7 apr 2010

07/4 LA VOLPE (Racconto di Arduino Rossi)


Sono uno scapolo e ho quarant'anni, ma ne dimostro trenta: sono piccolo, con gli occhi azzurri, dai modi cortesi.
Cammino a fatica e uso il bastone: non sono adatto alla maggior parte dei lavori normali.
Non ho mai lavorato, perché ho fatto gestire da altri le mie attività commerciali, piccole e grandi, oneste o disoneste.
La mia esistenza è stata rovinata dalla poliomielite: mi ha lasciato una gamba rinsecchita e un cattivo uso del lato sinistro del corpo.
I miei genitori erano stati veri signori, che purtroppo affaristi disonesti avevano rovinato, ma il sangue non è acqua e avevo appreso le buone maniere, anche se ero cresciuto nei quartieri poveri di Napoli.
Ero divenuto furbo come uno scugnizzo, ma senza la volgarità dei popolani: da ragazzi avevo conosciuto la fame e fui costretto a rubare, ma mi ero differenziato dai miei coetanei per la mia signorile furbizia.
Dopo la morte di mia madre aveva deciso di rimanere indipendente dai fratelli ed ero riuscito ad arrangiarmi, ma una brava ragazza mi sarebbe stata d'aiuto.
A Napoli avevo sempre tentato di sposarmi, ma il mio limite fisico aveva scoraggiato le indecise.
Non mi erano mancate le relazioni con nubili e con ammogliate, ma non ero riuscito a condurre sull'altare neppure una bruttina.
Solo qui a Brescia ho incontrato una ragazza che è disposta a unirsi a me: la funzione sarà fra quindici giorni, abbiamo già il nostro nido ben ammobiliato, con la stanza per un eventuale futuro bambino.
Ella ha bisogno di un uomo gentile e affettuoso: in più io ho la virtù di essere un benestante, perché se il destino mi è stato avverso all'inizio, alla fine mi sono rifatto, almeno economicamente.
Invece a Napoli avevo una rivendita di prodotti di bellezza per signore: con quello che guadagnavo arrivavo a fatica a fine mese.
Quando ottenni un impiego statale abbandonai parenti e amici: mi trasferii a Brescia, a lavorare nell'Ente Case dei Lavoratori Pubblici.
Dai diciotto anni sino all'assunzione nell'Ente avevo avuto un susseguirsi di periodi favorevoli a fasi sfortunate: quando avevo dei soldi li sperperavo con amici o li giocavo a carte, mentre i debiti non li pagavo.
Erano anni molto piacevoli: andavamo a donne facili e pure io trovavo quella che mi faceva compagnia per una notte.
Il mio fascino signorile era preferito al bell'aspetto di giovani grandi e sani, ma impacciati.
Arrivai al Nord con una vasta esperienza e nemmeno un soldo: ma volli fare una fortuna e insegnare ai "mangia polenta" quanto valesse un "terroncello".
La mia condizione fisica attirò la compassione dei colleghi e in particolare delle colleghi: seppi "speculare" sul loro pietismo e mi feci aiutare in ufficio e nel rigovernare la mia casa: -Mi sollevi questo registro? Io non riesco!-
-Certamente! Ecco fatto!-
Raccontavo la storia della mia vita sottolineando ed esagerando gli aspetti tragici: -Dopo la morte della mamma dovetti arrangiarmi! I miei fratelli non mi vollero dare una mano; anzi mi sottrassero la mia fetta di eredità!-
Non era vero che ero stato sempre circondato da manigoldi, pronti a truffarmi, ma ottenni l'effetto sperato e le colleghe facevano a gara per confortarmi.
Indirizzavo la mia attenzione sulle più giovani e carine dell'ufficio: le lodavo garbatamente, cattivandomi con delicati profumi e con piccoli gioielli la loro simpatia.
Talvolta le invitavo a casa mia alla sera, con bonari pretesti invece del povero poliomielitico esse trovavano un abile amatore.
Ero stimato e rispettato: ero considerato una persona seria, fidata e i colleghi si confidavano con me.
In poco tempo seppi dei fatti personali e intimi di quasi tutti gli impiegati: c'erano degli incontri tra sposati e sposate.
Alcune ragazze erano delle scaltre sgualdrine, all'insaputa di tutti.
Nell'Ente era importante salvare le apparenze: le astuzie e i giochi di cuore creavano un intreccio di interessi amorosi, di gelosie e di invidie.
Mi sentivo a mio agio in questa ingarbugliata situazione: ero l'amico di tutti, perché a tutti riferivo dei fatti altrui.
Frequentavo i gruppi di dipendenti pubblici meridionali, che si riunivano alla sera, per ritrovare un po' di calore del Sud.
Allargai la cerchia delle conoscenze e il mio fiuto per gli affari mi indirizzò su alcune compravendite vantaggiose: in pochi anni accumulai un bel gruzzolo.
