Quando penso a questa frase della Bibbia, Antico Testamento, nel libro dei Proverbi, penso subito ai giornalisti, che io chiamo pennivendoli.
In passato ho avuto a che fare con qualche redazione giornalistica, scrivevo per un quotidiano, la pagina della cultura del "Bergamo Oggi", poi scrissi su un giornale online, che mi lasciava abbastanza libertà, ma guai a parlare di giustizia e corruzione, insinuare fatti ovi come rapporto tra Stato e mafia, che i concorsi, certi concorsi, fossero evidentemente truccati, giudicando gli imbecilli che li vincevano.
Nei giornali nessuno ti censura apertamente, tranne in qualche caso aperto, perché certe cose non si scrivono, come affermare apertamente la nazionalità di origine dei delinquenti, oppure far notare il degrado sociale portato dall'immigrazione.
Sì sa che l'editore paga, che il direttore editoriale vigila sulla corretta linea editoriale, oggi politicamente corretta, suppongo con la grappa di contrabbando, a 90 gradi.
Quindi chi scrive si deve auto censurare, perché chi paga vuole il rientro economico dei suoi investimenti, che non arrivano mai dalla vendita dei giornali e degli spazi pubblicitari, ma dagli intrallazzi dell'editore faccendiere.
Infatti abbiamo politici al soldo di personaggi da carcere duro, a vita, che fanno i soldi, con i finanziamenti pubblici.
Proteggono i politici di turno, sorridenti e talvolta pure ebeti, che faranno la politica giusta, accogliente oggi, a sostegno dei mafiosi e dei truffatori, come la legge sui rimborsi fiscali sulle ristrutturazioni edilizie del 110%, che ha arricchito individui in odore di mafia.
È stato tutto casuale?
Se fosse così allora agli asini sono spuntate le ali e volano accanto alle rondini.
Scrivere su un giornale non è difficile, anzi, ma se uno ha una coscienza prova schifo e sputa contro la propria immagine nello specchio, appena si alza il mattino.