Diocesi Piacenza-Bobbio
Ufficio Documentazione
Salone degli Arazzi – Collegio Alberoni
Convegno Pastorale Diocesano
Coraggio, sono io, non abbiate paura!
10-11 Settembre 2010
Verso il secondo anno della Missione Popolare Diocesana
Ore 18,30 10 Settembre 2010
Documento elaborato da Ciani Vittorio x l'Ufficio Documentazione Diocesi Piacenza-Bobbio.
Introduzione al Convegno di mons. Giuseppe Busani,
vicario episcopale per la pastorale
Siamo al cuore del primo anno della Missione: quasi tutte le UP hanno svolto il primo ritiro, alcune già il secondo, in molte altre è in programma nei mesi di settembre-ottobre, entro dicembre svolgeranno il terzo ritiro.
Tutti inizieremo il secondo anno della MPD in Cattedrale nella festa del Battesimo di Gesù. I primi a lavorare saranno gli animatori nei tre sabati di ottobre per elaborare proposte concrete e esercizi di cristianesimo percorribili a partire dalle prospettive elaborate in questi giorni su tre ambiti fondamentali della vita di ogni persona: l'affettività, la fragilità e la cittadinanza. Saremo orientati e accompagnati da una Nota pastorale del Vescovo che sarà pubblicata assieme al calendario diocesano.
In sede di apertura del Convegno ci pare utile una verifica del cammino compiuto in questa prima fase del primo anno della Missione, a questo proposito ascolteremo l'intervento del dottor Magnaschi. Vogliamo però ancora richiamare alcuni aspetti costitutivi della Missione che riguardano ogni tappa; in base alla esperienze vissute vorremmo trarre elementi per vivere meglio il cammino che ci sta davanti.
Nella seconda parte del Convegno ci dedicheremo all'approfondimento e al confronto sulle prospettive del secondo anno nel quale ci proponiamo di mettere al centro la persona umana facendo attenzione agli snodi fondamentali della vita per scoprire il Vangelo come risorsa insostituibile per vivere in modo buono le relazioni, per abitare la fragilità e costruire la città dell'uomo. Ascolteremo l'intervento del Vescovo che ci presenterà gli orientamenti fondamentali del nuovo anno, gli approfondimenti saranno offerti dal professor Magatti che si occuperà dell'aspetto sociale e antropologico e di don Torresin che ci offrirà un percorso teologico. Le ricadute pastorali saranno declinate da don Mascilongo (percorsi sul vangelo di Matteo) e dal prof. Triani (percorso pedagogico-pastorale).
Senso e forma della Missione Popolare Diocesana
La verifica del cammino fin qui compiuto, ci sollecita a tornare brevemente alle motivazioni che hanno dato il via al cammino della missione.
1. Ripresa di alcuni elementi costitutivi. Se la nostra vita cristiana non riceve qualche 'scossone' corre il rischio di diventare stagnante, fiacca e trascinata; perde in gusto, luminosità, bellezza e persuasività. La Missione è un tempo di grazia per questo tempo troppo trascinato, un'iniezione di freschezza, vitalità, gioia. Ci vuole restituire l'emozione di essere credenti.
La Missione infatti è la questione dell'"altro", pone l'altro al centro. E questo da tre punti di vista. In primo luogo ci fa riscoprire che la nostra vita personale può essere "altrimenti", può diventare un'altra vita, può cambiare. C'è 'dell'altro' in noi: una energia di bene, una possibilità di dono che può e deve emergere, che chiede di essere tratto fuori e forse è alla ricerca di una voce e di una mano per poter germogliare. Ma soprattutto c'è una Parola "altra", non nostra, oltre le nostre solite parole, è la parola di Gesù, che è venuto a rilevarci l'altro volto del Padre e l'altro volto della vita. Infine ci sono 'altri' che hanno un cuore grande, e nel cuore un grande desiderio di Dio e forse attendono che qualcuno li chiami.