All'Ente le richieste di appartamenti erano assillanti: gli affitti dei nostri stabili erano bassi e c'era la possibilità di riscattarli.
Per ottenerne uno si doveva rimanere in lista d'attesa per anni e i titoli preferenziali legali valevano poco: i raccomandati riuscivano ad avere l'affitto a riscatto molto prima di famiglie numerose con sfratto.
Tanti compaesani mi chiesero di favorire le loro domande.
Ero addetto solamente al protocollo, ma la mia importanza nell'Ente era superiore alla mia mansione: ero in confidenza con i dirigenti e le persone più potenti.
Ricavavo facilmente molti favori, presentati come opere di carità ad amici e a "bisognosi": -Dottore, la situazione di quella famiglia è disperata: rischiano di finire in mezzo a una strada da un momento all'altro!-
Grazie alle mie informazioni riservate ricattavo velatamente chi non aveva compassione delle difficoltà del prossimo: con le buone o con le cattive raggiungevo i miei scopi.
Ci fu chi mi accusò di essere un attore di sceneggiate napoletane: non c'era giorno che non piangessi sulle mie sventure e non mi lamentassi della distanza da Napoli, lontano da amici e da parenti, che mi avrebbero assistito.
Fu pubblicata la notizia di un concorso a punti per bidelli all'Università di Napoli: era un'ottima occasione, perché avevo un punteggio alto, dovuto alla mia invalidità e agli anni trascorsi nello Stato.
In verità qui al Nord avevo fatto fortuna e avevo conosciuto Carla, la mia ragazza: non mi importa ritornare al Sud e per di più come bidello.
Ringraziai chi mi aveva consigliato questa soluzione ai miei problemi e lasciai scadere il termine di presentazione della domanda.
Carla fu contenta: -Temevo che saresti tornato a Napoli, abbandonandomi!-
-Cara, io ti amo! Non ti lascerò mai!-
Non potevo andarmene da Brescia: avevo tessuto una ragnatela di commerci, di "amicizie" e di relazioni sociali.
Non amavo Carla; ella era ingenua e sciocca, ma avevo bisogno di lei: mi serviva una donna per le faccende domestiche e per essere consolato nei momenti difficili.
Carla era sensibile e buona, piangeva facilmente ed era di pasta tenera: adorava i fiori, i cuccioli e i bambini.
In ufficio qualcuno cominciava a percepire odore di bruciato nel mio accanito intervento in favore dei "senza casa".
La "riconoscenza", di coloro che avevano ottenuto dei favori da me, mi era utile nei miei affari, che procedevano a gonfie vele: avrei potuto andarmene dell'ufficio.
Certamente avrei preferito uscire a testa alta e non fuggire per il timore di una denuncia, con il disprezzo dei colleghi.
Il Direttore dell'Ente volle controllare gli affittuari consigliati da me e scoprì che erano tutti benestanti: offeso del
mio inganno mi volle punire e alla mia prima irregolarità mi chiamò nel suo studio.
-Si è permesso di modificare i dati riguardanti una domanda di affitto. Questo è un reato e dovrà rispondere davanti ai giudici!-
-Ma non sono l'unico a parteggiare per gli amici in questo modo!-
-Non ci si difende accusando e lei non ha una briciola di
dignità: non sa affrontare le sue responsabilità con coraggio!-
Il Direttore mi odiava, era un uomo della vecchia guardia, i miei metodi per farmi strada erano per lui immorali.
Egli non sa che il Mondo è cambiato: ognuno si arrangia e cerca di far soldi.
Mi accordai col Giudice Inquisitore: avrei dato le dimissioni dall'Ente ed egli avrebbe fatto cadere l'accusa.
La Giustizia considerava il mio reato una sciocchezza: altre faccende ben più serie preoccupavano la Magistratura.
Così mantenni la fedina pulita, necessaria per ottenere le licenze commerciali.
Ormai l'impiego non mi era più utile: avevo gli appoggi in tutti i settori pubblici e privati di Brescia.
Ero diventato un uomo importante: un'eminenza grigia della finanza.
Forse un giorno tornerò a Napoli a investire un po' di capitali in appalti pubblici: non ho perso i contatti con le vecchie conoscenze.
Le persone che contano mi tratteranno alla pari ora che mi sono fatto un nome.
C'è chi mi accusa di essere un cinico arrivista, un manigoldo dall'aspetto di signore.
Costoro non sanno cosa significhi nascere povero nei bassi di Napoli e per di più essere stato storpiato dalla poliomielite: vorrei vedere loro nella mia condizione.

RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore – Narrativa
presente in IBS e altre librerie online
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm