Mi trovai con una laurea in giurisprudenza, dopo una giovinezza trascorsa nel divertimento e con poco impegno nello studio.
Scelsi la carriera statale e mio padre mi introdusse nell'ambiente dei notabili della mia città, a Napoli: essi mi posero sotto la loro protezione: -Questo guaglione farà strada se saprà rispettare le persone che contano!-
Fui precoce nel comprendere le regole del potere e divenni dirigente doganale con il primo concorso tentato.
Fui trasferito al Nord, ma prima volli sposare una brava ragazza, mia concittadina.
Il matrimonio fu di convenienza: Mariagrazia era figlia del Direttore Doganale di Napoli.
La stimai sempre ed ebbi per lei molto affetto, ma non fui fedele: sin dall'adolescenza il fascino del gentil sesso mi aveva attratto irresistibilmente.
Nacquero due figli e fui un padre premuroso; avevo migliorato la mia posizione e avevo accresciuto il mio conto in banca, ma la passione per le donne non l'avevo persa: i capelli si erano imbiancati e il fisico non aveva più la snellezza della
giovinezza, ma sopperivo abilmente a queste lacune con la mia esperienza.
Trascorsi gli anni migliori sognando una vita spensierata, da pittore scapestrato, tra donnine e grandi artisti.
Ero nato per l'arte, ma l'ufficio mi impediva altre attività: non era il troppo impegno che mi ostacolava, erano le preoccupazioni.
Ero schiacciato dalle responsabilità legali, dai controlli dei superiori.
Nei dipartimenti diretti da me tutti facevano quello che volevano: non imponevano la disciplina, per la mia pigrizia.
Ho sempre lasciato che i problemi si sovrapponessero sino a diventare enormi: allora intervenivo con tutta la mia autorità, quando certe situazioni degeneravano in troppa negligenza o in eccessi inaccettabili per il decoro dell'ufficio.
Io mediavo i contrasti tra i dipendenti ed evitavo di schierarmi da una delle parti in contesa per non crearmi nemici.
Dopo vent'anni di continui trasferimenti in sedi differenti arrivai a Bentivoglio e presi la reggenza dell'Ufficio, togliendola al Vicedirettore, un marchigiano chiacchierone e pacioccone, che mi accolse freddamente: attendeva da anni il passaggio a direttore e mi considerò un inaspettato raccomandato importuno.
Non aveva tutti i torti, ma la Direzione Generale non si era fidato di lui e io me ne ero approfittato per impossessarmi di questo posto vacante.
Egli mi presentò ai subordinati con enfasi e con banali formalità: -Il Dottor Ignazio Abramo sarà il nuovo Capoufficio! E' un uomo di valore e di grande professionalità!-
Le sue lodi sperticate annoiarono tutti, ma il panciuto Vicedirettore non desisteva.
Lo azzittii un po' bruscamente, avendo fretta: -Grazie, Dottor Bentivoglio, per la sua cortese accoglienza! Spero in una lunga e proficua collaborazione con tutti e... arrivederci!-
Quel grasso pettegolo Vicedirettore era un vero imbecille: non concludeva nessuna incombenza senza causare impicci.
Dovevo intervenire io per riportare un po' di chiarezza nella sua confusa applicazione della normativa.
Non so quando egli iniziò a odiarmi, forse fu il giorno che lo denigrai davanti a tutti gli impiegati: -Dottor Bentivoglio! Sei solo un mammalucco! Parli, parli e ti impantani in ogni pozzanghera!-
Ero diventato il suo peggior nemico ed egli si voleva vendicare.
Avevo intuito le sue intenzioni, ma non le avevo prese in considerazione: egli era troppo sciocco per potermi causare dei fastidi.
Invece sbagliai e mi fidai troppo del potere dei miei protettori al Ministero.
Anche Bentivoglio aveva i suoi amici e fece ricorso a loro per liberarsi di me e sostituirmi nella direzione dell'Ufficio.
Insistette per ottenere l'intervento dei suoi confratelli di un'associazione massonica e ottenne la visita di un Ispettore che era conosciuto per la sua severità: era un uomo pieno di rancore verso il Mondo e in particolare nei confronti dei meridionali.
Se fosse nato tre secoli prima sarebbe stato giudice della Santa Inquisizione.
Vestiva abiti antiquati e scuri: era un po' curvo, alto e magro.
Aveva due occhi piccoli e foschi, le guance incavate e la pelle butterata da malato di fegato.
Qualcuno penserà che ho del rancore verso quest'uomo, ma oggi considero questa vicenda con distacco e sono il più possibile obiettivo.
L'Ispettore fraternizzò subito con Bentivoglio: erano oltretutto conterranei.
Bentivoglio si considerava il padrone dell'ufficio e non nascondeva più le sue opinioni nei miei confronti: -E' arrivato il castigamatti! E' finita la pacchia per i lavativi e per il loro protettore!-
Gli impiegati si schierarono tutti in mia difesa, perché con me avevano avuto tutte le agevolazioni che ogni statale desidera: permessi, passaggi di carriera, favori di ogni tipo e soprattutto perché coprivo le loro magagne.
Bentivoglio, quella spia, collaborò con l'Ispettore a trovare le pecche e le inefficienza dell'ufficio: i registri mai completati, ammanchi di ogni genere e errori grossolani.
Ero nei pasticci, perché una nota di demerito mi sarebbe costata la promozione a dirigente superiore del Ministero delle Dogane.
Chiesi aiuto ai miei amici, ma nessuno poté intervenire: quel cupo Ispettore non era influenzabile dai notabili del mio gruppo di potere, perché dipendeva da un'associazione rivale.
Capii di essere una vittima di una guerra tra fazioni clientelari dell'Amministrazione Statale: sino ad allora ero riuscito a evitare coinvolgimenti di questo genere, ma qualcuno della corrente rivale aveva saputo della mia prossima promozione al Ministero.
Era scattata la lotta per sostituirmi e si erano serviti di Bentivoglio come pedina per i loro scopi.
L'Ispettore mi stava mettendo alle corde: -Dottor Abramo, ogni giorno che passa la sua situazione peggiora! Forse sarò costretto a denunciarla alla Magistratura!-
-Lei non può far questo! Le lacune sono solo di ordine amministrativo e non riguardano il Codice Penale!-
-Mi vuol insegnare il mio mestiere? Non sa dirigere un ufficio di questa dimensione e pretende di correggermi!-
Contro quel burbero individuo non serviva nulla: le suppliche lo indurivano e le risposte decise lo incattivivano.
Non avevo più scampo: mi vedevo già trasferito nel peggiore ufficio doganale di frontiera, lontano dalla vita civile e dalle belle donne.
Era anche per le miei avventure galanti che l'Ispettore mi odiava: era un bigotto e non ammetteva trasgressioni alla morale: -Lei è uno sporcaccione! Infastidisce tutte le impiegate e appena può si fa un'amante!-
Risposi contrariato -Le mie faccende personali non la riguardano!-
-I dipendenti pubblici devono avere una vita privata irreprensibile e l'Amministrazione Statale deve vigilare anche sulla loro buona condotta fuori ufficio!-
Quel maledetto corvo mi stava rovinando la carriera e il matrimonio.
Mia moglie aveva assecondato per anni le mie scappatelle con le altre donne, per non spezzare la famiglia, ma uno scandalo l'avrebbe costretta a chiedere la separazione legale: nella relazione da mandare al Ministero c'era specificata la mia immoralità, tutti gli amici e i parenti avrebbero conosciuto la mia vita privata.
I miei amici mi promisero di salvare almeno il mio impiego, ovviamente avrei dovuto accettare qualsiasi trasferimento in sedi disagiate.
Mi ero rassegnato: avrei subito le conseguenze di questa tempesta inaspettata e avrei tentato di riaccomodare la situazione con il tempo.
Invece la fortuna si era scordata di me solo per poco: il mio amico dell'università, Antonio Cianetti, era un deputato del partito di maggioranza.
Da anni cercava di diventare ministro, ma qualcuno gli soffiava la poltrona all'ultimo momento.
Ormai ero convinto che egli non sarebbe mai riuscito nel suo intento: era in una corrente politica di minoranza, ai margini del partito.
Stavo sfogliando svogliatamente un giornale pomeridiano e lessi il nome di Antonio nella lista dei nuovi ministri: era a capo del Ministero delle Dogane.
Il mio umore mutò improvvisamente: corsi al primo telefono pubblico per capovolgere la mia situazione.
-Ciao Antonio! Sono Ignazio! Complimenti per la tua nomina!-
Dopo i convenevoli gli ricordai tutti i favori che gli avevo concesso.
Fui un po' frettoloso e usai poco tatto, ma Antonio mi assicurò il suo intervento: -Questo Ispettore lo richiamerò subito e gli insegnerò il rispetto dovuto alle persone per bene!-
Ero risorto dalle mie ceneri e mi preparavo alla vendetta.
Il giorno dopo mi presentai in ufficio con due ore di ritardo: l'Ispettore mi volle rimproverare in presenza dei miei impiegati: -Nella sua situazione non si permetta negligenze di questo genere! La puntualità per un Capoufficio è il primo dei suoi
obblighi!-
Gli risposi con decisione e non più intimorito: -Sono io il Direttore, devo rendere conto solo al Ministro della mia condotta e non a un ometto della sua specie!-
-Come si permette! Io....-
-Taccia! Non sono più disposto a sopportare le sue prepotenza! Sarò io che la denuncerò per la sua indegna condotta!-
Raggelai i presenti: mi credettero impazzito e mi considerarono totalmente rovinato.
L'Ispettore rimase in silenzio, sorpreso dalla reazione, poi ritrovò la sua autorità e mi ordinò: -Esca immediatamente da questo ufficio! Si consideri licenziato!-
-E' a lei che conviene chiudere l'inchiesta e andarsene come nulla fosse capitato. Inoltre non ha il potere di esonerarmi dal servizio, perché questo dipende dal Ministro!-
La telefonata di Antonio non si fece attendere: l'Ispettore cercò di mutare l'opinione del Ministro con atti, prove e testimonianze, ma dopo due ore di discussione dovette rassegnarsi.
Era offeso e depresso: i suoi principi erano stati calpestati.
Egli mi odiava, ma non ebbe più il coraggio di parlarmi: se ne tornò a Roma il giorno stesso, senza salutare nessuno.
Bentivoglio, quel vigliacco, cercò di correre ai ripari: mi supplicò di non prendere provvedimenti nei suoi confronti, se non per lui per la sua famiglia.
Fui magnanimo e mi accontentai di un trasferimento in una sede disagiata, molto lontana dalla sua regione natale, alla quale egli era profondamente legato.
Se si impegnerà in pochi anni avrà un avvicinamento.
La mia promozione la ottenni in anticipo, grazie ad Antonio, e oggi aspiro alla pensione, avendo raggiunto il livello più alto della carriera.
Quando non lavorerò più mi dedicherò alla pittura.
Chissà se riuscirò ad avere un po' di successo?
I miei "amici" mi potrebbero aiutare, favorendo il giudizio positivo dei critici legati alla nostra associazione.
RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore – Narrativa
presente in IBS e altre librerie online
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm