Diocesi Piacenza-Bobbio
Ufficio Documentazione
Convegno pastorale diocesano
10- 11 Settembre 2010
Ore 16,00 11 Settembre 2010
Documento elaborato da Ciani Vittorio x l'Ufficio Documentazione Diocesi Piacenza-Bobbio.
Intervento del biblista don Paolo Mascilongo
"Affettività, fragilità e cittadinanza:
itinerari sul vangelo di Matteo per il secondo anno della Missione"
Introduzione
Questo breve intervento dovrebbe servirci a reperire, nel vangelo di Mt (è infatti il vangelo di riferimento per il secondo anno della MPD), alcuni elementi utili relativamente ai temi – agli ambiti – dell'affettività, della fragilità, della cittadinanza (le tre "esperienze umane fondamentali" individuate come linee guida di questo anno). Naturalmente, si tratta di un intervento di carattere differente rispetto all'articolata riflessione appena ascoltata … tenterò, a grandi linee, di indicare alcuni "percorsi esemplificativi" su cui poter tornare con più agio durante l'anno.
L'intervento è strutturato in maniera semplice: una premessa, i tre punti corrispondenti ai tre ambiti, una conclusione.
L'intenzione – mi preme sottolinearlo – è quella di suscitare interesse e domande, piuttosto che fornire risposte ed esaurire i temi, cosa del resto impossibile in un unico incontro. Sul vangelo di Mt, naturalmente, avremo modo di tornare spesso durante il secondo anno della missione …
Primo passo (premessa): la consapevolezza di essere missionari
A mo' di premessa, vorrei anzitutto fermarmi su una questione che è, in verità, preliminare, ma non eludibile. In altre parole, è meglio ricordarcela!
Ritengo che uno dei frutti belli del primo anno di Missione che molti di noi hanno sperimentato, sia stata la scoperta, o la riscoperta o forse la conferma che il vangelo è una risorsa buona e importante per la vita della persona. Il vangelo non solo come ascolto, insieme di insegnamenti e di parole … il vangelo vissuto, sperimentato, fatto passare, pian piano, dentro la propria vita. in tanti di noi ci siamo trovati stupiti dalla possibilità di ascoltare, meditare e pregare la vicenda di Gesù narrata dal testo di Luca. Ecco: non dimentichiamo questo frutto: il vangelo, cioè la vita cristiana accolta e vissuta, è davvero una risorsa. Per noi, ma se è per noi, anche per tutti.
Volevo allora provare a "ridestare", all'inizio, la consapevolezza di questo dono che è posto nelle nostre mani. Se desideriamo essere missionari è proprio perché stiamo scoprendo che siamo fatti oggetto di una benevolenza speciale e di un amore grande da parte di quel Gesù che abbiamo sempre meglio conosciuto, e desideriamo conoscere sempre meglio alla scuola del vangelo e nella vita della Chiesa.
Abbiamo un dono grande! Questo dono non è solo per noi. Va custodito, va alimentato, va donato perché si accresca sempre più. Questo dono è appunto il vangelo, cioè l'annuncio buono ("evangelo") che il Signore Gesù è risorto, ed è presente. È infatti il Signore presente il dono che può cambiare la vita, nostra di chiunque lo attende. Proprio il vangelo secondo Mt, che ci accompagnerà quest'anno, è forse il più chiaro nell'affermare la certezza della presenza del Signore risorto come fondamento della vita dell'azione cristiana. Si pensi soltanto al finale, dove al comando di Gesù di render discepoli tutte le genti (è un po' il fondamento di ogni azione missionaria della Chiesa), si lega la necessaria assicurazione io sono con voi tutti i giorni (su questo aspetto torneremo). Gesù risorto è con noi! Lui è il grande dono che possiamo portare ad ogni uomo. Lui stesso è la risorsa grande che possiamo condividere con ogni persona e che può portare frutti di grazia per coloro che incontreremo.
Secondo passo: il vangelo risorsa per la vita dell'uomo: affettività, fragilità, cittadinanza
Vorrei brevemente passare ora in rassegna alcune pagine del vangelo secondo Mt in relazione alle tre tematiche, agli ambiti che descrivono le esperienze umane fondamentali.
a. Affettività
Si utilizza qui questa parola in senso molto ampio; (come notato), si tratta di mettere in luce la capacità che la vita cristiana ha di porre in essere, potremmo dire, relazioni significative e salvifiche. Non è difficile scorgere nel vangelo secondo Mt la traccia di questo percorso. Nel suo racconto, l'evangelista mostra in tantissime occasioni il maestro di Galilea come origine e cercatore di relazioni buone. Gesù cerca amicizia, offre conforto, istituisce legami. Con chiunque, senza – per così dire – chiedere pre-requisiti particolari. Di più: la sua forza è "contagiosa", chi resta con lui diventa capace di relazioni nuove.
Qualche esempio, scorrendo il vangelo secondo tre direzioni: partiamo dalle relazioni che sostengono Gesù, quelle che sono all'origine del suo cammino e della sua missione. Anzitutto, il vangelo inizia con le parole "libro della genealogia/origini di Gesù Cristo figlio di Davide figlio di Abrano" … Gesù è figlio di uomini, nasce quindi in un contesto di relazioni buone, affettive, costruttive. È in relazione fin dalla nascita, come noi, perché riceve ciò che è da un altro … Ma, naturalmente la relazione che costituisce Gesù è anzitutto quella con il Padre; essa infatti emerge presto nel vangelo; è al momento del Battesimo di Gesù (la voce dal cielo). (È interessante che questa voce giunga dal cielo dopo che Gesù ha deciso di ricevere il battesimo, iniziando, almeno implicitamente, la sua relazione con gli uomini). Subito dopo, non a caso, ecco lo Spirito Santo …, un'altra delle relazioni fondamentali che costituiscono la persona di Gesù; e il vangelo ci dice che proprio lo Spirito Santo "conduce" Gesù. Si potrebbe continuare … ma – saltando proprio alla fine – basterà notare che le ultime parole di Gesù prima di morire sono un'invocazione rivolta ancora al Padre di non interrompere la relazione con lui ("mio Dio …"). Fino alla fine, è questa relazione che Gesù cerca, e che fonda il suo cammino!
Un secondo registro decisivo della capacità/desiderio di Gesù di instaurare relazioni affettive significative, direi necessarie alla sua missione, è aperto anch'esso molto presto nel vangelo. Se leggiamo Mt 4,18-22 (siamo ancora agli inizi) scopriamo che l'inizio dell'attività di Gesù è segnata dalla scelta dei discepoli. La narrazione è asciutta, senza fronzoli: ma quanta potenza, quali sguardi dobbiamo figurarci nascosti dietro queste poche righe… subito, lasciarono le reti e lo seguirono … che tipo di attrattiva doveva avere Gesù per ottenere questo risultato? La relazione con i discepoli (la scelta di queste persone, di un gruppo stabile che lo seguisse, imparando così un rapporto sempre più vero con Dio stesso) è – secondo i vangeli – qualcosa di imprescindibile nell'azione di Gesù: non si può pensare a Lui senza questo gruppo di persone intorno a lui. Non è solo un dato storico; Gesù ha voluto dirci qualcosa di valido in modo definitivo, per sempre, nel rapporto con Lui e con Dio. Egli è venuto ad insegnare ed instaurare un nuovo rapporto con Dio e con gli altri, e lo ha fatto anzitutto coinvolgendo alcuni a stare con lui, con il compito chiaro (si può leggere Mt 10) di fungere da cerniera, da tramite, tra Lui (quindi tra Dio) ed ogni uomo. Nella scelta di queste relazioni Gesù non esige nulla di particolare ('semplici pescatori') né si ferma davanti a possibili pregiudizi (il pubblicano Matteo, le donne). Inoltre, ci torneremo, è chiaro che la relazione con Gesù fonda, per i discepoli, anche la relazione reciproca … imparano, cioè, a stare insieme tra loro in maniera nuova e significativa. E – anche qui – non è un caso che il vangelo termini ancora con questi personaggi, e con Gesù che rivolge proprio a loro le sue ultime parole … (Mt 28,18-20!) Un ultimo registro ben presente lungo tutto il vangelo è la capacità/desiderio di Gesù di entrare in relazione con 'ogni uomo': anche qui, non andiamo lontano (5,1: vedendo le folle … ); poi – incredibile! – il primo che gli si avvicina è un lebbroso! (fragilità!!!); poi – il secondo! – un centurione! (nemico!!!); poi – la terza! - la suocera di Pietro (che umiltà e tenerezza …); poi – sempre in quello stesso giorno! – 'molti indemoniati' (cioè, mica gente a posto!). E Mt cosa dice, come commenta? Cita Is 53,4, il quarto carme del Servo, in cui si descrive un desiderio di relazione fortissimo e decisivo: Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie (è venuto per coinvolgersi così con noi …!). Si può leggere tutto il vangelo così (lo faremo!), ma per chiudere solo un altro accenno, andando proprio alla fine: non credo sia un caso che l'ultimo discorso di Gesù si chiuda con l'invito a vivere tutta la vita instaurando relazioni di carità verso i fratelli (il c.d. giudizio universale).
Quindi, Gesù vive di relazioni significative, insegna relazioni significative, desidera per sé e per i suoi relazioni significative (di condivisione, di verità, di carità). In vista dell'unica relazione veramente necessaria nella vita, quella con il Padre. Nella relazione con Lui, anche noi troveremo la strada per questa relazione al Padre, e – quindi – tra di noi.
b. Fragilità
Mt si rivela ricchissimo e sorprendente se lo leggiamo cercandovi le attenzioni di nostro Signore per la piccolezza, la fragilità, ciò che è disprezzato. È necessario un vero ribaltamento di prospettiva, tante volte. Una mente nuova, un cuore nuovo. Ciò che è limite e povertà, nel vangelo è ricchezza. Ciò che per l'uomo è un freno, diventa possibilità. Ciò che è chiusura, appare occasione di apertura.
Anche in questo caso, è sufficiente scorrere un po' il vangelo. Si può partire dagli eventi della nascita, tutti segnati da fughe, debolezze, insidie, morte. La povertà estrema, insomma, come prima "abitazione" di Gesù. Se passiamo al racconto del battesimo, ecco che ci accorgiamo che la prima compagnia di Gesù sono i peccatori accorsi dal Battista. Abbiamo già detto, poi, che i primi guariti erano tutti emarginati (ma proprio questa marginalità, preferita da Gesù, si mostra per loro come salvezza! Lo sguardo di Dio si posa preferenzialmente sul bisognoso …). Sembra inevitabile, con Gesù, questa esperienza di fragilità (la prima volta che Gesù sta da solo con i suoi, dice il vangelo, è sulla barca che affonda … ma neanche questa circostanza impedisce che l'esito sia la salvezza, perché lui c'è!). E poi gli indemoniati cui nessuno voleva avvicinarsi (più limite di così!), o la commoventissima donna malata da 12 anni (dodici, ma ci pensiamo?! Chissà quanta sofferenza!) che tocca Lui e guarisce (e lui dice: la tua fede …), e la ragazza morta, ed i ciechi … Non c'è dubbio che il vangelo di Mt insista a descrivere un Gesù attentissimo a sanare le circostanze dolorose e ferite, a chinarsi sul bisogno. Tanto che davvero (l'aveva detto!) il vangelo è il racconto della beatitudine del povero, del bisognoso … se lui viene, se lui arriva, davvero è beato il povero!
Se si incontra uno così – come Gesù – realmente non c'è circostanza o limite che impedisce una vita nuova. Forse, se si vuole aggiungere un corollario, possiamo notare che c'è una parolina che il vangelo spesso richiede in chi è raggiunto (nella sua fragilità) da Gesù. Si chiama "fede". Non si può certo fermarsi ora su questo, ma in fondo parlare di fede significa che anche chi è fragile e chiuso nel suo limite, davanti alla salvezza che viene, deve fare un passo per accoglierla. Quindi, la fragilità, il limite sono – da un lato – l'ambito privilegiato della benevolenza del Padre, che ama i piccoli; in tal senso, diventano risorsa, nell'incontro con il Signore che salva. Dall'altro, diventano l'oggetto inevitabile dell'azione e della benevolenza di chi accoglie il messaggio di Gesù, chiamato a condividere l'azione di misericordia di Dio stesso.
c. Cittadinanza
Finora non mi sono soffermato sulle parole di insegnamento di Gesù, contenuto – in abbondanza e come tratto caratteristico – nel primo vangelo. Tuttavia, anch'esse sono importanti, e non possiamo certo trascurarle, se vogliamo avere qualcosa di sensato e luminoso da portare agli uomini (queste stesse parole ci ricordano che siamo chiamati ad essere sale e luce). Probabilmente proprio l'ambito della cittadinanza può essere illuminato con vigore dalle parole del vangelo. Vista la ricchezza dell'insegnamento di Gesù non è possibile sintetizzarne i contenuti, su cui – anche in questo caso – avremo modo di tornare durante l'anno. Provo soltanto a evidenziarne alcune caratteristiche. L'insegnamento di Gesù è profondamente radicato nella sua tradizione e profondamente nuovo. Cose antiche e cose nuove … non è un rivoluzionario di quelli che buttan via tutto il passato perché non serve più, anzi … chiede una "rivoluzione" nel modo di pensare (ancor prima, forse, di 'guardare'). Insegna come una persona che sa di aver imparato direttamente da Dio, nella verità.
Proprio perché lui è così, nessuno di noi può pensare di essere come lui ("non chiamate nessuno maestro", 23,8), e l'atteggiamento nostro è molto più simile all'umiltà del discepolo che alla presunzione saccente di chi crede di poter possedere la verità … la verità si riconosce, si segue, si impara (il vangelo è un dono che non meritiamo!).
Gesù ci lascia il compito di edificare e perseguire il bene del mondo. Non solo a parole, ma – ancora – avendo voluto che alcuni lo seguissero, stessero con lui, e ci stessero in un certo modo. Leggeremo il c. 18, in cui la carità è posta a fondamento delle nuove relazioni tra i discepoli, e – da qui – tra tutti gli uomini. Leggeremo il c. 25 (il "giudizio") in cui, naturalmente senza costringere nessuno, Gesù però ci ricorda che il regno sarà così, e ci sarà un criterio discriminante, ed è la carità. Leggeremo altre parole di Gesù (le beatitudini, tutto il discorso della montagna …).
Forse proprio la parola carità dice meglio di tutte cosa ci ha portato (rendendola possibile), cosa ci ha insegnato e cosa ci chiede Gesù dal vangelo. E Mt (l'unico ad avere il giudizio finale così narrato) vi insiste in modo particolare … non a caso sempre Mt è l'unico vangelo a narrare quella strana e scandalosa parabola degli operai dell'ultima ora. Non la giustizia "sindacale", ma un bene che supera ogni giustizia. Carità o – con altra parola quasi impossibile a noi uomini – misericordia.
Quindi, non è evitabile, per chi desidera ascoltare in verità il vangelo ed essere vero discepolo di Gesù, vivere la via della carità come suprema forma di edificazione dell'umano.
Terzo passo: la testimonianza
Per finire, non è che possiamo scorgere, nel vangelo (secondo Mt) anche un "metodo" per vivere e trasmettere la fede, che Gesù ci abbia indicato, tra le righe…? Senza alcuna pretesa di definitività, indico alcune tracce che a me pare siano presenti nel vangelo. Come noi, oggi – persone che desiderano mettersi all'ascolto di Gesù nel vangelo, ma che desiderano anche impostare la propria vita secondo la novità della fede cristiana – possiamo trasmettere la verità e la bellezza di questa fede? (non per salvare il mondo, perché noi – ci piaccia o no – non salviamo nessuno! Ma perché lui, Gesù, il nostro Signore, possa ancora oggi salvare altri come sta salvando noi). Come far sì che ciò che ha colpito, toccato, scaldato, resi più veri e umani noi (la "risorsa" che è il vangelo) possa colpire, toccare, scaldare e rendere più umani altri? [il documento dei nostri vescovi dopo il convegno di VR, al n. 29, riprendendo alcune parole del papa, diceva così: "Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia — ricordava il cardinale Ratzinger poche settimane prima della sua elezione alla cattedra di Pietro — sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo …
Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all'intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini"»].
Si chiama testimonianza il metodo che Dio ha scelto per rimanere presente tra gli uomini. Sarà bello tornarci su, ed importante. Per ora registro con favore il fatto che proprio il vangelo di Mt conserva (e lui solo) forse i due brani più significativi e veri su questa parola così profondamente cristiana (senza dimenticare quello splendido invito "Coraggio, sono io, non abbiate paura!" su cui abbiamo già posto la nostra attenzione e su cui torneremo spesso quest'anno: davvero, non abbiamo paura di essere testimoni!). Testimonianza significa vivere la vita nuova a noi donata dal Cristo con una trasparenza tale che la Sua presenza (non la nostra!), la Sua azione (non la nostra), ecc. possa risplendere nel mondo. Perché se c'è una cosa di cui Mt ci ha voluto proprio assicurare, è che il Signore risorto c'è, c'è ancora, c'è sempre, sempre contemporaneo a noi, in ogni tempo – ed ecco i due brani del vangelo. Come dice Mt 18,20 dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro; e come ribadisce Mt 28,20 io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Come è Cristo presente la risorsa che ci salva, così è lui presente a fondamento della nostra testimonianza, non altro. È talmente grande la nostra responsabilità di testimoni, che possiamo paragonarci a dei "vangeli viventi", come queste parole antiche di Giovanni Crisostomo, in modo paradossale, ci ricordano – e con le quali concludo: «Sarebbe stato meglio che non avessimo avuto bisogno delle Scritture e che avessimo potuto mostrare una vita così pura che la grazia dello Spirito occupasse nelle nostre anime il posto dei libri e che, come questi ultimi sono scritti con l'inchiostro, così i nostri cuori lo fossero per mezzo dello Spirito (...)
Gli apostoli non discesero dal monte [dell'incontro con Gesù Risorto, cfr. Mt 28,19] recando in mano tavole di pietra come Mosè, ma andarono ovunque portando nel cuore lo Spirito e facendo scaturire un tesoro e una fonte di dottrine, di doni e di ogni bene, divenendo per mezzo della grazia libri e leggi viventi» (Commento al Vangelo di Matteo, 1:1 - PG 57, 15). Che ciascuno di noi possa essere, per chiunque incontreremo, un "vangelo vivente".