18 apr 2010

17/4 LO SCIENZIATO (racconto di Arduino Rossi)


Sono parecchi quarant'anni di vita e una persona capace dovrebbe realizzare molto in tutto questo tempo, invece non è sempre così: io avevo trascorso tutti questi anni nello stesso ufficio, ripetendo le identiche incombenze.
Subito dopo tre anni di servizio militare, adempiuto durante l'ultima guerra, mi ero sposato e avevo trovato un impiego nel "Comitato Sanitario dell'Educazione Pubblica", rinunciando all'università: era stata una scelta di buon senso, perché prima c'è la famiglia e poi tutto il resto.
Infatti sono sempre stato un fedele marito e un cosciente padre: sono riuscito a dare ai miei figli maschi una posizione decorosa e una bella dote a Serenella, la mia figlia minore.
Sono stato ricambiato dai miei cari con consolazioni e con soddisfazioni, ma un uomo desidera dell'altro: deve vedere fruttare il suo lavoro.
In ufficio non avevo fatto carriera: ero stato assunto per una funzione secondaria e mi stavo avvicinando alla pensione quasi allo stesso livello del primo giorno.
Tutti i colleghi, entrati nel comitato Sanitario dopo di me,
avevano partecipato a concorsi, o erano stati raccomandati e, prima o poi, mi avevano oltrepassato di grado.
Io mi ero sempre considerato sprecato per quel lavoricchio: ero nato per la scienza e mi impegnavo nelle ricerche sui lubrificanti oleosi per le macchine industriali, con tutte le mie forze e con tutto il tempo libero.
L'idea di scoprire un nuovo olio, che riducesse l'attrito quasi a zero, mi si fissò in mente durante gli studi liceali: il professore di fisica ci aveva spiegato quanto costasse lo sfregamento alle macchine, in energia e in usura.
Divenni un esperto della chimica degli oli e dei loro derivati: la mia cantina era il mio laboratorio e il mio studio.
Trascorrevo quasi tutte le sere e spesso parte delle notti, sperimentando, analizzando e studiando i testi più recenti sull'argomento.
Avevo realizzato ottimi risultati, ma i tempi non erano maturi, perché le mie scoperte erano troppo progredite per la tecnologia dell'Italia di trent'anni fa.
Ebbi numerosi rifiuti, cortesi o maleducati, dalle industrie e gli industriali mi ribadivano: -Il costo della produzione di questo lubrificante è eccessivo e non troveremo acquirenti!-
Non demordevo e accumulavo brevetti su brevetti.
Gli anni trascorsero e nessuna industria petrolchimica si era interessata alle mie ricerche: io avevo speso molti soldi, sicuro di averli investiti per il futuro della mia famiglia, e a un anno dalla pensione, decisi di produrre io stesso l'ultimo ritrovato, il più perfezionato.
Fui incoraggiato dalla moglie e dai figli, tolsi dalla banca tutti i risparmi per la vecchiaia e affittai un capannone industriale.
Assunsi due operai, con tutta la famiglia iniziai la produzione e la commercializzazione dell'olio.
Ero sempre stato un impiegato meticoloso, ma nell'ultimo anno di lavoro rimasi a casa molti giorni per malattie "diplomatiche".
Le pratiche si ammucchiavano sul mio tavolo e il Direttore, a cui non ero mai stato molto simpatico, mi richiamò più volte.
Era austero e irascibile: io lo avevo tollerato pazientemente per dieci anni, ma negli ultimi tempi egli era divenuto intrattabile.
Mi richiamava davanti ai giovani assunti: -Signor Crescenzo! Non può abbandonare negligentemente la contabilità di questo ufficio e trascorrere il tempo in faccende personali!-
Replicavo: -Non sono l'unico contabile e inoltre fra pochi mesi mi dovrete sostituire in ogni modo!-
Tutte le occasioni erano valide per mettere alla prova la mia mansuetudine.
I colleghi si divertivano alle mie spalle, pur simpatizzando per me: -Non lasciarti mettere sotto i piedi da quel pallone gonfiato! Sei quasi in pensione e non ti può sicuramente licenziare!-
Ero conosciuto per la mia pacatezza: non avevo mai alzato la voce in una discussione.
Un giorno dell'ultima estate da impiegato rinunciai, per il caldo eccessivo, al mio abbigliamento rigoroso: abito grigio e camicia bianca con cravatta intonata.
Mi slacciai la cravatta e mi tolsi la giacca: l'afa era proprio insopportabile.
Il Direttore entrò nel mio reparto all'improvviso, come solitamente faceva per cogliermi non impegnato nelle mie incombenze.
Era particolarmente imbronciato, forse per la calura, che gli provocava sbalzi di pressione.
-Crescenzo! Chi le ha concesso questa licenza? E' indecoroso, per un vecchio funzionario come lei, rimanere in maniche di camicia!-
