27 gen 2017

oggi comunicato, In occasione di #Arte #Fiera #Bologna - ARDUINO ROSSI

COMUNICATO STAMPA


Di Felice Edizioni

Collana d’arte Fili d’erba presenta FRANCESCA #ALINOVI



Venerdì 27 gennaio, alle ore 17.30, in occasione della Mostra EXPO Bologna 2017 nella Galleria WIKIARTE (Via San Felice 18 - Bologna), verrà presentato il libro Francesca Alinovi. In suo ricordo a cura di  Antonella Colaninno e Gian Ruggero Manzoni.
Si tratta del quinto volume della collana d’arte Fili d’erba diretta dal critico Alessandra Angelucci per la Di Felice Edizioni. Una collana che pone particolare attenzione a quell’aspetto che spesso, nel mondo dell’arte, passa in secondo piano rispetto all’opera d’arte stessa: la voce di chi crea, di chi in un gesto ha immortalato un’esistenza.
Non fanno eccezione la vita e l’opera di Francesca Alinovi che verrà ricordata attraverso questo interessante libro, durante il discorso introduttivo del professor Manzoni nella mostra Expo 2017 che accoglie 55 artisti in una collettiva curata da Debora Petroni.

Scrive il direttore di collana Alessandra Angelucci: «Pubblicare un libro che omaggia la donna e critica d’arte Francesca Alinovi, figura di spicco del panorama internazionale degli anni Settanta/Ottanta, significa essere coraggiosi e allo stesso tempo consapevoli. Coraggiosi perché, quando si parla di Alinovi, si abbraccia l’oscillazione che suona tra l’attrazione e il mistero, tra la lucida e viva intelligenza di una professionista e le contraddizioni di un tempo – quello della Bologna e della New York di allora – in cui la giovane e famosa critica d’arte si muoveva con invidiabile acume e “una ingenuità – come afferma Mariuccia Casadio – che sapeva tradurre in qualche cosa di scientifico”. Bella, di una fascinazione rara che lo sguardo e il suo modo di muoversi traducevano in un particolare e sensuale “stare presso”: le persone, i luoghi, le gallerie, i quartieri di periferia, il Bronx di New York, il DAMS di Bologna, dove insegnava evidenziando le sue doti di abile talent scout. Coraggiosi, perché di lei si è già detto molto ma forse non abbastanza. Coraggiosi, vista anche la sua prematura scomparsa per mano violenta, una morte per la quale fu condannato il pittore Francesco Ciancabilla, originario di Pescara, con cui la Alinovi aveva una relazione. Era il 15 giugno del 1983 quando fu ritrovata senza vita nella sua abitazione bolognese in via del Riccio. Quarantasette coltellate posero fine al suo temperamento deciso e al coraggio “senza tempo”; quarantasette coltellate interruppero brutalmente una carriera che si definiva già brillante in ogni sua declinazione.»

Durante il periodo dell’ArteFiera sarà ulteriormente presente la collana Fili d’erba (Di Felice Edizioni) attraverso un doppio appuntamento: la presentazione del libro Nei cieli della mente dell’artista Alberto Di Fabio e curato da Mattia Andrès Lombardo, in occasione dell’ART CITY White Night 2017, in un dialogo con Alessandra Angelucci, Alessandra Caporale (vicepresidente AICIS) e Raffaele Quattrone (sociologo e curatore di arte contemporanea). Inoltre, sempre durante ArteFiera, sarà presente l’artista Simone Pellegrini (autore del libro Guadi. Conversazioni sull’arte, l’uomo e la parola) con la mostra “Dishonesti corpi” al Teatro S. Leonardo (via San Vitale).


FRANCESCA ALINOVI

“Neri come la pece, o caffè latte, ma sempre scuri, felini carichi di sex-appeal, i neri di New York, dopo aver conquistato il mondo della musica e della danza, stanno diventando le nuove stars dell’industria artistica. Prima i graffiti sui treni, poi i graffiti sulle strade: ora i loro graffiti su tela riverniciano a nuovo i muri delle gallerie d’arte e le copertine delle riviste più eleganti di New York.” Così scriveva Francesca Alinovi, e ancora: “Analfabeti, ma spontaneamente acculturati sul mitico linguaggio delle immagini e delle notizie teletrasmesse per impulsi elettronici, volevano semplicemente provare l’ebbrezza della fama e della gloria promessa dalla mitologia dei mass media. Così, non potendo far scorrere i loro messaggi lungo i tubi catodici, decisero di farli scorrere sui treni. […] Loro aspiravano alla bella vita consacrata dalla celebrità, invece diventarono celebri perché furono scambiati con i criminali della malavita.” Gli stralci riportati sono presenti in Black Graffiti, uno dei suoi ultimi articoli, pubblicato nel 1983 su Panorama Mese, solo pochi giorni prima della sua scomparsa.
Il 12 giugno 1983 Francesca Alinovi veniva uccisa con 47 coltellate nella sua abitazione di via del Riccio 7 a Bologna. L’efferato delitto oscurava, di colpo, la brillante carriera della giovane studiosa, destinata a diventare una stella nel panorama internazionale della critica d’arte.
Col suo “entusiasmo da pioniera dell’arte”, l’Alinovi è stata protagonista della storia delle avanguardie fine anni Settanta e anni Ottanta; è stata un ponte tra la New York dei graffiti e la New Wave europea, una vera promoter della cultura underground di quegli anni.
In molti avevano fatto una scommessa sul futuro radioso di questa avvenente e intelligente donna che si affacciava, con successo, sulla scena artistica mondiale. La sua ricerca, sempre libera e spinta alla liberalizzazione del pensiero oltre il pregiudizio e la discriminazione, in un mondo appena votatosi alla globalizzazione, cercava di rilevare quanto la creatività fosse un campo mentale aperto, luogo di incontro di etnie, tradizioni e status sociali, connesso e disconnesso, al tempo stesso, con la cultura bassa e con la comunicazione massmediatica.
La creatività, per lei, era uno spazio fluido che scorreva oltre ogni limite. È questa la sensazione che si avverte quando si sfogliano le pagine che conservano l’attività intellettuale della giovane critica d’arte emiliana, una dimensione liquida, sospesa, che corre sui fili del tempo, che coglie l’attimo di una rivelazione estetica inesauribile che si fa perennemente viva.
Nata a Parma nel 1948, Francesca Alinovi si era laureata in Lettere all’Università di Bologna, quale allieva di Francesco Arcangeli, con una tesi su Carlo Corsi, e si era quindi specializzata con Renato Barilli, approfondendo lo studio di Piero Manzoni, Lucio Fontana e dello Spazialismo, diventando poi ricercatrice di ruolo presso il DAMS di quella città e insegnante di Fenomenologia degli Stili. I suoi interessi erano indirizzati alla storia delle avanguardie e alle contaminazioni tra le varie arti: pittura, scultura, letteratura, musica, video e teatro. Era una sorta di talent scout nel panorama artistico contemporaneo italiano. Dal mondo accademico bolognese il suo essere era poi evaso, alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, per muoversi “nel sottobosco dei talenti” sia nostrani che newyorkesi, conferendo al Graffitismo, corrente nato da poco, lo statuto di arte, oltre a riconoscere il valore sociale di quella pratica alternativa, svincolata dai circuiti ufficiali e dalle logiche di mercato.
La nuova tendenza americana di usare bombolette spray era un mezzo di “disperata sopravvivenza culturale”, “un fenomeno selvaggio di vandalismo urbano” che dalle strade, dai muri, dai mezzi di trasporto e dai tunnel sotterranei era approdato al grande circuito dell’arte internazionale.
Nei Graffitisti (o Writer), infatti, c’era il desiderio di rivendicare una mancata affermazione nel sociale. Loro rappresentavano, e ancora rappresentano, una vera e propria “gara di emancipazione del nuovo orgoglio razziale”. I neri (si ricordi Jean-Michel Basquiat), fino ad allora quasi del tutto esclusi dal sistema espressivo visivo e plastico, lanciarono, in questo modo, il loro guanto di sfida al fine di emergere e distinguersi. La “crudele selezione nera” aveva incominciato la sua lotta per affermarsi anche a quel livello.
Il mondo dell’underground newyorkese era, per Francesca, una dimensione libera, nonché rappresentava per lei una sorta di regressione allo stato primitivo, originario, puro. Gli artisti non erano colti e provenivano da situazioni di emarginazione; erano inoltre tutti molto giovani (avevano un’età compresa tra i sedici e i venticinque anni). L’arte dei graffiti era un ulteriore gesto performativo collegato all’Hip Hop e alla Street Dance (B-boying - Breakdance) che usava la gestualità e il disegno per liberare un inconscio collettivo, per proiettarsi nel futuro, sfruttando un’espressività antica e di frontiera. Come si è detto, la mancata affermazione nel sociale dell’etnia afro-americana emerse in quella maniera di fare immagine e, dalle strade e dai muri, conquistò il pianeta come un’onda inarrestabile.
In Francesca Alinovi fu frequente anche l’interesse per il mondo del fumetto e, anticipando i tempi, dell’elettronico e del tecnologico avanzato, quest’ultimo (il futuro Web) già considerato da lei quale ponte di comunicazione e mezzo alternativo all’alfabetizzazione tradizionale, così da poter rivendicare un nuovo potere della conoscenza, seppure i possibili pericoli che in esso potevano annidarsi.
Per tornate al Graffitismo, esso offriva un’occasione di competizione, sia in chi lo praticava e in chi lo sosteneva, per imporsi attraverso il coraggio e la possibile celebrità conquistata, e si presentava quale occasione di confronto forte in una società che da sempre aveva “escluso dai propri canali di informazione e comunicazione intere comunità nazionali, pur numerose e piene di voglia di esprimersi”.
Gli unici artisti bianchi considerati degni di stima, in quel mondo ai margini e sub urbano, furono Kenny Scharf e Keith Haring, i soli ad avere conosciuto il “periferico esistenziale” e ad avere condiviso coi neri l’avventura dell’underground  nei tunnel delle metropolitane, dove le avanguardie si incontravano per poi prendere, emerse in superficie, ognuna la propria strada. Perché, allora, era nel cavalcare l’onda della New Wave che si superavano i confini dell’arte, si faceva ancora “pionerismo”, quindi si veniva inghiottiti nel vortice di quella contemporaneità compulsiva che sprigionava pura energia creativa in ogni sua formulazione.


I CURATORI
Antonella Colaninno è nata a Napoli nel 1969. Critica d’arte, ha curato mostre, cataloghi e scritto saggi sull’arte contemporanea. Da alcuni anni si dedica allo studio del pensiero critico di Francesca Alinovi, con un attento lavoro di ricerca. Di recente ha curato, presso il Museo Vittoria Colonna di Pescara, la mostra “STELLE COSTELLAZIONI GALASSIE SEMI MUTAZIONI” di Gian Ruggero Manzoni.


Gian Ruggero Manzoni è nato a San Lorenzo di Lugo (RA) nel 1957. Artista, poeta, narratore, critico d’arte ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Urbino e ha partecipato ai lavori della Biennale di Venezia nel 1984 e nel 1986. Al suo attivo ha molte esposizioni pittoriche tenutesi in Italia e all’estero. Oltre quaranta sono le pubblicazioni a cui ha dato vita. Ha diretto la rivista di arte e letteratura «Origini» e la rivista di arte, letteratura e idee «ALI».

FILI D’ERBA_COLLANA D’ARTE
La collana Fili d’erba della Di Felice Edizioni, diretta dal critico Alessandra Angelucci, si propone al lettore con l’intento di avvicinarlo alle molteplici forme dell’arte che - come fili di un’immensa tela - disegnano infinite possibilità, poiché infiniti sono i moti dell’animo che guidano la mano di chi dipinge, scolpisce o affida alla parola le verità più intime. Una collana che pone particolare attenzione a quell’aspetto che, spesso, nel mondo dell’arte, passa in secondo piano rispetto all’opera d’arte stessa: la voce di chi crea, di chi in un gesto ha immortalato un’esistenza. Come afferma E.H. Gombrich, «Non esiste in realtà una cosa chiamata arte. Esistono solo gli artisti»: è a partire da questo assunto che la collana Fili d’erba vuole privilegiare la pubblicazione di testi che diano al lettore la profondità di un’analisi critica, ma allo stesso tempo una possibilità in più: la conoscenza dell’artista e del suo linguaggio espressivo, attraverso la parola quale strumento più diretto per cercare di avvicinarsi all’idea di un’arte che, nel tempo e nei luoghi, cambia pelle e dunque funzione. La voce dell’artista, dunque, per ripercorrere la nascita di un filo d’erba, la trama sottile di quel germe insito nell’atto creativo che alla natura ha sempre guardato come fonte primaria.
In un viaggio come quello nel mondo della creatività, più interessante della meta è il percorso: indagare i respiri, le pause, le assonanze e le dissonanze, le crepe che regalano luce e che hanno portato ciascun protagonista a intraprendere un viaggio, qualunque sia stato poi il punto d’arrivo.
Fili d’erba per cogliere le diverse stratificazioni dei codici della contemporaneità, attraverso un’estetica della parola che trova nel saggio, nella raccolta di testi autobiografici e nel libro-intervista le principali forme compositive.

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