuri, flauto, tanpura.
Anoushka Shankar farà tappa in Italia esibendosi a Firenze l'8 giugno 2010, in occasione dell'apertura della Settimana di Musica Sacra dal Mondo.
Figlia del famosissimo suonatore di sitar Ravi Shankar, che insegnò al beatle George Harrison, è sorellastra di Norah Jones, di due anni più grande.
Ha cominciato a suonare il sitar a 9 anni e a 13 ha debuttato in teatro a Nuova Delhi, poi ha collaborato nei dischi e nei concerti del padre. Anoushka è stata la prima donna a suonare al Ramakrishna Centre di Calcutta, la prima donna indiana ad esibirsi alla Grammy Awards Ceremony, e la prima donna a ricevere l' House of Commons Shield nel 1998. Il suo album "Rise" è stato anche nominato per un Grammy Award.
A soli 28 anni Anoushka è già una delle figure di spicco della World Music, nonchè una delle più grandi interpreti della musica classica indiana.
INFO e prevendite: 055.611299 festival@accademiasanfelice.com http://www.florenceyouthfestival.com/index.php?id=7

11 mag 2010

10/5 La Chiesa dovrà lottare e patire sino alla fine dei tempi (Paolo Rossi)



Benedetto XVI parla della tribolazione della Chiesa, della sua sofferenza profonda: "Il Signore ci ha detto che la Chiesa sarà per sempre sofferente, in modi diversi fino alla fine de mondo. L'importante è che il messaggio, la risposta di Fatima, sostanzialmente non va a situazioni particolari, ma la risposta fondamentale cioè conversione permanente, penitenza, preghiera, e le virtù cardinali, fede, speranza carità. Così vediamo qui la vera e fondamentale risposta che la Chiesa deve dare, che noi ogni singolo dobbiamo dare in questa situazione".
Ora la Chiesa patisce per la pedofilia, domani sarà un altro il suo patimento, ma sempre sarà attaccata dalle forze a lei avversaria.

2 gen 2018

Cristiani senza chiesa, che non si vogliono sporcare l’anima - ARDUINO ROSSI

Un grande uomo, termine spesso usato e abusato, ma non in questo caso, disse e scrisse di essere un cristiano senza chiesa e un socialista senza partito: il suo nome era Ignazio Silone, uno scrittore intelligente, coraggioso e senza padroni.
Di cristiani che vedono il marcio e lo denunciano ce ne sono parecchi, molti di loro si perdono e  perdono anche la fede, ma io sono convinto che nessun papa medioevale ci può imporre interessi evidenti e disonesti di altri gruppi di potere.
La chiesa, anzi, le chiese, sono sempre più organizzazioni economiche, finanziarie, come un tempo, quando erano a servizio dei proprietari terrieri e dei loro interessi: il servilismo politico, verso affarismi sporchi ed evidenti non cristiani, continua, oggi più che mai.
Io mi ripeto, nessuno ci può scacciare dalla chiesa, perché loro non posseggono nulla, sono solo degli usurpatori: infatti quando due si riuniscono in suo nome lui sarà con loro, sta scritto.
La chiesa vera è una sola, quella di coloro che fanno la volontà del padre e veri cristiani si trovano in tutte le confessioni cristiane, al di là della teologia, io dico, delle virgole teologiche scritte e dette.
Tutto il resto è solo aria fritta, nulla di più: Dio ci giudicherà per la carità, non per gli intrallazzi che certi negrieri fanno, mostrandosi, per esempio, pure….accoglienti.
Sì, gli sporcaccioni non entreranno nel Regno dei Cieli, con o senza papa, con o senza confessione: solo il pentimento e il ravvedimento ci salva dai nostri errori.