La comunità cristiana ha una certezza: il Vangelo è una risorsa di vita, potente, buona e bella, è quella Parola altra che ci può far vivere altrimenti e che può ancora affascinare altre persone. Fondamentalmente la missione ci chiede di prenderci cura della fede dell'altro e di accettare volentieri che qualcun altro si occupi della nostra fede.
Il Vangelo infatti rende più umani: pone sulle labbra un linguaggio di fiducia e di speranza, rende trasparente lo sguardo, iscrive nella carne gesti di bene e scalda i cuori. E tutto questo perché non è semplicemente uno scritto, ma è una Parola-presenza, è la voce di Colui che quando parla rivela a noi se stesso e noi a noi stessi.
La Missione non è partita da una nostra iniziativa, né da un nostro progetto, ma da un invito evangelico: "prendi il largo" (Lc 5,4) e potrà continuare soltanto se ci porremo in ascolto di nuovi inviti del Vangelo come quello che risuona nel Vangelo di Matteo: "Coraggio, sono io. Non abbiate paura!"(Mt.14,27). Se la missione parte ed è sostenuta da un invito significa che Qualcuno ha già messo qualcosa della sua vita, e se noi accettiamo l'invito accettiamo di ricevere vita da Colui che ci rivolge l'invito.
Il Vangelo però è un dono posto nelle nostre mani, chiede di farsi voce con le nostre voci, chiede alleanza, partecipazione, cerca terreni seminabili; il Vangelo infatti non è un'idea che cerca la mente ma un seme che cerca il terreno buono.
2. Gli esercizi di cristianesimo. È la scelta fatta all'inizio della Missione e che intendiamo continuare. L'obiettivo della Missione, più che diffondere una dottrina del cristianesimo, si propone di ricuperare gli elementi fondamentali e costitutivi della vita cristiana attraverso il loro esercizio pratico. Quindi non discorsi su Dio, sulla Bibbia, sulla Chiesa ma esperienze di vita con il Signore, con la Parola, con i fratelli. Nessuno di noi sa parlare bene di Dio, sa fare un discorso completo e adeguato su di Lui; anche su tante altre questioni scottanti è difficile dire l'ultima parola. Ma è possibile parlare a Dio e ascoltare la sua Parola. La prima scelta è stata pertanto quella di praticare la familiarità orante con la Parola. Una parola è familiare quando è una novità che ci fa stare bene, come si sta nella propria casa. È una Parola che ci fa trovare a casa, una presenza di casa che non ci fa sentire fuori luogo. Questo si raggiunge non approfondendo la conoscenza, ma esercitando la frequenza, dimorando cioè nella Parola; una frequenza non qualsiasi, ma orante cioè umile e riconoscente.
Concretamente la forma assunta per raggiungere questo obiettivo è stata quella degli esercizi spirituali popolari. Nelle diverse Unità Pastorali si è dedicato tempo alla frequenza della Parola, solitamente una veglia di inizio e due mezze giornate articolate in questo modo: lettura del brano, spiegazione, silenzio orante, condivisione della Parola e del pasto. Si è cercato di dedicare tempo, di rimanere in sosta orante, quasi dimorare presso un brano del Vangelo per potere vivere un'accoglienza grata e affettuosa del Signore che parla. La forma è molto vicina alla tradizionale 'lectio divina, un modo di stare presso la Parola che si domanda: che cosa dice il testo, che cosa dice a me, che cosa dico a Dio a partire dal testo. Gli esercizi spirituali consistono dunque in una pratica orante della Parola.