Risposi con calma: -Signor Direttore! E' per il caldo eccezionale!-
Egli non mi ascoltò e cominciò a sbraitare, insinuando ogni genere di bassezze: persi il lume della ragione e gli risposi, urlando più forte di lui: -Lei non si deve permettere questo tono con nessuno e per di più con me, che ho quarant'anni di onorato servizio alle spalle!-
Gli tappai la bocca, rinfacciandogli tutte le umiliazioni subite da lui e dicendogli quello che pensavo nei suoi confronti: -Lei è solo un poveruomo, che sfoga sui subalterni le amarezze dovute alla famiglia!-
Egli non mi importunò più dopo quella sfuriata e io conclusi gli ultimi giorni lavorativi in tutta serenità, totalmente assorto nelle mie ricerche scientifiche.
Durante il mio discorso della cena dell'addio, tra gli applausi dei colleghi, annunciai la fondazione ufficiale della "Crescenzo Oli Lubrificanti": -Cari colleghi! Con la conclusione di quaranta lunghi anni i fedele servizio nella Pubblica Amministrazione si apre un futuro imprenditoriale, per me e per i miei figli.-
Fu una bella serata, benché capii che dietro i complimenti e gli auguri ci fosse un po' di invidia, un po' di sfiducia nelle mie capacità da imprenditore.
Invece io ero così sicuro di me che investii l'intera liquidazione nella minuscola industria.
L'attività proseguiva frenetica, nonostante le numerose difficoltà: piccoli guasti rallentavano la produzione e il prodotto finito era spesso così impuro da non essere utilizzabile.
Superate le normali difficoltà iniziali di una produzione industriale, fummo costretti a vendere sotto costo per accaparrarci i primi clienti.
In più avemmo molte lagnanze, essi ci pagavano in ritardo: ben presto fummo costretti a chiedere prestiti bancari.
Ero impegnato sedici o diciassette ore al giorno e mi ero improvvisato meccanico, elettricista, rappresentante e commercialista per far uscire dalla crisi la "baracca".
I miei cari, al principio entusiasti come me, poco alla volta persero la fiducia e mi lasciarono solo.
-Vendi il brevetto a qualche grande società! Noi non abbiamo i mezzi per intraprendere un'impresa di questa dimensione!-
Probabilmente qualche multinazionale avrebbe acquistato il brevetto, ma io non sarei stato soddisfatto: il risultato della fatica di una vita doveva arricchire la mia famiglia e non accrescere la fortuna di chi era già molto ricco.
Fui costretto a licenziare gli operai, pagando sino l'ultima lira dei loro stipendi e solo io sostenni l'intera attività.
Le ipoteche avevano coperto tutto quello che possedevo e stavo per essere dichiarato fallito, quando un buon cliente mi ordinò una grossa partita del mio olio, pagando onestamente e in anticipo.
Io feci l'ultimo tentativo disperato e riuscii a soddisfare il compratore, che mi richiese nuova merce e mi aprì il mercato ad altre ditte serie.
Riassunsi i due operai e coprii le rate della banca: il momento peggiore era stato superato e stavo risalendo la china.
L'azienda cominciò a rendere discrete somme e le prospettive erano favorevoli.
Mia moglie si ammalò, non gravemente, ma di una delle malattie lunghe e costose degli anziani.
Mi servivano presto molti soldi per le cure in cliniche specialistiche: i miei cari erano sempre prima di tutto e posi in vendita la ditta con il brevetto.
Le richieste d'acquisto furono poche e di scarsa consistenza: solo gli sciacalli delle aziende in crisi si presentarono, offrendomi prezzi da fallimento.
L'urgenza di denaro mi stava costringendo ad accettare simili strozzinaggi, quando il rappresentante di una grande società si presentò: -E' da anni che la nostra azienda si sta interessando ai suoi prodotti: il valore della sua scoperta è enorme e può rivoluzionare il mercato degli oli industriali!-
Nella sfortunata situazione mi si proponeva un ripiego dignitoso e l'offerta in denaro era buona, tale da farmi ricuperare le spese sostenute e ricavare un discreto guadagno.
Egli aggiunse al termine della contrattazione: -Ovviamente deve rinunciare alla paternità della scoperta!-
Fu una doccia gelida: il mio nome non sarebbe stato accettato dal mondo scientifico, perché era quello di un "insignificante" pensionato del Pubblico Impiego.
Rifiutai e lo scacciai malamente, ma le necessità economiche ebbero il sopravvento e dovetti fare le mie scuse, siglando quel contratto capestro.


RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore – Narrativa
presente in IBS e altre librerie online
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm