18 apr 2010

17/4 Rivolte, sommosse degli extracomunitari, tra razzismo e rivoluzionari (Antonio Rossi)



Poi ogni tanto queste nuove masse insorgono contro la gente comune: come in Calabria se la sono presa, come calabroni impazziti, contro tutti gli italiani che capitavano a loro a tiro.
Era una rivolta anti-italiana, contro i calabresi in generale, ma non contro i caporali e le varie organizzazioni criminali, troppo potenti per essere attaccati, quelli sparano.
Dopo aver distrutto auto e abitazioni la reazione della gente si è fatta sentire e fu violenta: i politici si sono divisi in due gruppi, quelli amici dei calabresi e quelli che difendevano gli insorti extracomunitari.
I sostenitori dei rivoltosi si sono armati di tutti i luoghi comuni e le banalità che da più di un decennio ascoltiamo: svolgono i lavori che gli italiani non vogliono più fare, sono utili all'economia, sono sfruttai dagli italiani e a un certo punto si ribellano.
Affermazioni ovviamente assurde, ridicole e imprecise se non false: svolgono i lavori che gli italiani non vogliono fare in quelle condizioni malsane e pericolose, per di più per 4 soldi, anche dieci euro al giorno per una durissima giornata di lavoro.

17/4 Maroni, buonisti, tolleranza zero, espulsioni facili, paura nelle strade (Luigi Rossi)



La paura cresce e la politica di chiusura, a parole, avanza, mentre di fatto interessi economici ne favoriscono l'inserimento per sfruttarli dal punto di vista lavorativo: queste masse di disperati servono e vengono pagate pochissimo per lavori di bassissima specializzazione o di nessuna professionalità.
Poi costoro diventano un problema, non pagano gli affitti, non pagano le tasse, i servizi, scivolano nella microcriminalità, diventano spacciatori in alcuni casi.
La guerra dei poveri diventa dura e terribile: i più poveri della società si vedono togliere lavori che erano per loro una fonte di sopravvivenza.
L'extracomunitario accetta sempre per un euro in meno la mansione faticosa, insalubre: accettano senza, quasi mai, protestare certe situazioni insalubri e pericolose, sono abituati così, sono disperati e non hanno alternative.

17/4 Il trionfo di Maroni ...quasi perfetto (Arduino Rossi)


Il Ministro Maroni canta vittoria: "Abbiamo posto fine allo sbarco di barconi provenienti dalla Libia. Un anno fa Lampedusa bruciava, c'erano oltre 2.000 immigrati nel centro temporaneo che avevano invaso il paese, avevano dato fuoco al centro. Oggi i clandestini presenti sono zero: non c'è n'è uno....”
I morti dimenticati nel deserto non contano: c'è la demagogia di destra e di sinistra, con buonisti faciloni e sempre pronti a sfruttare la situazione con luoghi comuni per due voti in più.
Mentre è in corso una fuga da terre poverissime, dove guerriglie e guerre tribali, etniche e religiose colpiscono pesantemente le popolazioni civili.
Le armi arrivano sempre direttamente e indirettamente dall'Occidente, o da fabbriche che lavorano con investimenti finanziari occidentali.
Da una parte c'è la paura di questa massa di disperati, che sono veramente destabilizzanti per le società europee, specialmente per le piccole realtà, le comunità minori.

17/4 Brunetta e la sua riforma un po' frettolosa (Antonio Rossi)



Certificati medici online e caselle di posta certificate: le riforme di Brunetta e i dubbi sulla reale efficienza delle sue decisioni: trasformare tutto rapidamente, ma la confusione è grande perché tutto questo è troppo rapido per la gente, per i suoi uffici pubblici.
Il pubblico impiego è sempre più ingessato e con la riforma Brunetta tutto resta paralizzato: anzi i pochi elementi validi rischiano l'esclusione se non l'espulsione.
Così tutti coloro che non sono simpatici ai dirigenti rischiano il posto, perché la meritocrazia deve avere una logica di concorrenza, esterna, come capita nel privato.
Sino a quando i dirigenti non risponderanno al mercato, ma ai politici sarà impossibile valutare che merita e chi no tra gli statali.
Il rischio invece è un altro: i più ribelli, quelli con una personalità e delle capacità se ne andranno, mentre resteranno solo i leccapiedi avranno fortuna e saranno promossi e premiati, come da sempre nello Stato.
La riforma Brunetta farà uscire i migliori elementi dal pubblico impiego tenendosi solo i lecca culi e i lavativi, ben raccomandati.
Sarà un disastro!

17/4 il ministro della pubblica amministrazione e i conti pubblici (Angelo Ruben)



Renato Brunetta è certo di ciò che dice, come al solito: “La nostra finanza pubblica è sotto controllo come può esserlo in un periodo di crisi. In momenti di crisi il reddito non cresce mentre cresce la spesa corrente perché il Paese è in sofferenza e chiede più interventi”.
La sua riforma, impossibile da realizzare, rientra nei conti da controllare?
Il ministro della Pubblica amministrazione è sicuro di se stesso, a parole.
E' convinto di riuscire nei suoi intenti, quello di modificare la pubblica amministrazione con il suo strano premio da distribuire per 25% dei dipendenti, con il 50% dei soldi, con il 50% dei poveri disperati con il 25% del denaro disponibile.
Invece i poveretti ,che sono il 25% dei dipendenti, non riceveranno nulla: se questo fatto proseguirà per oltre 2 anni si può rischiare il licenziamento.

17/4 NATO PER IL COMMERCIO (racconto di Arduino Rossi)

17/4 E' trascorso tanto tempo dall'ultima volta che incontrai Andrea.
La sua posizione sociale è tale da renderlo inavvicinabile: oggi frequenta solo gente del suo ceto ed è sempre affannosamente dedito agli affari.
E' tanto ricco da non conoscere l'intera consistenza del suo patrimonio, eppure fu mio collega del "Centro Concentrazioni Dati Statali" ed era addetto al protocollo, la più umile delle incombenze dell'ufficio.
Non capivo perché perdesse tanto tempo da noi: egli poteva campare benissimo con i suoi commerci.
Presumibilmente manteneva il posto per le informazioni sulle ditte private che riusciva ad avere nel nostro ufficio.
Questi dati dovevano rimanere segreti, ma Andrea si era reso amico l'archivista, che gli forniva di soppiatto i documenti più delicati, probabilmente per ricambiarlo dei suoi generosi regali.
In ufficio egli stava poco: trascorreva la maggior parte dei giorni lavorativi in cerca di nuovi affari, grazie a permessi e a malattie presunte.
Quando era presente le sue risate risonavano in tutte le stanze.
Era sempre allegro e le sue barzellette piccanti infastidivano le colleghe: Andrea agiva in modo rozzo, insensibile al disagio che provocava negli altri.
Sfoggiava abiti appariscenti e molto costosi, ma di cattivo gusto: la sua vistosa obesità risaltava tra quei vestiti un po' attillati, di seta e di stoffe pregiate.
Egli sudava in ogni stagione ed emanava un pessimo odore, ma non se ne curava.
Tutto, secondo lui, aveva un prezzo e si poteva acquistare.
Sentimenti e affetti erano totalmente estranei alla sua mentalità: egli apprezzava solo i valori che fossero toccabili con mano e che avessero un costo elevato.
Andrea considerava le persone solo per la loro utilità ai suoi scopi e offriva sfacciatamente alle donne regali o denaro, per le sue libidinose intenzioni.
-Ragazze! Trascorrerò una serata con un gruppo di amici, ma ci mancano le donne! Chi viene di voi?-
-Nessuna di noi uscirà con te, perché sappiamo quello che vuoi!-
Invece qualche impiegata pare che abbia accettato talvolta l'invito, Andrea non se ne vantò, probabilmente per non compromettere quelle relazioni con uno scandalo.
Preferiva raccontare i particolari delle avventure con le "Signore" estranee all'ufficio: era di una volgarità così indecente da infastidire i più "esperti" tra gli impiegati.
Si era creato molti nemici, ma tutti contrattavano con lui: si procurava ogni tipo di merce a basso costo e la vendeva a noi, volendo far credere di usare trattamenti di favore.
Otteneva vantaggi da ogni suo atto: doni e interessamenti avevano sempre dei secondi fini e prima o poi Andrea richiedeva un compenso.
Aveva immischiato nei suoi commerci il Direttore, il quale non prendeva provvedimenti contro di lui: egli aveva mano libera in tutto l'ufficio e se ne approfittò ben oltre la decenza.
Un giorno annunciò la fondazione di una società finanziaria: offrì a tutti champagne, allegro e chiassoso più che mai, e ci consigliò di acquistare le azioni della nuova finanziaria.
-E' un'impresa dal futuro sicurissimo! Oggi un'azione costa solo tre Euro, ma fra pochi mesi il valore si moltiplicherà!-
Nei primi tempi furono in pochi a fidarsi e con piccole somme: Andrea era troppo losco e non si capiva come si fosse procurato i capitali per iniziare.
La promessa moltiplicazione del valore dei titoli si verificò: la società si allargò in molti settori economici e i suoi profitti crebbero a vista d'occhio.
Leggevamo gli esaltati articoli sul suo genio finanziario sulle riviste scandalistiche, che narravano anche delle sue numerose avventure galanti.
Egli era al culmine del successo e i suoi piani truffaldini si stavano avverando alla meglio: con gli utili racimolati Andrea poteva coprire l'ammanco del capitale di partenza.
Furono forse l'invidia di qualcuno e la troppa sicurezza di Mario, il socio, che fecero crollare il castello di carta e di menzogne.
Andrea si rese irreperibile, mentre Mario fu arrestato: non volle seguire il complice, perché era deciso a rischiare la libertà pur di accumulare altri soldi.
I commenti in ufficio furono ovvi: -Quelli che hanno acquistato i titoli della finanziaria di quel mascalzone oggi piangono!-
-Peggio per loro! Sono gli sciocchi che fanno la fortuna dei disonesti!-
In verità tutti noi impiegati, ciascuno all'insaputa degli altri, avevamo comperato qualche azione della società di Andrea.
Furono giorni tristi per chi, come me, lo avevano stimato: dovevamo tacere e se accennavamo una timida difesa venivamo apertamente accusati di complicità col fuggiasco.
Si parlò di lui per molto tempo: qualcuno sosteneva che si fosse rifugiato in India e altri in Africa o, addirittura, c'era chi giurava di averlo incontrato nella nostra città, per nulla preoccupato della polizia.
Fu una grande delusione per i calunniatori più accaniti sapere, due anni dopo, del suo ritorno dall'America Latina, totalmente scagionato da ogni colpa e più ricco che mai.
Egli aveva rimborsato tutto il denaro trafugato e grazie ad abili avvocati di pochi scrupoli, era riuscito a concludere con pochi danni la questione penale.
Riapparve qualche articolo che spiegava le vicissitudini di Andrea con giudizi contrastanti: le solite rivistine lo descrivevano come un abile avventuriero o come la vittima di un complotto, sollevatasi dalle ceneri per grazia divina.
Io ero felice per lui e desideravo complimentarmi: gironzolavo nei pressi della sede della sua finanziaria, un edificio modernissimo dalla facciata totalmente di cristallo.
Desideravo incontrarlo per strada, perché non avevo il coraggio di disturbarlo a casa o in ufficio, ma egli usciva dalla sua sede centrale ad alta velocità, su auto dai vetri color fumo.
In ufficio era tra segretarie affaccendate e premurose, tra soci in accese discussioni.
L'incontro avvenne per caso: fu lui a riconoscermi, mentre leggevo il giornale su una panchina di un piccolo parco pubblico. -Ciao Francesco! Come stai?-
Andrea mi strinse con vigore la mano e mi chiese: -Sei ancor al Centro Concentrazione Dati?-
Mi offrì un aperitivo e con tutta calma si confidò: -Io sono riuscito nei miei intenti! Però quanti "rospi" ho dovuto ingoiare, quando ero un impiegatuccio! Ti ricordi come mi consideravano?-
-Andrea! Ti sei fatto valere, ma non sempre con metodi ortodossi.-
-Chi mi può accusare di avergli fatto del male? Ho risarcito tutti gli azionisti della finanziaria fallita e se non fosse stato per la fretta della Magistratura, avrei coperto l'ammanco al più presto! Non ho rimorsi! Sono un imprenditore moderno e coraggioso!-
Se ne andò con aria soddisfatta, certo della bontà dei suoi propositi.
Io ero perplesso, però dovetti ammettere che era una persona capace e furba.
Forse amava rischiare troppo il suo denaro e quello degli altri, ma possedeva una certa lealtà nei confronti degli amici e dei soci, da renderlo stimabile.

RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore – Narrativa
presente in IBS e altre librerie online
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm

17/4 LO SCIENZIATO (racconto di Arduino Rossi)


Sono parecchi quarant'anni di vita e una persona capace dovrebbe realizzare molto in tutto questo tempo, invece non è sempre così: io avevo trascorso tutti questi anni nello stesso ufficio, ripetendo le identiche incombenze.
Subito dopo tre anni di servizio militare, adempiuto durante l'ultima guerra, mi ero sposato e avevo trovato un impiego nel "Comitato Sanitario dell'Educazione Pubblica", rinunciando all'università: era stata una scelta di buon senso, perché prima c'è la famiglia e poi tutto il resto.
Infatti sono sempre stato un fedele marito e un cosciente padre: sono riuscito a dare ai miei figli maschi una posizione decorosa e una bella dote a Serenella, la mia figlia minore.
Sono stato ricambiato dai miei cari con consolazioni e con soddisfazioni, ma un uomo desidera dell'altro: deve vedere fruttare il suo lavoro.
In ufficio non avevo fatto carriera: ero stato assunto per una funzione secondaria e mi stavo avvicinando alla pensione quasi allo stesso livello del primo giorno.
Tutti i colleghi, entrati nel comitato Sanitario dopo di me,
avevano partecipato a concorsi, o erano stati raccomandati e, prima o poi, mi avevano oltrepassato di grado.
Io mi ero sempre considerato sprecato per quel lavoricchio: ero nato per la scienza e mi impegnavo nelle ricerche sui lubrificanti oleosi per le macchine industriali, con tutte le mie forze e con tutto il tempo libero.
L'idea di scoprire un nuovo olio, che riducesse l'attrito quasi a zero, mi si fissò in mente durante gli studi liceali: il professore di fisica ci aveva spiegato quanto costasse lo sfregamento alle macchine, in energia e in usura.
Divenni un esperto della chimica degli oli e dei loro derivati: la mia cantina era il mio laboratorio e il mio studio.
Trascorrevo quasi tutte le sere e spesso parte delle notti, sperimentando, analizzando e studiando i testi più recenti sull'argomento.
Avevo realizzato ottimi risultati, ma i tempi non erano maturi, perché le mie scoperte erano troppo progredite per la tecnologia dell'Italia di trent'anni fa.
Ebbi numerosi rifiuti, cortesi o maleducati, dalle industrie e gli industriali mi ribadivano: -Il costo della produzione di questo lubrificante è eccessivo e non troveremo acquirenti!-
Non demordevo e accumulavo brevetti su brevetti.
Gli anni trascorsero e nessuna industria petrolchimica si era interessata alle mie ricerche: io avevo speso molti soldi, sicuro di averli investiti per il futuro della mia famiglia, e a un anno dalla pensione, decisi di produrre io stesso l'ultimo ritrovato, il più perfezionato.
Fui incoraggiato dalla moglie e dai figli, tolsi dalla banca tutti i risparmi per la vecchiaia e affittai un capannone industriale.
Assunsi due operai, con tutta la famiglia iniziai la produzione e la commercializzazione dell'olio.
Ero sempre stato un impiegato meticoloso, ma nell'ultimo anno di lavoro rimasi a casa molti giorni per malattie "diplomatiche".
Le pratiche si ammucchiavano sul mio tavolo e il Direttore, a cui non ero mai stato molto simpatico, mi richiamò più volte.
Era austero e irascibile: io lo avevo tollerato pazientemente per dieci anni, ma negli ultimi tempi egli era divenuto intrattabile.
Mi richiamava davanti ai giovani assunti: -Signor Crescenzo! Non può abbandonare negligentemente la contabilità di questo ufficio e trascorrere il tempo in faccende personali!-
Replicavo: -Non sono l'unico contabile e inoltre fra pochi mesi mi dovrete sostituire in ogni modo!-
Tutte le occasioni erano valide per mettere alla prova la mia mansuetudine.
I colleghi si divertivano alle mie spalle, pur simpatizzando per me: -Non lasciarti mettere sotto i piedi da quel pallone gonfiato! Sei quasi in pensione e non ti può sicuramente licenziare!-
Ero conosciuto per la mia pacatezza: non avevo mai alzato la voce in una discussione.
Un giorno dell'ultima estate da impiegato rinunciai, per il caldo eccessivo, al mio abbigliamento rigoroso: abito grigio e camicia bianca con cravatta intonata.
Mi slacciai la cravatta e mi tolsi la giacca: l'afa era proprio insopportabile.
Il Direttore entrò nel mio reparto all'improvviso, come solitamente faceva per cogliermi non impegnato nelle mie incombenze.
Era particolarmente imbronciato, forse per la calura, che gli provocava sbalzi di pressione.
-Crescenzo! Chi le ha concesso questa licenza? E' indecoroso, per un vecchio funzionario come lei, rimanere in maniche di camicia!-
Risposi con calma: -Signor Direttore! E' per il caldo eccezionale!-
Egli non mi ascoltò e cominciò a sbraitare, insinuando ogni genere di bassezze: persi il lume della ragione e gli risposi, urlando più forte di lui: -Lei non si deve permettere questo tono con nessuno e per di più con me, che ho quarant'anni di onorato servizio alle spalle!-
Gli tappai la bocca, rinfacciandogli tutte le umiliazioni subite da lui e dicendogli quello che pensavo nei suoi confronti: -Lei è solo un poveruomo, che sfoga sui subalterni le amarezze dovute alla famiglia!-
Egli non mi importunò più dopo quella sfuriata e io conclusi gli ultimi giorni lavorativi in tutta serenità, totalmente assorto nelle mie ricerche scientifiche.
Durante il mio discorso della cena dell'addio, tra gli applausi dei colleghi, annunciai la fondazione ufficiale della "Crescenzo Oli Lubrificanti": -Cari colleghi! Con la conclusione di quaranta lunghi anni i fedele servizio nella Pubblica Amministrazione si apre un futuro imprenditoriale, per me e per i miei figli.-
Fu una bella serata, benché capii che dietro i complimenti e gli auguri ci fosse un po' di invidia, un po' di sfiducia nelle mie capacità da imprenditore.
Invece io ero così sicuro di me che investii l'intera liquidazione nella minuscola industria.
L'attività proseguiva frenetica, nonostante le numerose difficoltà: piccoli guasti rallentavano la produzione e il prodotto finito era spesso così impuro da non essere utilizzabile.
Superate le normali difficoltà iniziali di una produzione industriale, fummo costretti a vendere sotto costo per accaparrarci i primi clienti.
In più avemmo molte lagnanze, essi ci pagavano in ritardo: ben presto fummo costretti a chiedere prestiti bancari.
Ero impegnato sedici o diciassette ore al giorno e mi ero improvvisato meccanico, elettricista, rappresentante e commercialista per far uscire dalla crisi la "baracca".
I miei cari, al principio entusiasti come me, poco alla volta persero la fiducia e mi lasciarono solo.
-Vendi il brevetto a qualche grande società! Noi non abbiamo i mezzi per intraprendere un'impresa di questa dimensione!-
Probabilmente qualche multinazionale avrebbe acquistato il brevetto, ma io non sarei stato soddisfatto: il risultato della fatica di una vita doveva arricchire la mia famiglia e non accrescere la fortuna di chi era già molto ricco.
Fui costretto a licenziare gli operai, pagando sino l'ultima lira dei loro stipendi e solo io sostenni l'intera attività.
Le ipoteche avevano coperto tutto quello che possedevo e stavo per essere dichiarato fallito, quando un buon cliente mi ordinò una grossa partita del mio olio, pagando onestamente e in anticipo.
Io feci l'ultimo tentativo disperato e riuscii a soddisfare il compratore, che mi richiese nuova merce e mi aprì il mercato ad altre ditte serie.
Riassunsi i due operai e coprii le rate della banca: il momento peggiore era stato superato e stavo risalendo la china.
L'azienda cominciò a rendere discrete somme e le prospettive erano favorevoli.
Mia moglie si ammalò, non gravemente, ma di una delle malattie lunghe e costose degli anziani.
Mi servivano presto molti soldi per le cure in cliniche specialistiche: i miei cari erano sempre prima di tutto e posi in vendita la ditta con il brevetto.
Le richieste d'acquisto furono poche e di scarsa consistenza: solo gli sciacalli delle aziende in crisi si presentarono, offrendomi prezzi da fallimento.
L'urgenza di denaro mi stava costringendo ad accettare simili strozzinaggi, quando il rappresentante di una grande società si presentò: -E' da anni che la nostra azienda si sta interessando ai suoi prodotti: il valore della sua scoperta è enorme e può rivoluzionare il mercato degli oli industriali!-
Nella sfortunata situazione mi si proponeva un ripiego dignitoso e l'offerta in denaro era buona, tale da farmi ricuperare le spese sostenute e ricavare un discreto guadagno.
Egli aggiunse al termine della contrattazione: -Ovviamente deve rinunciare alla paternità della scoperta!-
Fu una doccia gelida: il mio nome non sarebbe stato accettato dal mondo scientifico, perché era quello di un "insignificante" pensionato del Pubblico Impiego.
Rifiutai e lo scacciai malamente, ma le necessità economiche ebbero il sopravvento e dovetti fare le mie scuse, siglando quel contratto capestro.


RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore – Narrativa
presente in IBS e altre librerie online
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm

17/4 PROFESSIONE SEDUTTORE (racconti di Arduino Rossi)


Oggi sono tornato nella mia villa in Toscana, tra i campi fioriti e il profumo di muschio della mia proprietà.
Partii tre anni fa per il Piemonte: ero stato assunto nell'Amministrazione Provinciale di Novara e avevo approfittato
dell'occasione per allontanarmi dalla moglie e dalla suocera.
Quel lavoro non mi era necessario, perché non avevo difficoltà economiche: avevo una vasta tenuta agricola, con campi, con boschi e con pascoli.
Tutti questi possedimenti erano di un grande patrimonio ereditato e da sempre appartenuto alla mia famiglia.
Io ero il tipico ultimo erede scapestrato di un solido casato di piccola nobiltà campagnola: avrei sperperato tutto in pochi anni.
Ebbi fortuna, o la sfortuna sotto un altro punto di vista, di ammogliarmi con un'onesta donna dalla mentalità pratica ed efficiente.
Purtroppo con lei c'era sua madre, donna arcigna e arrivista, che mi disprezzava e non mi avrebbe mai concesso di sposare sua figlia, se non avessi posseduto ciò che rimaneva del feudo dei miei avi.
Dalla morte di mio padre la tenuta stava andando in malora, ma mia moglie e mia suocera ne presero in pugno la gestione: trasformarono una mastodontica azienda agricola, gravata da imposte e da ipoteche, in una grande fattoria modello.
Tutto andava per il meglio, nacquero due splendide creature, Serena e Michelina, alle quali mi affezionai subito.
Esistevano le condizioni per una imperturbabile serenità.
Avrei dovuto essere grato a mia moglie per le regole che ella aveva imposto alla mia esistenza, però si era intestardita con il proposito di lasciare alle bambine una rendita sicura e sostanziosa: tutti i guadagni erano investiti in operazioni finanziarie a lungo termine.
Così ero passato dalla condizione di ricco rampollo spendaccione e libertino a schiavo di due donne moraliste e avare.
Le mie scappatelle extraconiugali divennero sempre più difficili e fui sul punto di divorziare, per colpa dei cattivi consigli di mia suocera, velenosa come un serpente.
Non ebbi altre alternative e dovetti emigrare, a trentasei anni , per riavere la mia libertà e prendere un po' di tempo per riportare la pace in famiglia.
Lo stipendio era un po' misero per me, che ero abituato ad altre condizioni di vita: le due taccagne mi avevano tagliato i viveri.
Avevo tutta la mia libertà: uscivo la sera con le ragazzine e con le signore sposate, senza preoccuparmi dei mariti e dei fidanzati.
I miei modi garbati avevano un buon effetto sulle donne e riuscivo ad avvicinarle facilmente: il primo approccio era sempre facile, ma quando arrivavo al dunque ero quasi sempre respinto.
Sono convinto che qualsiasi donna si possa sedurre: è solamente una questione di pazienza e di metodo, tutte hanno il loro lato debole.
Io non ho mai sprecato il tempo con le testarde e con le romantiche incurabili: l'importante è concludere al più presto, perché il piacere che si prova non cambia da donna a donna.
In ufficio all'inizio venni stimato per la prontezza nello sbrigare le pratiche e per le mie cordiali conversazioni.
Quella situazioni ottimali durò poche settimane: io non amo le ipocrisie ed esprimo apertamente le mie intenzioni e le mie opinioni.
I colleghi divennero ostili e le colleghe mi isolarono con disgusto: ero lo sporcaccione che attentava alla loro lealtà di mogli fedeli.
-Roberto Cardelli! E' una persona infida!-
-Diciamo che vuole arrivare ai suoi "scopi" e ci considera solo per il sesso!-
-Allunga le mani appena avvicina qualcuna; io provo ribrezzo quando mi sfiora!-
Il parere nei miei confronti era certamente duro, ma questo non significava che esse fossero realmente così avverse a me: c'era chi accettava le mie proposte, all'insaputa di tutti e non mi mancò mai "il pane per sfamarmi".
Ero quasi felice e il mio esilio era divenuto una vacanza piacevole.
Fu con Eleonora che la situazione divenne difficile.
Ella fu fin troppo docile nell'assecondare le mie richieste: non mi accorsi che ella stava invadendo la mia esistenza privata.
Si stabilì in casa mia e impose orari, abitudini: giunse al punto di leggere le mie lettere personali e conobbe i segreti più scabrosi delle mie relazioni.
Divenne gelosa e possessiva, mi faceva scenate quando incontravo una donna: -Tu sei il mio uomo e non voglio che tu incontri le altre!-
Non so spiegarmi come ella riuscì a mettermi in trappola, forse fu quell'aria da ingenua che mi ingannò.
Presto la gelosia la portò a minacciare vendette e in un caso le mise in pratica: ella avvisò un burbero marito del mio rapporto con la moglie.
Questo bestione mi attese fuori dal lavoro e mi ingiuriò: -Lascia stare mia moglie!-
-Io, la tua consorte, non l'ho mai toccata; ho altro nella testa!-
Questo bruto mi sbatté sotto il naso una mia lettera compromettente, datagli da Eleonora: -Questa cos'è?-
Non potevo più negare e con atteggiamento distaccato risposi: -E' tutta colpa tua! Tu tratti Gianna rozzamente ed ella si è trovata chi l'ha consolata!-
Egli mi colpì con un pugno tanto potente quanto improvviso: mi trovai a terra senza rendermene conto.
Prima di andarsene quell'animale mi disse: -Ti sia di lezione; questo è solo un avvertimento!-
Eleonora mi curò con amore: era affettuosissima quando ero totalmente dipendente da lei.
Io non la sopportavo, sin da ragazzino avevo in odio tutte le sdolcinature: ho una natura sensuale e pratica, i sentimentalismi mi fanno bollire il sangue.
-Eleonora! Ti prego, lasciami libero!-
Ella sorrise un po' ironica e un po' materna: -Che cosa faresti senza di me? Ti cacceresti negli impicci!-
E' il mio destino quello di avere sempre una donna che mi ponga sotto la sua protezione ossessiva: durante tutta la giovinezza
mia madre mi tiranneggiò con il suo amore esagerato, poi fu il tempo di mia moglie e ora è il turno di Eleonora.
Le donne con cui ho avuto delle relazioni mi hanno considerato un ragazzo scapestrato da educare e da proteggere.
Sicuramente è l'elemento più utile del mio fascino da seduttore, però è anche la mia maledizione: tutti i miei problemi sono nati da questa mia immagine adolescenziale.
Ero stanco di quella cattività: scrissi a mia moglie, chiedendo la rappacificazione e il permesso di tornare in famiglia.
Ella mi rispose: -Io ti potrei perdonare mille volte e tu commetteresti gli stessi errori subito dopo! In ogni caso non posso ostacolare il tuo ritorno, perché le tue figlie hanno bisogno di te!-
In ufficio ero sempre più solo: i miei colleghi mi disprezzavano, nonostante i miei tentativi di socializzare.
Il mio rendimento sul lavoro era scarso; mi avevano cambiato incombenze, ma con nessun risultato: ero troppo interessato a corteggiare le colleghe e mi impegnavo il minimo indispensabile solo per non avere seri impicci con il Direttore.
Un brutto giorno il Capoufficio venne sostituito e per mia sfortuna il nuovo responsabile era un moralista bigotto, che mi ebbe subito in antipatia: mi rese la vita impossibile e mi fece delle sfuriate in presenza degli impiegati.
La mia vacanza si stava concludendo in malo modo e mi conveniva rientrare a casa.
L'unico ostacolo era Eleonora, che giurò di suicidarsi se me ne fossi andato.
Io la pregai di ragionare: -Ho una famiglia e dei doveri! Vuoi forse che abbandoni le mie bambine?-
Fui un po' patetico, ma la parte del padre ravveduto non ebbe effetto.
Ella diventava sempre più possessiva e più isterica: ogni scusa era valida per scatenare violente crisi di gelosia e per minacciarmi insensatamente.
La mia vita era diventata insopportabile e preparai la fuga: assecondai Eleonora e le sue pretese, diventando sin troppo mansueto.
Ella sospettò qualcosa e mi controllò con discrezione.
Mi organizzai per il viaggio, ammucchiando i miei vestiti con frenesia dentro le valigie, che nascosi sotto il letto.
Telefonai in ufficio per annunciare le mie dimissioni: avrei spedito da casa la lettera regolare con i miei dati per il regolare licenziamento.
Mi presi le mie voluminose borse e le mie valigie, uscii di nascosto dall'appartamento di Eleonora: ero più carico di un asino e come un asino non avevo capito che ella si era accorta delle mie intenzioni.
Ero già in strada quando mi chiamò dalla finestra: -Roberto! Vai pure, torna da tua moglie, ma stai attento di non incontrare i mariti delle tue amanti!-
Rise nervosamente, facendomi allibire.
Compresi il suo tranello: ella aveva rinunciato a trattenermi, ma si era vendicata, avvisando i mariti traditi.
Sicuramente i cornuti più facinorosi mi avrebbero cercato per punirmi: dovevo evitarli e scelsi una via diversa per la stazione ferroviaria, dirigendomi in centro città.
Fu un'altra imprudenza: essi mi attendevano alla stazione delle automobili di piazza.
Riconobbi appena in tempo l'energumeno che mi aveva picchiato alcuni giorni prima, accompagnato da due burberi suoi compagni di "sventura".
Non volli discussioni e scappai: essi mi inseguirono e mi rifugiai in un unto retrobottega.
Ero quasi salvo quando una floscia serva grossa e prorompente mi vide e mi confuse per un ladro, o forse per un attentatore alla sua virtù.
Iniziò a strillare: la supplicai di tacere, ma quella insensata si scatenò con più vigore: -Aiuto! C'è un bruto che mi sta aggredendo!-
La presi per le spalle e la scossi bruscamente: -Fa silenzio! Vecchia gallina!-
La grassa "fanciulla" mi svenne tra le braccia: se non fossi fuggito subito mi sarei trovato in qualche brutto fastidio.
Scavalcai un muro con i miei ingombranti bagagli e caddi goffamente in un roseto spinoso.
Attraversai cortili e vicoli, ma i miei inseguitori conoscevano meglio di me quel quartiere e mi individuavano sempre.
Finalmente una signora compassionevole mi nascose dietro il banco del suo negozio sino a quando i tre infuriati non si allontanarono.
Presi un'automobile di piazza e arrivai alla stazione, appena in tempo per il treno.
Mi ritenevo in salvo quando vidi che stavano salendo pure loro per cercarmi su tutte le vetture.
Il treno stava partendo e sarei rimasto senza scampo, una volta in viaggio: mi mostrai per farmi riconoscere e scesi con loro ai calcagni.
Guadagnai un po' di vantaggio e risalii rapido sul treno in movimento.
I tre ingenui si accorsero troppo tardi dell'inganno: le porte erano chiuse ed essi tentarono di arrampicarsi sui finestrini, ma la velocità era già pericolosa.
Si arrestarono ansanti, strinsero minacciosi i pugni e urlarono: -Ci rivedremo, mascalzone! Sappiamo dove abiti e verremo a trovarti a casa tua, in Toscana!-

RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore – Narrativa
presente in IBS e altre librerie online
http://www.morpheoedizioni.it/Gli_Statali.htm

17/4 LA SIGNORA DI CLASSE (Racconto di Arduino Rossi)


LA SIGNORA DI CLASSE
Fui io a mettere in moto il procedimento giudiziario che rovinò per alcuni mesi la vita alla Signora Teresa.
Io, Giovanni Carboni, sono un maresciallo dei carabinieri in congedo, distintosi in trent'anni di leale e brillante servizio nell'arma: ero un "segugio" nella caccia ai ladri di preziosi e posso vantare moltissimi casi risolti.
Prima del termine della carriera venni allontanato dalla mia sezione per finire in uno studiolo polveroso con tante cartacce.
Il mio Capitano mi dette il ben servito, dicendomi: -Caro Carboni! Oggi abbiamo bisogno di giovani con una preparazione scientifica. Sono passati i tempi dei ladri di biciclette!-
Tutta la mia esperienza non valeva niente nell'epoca dei cervelli elettronici, ma non demordevo e speravo di dimostrare il contrario.
L'occasione di una rivincita mi venne fornita dal caso di Teresa.
Ella era la segretaria del "Centro Municipale per il Riciclo Materiale d'Ufficio": un Ente per la vendita all'asta di vecchi mobili e attrezzature in disuso di istituti pubblici e privati.
Teresa era la segretaria tutto fare del direttore: oltre alle sue incombenze specifiche aveva acquistato un notevole potere nel coordinare le attività degli altri impiegati.
Era Rispettata e temuta, ma anche derisa per la sua fretta e per i pasticci che combinava.
Ostentava atteggiamenti da "Signora di classe": si vestiva con eleganza e spendeva parecchio in gioielli e in pellicce, ma i commenti dei colleghi erano sarcastici: -Hai visto? Teresa ha comperato una nuova pelliccia!-
-Sono soldi sprecati per lei! Sembra un sacco di patate! E' troppo grassa e goffa per assomigliare a una vera Signora!-
-E' solo un'arricchita senza il minimo buon gusto!-
Teresa trattava i colleghi con aria di sufficienza e si era creata molti nemici.
In verità era una donna brava e di cuore, quando non si ostacolavano i suoi interessi.
A trent'anni era rimasta vedova e si era ritrovata senza un impiego con due figli piccoli da crescere: dovette umiliarsi per ottenere il posto nell'Ente e una volta assunta si impegnò parecchio nel lavoro, per migliorare la sua posizione sino a ottenere quella di segretaria.
Da sola era riuscita, con molti sacrifici, a indirizzare i due figli verso ottime carriere professionali, poi a quarant'anni si era risposata con un uomo ricco e anziano, ma i soldi non le bastavano mai: oltre al buono stipendio elle teneva la contabilità di alcune ditte private, facendosi pagare profumatamente.
Era in buoni rapporti con me: mi raccontava le sue questioni famigliari e mi mostrava i suoi gioielli migliori, chiedendo il mio giudizio da esperto.
In genere i suoi preziosi erano grossolani: pietre vistose e scadenti, tagliate da mani inesperte, male incastonate.
Io la complimentavo per cortesia: -Il suo buon gusto non sbaglia mai! Sceglie sempre ottimi preziosi.-
-Come sa, Maresciallo, non tutti sono sensibili agli oggetti belli: signori si nasce, non si diventa!-
Il giorno che scoprii il fattaccio Teresa era felice: aveva acquistato dal suo gioielliere di fiducia un grosso brillante a un prezzo di favore.
Appena mi vide me lo porse: -Maresciallo! Guardi che gemma! Ho fatto il miglior affare della mia vita!-
Non solo la pietra era di notevoli dimensioni, ma era di una lucentezza perfetta.
Le chiesi: -Quanto le è costata?-
Teresa mi rispose a bassa voce: -A lei lo posso dire! Solamente sei milioni!-
Era una cifra almeno cinque volte inferiori al valore del gioiello e la Signora esagerava sempre i prezzi dei suoi
acquisti.
In caserma mi informai dei preziosi rubati e là ebbi conferma ai miei dubbi: era un brillante frutto di una rapina, avvenuta alcuni mesi prima con una sparatoria e un ferimento.
Con rammarico, perché temevo di creare delle noie a Teresa, feci la comunicazione al reparto competente, che immediatamente le spedì un avviso di comparizione.
Ella venne interrogata e la vicenda prese subito una brutta piega: -Signora! Lei sostiene di aver comperato dal suo gioielliere questo prezioso, ma egli nega!-
-Io mi fido solo della gioielleria Belletti e il proprietario è un amico di famiglia.-
-Eppure Belletti l'accusa di aver indossato gioielli non venduti da lui e di non chiara provenienza!-
La poveretta si confuse e cadde in contraddizione, ma in realtà l'unica colpa era stata nella mancata richiesta di ricevuta fiscale, perché Belletti le aveva detto: -Le posso fare questo prezzo, perché una nobildonna in decadenza sta svendendo le sue gioie, ma non vuole complicazioni fiscali.-
Teresa venne accusata di ricettazione e fu aperta un'indagine nei suoi confronti.
Un giornalista di un quotidiano locale, in cerca di scandali, la intervistò: -Signora! Come spiega la sua incriminazione?-
-Io non ho nulla da spiegare, sono solo vittima di un errore giudiziario!-
Il personaggio Teresa era ideale per una notizia sensazionale: -Signora del ceto medio, madre di famiglia, è implicata nella banda dei ricettatori di gioielli!-
Il marito di lei pagò i migliori avvocati della città per la difesa dell'ingenua moglie: fu una scelta sbagliata, perché insospettì gli inquirenti: -Se fosse innocente non avrebbe bisogno di simili legali! Si potrebbe fidare del normale corso della Giustizia!-
In un interrogatorio ella ebbe una crisi di nervi: offese il Giudice Istruttore e fu arrestata.
Venne rinchiusa in cella di isolamento e ottenne un trattamento decente: il marito dette molte mance ai secondini e ai funzionari del carcere per rendere accettabile la reclusione della moglie.
Purtroppo non fu possibile evitare qualche contatto con ladre e prostitute.
Ella era considerata una prigioniera privilegiata e quindi le altre compagne di pena la invidiavano: approfittavano dell'ora d'aria per offenderla e per deriderla.
Furono mesi tremendi, ella si rintristiva e perdeva la speranza.
Tutto pareva che fosse contro di lei: le accuse del gioielliere erano comprovate da coincidenze e non c'era motivo apparente perché egli dovesse mentire.
I miei colleghi non avevano più incertezze, ma io non credevo verosimile la faccenda: c'erano troppi punti oscuri e non riuscivo a immaginare Teresa nei panni della criminale.
Feci delle indagini personali, all'insaputa del comando e i sospetti divennero convinzioni: il gioielliere, uomo dall'apparente condotta irreprensibile, era in contatto con malviventi incalliti.
Decisi di scomodare i miei informatori, che mi fornirono chiari indizi contro Belletti.
Non avevo delle prove certe da portare in tribunale, ma la fortuna mi venne in aiuto: incontrai Michele "Mano di Fata", un vecchio ladro ormai fuori servizio, che mi avvicinò per parlare: -Maresciallo! Che ne dice di schiarirsi la voce!-
Era un modo di dire di Michele, quando voleva darmi una buona "traccia".
Gli risposi: -Che cosa vuoi in cambio?-
-Nulla! Solo che arresti quel fetente di Belletti!-
-Non sono disposto a favorire le vostre vendette!-
-Questa non è una spiata per eliminare un concorrente! Voglio che quella "brava persona" paghi le sue vigliaccherie! Non si mandano in carcere gli innocenti!-
Michele era della vecchia guardia: aveva un suo codice d'onore e non accettava che un innocente fosse condannato.
Feci catturare una banda di rapinatori e ottenni dal Giudice il mandato di perquisizione per la villa di Belletti: ritrovammo la refurtiva di numerose rapine.
Avevo le prove per scagionare Teresa, ma dovetti affrettarmi per giungere in tempo in tribunale: i Giudici si stavano ritirando in camera di consiglio per emettere la sentenza e un mio ritardo sarebbe costata mesi di carcere a Teresa.
Riuscii a salvarla.
La Signora era visibilmente provata da quella brutta esperienza: si era ammalata e il suo matrimonio era in crisi.
I figli l'avevano rinnegata e le amiche l'avevano abbandonata.
La stampa ora la stava presentando come la vittima di Giudici superficiali e proprio il giornalista, che aveva iniziato la campagna di stampa contro di lei, fu il più acceso nel reclamare il riscatto della Giustizia calpestata.
Al momento della liberazione qualche fotografo la stava attendendo all'uscita del carcere.
Il marito la stava accompagnando e tradiva disappunto per una discussione con la moglie: ella era divenuta intrattabile, volgare, stava per riemergere la sua natura popolaresca.
Quando vide i giornalisti mutò espressione, si riaccomodò l'abito frettolosamente e sorrise.
Disse: -Signori! Non concedo dichiarazioni!-
Invece parlò, affettando la noncuranza: pareva una diva d'altri tempi.
Teresa ebbe il suo momento di gloria, soddisfacendo la sua vanità per un'ora.

RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore – Narrativa
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17/4 Dio d'Oriente (racconto di Arduino Rossi)


Gerardo era la persona più stravagante che abbia conosciuto.
Egli nacque in Puglia, era alto e magro, di carnagione olivastra.
Curava l'aspetto con esagerata attenzione: era un narcisista e un esibizionista.
Le colleghe del centro Diffusione Documenti Presso gli Uffici Pubblici dicevano:
-E' un bel ragazzo!-
-Sì! Ma è pure molto sciocco!-
-Trascorre il suo tempo facendo esercizi per mantenersi in forma: pratica ginnastica ritmata moderna e si fa massaggiare dai fisioterapisti.-
-E' un manichino, perfetto e insulso!-
Quando Gerardo parlava agitava le mani con movenze pacate e un po' femminili.
Sin dall'adolescenza aveva frequentato una scuola teatrale e di avanguardia, dove l'eleganza dei movimenti era fondamentale.
Aveva studiato pure danza classica e judo: tutte discipline che gli avevano sviluppato un passo morbido e un fisico elastico.
Il fascino dell'Oriente lo aveva avviluppato sin dal tempo del teatro: egli aveva letto i principali testi sacri buddisti e induisti.
Il profumo dell'India gli aveva portato confusione: egli non era maturo e le disordinate letture lo avevano avvicinato a sette fanatiche.
A vent'anni Gerardo si era convertito a una religione, fondata da un lestofante santone indiano, arricchitosi grazie al lavoro dei suoi seguaci.
Egli abbandonò la famiglia per vivere tra i suoi confratelli: viaggiava in tutta Europa, di comunità in comunità, lavorando solo per il vitto e per l'alloggio.
Non amava per temperamento la disciplina, ma accettò di buon grado l'ordine ferreo della sua setta.
Vestiva abiti giallo zafferano, i colori degli "illuminati" dalla luce di Brahma: si credeva vicino al Nirvana e disprezzava il resto dell'Umanità.
Ebbe bisogno di soldi e cercò un impiego provvisorio: si stabilì nel nostro centro.
Suo padre era in ottimi rapporti con un segretario di un Ministro, che gli doveva molti "favori".
Il mio incontro con lui fu divertente: quando egli entrò per la prima volta e si presentò, lo confusi un "missionario" di qualche gruppo pseudo religioso, in cerca di proseliti e di elemosine.
Lo invitai a uscire: -Questo è un Ufficio Pubblico e non un'abitazione privata! Non si può far propaganda!-
-Sono il nuovo impiegato e sono qui per prendere servizio!-
Egli mi mostrò la lettera d'assunzione: rimasi allibito, poi lo accompagnai dal Capoufficio.
Fui curioso e sbirciai dietro la porta socchiusa.
Il Direttore disse: -Lei è il nuovo impiegato? E si presenta vestito in questa maniera!-
-Mi chiamo Gerardo ed ecco le mie referenze!-
-Questo è un ufficio serio! Si pretende il massimo decoro e moralità!-
Gerardo sorrise, si sedette, proponendosi a suo agio e con tutta calma rispose: -Vedrà che ci metteremo d'accordo! Sono ordinato e vesto, come vede, con i più eleganti abiti e con i più bei colori del mondo, sono pure diligente e ubbidiente.-
Il tono era canzonatorio, ma la firma della lettera di raccomandazione costrinse il Direttore a ingoiare la stizza: era del Ministro dei Centri Statistici.
Gerardo mi prese in simpatia: si confidava con me e mi parlava delle sue aspirazioni: -Carlo! Lavoro qui, perché ho bisogno di soldi, ma quando ne avrò a sufficienza me ne andrò nell'isola di Ceylon. "Farò l'amore" con le donne più belle del Mondo e vivrò di pesca!-
-Non ritieni un po' fantasiosi i tuoi progetti?-
-Ognuno ha dentro di sé il proprio destino e deve lasciare che esso si compia, altrimenti ripeterà per l'eternità gli stessi errori.-
Erano concetti oscuri per tutti noi, "poveri mortali", ma il nostro "Illuminato" tentò di chiarirli: -Il ciclo delle reincarnazioni inizia da lontano, anche diecimila vite precedenti: un essere avanza lungo la scala animale sino all'uomo, ma solo pochi eletti riescono a oltrepassare la vita terrena.-
Una domanda scettica interruppe la lezione di Gerardo: -Allora eravamo tutti animali?-
Il solito spiritoso disse: -Tra noi c'è chi ha mantenuto qualche elemento scimmiesco!-
Risero tutti: l'insinuazione era diretta a un collega piccolo, peloso e rozzo, particolarmente antipatico per la sua prepotenza.
Gerardo si offese, non ammetteva interruzioni, perché credeva ciecamente alla sua religione: tacque e rimase in un mutismo ostinato di settimane.
Era di carattere mutevole; talvolta si apriva a me e in altri giorni mi disdegnava, come fossi il demonio in persona: -Non parlo con chi ha il cuore più duro di un sasso! Sei falso e maligno!-
Non davo importanza a questi immotivati sfoghi: alle riunioni della setta gli inculcavano la sfiducia nel prossimo; secondo loro tutti erano malvagi, escludendo ovviamente i confratelli.
Egli si propose la mia conversione, ma evitai un secco rifiuto, rinviando la mia decisione a un futuro da definire: -Non sono pronto ed è meglio che attenda!-
Le assenze di Gerardo divennero numerose e giustificate, con attestati medici non sempre regolari: il Direttore chiuse un occhio per aggraziarsi il Ministro.
I colleghi e specialmente i vecchi funzionari non lo volevano: -
Questo pagliaccio denigra il buon nome dell'ufficio!-
Gerardo era sempre meno ragionevole, rifiutava ogni accomodamento e provocava il risentimento dei colleghi più irascibili: -Vestiti da persona decente! Non ti vedi allo specchio?-
Rispondeva: -Io ho il diritto di abbigliarmi come mi pare!-
-Ringrazia il tuo "Santo Protettore" e questo Capoufficio troppo conciliante!-
Ogni tanto le discussioni degeneravano: egli era gentile e non alzava mai la voce, ma ribatteva senza peli sulla lingua.
Un giorno non si presentò in ufficio e non fece pervenire la giustificazione.
L'assenza superò i cinque giorni e Gerardo venne licenziato.
Era sparito nel nulla, ma i maligni collegarono la sua scomparsa con la vicenda della setta: il capo e i suoi diretti collaboratori erano stati arrestati per truffa e sfruttamento di incapaci.
Era ovvio che Gerardo fosse una vittima e non un responsabile dell'organizzazione, ma le sue stranezze non gli furono perdonate dai colleghi: -Sarà in carcere!-
-No! Lo avremmo saputo. E' fuggito con i soldi della cassa della setta!-
Di Gerardo non si ebbero notizie per due anni, poi una mattina egli ricomparve in ufficio.
Era vestito decorosamente e subito si mostrò ravveduto.
I suoi discorsi erano logici e ripudiava il passato: -Fui accalappiato come uno sciocco e una volta dentro persi il senso del reale.
Quella gente ci faceva il lavaggio del cervello!-
I colleghi si divisero su due opinioni, c'era chi era convinto del mutamento di Gerardo e chi sosteneva: -Una testa matta come quella non può rinsavire!-
Egli era un maestro yoga, ma apparteneva alla scuola più seria e più vecchia d'Italia: del suo passato conservava alcune attività salutari.
Ebbi altri incontri con lui e dovetti constatare il miglioramento: egli era persino troppo razionale e per bene.
Avevo timore di essere indiscreto e non gli chiesi che cosa avesse fatto dopo la sua scomparsa, ma Gerardo si fidò di me, narrandomi spontaneamente le sue avventure: -Quando l'organizzazione venne sciolta dalla Magistratura decisi di
andare in India. Là girovagai senza una meta, sopravvivendo tra gli stenti!-
Aveva incontrato un eremita e si era unito a lui: campava nutrendosi di erbe e di radici, vestito di una tonaca di cotone grezzo.
Soffrì il freddo, la fame, ma non si ammalò.
Rimise in discussione le sue verità e riscoprì i valori della sua giovinezza: il sentimento religioso dell'infanzia, gli affetti, l'amore per il suo paese.
Si congedò dall'eremita, che lo benedisse: -Gerardo, ti sei allontanato mille miglia dalla tua casa per cercare la verità e ora scopri che essa era dentro di te!-
La riscoperta della fede Cattolica lo aveva riavvicinato ai sacerdoti ed egli frequentava assiduamente la chiesa dei Francescani: si sentiva investito da una nuova vocazione sincera.
Quando lo vedemmo col saio da novizio non credemmo ai nostri occhi e i più scettici dissero: -Sarà una sua nuova bizzarria! Fra un anno si farà mormone e poi musulmano!-
Invece la sua scelta si era radicata nel suo animo e dopo due anni egli dette i voti definitivi.
Da allora è un frate sereno, forse un po' vivace, ma sicuramente dalla condotta irreprensibile.
Lo si può incontrare nel convento della città: egli offre a tutti un limpido sorriso e una parola di conforto, o un ammonimento morale.

RACCONTO TRATTO DAL LIBRO "Gli statali. Gioie e dolori per il posto fisso”
Scritto da Arduino Rossi
Morpheo editore – Narrativa
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