Perché allora 'popolari'? La dimensione popolare è una nota caratterizzante della nostra Missione diocesana. Popolare non è da intendere come missione predicata al popolo ma come missione in cui ogni battezzato è soggetto dell'attività missionaria. Certamente si tratta di una soggettività articolata: i sacerdoti tengono vivo l'invito, individuano e sollecitano carismi e ministeri, custodiscono l'unità nel percorso; gli animatori garantiscono tutto ciò che è necessario per gli esercizi di cristianesimo; tutti i fedeli che accolgono l'invito compiono gli esercizi di cristianesimo dando così forma al volto comunitario della Chiesa. Possiamo dire che questo è stato uno degli aspetti più significativi dell'esperienza fin qui vissuta, concretamente i ritiri ci hanno fatto gustare la bellezza di un volto di Chiesa aperta, ospitale e affettiva, ci ha fatto gustare la comunione, la collaborazione e la corresponsabilità, soprattutto tra sacerdoti e laici. Uno degli altri aspetti della popolarità è stato quello di vivere la forma proposta articolandola in tempi, luoghi e ministeri adatti ad ogni singola Unità Pastorale. Si sono rivelate così molto vicine alle attese delle persone i momenti della veglia, del silenzio e della condivisione fraterna.
Verso il secondo anno
Ci limitiamo qui ad introdurre la prospettiva globale del secondo anno che chiede di essere approfondita e declinata in percorsi concreti.
L'accento sarà posto sugli snodi fondamentali della vita umana, sottolineando quei passaggi che chiamano in causa maggiormente la fede: le relazioni,l'esperienza del limite e la questione della cittadinanza. Perché la fede non può che affermarsi nel cuore della vita. Tutti abbiamo bisogno di imparare a vivere le relazioni, tutti sperimentiamo la fatica di abitare le fragilità, tutti facciamo esperienza delle contraddizioni del vivere sociale e politico, dell'edificare la città. Vorremmo scoprire allora il Vangelo come risorsa, forza ed energia capace di aiutarci a vivere queste esperienze. Senza la pretesa tuttavia di indottrinare tali dimensioni, perché il Vangelo non è una dottrina, ma è l'incontro già dato tra Dio e queste esperienze in Gesù Cristo. Nel Vangelo è già presente l'unità tra Dio e uomo, fra trascendente e immanente, tra spirituale e materiale. Occorre dunque scoprire questo tesoro, farlo emergere.
Se facciamo attenzione alle esperienze umane fondamentali, scopriamo infatti che l'uomo ha già dentro tracce di Vangelo. Tali esperienze sono già rivelatrici di Dio. Tuttavia sono esposte all'ambiguità, possono essere mortificate facilmente. Perciò occorre tenere accesa e viva la fiamma del Vangelo, affinché l'umano non sia mortificato ma condotto a pienezza e verità.
Con la scelta di porre l'accento su questi tre ambiti c'è un dislocamento della prospettiva pastorale: se normalmente la Pastorale è strutturata nel tentativo di creare l'unità organica tra Parola, celebrazione e carità, in questo caso l'attenzione è dislocata sull'unità da trovare nella persona umana. Al centro c'è la persona umana".
La forza del Vangelo consiste precisamente in questo: nel saper abbracciare tutto l'umano, portando a verità i desideri del cuore dell'uomo, aiutandoci a scoprire il senso vero della nostra esistenza, liberando la vita da quelle paure che la comprimono e la distolgono dalla pienezza.
Solo quando il Vangelo incontra la vita, solo quando si fa esperienza autentica di come quella parola di verità sappia intrecciare legami profondi e vitali con le dimensioni fondamentali dell'esistenza umana, solo allora si scopre la grandezza del dono ricevuto, solo allora si percepisce la fede come cammino praticabile e la vita come dono da vivere nella riconoscenza e nella libertà.
A questo punto si colloca la Missione, come quel grande movimento di testimonianza e di offerta dello stesso dono alla vita di tutti gli uomini, nell'accoglienza rispettosa delle loro istanze e nella lieta condivisione della propria scoperta, della personale esperienza del dono dello Spirito.
Questo dislocamento della proposta dall'organicità del contenuto all'attenzione all'esistenza umana nei suoi snodi fondamentali apre la pastorale alla dimensione missionaria e diventa esercizio concreto di ascolto del Vangelo e, nello stesso tempo, della persona umana. Solo nel felice incontro tra la nostra vita e il Vangelo si può realizzare quella testimonianza che diventa invito-proposta a tutti gli uomini.