Fummo assunti tutti assieme, avendo vinto un concorso speciale e agevolato: possedevamo dei titoli preferenziali, o grosse raccomandazioni.
Il posto al "Centro Imposte Erariali Aggiunte" era stato sospirato per anni dalla maggioranza di noi, perché era un lavoro a mezza giornata, poco faticoso e con molte prospettive di carriera.
I primi stipendi, a dire il vero, non furono soddisfacenti, ma uno poteva arrotondarli col lavoro nero ben pagato, dalle ditte da noi tassate.
Si sfiorava il reato con queste attività fuori servizio, per interesse privato in atti d'ufficio, ma visto che lo facevano
tutti, anch'io, Carlo De Crescenzo, mi adeguai ben presto.
Insomma, non c'era da lamentarsi: eravamo dai venti ai trent'anni, già ben sistemati, con la sicurezza dell'impiego statale, con molto tempo libero e con molte fantasie per il futuro.
L'unico a non essere per nulla contento era Nicola Mattei, un laureato in legge: egli si sentiva un pesce fuori d'acqua e aspirava a esercitare la sua professione.
Secondo la sua opinione il nostro era un lavoro da morti di fame: egli avrebbe voluto una vita lussuosa, con belle donne e con tanti soldi da spendere.
Perciò era spesso imbronciato: invece di sbrigare le pratiche di ufficio stava alla sua scrivania a studiare per sé.
Era stato raccomandato da suo padre, Gilberto Mattei, un funzionario degli Uffici Regionali che aveva approfittato della
sua qualifica per avvicinare "le persone giuste".
Gilberto aveva trascorso gli anni della giovinezza in miseria e non voleva che lo stesso capitasse a Nicola: chiese al suo caro amico, Direttore Generale del Centro Imposte Erariali Aggiunte, di assumere provvisoriamente il figlio, che si stava preparando all'esame di Procuratore Legale.
Il Direttore, buono e comprensivo, accontentò la richiesta di Gilberto: aveva grande stima per l'amico e non poté rifiutargli il favore ....poi, conosceva bene il detto: -Una mano oggi a te, una mano domani a me!-
Tanto lavoro da stancare nell'ufficio non c'era mai: avevamo le nostre soste per il caffè e tra una pratica e l'altra si chiacchierava.
Le ragazze parlavano della moda e dei fidanzati, noi di sport e di belle ragazze.
Nicola commentava le nostre discussioni con frasi sarcastiche e finì con l'attirare l'antipatia di molti: -E' mai possibile che trovi sempre da ridire? Chi crede di essere?-
-Anche se è laureato fa il nostro lavoro..., ma lui pensa ai suoi studi e fa lo scansafatiche!-
Io lo difendevo: -Non ha tempo da perdere, come noi, perché si sta preparando all'esame di Stato. Non è per presunzione che si isola!-
La mia era un difesa da avvocato d'ufficio: non credevo a quello che dicevo e non convincevo nessuno.
Nicola non mi era simpatico, ma lo stimavo per la sua volontà d'arrivare a essere qualcuno.
Gli altri miei colleghi si limitavano a invidiare chi era più in alto di loro: l'atteggiamento di Nicola era sbagliato, ma egli possedeva una forte personalità e andava deciso allo scopo.
Le giornate in ufficio si susseguivano monotone: sempre gli stessi discorsi e le stesse scartoffie, interrotti solo da quattro pettegolezzi: l'unico passatempo che ravvivava la curiosità dei miei pigri e malignetti colleghi.
Nicola era una delle loro vittime: -Ieri passeggiava con una donna sposata!-
-Ma non lo sapevi? Da tempo esce con la moglie del Direttore del Catasto e si fa raccomandare dal marito, lei complice!-
Queste calunnie finivano quasi sempre in volgari risate.
Si sapeva che Nicola non era uno stinco di Santo, ma non ho mai creduto a tali affermazioni: era avido di successo e di denaro, ma lo reputavano abbastanza onesto.
Arrivarono i giorni dell'esame di Stato per Nicola: egli si era preso tutte le ferie dell'anno e le aveva aggiunte a un mese di malattia.
Prima d'andarsene aveva salutato tutti: -Prometto di pagarvi una cena al miglior ristorante, quando sarò nell'albo degli avvocati!-
Era sicuro della sua riuscita e si sentiva già un legale.
Invece tornò in ufficio piuttosto mogio: dichiarò semplicemente che bisognava attendere il risultato ufficiale.
La malignità degli impiegati divenne sempre più acida e l'imbarazzante silenzio di Nicola ci faceva dubitare.
Alle nostre insistenti domande, egli rispondeva con incerte giustificazioni: -Non si sa ancora nulla! Ci sono state alcune irregolarità e stanno rivedendo tutti gli scritti!-
Era divenuto schivo e triste.
La voce di un insuccesso si faceva sempre più incalzante e per soffocarla Nicola, finalmente, proclamò di aver felicemente superato la prova.
Nessuno dubitò della sua parola, perché egli fu tanto persuasivo da ingannare anche se stesso e aggiunse di aver iniziato il periodo di pratica dal migliore avvocato della città.
Arrivò al punto di licenziarsi per rendere accettabile la sua menzogna.
Più tardi dichiarò di aver aperto uno studio e di aver già alcune proficue cause per eredità.
Fu per me una delusione trovarlo, parecchi anni dopo, in una piccola biblioteca comunale a distribuire i volumi a quattro studentelli.
Nicola finse di non vedermi, ma lo chiamai ad alta voce e fu costretto a salutarmi.
Era un vinto: aveva perso la sua grinta, viveva alla giornata e trascurava persino il suo aspetto esteriore.
La sua esistenza era divenuta insignificante e mi fece una grande pena.
Mentre uscivo pensavo: -Un ragazzo con tante belle aspirazioni, come può essersi ridotto così male?-
RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore – Narrativa
presente in IBS e altre librerie online
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm
POLITICA, CULTURA, CRONACA, ARTE, RELIGIONE, SCIENZA, PENSIERO LIBERO. Quasi Giornale online. scritto a più mani da una redazione coraggiosa, da dei volontari. Responsabile Arduino Rossi-
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